Avanguardia Vitale

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Avanguardia Vitale Piero Bottoni - Modello di pianificazione Lavoro di Approfondimento della storia, delle tematiche e degli sviluppi relative al concetto Urbanistico di “Strada Vitale” di Piero Bottoni. Corso: Laboratorio di progettazione Urbanistica 1 Anno Accademico: 2014 / 2015 Docente: Paolo Galuzzi, Emanuele Garda Studente: Giorgio Marescia

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Avanguardia Vitale Piero Bottoni - Modello di pianificazione

Lavoro di Approfondimento della storia, delle

tematiche e degli sviluppi relative al concetto

Urbanistico di “Strada Vitale” di Piero Bottoni.

Corso: Laboratorio di progettazione Urbanistica 1

Anno Accademico: 2014 / 2015

Docente: Paolo Galuzzi, Emanuele Garda

Studente: Giorgio Marescia

Piero Bottoni Avanguardia Vitale Modello di sviluppo

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Sommario

- Premesse

- Razionale Biografia Urbanistica

- Incubatrice sperimentale Architettonica

- La Strada Vitale

- Conclusioni

- Bibliografia

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Premesse Tra le sperimentazioni e le avanguardie scoperte o provate da Piero Bottoni, la “Strada Vitale” è sicuramente una delle più interessanti e raffinate. L’architetto arriva a coniare questo termine dopo diverse riflessioni anche a distanza di anni dalle sue principali sperimentazioni urbanistiche. Una prima generica definizione potrebbe definire la “Strada Vitale” come: “un modello di pianificazione urbanistica che permette lo sviluppo secondo una direttrice prestabilita.” Anche se da un primo approccio tale schema può rimandare alle prime rudimentali teorie urbanistiche sulla “Città Lineare” di Soria y Mata, si scoprirà, nelle pagine seguenti, come in realtà Bottoni sia arrivato a questa idea sulla base di intuizioni e sperimentazioni applicate, supportate da una visione del moderno completamente indipendente; e di quale siano la scala e le proporzioni che regolano i rapporti fra variabili nel modello stesso.

L’intento di questo elaborato è di isolare l’intuizione avuta da Bottoni cercando di farne emergere quali siano state le domande e le problematiche a cui ha dato risposta, quali le caratteristiche, le potenzialità ed i limiti; cercando di descrivere, seppur a grandi linee, un meta-modello di pianificazione.

Vista l’unicità del pensiero proposto da Bottoni, si ritiene doveroso tracciare, seppur il linea di massima, quale fù il contesto storico nel quale l’architetto operava, quale la sua origine, e come si sono evolute le sue opinioni nel corso del tempo; in quanto si ritiene il contesto sociale, storico e culturale parte attiva di questo pensiero.

Bottoni: Disegni 1 – Studio per un convento di frati artisti presso la chiesa di San Celsio a Milano, 1926 ca. Schizzo Assonometrico Matita ed Acquerello su carta, cm 23,2 x 34

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Razionale Biografia Urbanistica

Le molte Biografie, sia su pagine ingiallite che su schermi digitali, recitano il protagonismo di Bottoni nel razionalismo italiano, dall'iniziale allontanamento ed emarginazione confinato nel gruppo degli "Isolati", alle assidue partecipazioni ai CIAM, del contributo alla Carta di Atene, dei suoi allontanamenti dalle istituzioni per un pensiero troppo indipendente nel '27 e troppo sperimentale nel '71.

Ma le fasi importanti nella vita di questo architetto-artista non seguono necessariamente gli avvenimenti eclatanti. Colpiscono fin da subito le sue riserve nei confronti dei modernisti, seppur egli condivida il pensiero taylorista e quei principi cardine basati sulla razionalità e la funzionalità sia dell’organizzazione degli spazi, quanto nella rappresentazione dello stile. L’estro di Bottoni però non si riconosce principalmente nel razionalismo ma bensì in un ideale poetico. È la poesia il suo motore creativo che trova il suo strumento di realizzazione e comunicazione nel razionalismo. Questo è ciò che lo differenzia dalla massa dei razionalisti; Bottoni consapevole della sua epoca e del progresso scientifico ed intellettuale non dimentica la lezione umanista, e cerca una mediazione prima di tutto nel suo pensiero. Le prime manifestazioni di questa sensibilità trovano compimento nei suoi studi sui cromatismi. Infatti Bottoni, benché guardi ai futuristi con ammirazione, ed insofferenza verso le eclettiche lezioni volte a passato del Politecnico, si rende conto del profondo pericolo che si cela dietro all’architettura del movimento moderno. Infatti, i principi di standardizzazione e funzionalismo rischiano di incatenare l’architettura ad un appiattimento artistico e di renderla schiava di una matematica devota solo alla massimizzazione della produttività. Per certi versi potremmo dire che il duo pensiero anticipa quella alienazione della classe operaia che si farà sempre più problematica negli anni avvenire e pone a rimedio di questo diffuso inaridimento degli spazi urbani: l’uso del Colore!

Bottoni infatti si rende conto che con il modernismo non vengono spazzati via soltanto i decori e gli stili architettonici, ma anche le tonalità degli edifici precipitano verso un anonimo “grigio diffuso” colore neutro ed estraneo in quanto fin dalle origini delle città, gli edifici hanno sempre avuto un colore che li caratterizzava per origine dei materiali, ceto o funzione. Bottoni pensa già al colore come alla base per una nuova

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dialettica in grado di parlare un linguaggio universale direttamente alle persone come individui. Svincolato da storia e ceti, ecco che il colore, può diventare caratteristica in grado di creare un collegamento fra l’architettura moderna, le funzioni e gli individui.

La Ricerca di una conciliazione dell’architettura moderna con gli individui, la sintesi di un linguaggio che possa parlare ad entrambi, la concezione della funzionalità come strumento al servizio dell’uomo, la tendenza inconscia ad ascoltare il contesto, sono questi i semi che fanno di Bottoni una avanguardia delle avanguardie.

Egli infatti, nelle sue opere, cercherà sempre di istaurare un dialogo fra contesto e progetto con lo scopo di arrivare ad un risultato finale di armonia. Bottoni è uno dei pochi progettisti che non fugge dal confronto con l’esistente ed il passato ma anzi, con il suo intervento tende ad includerli, conscio dei valori di cui sono carichi.

Bottoni: Disegni 2 – Morte Meccanica: le masse , disegno esposto alla XVI Esposizione internazionale d’arte di Venezia, 1928, Matita su carta, cm 27,5 x 35

Bottoni: Disegni 3 – Cromatismi architettonici, 1927, Strada n.1 (B). Mezzogiorno Prospettiva Matita ed acquerello su carta cm 24,8 x 18,4

Bottoni: Disegni 4 - Cromatismi architettonici, 1927, Strada n.2 (A). Meriggio Prospettiva Matita ed acquerello su carta cm 24,8 x 18,4

Bottoni: Disegni 5 - Cromatismi architettonici, 1927, Strada n.3. Pomeriggio. Prospettiva. Matita ed acquerello su carta cm 24,8 x 18,1

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Se questa sensibilità verso una architettura “organica” era già presente e la si può apprezzare in diverse opere come "Villa Muggia" o il “negozio e sede Olivetti a Napoli”, in cui è evidente come la modernità sia organicamente equilibrata rispetto all’esistente; per la stessa maturità in campo urbanistico bisognerà aspettare diversi anni e la collaborazione con Olivetti per il piano della Valle d’Aosta. Il percorso professionale di Bottoni parte infatti da una progettazione di interni per approdare successivamente a quella urbanistica. Sarà anche questo modo di operare, “dall’interno verso l’esterno” che gli consentirà di non perdere mai di vista quelle fitte trame che collegano: contesto, storia, individui.

Dal punto di vista urbanistico due sono le tappe importanti: la prima è il piano regolatore della Valle d’Aosta (’36-’37) e la seconda il piano A.R. per Milano (‘47). Mentre la prima introduce Bottoni ad una visione storico-sociale delle aree, con una intenzione di fondo incentrata ad esaltare quei valori legati ai luoghi, al loro significato ed alle identità che rappresentano; la seconda si dimostra rivoluzionaria ed innovativa in quanto si supera l’idea di un unico centro chiuso in se stesso circondato da piccoli centri a loro volta chiusi, per approdare ad una visione di uno sviluppo urbano su assi preferenziali strutturato su una maglia infrastrutturale aperta. Queste due esperienze, insieme ad altre come il piano per Siena, si ritengono di fondamentale importanza in quanto fino ad allora Bottoni, dal punto di vista urbanistico, era stato fedele da un lato l’impostazione accademica rigorosamente igienista, e dall’altro le dichiarazioni di riordino e pulizia urbana dei CIAM.

Da un conversazione con Pagano sullo spreco rappresentato dalle istallazioni effimere della Mostra Triennale, costruite per pochi mesi e poi

Fotografie 1 – Villa Muggia, Salone Barocco dopo il recupero.

Fotografie 2 – Piano della conca del Breiul nell’ambito del piano regolatore per la Valle d’Aosta, 1936-39, con L. Belgioioso. Planimetria generale della sistemazione urbanistica.

Fotografia 3 – Un angolo della terza sala alla VI Triennale sul tema “Raggruppamento edilizio delle cellule d’abitazione”, 1936

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smantellate, nasce l’intenzione di allestire un quartiere sperimentale permanente dove realizzare edifici destinati all’utilizzo ed all’abitazione, bene assai raro nel dopoguerra e che, non essendo ancora di interesse statale, era lasciato in balia degli speculatori e attori forti del mercato.

Si gettano le basi per il Quartiere Sperimentale (Quartiere Triennale 8), ideato per sperimentare e proporre una nuova idea di quartiere, di cui il suo parco (Monte Stella) diverrà una delle centralità di quella rete urbana milanese la quale si può osservare tutt’ora. Il Progetto del Q.T.8 vedrà diverse rivisitazioni anche in base alle mutevoli esigenze di quegli anni e curato costantemente da Bottoni.

Bottoni esegue altre opere che aiutano a testimoniare l’importanza della sua visione organica nell’architettura della città come ad esempio l’edificio polifunzionale in corso Buenos Aires a Milano, che con la parte anteriore, di bassa altezza, adibita a funzioni pubbliche e quella subito dietro, più densa adibita a residenza; rappresenterà un tassello fondamentale nella costruzione dell’ambiente urbano e sarà uno dei modelli edilizi ricorrenti nella “Strada Vitale”.

Vi è un secondo intervento che merita di essere citato in quanto seppur circoscritto al singolo edificio e destinato ad un’ unica funzione Bottoni, con il Palazzo INA-Casa in corso Sempione a Milano, non perde l’occasione per renderlo comunque parte attiva di quel disegno urbano che emerge spontaneamente osservando quella parte di città senza che esso sia stato definito in maniera puntuale.

Per i piani urbanistici intimamente legati allo sviluppo della “Strada Vitale” vi è quello per Sesto San Giovanni, e quello per Mantova che verranno redatti in osservanza di questo preciso principio sviluppato e raffinato in occasione della revisione del 1956 al Piano Regolatore di Milano nella zona dei Quartieri gallaratesi G1 e G2.

Fotografia 4 – Linee del piano A.R. a scala regionale,

Fotografia 5 – Edificio Polifunzionale, Veduta da corso Buenos Aires

Fotografia 6 – Palazzo INA Casa in corso Sempione

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Incubatrice Sperimentale Architettonica Si può affermare con ragionevole certezza che il quartiere sperimentale Q.T.8 rappresenta una delle esperienze urbanistiche meglio riuscite nel panorama italiano. Con questa autentica opera d’arte, l’illuminato Bottoni non solo fornisce un banco di prova per gli architetti a livello internazionale, crea alloggi per 18'000 abitanti e disegna la stessa base del progetto in modo che acquisisca valore sociale e diventi una parte ed una risorsa per la città stessa.

I risultati raggiunti dal Q.T.8 non sono tanto da ricercarsi sui libri o sugli scritti, ma soprattutto su quello che è possibile vedere e sentire all’interno del quartiere stesso tutt’oggi. A distanza di circa cinquanta anni dalla sua creazione il Q.T.8 rimane un quartiere identitario che ha strutturato una propria personalità con specifiche centralità riconosciute accettate e ricercate dal resto della città. Sono proprio queste centralità che hanno permesso al quartiere stesso di sviluppare quel “senso di urbanità” che oggi è chiamata “Resilienza Urbana” e che è tanto ricercata nelle città moderne.

È lo stesso Bottoni che, portato a riflettere del suo operato, a diversi anni di distanza, mette in chiaro due fattori principali: quello monocentrico dell’autosufficienza ed quello sperimentale; ma seppur vincolato a pesanti cardini, le sperimentazioni edilizie si conclusero con un bilancio positivo e la caratteristica di autosufficienza, apparentemente un vincolo rispetto allo sviluppo successivo della città, venne risolta in una ottica urbana più ampia con il Montestella.

La struttura monocentrica, isolava le strade di accesso e di circonvallazione sui margini ed accentrava le funzioni di quartiere al centro dello stesso con una ottica che potremmo definire introspettiva. Questa filosofia di disegno urbano portava a pensare ad una città costituita da isole autosufficienti, collegate fra loro, richiamando per certi versi anche le città giardino. È lo stesso Bottoni a scrivere poi come l’evoluzione della pianificazione abbia seguito un corso diverso orientandosi verso la creazione di una rete di centralità diffuse collegate tra loro, e di come poi siano queste stesse centralità in rete ad essere il motore per lo sviluppo.

Fotografia 7 – Planimetria del terzo progetto 1953

Fotografia 8 – Schema del sistema viario 1953

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Risolte le motivazioni di queste critiche così intrinseche alla concezione di progetto, rimane evidente come, nel panorama della restante città, il Q.T.8 abbia comunque sviluppato una sua polarità a livello cittadino nel parco Montestella rimanendo, anche grazie alla metropolitana, integrato nella rete urbana.

Vi sono diversi principi ideativi del Q.T.8 che faranno poi da fondamenta al concetto della “Strada Vitale”. Innanzi tutto una gerarchizzazione particolarmente definita delle strade tra veloci, rallentate e di penetrazione verso la zona residenziale; su quattro diverse provenienze verso un unico centro di quartiere. La distribuzione proporzionale dei servizi avverrà sulle due strade afferenti al centro del quartiere quasi a delineare un Cardio ed un Decumano. In questo modo si creeranno quattro settori da circa 5'000 abitanti ciascuno.

Ecco risolta in maniera chiara la lezione di Bottoni e della pianificazione al Q.T.8. Strade veloci lungo i bordi dell’abitato per decongestionare il centro del quartiere stesso dove hanno sede le funzioni civiche e religiose che alimentano quella vitalità dei luoghi che trova la sua tradizione fin dalla romanità. Oltre al sapiente disegno dei tracciati vi è una rigida collocazioni dei volumi residenziali, in modo da garantire il miscuglio di ceti sociali ed evitare squilibri e polarizzazioni non pianificate. Il risultato è un ambiente organico, ben distribuito, di cui ne è facile percepirne il senso. Una dimensione che potremmo chiamare “Umana”.

Le basi per la riflessione sulla Strada Vitale sono gettate.

Fotografia 9 – Vista aerea da Nord Ovest del Monte Stella

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La Strada Vitale Potremmo definire la “Strada Vitale” di Bottoni come: una tecnica di pianificazione che prevede una spina centrale ricca tendenzialmente di servizi e funzioni pubbliche, alla quale sono collegate in maniera trasversale delle strade minori chiuse, sulle quali insistono le residenze. Tutto il disegno urbano viene delimitato da strade veloci tangenziali alle residenze che consentono di decongestionare la strada principale.

Benché consapevole della rigidità di una definizione così teorica e poco contestualizzabile, solo in questo modo essa ci permette di argomentarne le sue caratteristiche e di risolvere le criticità sollevate. Il progetto manifesto della “Strada Vitale” come strumento pianificatore e prima sperimentazione pratica dello stesso Bottoni, è senza dubbio il progetto per il quartiere Gallaratese di Milano, posizionato a Nord Ovest del Q.T.8 e sulla direttrice di sviluppo naturale della stessa.

Innanzi tutto viene sfondato il concetto di quartiere chiuso e di isola; emerso antiquato già durante la realizzazione del Q.T.8 appare sempre più evidente come la città si stia rapidamente espandendo e come sia necessario approdare ad una visione di direzione dello sviluppo urbano, che troviamo già precedentemente come visione del piano A.R.

Consapevole di questo, l’architetto, che è incaricato di rivedere la pianificazione di quest’area, si pone nell’ottica di osservare le influenze che i flussi di traffico e di spostamento posso avere nella creazione di nuovi insediamenti ed il reciproco rapporto che gli insediamenti stessi possono

Schema 1 – vista di insieme del quartiere Q.T.8 e Gallaratese

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riflettere sugli sviluppi dei traffici. Partendo dalla presenza di un rapporto tra questi due elementi Bottoni effettua una ricerca e, come si evince dai suoi appunti, il tema della “Strada” vede nel contesto italiano una differenza rispetto ad altre località con latitudini differenti. Difatti il fenomeno della “passeggiata”, a latitudini differenti , non riesce a manifestarsi durante l’arco dell’intero anno per motivi climatici e si traduce con un accentramento delle popolazioni intorno a qualche specifico edificio per il bisogno di una vita interna e non esterna.

Rilevata la strada come un tema particolare, lo steso Bottoni passa ad una ricerca di situazioni che potessero essere associate a queste caratteristiche. La strada ha sempre rappresentato, prima dell’avvento della motorizzazione, un luogo di vita e di scambio delle popolazioni cittadine che su tale luogo svolgevano la maggior parte delle loro funzioni quotidiane. Osservando con una ottica più ambia è possibile vendere come alcune strade abbiano favorito lo sviluppo di alcuni attuali centri urbani come ad esempio le città presenti sulla via Emilia, e di come queste stesse città non solo abbiano cercato di aderire alla strada il più possibile ma di come l’area a contatto con essa sia rimasta sempre attiva e vitale, a discapito di mutamenti temporali.

Quindi, diventa certo che la strada, tema classico dell’urbanistica, non è soltanto uno strumento per canalizzare i flussi, ma vive di una propria realtà e molto spesso questa realtà presenta una forza tale da influenzare quei centri che vi si trovano coinvolti.

Identificato nello strumento viario la base solida di una struttura urbana, rafforzata nella realtà italiana, è importante analizzare se tale sistema concepisce una commistione di funzioni o meno. Dall’osservazione delle residenze localizzate nelle parallele di corso Buenos Ayres, dalla varietà edilizia e dai seppur piccoli ma presenti spazi verdi, emerge come quelle caratteristiche che sono alla base di un quartiere ci siano ancora, malgrado le erosioni delle epoche e le avance delle speculazioni immobiliari. è da queste osservazioni che Bottoni asserisce come sia possibile costruire il cuore di un quartiere secondo una direttrice e porre delle isole abitative con collegamenti trasversali. Bottoni è riuscito ad identificare quali sono quelle forze fatte di interessi, abitudini e bisogni sociali che costituiscono quella trama di fondo che può reggere e sostenere

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l’ambiente urbano fungendo da volano per la costruzione di quei rapporti tra individui che gettano le basi per l’urbanità.

L’idea di Bottoni è meglio resa degli schemi seguenti in cui si vede ampliata e migliorata l’intuizione iniziale.

Come si evince dagli schemi, l’architetto applica una serrata alternanza di funzioni sulla direttrice principale insieme ad una precisa matematica nel calcolo delle densità abitative, che ci consente soprattutto di immaginare l’ordine di grandezza di questo impianto urbano. È chiaro che poi questa idea di modello dovrà essere calata nei singoli contesti ed adattata in base alle esigenze. Tuttavia vi sono delle particolari variabili di vitale importanza che emergono da questi schemi e riguardano il carico, la portata e l’affollamento della strada stessa.

Schema 2- abbozzo di una pianificazione per centri collegati fra loro, a destra il QT8

Schema 3 – disegno del quartiere Gallaratese, schema di massima, Planimetria non in scala

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Bisognerà essere estremamente attenti nel corretto dimensionamento della arteria centrale in quanto renderla troppo affollata o troppo rada potrebbe significare il fallimento dell’intero progetto. Basti pensare al traffico veicolare.

Bottoni dopo questo primo progetto molto esaustivo ha portato avanti le sue proposte con due piani approvati e realizzati: Il piano di Sesto san Giovanni ed il piano per Mantova.

Come si nota dagli schemi riportati, Bottoni, ha modificato la sua idea iniziale adattandola alle esigenze progettuali e di contesto, pur rimanendo fedele sia al disegno urbano, sia al rigido controllo delle tipologie edilizie, per garantire la mescolanza sociale.

Con la “Strada Vitale” Bottoni a saputo intuire la naturale evoluzione di questo elemento urbano, recuperando i valori passati che essa ha rappresentato e riproponendoli in maniera completamente nuova come strumento legante e fondante della città.

Schema 4 – Piano Peep per Sesto San Giovanni, 1963, Azzonamento

Schema 5 – Piano Regolatore generale di Mantova 1955, Planimetria particolareggiata

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Conclusioni L’idea avuta da Bottoni non ha soltanto dell’innovativo ma del rivoluzionario, ritengo che Bottoni abbia fornito quelle basi concettuali di cui eravamo più carenti in questa stagione progettuale. La “Strada Vitale” rappresenta soprattutto un modello di riqualificazione da utilizzare ad esempio nel collegamento di due centri, anche periferici, o per ridare corpo ad un asse preferenziale di sviluppo che nel corso del tempo ha perso la propria identità. Oppure per progettare un nuovo asse di sviluppo urbano.

Il concetto di “Strada Vitale” è così importante non tanto per i modelli che fornisce, che sono duttili e malleabili, quanto per le forze alle quali è legato. Con la “Strada Vitale” non si ha bisogno di costruire una grande centralità identitaria in quanto viene introdotto il “Flusso” che è di per sé una centralità, funzionante. Ciò si traduce anche con azioni pianificatrici rivolte ad altre infrastrutture di collegamento in quanto oggetto del progetto diventa il “Flusso sociale”, reale o potenziale. Considerando inoltre le tendenze urbane sempre più incentrate in una struttura a rete formata di molti centri interconnessi tra loro e tendenti all’espansione, ecco che trasformare una connessione in una centralità potrebbe non solo arrestare uno sviluppo urbano a macchia d’olio, ma essere una importante fonte di risparmio per l’apparato pubblico, che si troverebbe a gestire una rete più snella, più organica ed omogenea ed in costate rigenerazione.

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Bibliografia e sitografia LIBRI

Centro Studi Triennale, IL QUARTIERE SPERIMENTALE

DELLA TRIENNALE DI MILANO Q.T.8

Liceo Artistico Statale Umberto Boccioni, Milano, PIERO

BOTONI E MILANO, Case, Quartieri, paesaggi 1926-1970

La Scuola di Milano, PIERO BOTTONI, Electa

Piero Bottoni, URBANISTICA, Hoepli editore – Milano

Prof. Piero Bottoni, QT8 E GALLARATESE A MILANO,

morfologia insediativa residenziale infrastrutturale e viaria,

Facoltà di architettura Milano.

PIERO BOTTONI – OPERA COMPLETA, Fabbri Editore

ARCHIVI

ARCHIVIO PIERO BOTTONI

SITI INTERNET

WIKIPEDIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Piero_Bottoni

Archivio Piero Bottoni

http://www.archiviobottoni.polimi.it/fr_pbopere.htm

Piero Bottoni: La dimensione civile della Bellezza

http://www.ordinearchitetti.mi.it/it/mappe/itinerario/40-

piero-bottoni-la-dimensione-civile-della-bellezza/saggio

SOPRALLUOGHI

Q.T.8 Milano (MI)

Gallaratese Milano (MI)

Corso Sempione Milano (MI)

Corso Buenos Ayres Milano (MI)