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Accademia di Belle Arti di Venezia Nuove Tecnologie per le Arti Biennio 2013/2014 Anna Marangon Relatore: Manuel Frara Correlatore: Anna Sostero

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Accademia di Belle Arti di VeneziaNuove Tecnologie per le Arti

Biennio 2013/2014

Anna Marangon

Relatore: Manuel FraraCorrelatore: Anna Sostero

HTTPS, il concetto.........................................................................1Considerazioni no.1, contestualizzazione del protocollo Https.......2Considerazioni no.2, diario come autoritratto................................3Conclusione...................................................................................4

dïàrio s. m. [dal lat. diarium «vitto giornaliero» (usato di solito al plur., diaria -orum: v. diaria) e nel lat. tardo «registro giornaliero», der. di dies «giorno»]. –

1. a. Forma elementare di storia in cui gli avvenimenti sono registrati giorno per giorno: per es., i Diarî, in 58 volumi, del cronista veneziano Marin Sanudo (1466-1536).

b. Nell’uso com., quaderno o sim. nel quale si annotano e si commentano giorno per giorno gli avvenimenti che si ritengono più importanti, e spec., se a carattere personale, le proprie vicende intellettuali e sentimentali, si espri-mono pensieri, osservazioni e spesso confessioni intime e segrete; le anno-tazioni stesse che si fanno: diario di viaggio; il d. di una spedizione scientifica; scrivere nel d.; tenere un d.; pubblicare il d. di uno statista, di un poeta, ecc. Anche, titolo di opere a stampa che riproducono il contenuto del diario di uno scrittore, di un artista, di un uomo politico, ecc.: il «Diario intimo» di N. Tom-maseo.

2. Registro giornaliero: d. scolastico, libriccino in cui gli alunni segnano le lezioni assegnate per ciascun giorno; d. di classe, registro dove gli insegnanti segnano giornalmente gli argomenti svolti nella lezione e i compiti assegnati. Con sign. diverso, d. degli esami, specchietto in cui sono segnati i giorni predisposti per ciascuna prova di esame (d. delle prove scritte, d. delle prove orali).

3. ant., non com. Giornale (anche come titolo di giornali: per es., il Diario di Roma, che si pubblicò a Roma dal 1808 al 1848).

link ‹link› s. ingl. [propr. «anello», e al plur. «catena»] (pl. links ‹links›), usato in ital. al masch.

1. Unità di misura di lunghezza del sistema anglosassone, equivalente a 0,2012 m.

2. In radiotecnica, tipo di accoppiamento induttivo tra circuiti oscillanti, costitui-to da una linea a bassa impedenza i cui estremi fanno capo a spire accoppiate con gli induttori dei circuiti oscillanti.

3. In informatica: a. Collegamento tra un calcolatore e le sue unità periferiche, o, anche, il collegamento tra due o più calcolatori.

b. Negli ipertesti e nei siti web, collegamento fra una pagina e un’altra, o fra parti della stessa pagina, realizzato mediante un comando che si attiva po-sizionando il mouse su una porzione di testo, su un’icona o su un’immagine.

Https:// Il concetto

Il progetto di tesi si basa sul concetto di documentazione e di codifica. Si sviluppa attraverso una sorta di autoritratto che prendeforma in un diario di bordo articolato attraverso i link della mia personale cronologia web, riportati a mano su un diario cartaceo.

L’idea nasce da un post del 25 Dicembre 2014 condiviso dalla pagina Facebook “In Art There Are No Schools, Only Hospitals” di Valentina Tanni, in cui si vede una lettera di Natale scritta da un bambino: la peculiarità è che non c’è scritto “Caro Babbo Natale, quest’anno vorrei -un giocattolo o qualcosa di simile-” ma c’è un link scritto a mano che permette al “Babbo” di poter vedere immediatamente, digitando quel link nella barra di ricerca di internet, il regalo desiderato dal bambino, completo già di tutte le caratteristiche specifiche.Data la scrittura infantile, è difficile capire il link e riportare le lettere e i simboli nella barra, ma la cosa che mi ha più colpita è la possibilità di “parlare” attraverso link, la possibilità di non sforzare la nostra mente per scrivere qualcosa che tempo fa sarebbe stato normale, ma che ora si presenta come anomalo in quanto tutto ciò di cui necessitiamo a livello pratico/economico e social ci è già dato dal web!

Se tutto è già presente, perchè complicarsi la vita? Ragionamento senza torto, che richiede un semplice sforzo in più: scrivere per rendere reale, per avere un interlocutore a cui parlare.Scrivere un intro, dare piccole coordinate che facciano capire cosa stiamo facendo: un biglietto per Babbo Natale, un diario...

Bastano poche altre scritte “Dear Santa”, una data in testa alla pagina, e poi il link che, paradossalmente, diventa un linguaggio capito e utilizzato da tutti, per comunicare e collegarsi (link= collegamento) con altre persone, altri siti in internet; ciò che viene scritto attraverso link su di un supporto materiale, però,

non può essere letto se non riportato nel mondo da cui essi stessi nascono: il web.

L’autoritratto prende forma attraverso una cronologia privata, due differenti tipi di media industriali e un’anima interna che non può essere del tutto svelata nell’immediato.Il messaggio nel diario è ciò che si vede: una cronologia, personale, che viene riportata.Si sviluppa lungo tutto il diario il paradosso di una scrittura che c’è da molto, il protocollo Http web, e che benchè inventata dagli uomini non sia ancora stata compresa, non sia entrata nella quotidianità e sia impossibile da usare come scrittura intesa nel senso di “comunicazione”.Tutto ciò perchè il linguaggio http non ha un significato proprio: non è idioma, è parola, e più appropriatamente, è segno.Se un link viene scritto su carta non esiste nulla, se viene scritto su web esiste perchè è portatore di qualcosa, ed è da questo che nasce l’esigenza di unire il concetto di cronologia e di diario: la catalogazione di momenti, elementi, cose, persone, tutto ciò che segna la vita o, più semplicemente, la giornata e che permette di ricreare la consapevolezza della materialità/cosalità dell’uomo.Esattamente come un diario segreto usato per esorcizzare la morte, scrivendo e archiviando momenti passati da non dimenticare, il diario Https:// non fa altro che catalogare attraverso link un archivio di momenti, siti, immagini, video presenti nella cronologia web.Il link in sè sembra sia solo connotazione quando si scrive su un foglio, ma è denotazione di uno stato d’animo, di una ricerca personale, di una vita passata in un mondo invivibile di fatto, in quanto cyber.Nel caso del diario cartaceo, la conoscenza di un linguaggio non è ancora del tutto avvenuta.La conoscenza di un segreto e la forma dell’autoritratto si scopre e si completa nel tempo e col tempo.

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“There is an aesthetic crisis in writing, which is this: how do we write emotionally of scenes involving computers? How do we make concrete, or at least reconstructable in the minds of our readers, the terrible, true passions that cross telephony lines? Right now my field musttackle describing a world where falling in love, going towar and filling out tax forms looks the same; it looks like typing.” - Quinn Norton

“E tu Anna per chi scrivi? Tu non hai scritto quel diario. Cioè trascrivere dei codici non è “scrivere”. Perchè non scrivi?E perchè se devi ti risulta così difficile farlo?(…)Tu non sei solo quel diario, come non sei solo una ragazza a cui piacciono le cose alla moda e le felpe con le orecchie sul cappuccio”

“Tempo fa ti ho detto che avevo scritto un intro della tesi che non sapevo se avrei mai fatto leggere a Manuel, o a qualcuno. E’ un’altra corda scoperta, ma va bene, tanto vale.Questa era la pagina finale dell’inizio di tutto.E’ molto più semplice raccontarmi senza link effettivi, ma esistenti dentro.(…), scrivendola ho preso coscienza, solo che in tesi nessuno lo saprà, come io non sapevo.”

“Comunque così non funziona, te lo dico (…) Ora devi scrivere la pagina iniziale della fine di tutto”

Considerazioni no.1, contestualizzazione del protocollo Https

Il Worl Wide Web (w.w.w.) è il servizio di internet che permette di navigare e usufruire di un vastissimo numero di contenuti collegati tra loro attraverso “nodi” detti link (collegamenti ipertestuali). È lo spazio elettronico destinato alla pubblicazione di materiali multimediali, in particolare i contenuti si distinguono in testo e grafica. I siti sono rintracciabili attraverso unioni di lettere tecnicamente chiamato URL.

L’ipertesto è ciò che permette il collegamento alla parola chiave. Talvolta appare come simbolo o immagine per collegare un insieme di documenti messi in relazione attraverso delle parole chiave. Il link, o collegamento ipertestuale, è un rinvio ad un’unità informativa su supporto digitale ad un’altra.Senza i link la funzionalità e la praticità di internet verrebbe a mancare, anche se tale praticità risulta, ad ogni modo, non lineare.

La sigla HTTP è il protocollo di trasferimento di un link; dove per protocollo si intende il protocollo di comunicazione basato sull’insieme di regole stabilito per instaurare una comunicazione corretta tra apparecchi di telecomunicazioni differenti; tutte le modalità di interazione tra le apparecchiature elettroniche si basano su questo protocollo di rete.

Il meccanismo HTTPS usa il canale cifrato per impedire l’intercettazione di qualsiasi parte della transazione.Ciò che definitivamente unisce il meccanismo Https al concetto del diario intimo è che HTTPS è un protocollo che integra l’interazione del protocollo HTTP attraverso un meccanismo di crittografia di tipo Transport Layer Security (SSL-TLS). Questa tecnica aumenta il livello di protezione contro attacchi del tipo man in the middle.

La correlazione alla tesi è data proprio da questo punto: Https è un protocollo segreto e di conseguenza crittografato. L’intero diario si sviluppa secondo un tipo di linguaggio Http, copiando l’intera cronologia personale presente nel computer;incomprensibile in quanto staccato dal mondo in cui esso vincola messaggi, unisce siti e dà forma ad una rete, questo tipo di linguaggio si ritrova, senza un senso, ad essere un insieme di segni, lettere e numeri. Se non riportato al luogo d’origine e/o non decodificato, il protocollo http scritto su supporto cartaceo viene concettualmente captato come una sorta di messaggio crittografato.Il titolo Https, inoltre, dà l’idea di voler creare una rete interna totalmente segreta, e di conseguenza crittografata.

Detto ciò, si noti che ultimamente, approposito di linguaggio, si parla di Web semantico, il quale è l’insieme di relazioni tra i vari documenti pubblicati attraverso parole chiave, che permette le relazioni e le connessioni tra documenti secondo logiche elaborate dal collegamento ipertestuale, creando così una rete basata su operazioni specialistiche.La caratteristica principale è che la lettura può essere non lineare.Qualsiasi documento della rete può essere il successivo.

Queste logiche se riportate alla scrittura e alla lettura rendono il tutto paradossale, senza senso e assurdo. Mancando della propria logica interna datagli dal protocollo di rete e non fungendo più come collegamento, il link si ritrova ad essere solo signicamente riconoscibile, ma privo di significato funge da crittografia per nascondere segreti e pensieri custoditi in una torre di Babele non consultabile ma pubblica e gestita da estranei.Questo tipo di ragionamento si avvicina a quella ricerca riguardante l’assurdo che aveva invaso i teatri e le arti attorno agli anni ‘40-’50-’60, avanzando l’ipotesi di una realtà sconnessa in cui vita reale e cibernetica si intrecciano creando una paradossale e triste ironia che rinchiude tutti in gabbie caotiche e prive di senso logico.

La tesi si basa su diverse figure retoriche, in particolar modo sul paradosso.Cercando in Wikipedia il significato di paradosso si incappa immediatamente, ancora prima di altre spiegazioni, in questa frase: un paradosso è, ad esempio in tempi moderni, “lucchettare”, ossia rendere privato, il proprio profilo di un social network in quanto quest’ultimo ha proprio la funzione di mettere il soggetto in contatto con altri.Uno spunto interessante per il tipo di tesi proposta, che cerca di scandagliare le ragioni sociali del paradosso linguistico e comportamentale che si è instaurato dal momento della nascita di internet e dei social media.In questo caso, infatti, il diario viene “lucchettato” attraverso una semplice trascrizione ed una lettera (la “s”) posta dopo la sigla Http; ma viene messo in mostra, e viene data la possibilità dicopiare i link presenti all’interno, reinserendoli dal contesto da cui sono stati prelevati.

Una semplice lettera permette di dare l’idea di sicurezza, una trascrizione permette di eliminare collegamenti ipertestuali e creare una sorta di autoritratto narrativo.Il paradosso in senso logico-linguistico è un ragionamento che appare contraddittorio, ma che deve essere accettato, oppure un ragionamento che appare corretto, ma che porta a una contraddizione: si tratta, secondo la definizione che ne dà Mark Sainsbury, di “una conclusione apparentemente inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile”.

Ecco di conseguenza che un ragionamento paradossale, appare basato sull’assurdo.Il termine assurdo indica tutto ciò che è contrario alla logica, contraddittorio o che genera un senso di ridicolo.L’assurdo non implica la non esistenza: infatti può rappresentare una realtà costituita da riflessioni e sentimenti che incidono pesantemente sul senso del vivere e della realtà, così

come è stato evidenziato dalle cosiddette “filosofie dell’assurdo” che criticano la caoticità e l’assenza di senso e quindi l’irrazionalità della vita stessa.

Il termine “ridicolo” è ricorrente in questo tipo di ricerca, è ridicolo lucchettare il proprio profilo nei social network, è ridicolo riscrivere link sul cartaceo ed è altrettanto ridicolo lucchettare un diario segreto. Umorismo pirandelliano, dunque: l’ironia vista come ultima sponda della tristezza, della serietà e della mancanza di.Ma qui sta il gioco: si può aprire, leggere, riportare il link e vedere cosa c’è sotto. Entrare nei miei panni per un giorno, capire i miei interessi. Il tutto, logicamente, non verrà fatto, perchè richiede fatica e tempo.A tale proposito si può concludere che la presenza dell’assurdo e del paradosso si siano ampliati talmente tanto da sfociare nel famosissimo termine nonsense.Il termine e la logica nonsense vengono associati ad espressioni prive di significato, ma pare che siano nati come un’unione di più significati.Nella cultura moderna il nonsenso sembra esprimersi attraverso sole forme di umorismo ma analizzando le differenti tematiche proposte nella tesi, in particolare la concezione dell’assurdo, del link e del web in genere, si può concludere che il nonsenso sia ormai alla base della generazione 2.0, che fonda la comunicazione, in senso lato, sui nuovi media e crea un’ontologia del telefonino (M.Ferraris), una cronologia che sviluppa un autoritratto tragicomico attraverso l’inconsapevolezza della gestione di dati personali, affidati alla gestione di persone estranee.

L’utopia della privacy va sparendo, la comunicazione aumenta fino a creare nuovi scriba 2.0, che hanno protesi simili a quadrati pigiati, a righe di simboli incomprensibili, che uniscono e collegano un nuovo tipo di idioma impersonale e nuove vite incorporee.

Il nuovo linguaggio attraverso cui comunicano queste intelligenze artificiali, su cui noi ci adagiamo, si sviluppa attraverso codifiche nuove che noi...non capiamo.

Considerato che il segno è in generale “qualcosa che rinvia a qualcos’altro” possiamo dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di significazione e di comunicazione.Per significazione infatti si intende ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos’altro di assente.In questo caso l’insieme di segni del link rinvia ad un sito, ad un’immagine, a qualcosa interno al web.Ogni volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione allora si attiva un processo di comunicazione Le relazioni di significazione definiscono il sistema che viene ad essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.

La comunicazione che avviene attraverso i link in internet crea relazioni tra le pagine, ma è evidentemente impossibile per noi avere una conoscenza di questo messaggio.Oltre che di web semantico, sarebbe opportuno parlare di una nuova semiotica del web.

“Può sembrare assurdo, ma tutta l’arte moderna è una via verso l’assurdo. Il problema è trovare esattamente il punto di equilibrio tra niente e tutto. “- Ana Blandiana

Considerazioni no.2, diario come autoritratto

L’autoritratto, per definizione, è un ritratto che un artista fa di sé stesso.Il genere è andato affermandosi nel periodo medievale , ma è nel Rinascimento che trova piena approvazione in campo artistico, grazie soprattutto ai pittori italiani e dell’Europa settentrionale. Pur essendo un fenomeno prevalentemente pittorico, non mancano esempi di autoritratto scultoreo; nel XIX secolo, l’invenzione della fotografia fu occasione della nascita dell’autoritratto fotografico. Nel XI sec. l’invenzione dei social network fu occasione della nascita del selfie.L’epoca rinascimentale vide un notevole sviluppo del genereartistico dell’autoritratto, che mano a mano si diffuse maggiormente e acquisì sempre più dignità artistica autonoma, con episodi notevolissimi e seguaci illustri soprattutto in Italia e nell’Europa del Nord. Tra le cause del nuovo interesse che gli artisti cominciarono a nutrire verso la raffigurazione del proprio volto ve ne furono di tecniche, culturali e sociali.Sul piano tecnico, la diffusione di nuovi materiali e di nuove modalità di stesura del colore (si pensi in particolare alla pittura a olio) resero possibili notevoli miglioramenti nella resa sia disegnativa che coloristica e chiaroscurale dei dipinti. Inoltre, il perfezionamento e la notevole diffusione dello specchio facilitarono il compito dei pittori nell’atto di autoritrarsi.

Significativa fu anche la nascita di una diversa prospettiva culturale: la centralizzazione filosofica del ruolo dell’uomo rispetto al creato, operata dalla cultura umanista, ingenerò un notevole accrescimento nella sensibilità artistica dell’interesse per il volto umano, per i suoi tratti fisionomici e per le sue molteplici espressioni e sfumature con un conseguente incremento nella produzione di ritratti e, di conseguenza, di autoritratti.

Questo nuovo tema della pittura rinascimentale segnò lo stacco definitivo con l’arte precedente.La figura dell’artista, inoltre, da una dimensione meramente tecnico-artigianale ad una più marcatamente creativa e culturale. Per secoli infatti gli artisti si consideravano appartenenti ad una classe sociale artigianale, legata all’applicazione del proprio lavoro manuale e alle conoscenze che questo implicava, più che a doti di ordine intellettuale. Tuttavia, a partire dal XIII secolo divennero sempre più frequenti i rapporti culturali e personali fra artisti ed intellettuali. Il ruolo dell’artista completò una vera e propria «scalata sociale», che lo pose in una posizione di assoluto prestigio culturale. Si diffusero come logiche conseguenze la prassi di firmare i propri lavori, contribuendo ad attirare l’attenzione, oltre che sull’opera, anche sul suo autore, e la considerazione del proprio volto come soggetto degno di attenzione e raffigurazione artistica.Così, il processo di emancipazione dell’artista dal suo originario ruolo di artigiano è testimoniato dall’evoluzione che in epoca rinascimentale ebbero gli autoritratti.Si delinearono così quattro diverse concezioni e linee di sviluppo dell’autoritratto.

Nei primi anni del Novecento la sensibilità espressionista diede vita a raffigurazioni in cui il tormento interiore, l’alienazione sociale e il racconto della tragedia bellica sono alla base di scelte stilistiche peculiari, in continuità con l’introspezione psicologica ricercata dai pittori del secolo precedente. Significativi in questo senso sono gli autoritratti di Picasso , Max Beckmann ed Ernst Ludwig Kirchner .Non ancora del tutto abbandonato da parte dei pittori futuristi (Luigi Russolo ), surrealisti (Max Ernst e Hans Bellmer ), l’autoritratto cessò di essere praticato, al pari di ogni altra forma di figurazione, con l’avvento dell’astrazione, salvo per quei movimenti che ad essi si opponevano in nome di un auspicatoritorno, per poi conoscere una certa rinascita grazie alla Nuova figurazione e alla Pop art , nel cui ambito si ritrovano spesso

modelli comunicativi di stampo espressionista, rinnovati dalle contaminazioni fra pittura, grafica e fotografia, con momenti notevoli da parte di Andy Warhol e Francis Bacon .Del tutto particolari sono gli autoritratti della messicana Frida Kahlo, che incentrò sull’autoraffigurazione buona parte della propria ricerca artistica. Con uno stile raffigurativo tipico dell’arte indio-messicana e profondamente influenzato tanto dal surrealismo quanto dallo stile di Diego Rivera, la pittrice condensò nei propri ritratti i suoi tormenti personali, dovuti al grave incidente giovanile, alla conseguente malattia, alle gravidanze interrotte, al burrascoso matrimonio con Rivera, ma anche tematiche sociali e politiche, legate al femminismo e alla lotta per i diritti degli indios messicani.

Nell’arte contemporanea la forma dell’autortiratto è andata via via sviluppandosi in differenti forme, grazie anche alla comparsa di nuovi media. Ha, in particolare, trovato una forma social, che sfocia nel suo lato più ateo: il selfie.Da Bill Viola, precursore della video arte con “Self portrait- Submerged”, video caratterizzato dalla lentezza estrema dei movimenti in cui l’artista si filma all’interno di una realtà subacquea come se fosse in uno stato di beatitudine; a Pipilotti Rist con “I’m not the girl who misses much” o “Be nice to me”, passando per quasi tutti i suoi lavori introspettivi in cui l’artista stessa diventa protagonista del video opera; a Cindy Sherman, nelle cui fotografie si diverte a cambiare sempre personalità trasformandosi ogni volta in qualcun altro; a William Kentridge in “Self portrait”, a Mariko Mori che come le due artiste prima citate lavora spesso mettendo in gioco il suo corpo; a Jeff Koons che nella serie “Made in Heaven” propone “Self portrait”; a Dryden Goodwin in “Suspended Animation: 29 drawings of the same photograph” in cui si rappresenta per 29 volte copiando la stessa fotografia per esorcizzare ,in senso lato, la morte; a Ron Mueck in “Giant self portrait” un’installazione di enormi dimensioni del suo volto,completo di peli, pori e particolari, nel suo tipico stile; a Tony Oursler in “Self portrait in Yellow”; a Stelarc in “Stretched Skin”;

a Vanessa Beecroft, all’Abramovich che mettono in gioco il loro corpo per foto o performance; l’autoritratto ha subìto uno sviluppo radicale nell’arte contemporanea, fino a far parlare di sé attraverso il codice binario, il linguaggio http o quello html, gli screenshot e tutto ciò che si cerca, si trova e stanzia all’interno del proprio computer, dei propri social, nelle mail, nelle cronologie.

Parlare e far parlare di sè, e in particolare mostrarsi, è un’abitudine che ultimamente sta prendendo sempre più piede.La nascita e la diffusione a partire dai primi anni duemila di piattaforme quali MySpace , Facebook e Instagram , e l’introduzione nel 2010 della telecamera frontale nell’iPhone 4 hanno reso il fenomeno “self portrait” particolarmente popolare.

Nell’agosto 2013 il termine “selfie” venne definito dall’Oxford English Dictionary come «Una fotografia di sé stessi, tipicamente ripresa con uno smartphone o una webcam e caricata su un social network». Nello stesso anno, con il patrocinio del Museum of Modern Art , si è tenuta a New York la mostra Art in Translation: Selfie, The 20/20 Experience, nella quale i visitatori hanno potuto usufruire di una fotocamera digitale per fotografare sé stessi in un grande specchio.Nell’autunno del 2014 il vocabolario Zingarelli prese atto dell’ingresso del vocabolo nella lingua italiana .Le immagini sono scattate sia con la fotocamera tenuta a braccio teso, sfruttando la focale grandangolare tipica degli smartphone, sia utilizzando uno specchio. A volte vengono utilizzati accessori con appositi supporti per reggere la fotocamera, come treppiedi appoggiati a terra o bacchette porta-telefono da tenere in mano.

Nei primi mesi del 2013, un artista americano, Patrick Specchio, ha pensato di attuare un esperimento: i visitatori della sua mostra erano invitati a entrare in un ascensore di un condominio di Brooklyn e scendere fino al seminterrato. All’apertura delle porte un grande specchio accoglieva il pubblico, invitandolo a scattarsi un selfiecon una macchina

fotografica, proprio nell’atto di specchiarsi.Le foto raccolte in quell’occasione – oltre a poter essere postate su Facebook in real time – sono diventate una mostra di grande successo al Moma di New York, “Art in Translation: Selfie, The 20/20 Experience”. L’artista ha dichiarato di voler esplorare, attraverso questa modalità, il nuovo concetto di io e di individualità che scaturisce dalla società contemporanea, dominata dai social media, trasformando il pubblico da ricettore passivo dell’opera d’arte, a creatore attivo.

L’esperimento di Specchio ha infoltito la sequela di riflessioni su questa nuova mania del selfie. In principio erano i teenager a postare ammiccanti foto, auto-scattate principalmente in bagno. Ora, con l’avvento dei social network e dei nuovi smartphone, con l’ausilio di Instagram e altri strumenti per fotografi amatoriali, sono tantissime – e di tutte le età, i ceti, i sessi – le persone chepraticano i selfies. Da Obama a Justin Bieber, da Rihanna a George Harrison, dalla casalinga al body builder, si sono messi in posa per auto scattarsi una foto.

Anche i sociologi si sono interrogati sul fenomeno. I selfies nascono dal nuovo concetto di immagine che caratterizza l’uomo contemporaneo: non più una realtà a parte, creata solo da artisti e geni, l’immagine è un elemento tanto pervasivo del nostro quotidiano, da diventare esso stesso elemento “terreno”, realtà, vita. L’io del mondo 2.0 è sottoposto e si sottopone continuamente a giudizi, commenti, opinioni che provengono da terzi, e anche l’approvazione della propria immagine è diventata fondamentale. La parola che è stata maggiormente associata a “selfies” è “narcisismo”: l’individuo ha bisogno di affermare se stesso, mostrando un’immagine anche intima di sé, che possa suscitare il consenso altrui.

Vi sono 90 milioni di fotografie su instagram sotto al tag #selfie.

l Selfie trova la sua naturale evoluzione nell’Usie, termine da poco coniato, che altro non significa che “Selfie di gruppo”. Il tutto avviene attraverso il solito braccio umano che compare proteso verso lo smartphone (o l’apperecchio utilizzato), oppure attraverso la nuova protesi, che un po’ come McLhuan teorizzava per quanto riguarda ogni nuovo medium (affermando che altro non si trattava di un’estensione tecnologica dei nostri sensi, non solo in grado di modificare le nostre percezioni personali e le nostre convinzioni individuali, ma in grado persino di modificare l’ambiente in cui viviamo e la società che ci circonda),non fa altro che avvicinarci ai mass media dato che il Selfie o l’Usie, trova la sua gloria attraverso i social network ed il web.

Passando per la presa in giro italiana, Renzi che per un selfie fa aspettare il presidente del Parlamento Europeo; allo Stato Vaticano in cui il Papa diventa una superstar e si fa selfie con i Papa boys, o ancora l’Isis che per immortalare video di decapitazioni utilizza il “braccio selfie”, il termine narcisismo sembra ormai essere fuorviante dal momento in cui si parla diSelfie.Una ricerca introspettiva, data probabilmente dalla mancanza di sicurezza, che porta chiunque a cercare di dare una materialità alla propria vita, in modo che venga vista, scattata in attimi, da svariate persone sconosciute e che venga apprezzata attraverso il famoso pollice alzato di Facebook. Probabilmente, una voglia di mostrarsi, che sfocia in muri alzati, ridenti e felici, che non danno più importanza alla consapevolezza, ma lasciano spazio ai Like, alla piacenza, all’approvazione di altri e ai famosi 15 minuti di gloria di cui parlava Warhol?

Da autoritratto pittorico, scultoreo, o artistico in senso lato, si è passati ad un semplice bisogno di approvazione, e banalmente arriviamo a darci senso perchè gli altri lo danno a noi, un po’ comedire “Il mondo non esisterebbe se noi non lo vedessimo”, una frase che ha avuto motivo di esistere durante la rinuncia all’idea di

capire che portò all’interpretazione di Copenaghen e che sembra ritrovare il proprio modus vivendi grazie al paradosso internettiano.

Il lavoro da me proposto si avvicina concettualmente all’idea di selfie, un po’ perchè utilizza un linguaggio tipico di internet, un po’ perchè crea un autoritratto (possibile) della mia persona attraverso un diario.Il diario, per definizione, è una forma narrativa in cui il racconto – reale o di fantasia – è sviluppato cronologicamente, spesso scandito ad intervalli di tempo regolari, solitamente a giorni.Per quanto riguarda il diario intimo (Https, è un rimando immediato a questa tipologia diaristica), dal punto di vista della tipologiatestuale è la forma che di solito rivela la parte più intima dell’autore. Chi scrive lo fa per puntualizzare a se stesso ciò che gli sta accadendo in quel periodo, archiviando momenti passati e scrivendoli nel presente. (paradosso del “doppio del sè”, in cui la persona che scrive al presente racconta della persona che vive il passato). Solitamente all’inizio di una pagina viene scritta la data in cui si scrive.

Con diario si indica anche il supporto materiale dove questo racconto viene realizzato; una moderna forma di diario, in questo senso, è quella affidata all’informatica attraverso la tenuta di blog personali; un forma meno consapevole è quella data dalla cronologia web.Diffusi già nel Medioevo, i libri di ricordanze erano una serie di memorie (“ricordanze” appunto) registrate per sé o per i familiari oper i posteri immediati.

Nel diario intimo, il diarista si misura con il suo mondo interiore in una forma di scrittura che assomiglia di più a una presa dicoscienza.La struttura del diario permette di disporre delle unità di tempo per così dire “preordinate”, come la cronologia web.

Tutti i media ci permettono di catalogare, o meglio, di archiviare.Sconfiggiamo il tempo che passa nella raccolta di momenti, di conoscenze, di video che anno per anno si susseguono.Dall’avvento di internet l’archiviazione è stata sempre più semplice e sempre più ampliata e permette di creare strati su strati di tipologie di elementi in esso inseriti.Cataloghiamo, archiviamo, sconfiggiamo, dimentichiamo, esorcizziamo il momento della scomparsa dei ricordi.Cataloghiamo e stratifichiamo, messaggi su messaggi, linguaggi di linguaggi.

Ed è a questo proposito che si potrebbe porre un’ulteriore questione: l’ontologia cataloga il mondo e gli oggetti sociali di cui il mondo è pieno. Tali oggetti trovano il loro modo di esistere grazie agli atti iscritti, tra cui anche questi nuovi ashtag (#selfie) accompagnati dalle fotografie, o grazie ai diversi protocolli di rete, ai codici binari ecc. Possiamo teorizzare che l’archiscrittura di cui parla Derrida, che si trova nel linguaggio http, sia la nuova scrittura su cui basiamo la comunicazione tra persone?Non stupirebbee, quindi, che il nonsense e l’assurdo stiano prendendo sempre più piede.Dal momento in cui questo tipo di archiscrittura viene trascritto attraverso la codifica idiomatica del linguaggio alfabetico, il discorso diventa più lungo e articolato.

La traccia, che serve a registrare e a comunicare, viene conseguentemente modificata nella nostra mente, la quale a sua volta, crea nuove tracce. Solo dal momento in cui queste tracce mentali vengono scritte e si manifestano diventano oggetto sociale. Il web, a questo punto, è molto simile alla mente: le iscrizioni, tracce, in esso presenti vengono capite e codificate dai vari apparecchi comunicanti tra loro, ma al di fuori di questo mon-do, il link non viene più capito. Si può parlare di un difetto di tecnica mentale?

Il linguaggio http si basa su regole precise, su un protocollo di rete, su documenti. Gli oggetti danno evidenza visiva ai concetti, un po’ come fanno le icone presenti nello schermo quando danno vita alle funzioni astratte e al codice binario su cui si basa il computer. L’idea di base della tesi è che taluni oggetti possano non esserescoperti, rimanendo nel cielo delle possibilità. Ciò avviene grazie ai link, che trascritti su di un supporto cartaceo, non rimandano più a nulla.Questi link, divenuti solamente simboli e tracce, rimasti archiscrittura più che scrittura idiomatica, possono essere riscritti all’interno della barra di ricerca nell’interfaccia web e possono portare ad una mia esperienza personale, alla mia cronologia, alla mia vita: possono essere portatori di significato, oppure possono restare scritti e non avere nulla di tutto ciò. Potrebbero rimanere intenzione e non diventare mai espressione.

La scrittura è il veicolo principale attraverso cui gli uomini comunicano e rendono visibili i propri pensieri, danno vita ai documenti, lasciano tracce, si regolano e si scoprono: la scrittura rende giustizia e dà la vita all’uomo. Un uomo che non lasciasse tracce della sua esistenza, probabilmente non esisterebbe, rimarrebbe sconosciuto in futuro.

Così nasce l’esigenza di lasciare tracce, di lasciare diari. Di mostrare la propria individualità, attraverso un linguaggioidiomatico, che in quanto tale esce da degli schemi di codifica, per andare verso la personalizzazione.

La grafia rivela qualcosa della persona, e questo assunto è una tematica forte che si ritrova all’interno della tesi proposta; ma il diario, proprio grazie ai link, si sviluppa come una sorta di crittografia.

La crittologia è quella branchia che, per definizione, tratta delle “scritture nascoste”, ovvero dei metodi per rendere un messaggio “offuscato” in modo da non essere comprensibile/intelligibile a persone non autorizzate a leggerlo.Per contestualizzare ulteriormente la scelta di una forma letteraria diaristica è utile collegarlo non solo alla teoria di fondo della tesi, ma anche al concetto di autoritratto che si sviluppa al proprio interno.

Nel caso del diario di link si sviluppa un autoritratto basato sul paradosso del doppio del sé, dell’unità di tempo ma non di spazio, che è esattamente ciò che succede all’interno del mondo cibernetico in cui attraverso i link si possono avere collegamenti senza logiche spaziali; e, chiaramente, sul paradosso del linguaggio web inutilizzabile nel cartaceo.In esso, come all’interno del web, vengono archiviati momentipassati attraverso alcuni punti o “nodi” ma questi ultimi appaiono crittografati.Il punto sostanziale è che, al contrario di ciò che più facilmente si può pensare, non si tratta di crittografia ma di linguaggi basati su protocolli decisi dal W3C: questi numeri, simboli e lettere che si susseguono sono basati su una logica.Tale logica risulta illogica, un messaggio segreto che perfettamente può inserirsi in un diario privato.

“-Sei molto bella!

-Sai che faccio delle foto a me stessa, tutte le ore del giorno?Per conoscermi meglio con degli autoscatti col telefonino, i miei amici di Face-book dicono che faccio delle foto molto belle.

-Scommetto che ce ne sono di te anche nuda

-Qualcuna”

La Grande Bellezza – Sorrentino

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Conclusione

Il diario serve, innanzitutto, a tener traccia di sé, del proprio io, di ciò che avviene nella vita, scandendo nel tempo gli avvenimenti.E’ una forma prettamente personale, e nel caso della tesi, si avvale di tracce tecnologiche impersonali, sviluppate e trascritte attraverso la scrittura: l’impersonale si fa personale.

Ciò che colpisce è che illeggibile.Il diario si fonda sull’idea dello scrigno, in cui il tutto viene nascosto agli altri, ma diventa pubblico nel momento in cui viene aperto e de- (o meglio ri-) codificatoNon solo riporta il personale, ma si avvicina alle esperienze altrui entrando nella vita del lettore per mezzo di un medium che esso stesso usa quotidianamente; al contempo, però, al lettore non è permessa una lettura consapevole fin da subito.Infondo il concetto di diario è lo stesso, ma viene scritto attraverso tracce e simboli che non vengono codificati immediatamente.

L’esigenza di scrivere un diario/tesi giorno per giorno, basandolo sulla scrittura http, nasce dalla necessità di contestualizzare e concettualizzare il paradosso della nostra società fatta di persone che si muovono attraverso barre di ricerca, senza porsi il problema del “Chi, come, cosa”.

Il diario diventa un lavoro d’arte contemporanea che si potrebbe definire di stampo concettuale, andando a scandagliare i problemi che l’arte concettuale ha sempre trovato, proprio perchè, in genere, l’interlocutore X del discorso che propone un’opera di questo tipo non si pone il problema della conoscenza, del perchè, del “Chi, come, cosa”.

Il diario richiede una decodifica, o meglio, un riadattamento/reinserimento all’interno del mondo da cui esso stesso viene.

In poche parole, ci si ferma al software senza andare a capire cosa

c’è nell’hardware, un po’ come dire che ci si ferma alle apparenze.E così il diario rimane una possibilità, e la ricerca del concetto nella barra di ricerca dell’archivio mentale non viene attuato.

Il diario si basa, quindi, sul nonsense dell’esagerazione del linguaggio, dell’overlay: troppi linguaggi, codifiche e protocolli.Inserendosi perfettamente nella logica paradossale alla base della società contemporanea.

Tutto e niente.Tutti i link della mia cronologia e niente di mio.

“Piuttosto di andare via da tutto questo mi sparerei dei chiodi sui piedi. Due anni fa alla tesi non provavo nulla, era solo una galleria(...). Questa è la mia vita buttata nelle mani di tutti, va bene così, ma è uno sfogo, e non vorrei dovesse uscire. Mi sfogo solo se so che sonoalla fine”

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