AA. V.V: Dante: La obra total, Madrid, Área de edición del CBA, 2008

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LECTURA CRÍTICA DE LIBROS

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LECTURA CRÍTICA DE LIBROS

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DANTE ALIGHIERI, Rimas completas, introducción, traducción y notas deMariano Pérez Carrasco, Buenos Aires, Winograd, 2009, pp. 368.

Tradurre un classico è sempre una sfida, tanto più impegnativa se sitratta di poesia. Se poi la scelta è quella di un classico come Dante, il la-voro si colora di valenze non solo linguistiche, ma anche culturali e sicu-ramente didattiche. Ne è stato ben consapevole Mariano Pérez Carrasco,poeta e ricercatore di Storia della filosofia medievale presso l’Universitàdi Buenos Aires, specialista di filosofia politica dantesca, quest’anno ricer-catore post-doc all’Università di Padova, il cui lavoro come traduttore estudioso di Dante si è già manifestato nella traduzione del Convivio uscitacon Colihue (Buenos Aires: 2008) e in articoli e contributi in varie rivistespecializzate. In campo poetico, dopo le traduzioni in collaborazione conRicardo H. Herrera di poeti italiani contemporanei come Alfonso Gatto eVirgilio Giotti, si è imposto l’interesse per Dante, con l’uscita nel 2009 delsuo lavoro Rimas completas, traduzione in spagnolo delle Rime dantescheper i tipi di Winograd, editrice argentina indipendente.

Il volume si apre con una corposa Introduzione sul percorso biograficoe letterario di Dante inserito nel contesto storico e mentale della societàfiorentina del Duecento. Nel periodo iniziale, da Guittone d’Arezzo alDolce Stil Novo, attraverso l’analisi dei principali testi di riferimento, daBertrand de Born fino alla canzone guinizzelliana Al cor gentil, PérezCarrasco sottolinea come il legame tra amore e nobiltà sia in relazionecon l’immaginario, oltre che con la struttura sociale feudale (p. 21). Ar-rivando a Dante, il nuovo stile poetico viene analizzato con le parole dellostesso poeta, che nel noto passo dell’incontro con Guinizzelli in Purg.XXVI, 115-126 confronta le opinioni sui maggiori poeti provenzali conquelle sulla poesia di Guittone rispetto a quella stilnovistica: come gli ig-noranti credono che Girault de Bornelh sia un poeta migliore di ArnaultDaniel, seguendo le opinioni altrui più che la verità, indipendentementedall’arte e dalla ragione, così gli antichi esaltarono Guittone, «fin che l’havinto il ver con più persone», finché cioè la verità ebbe la meglio permano dei nuovi poeti, Dante e gli stilnovisti (p. 25). Dante esprime inquesti versi una “verità” storica e poetica cosciente, dando la misura del«modo en que Dante se percibía a sí mismo en la historia literaria» (p. 24)

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nel costruire «el criterio historiográfico con el que han de ser evaluadossus propios poemas» (p. 25). Pérez Carrasco mette inoltre in luce il temadella tensione erotica del desiderio nei confronti della donna come mo-tivo centrale nello Stil Novo, sottolineando che in Dante è «centro unifi-cador de toda su obra» (p. 27), secondo quanto afferma anche R. Pintonell’edizione bilingue della Vida nueva (Madrid, Cátedra 2003; cfr. re-censione in Tenzone 4). Il percorso dantesco post-stilnovista prosegue poi– secondo l’ordinamento cronologico delle Rime stabilito da M. Barbi(Rime della Vita Nuova, I-XXXVIII; rime contemporanee alla Vita Nuovama non incluse in essa, XXXIX-LXXII; la tenzone con Forese Donati,LXXIII-LXXVIII; rime allegoriche e dottrinali, LXXIX-LXXXV; altrecanzoni amorose e di corrispondenza, LXXXVI-XCIX; rime petrose, C-CIII; rime varie del tempo dell’esilio, CIV-CXVII; appendice di poesie didubbia autenticità, le Dubbie, I-XXX) –, con l’allontanamento dallo StilNovo e l’apertura al realismo, evidente nella tenzone con Forese, e conl’allegorismo delle canzoni dottrinali, «tendencias poéticas (...) índice delmarcado experimentalismo dantesco» per cui si può dire che «antes de es-cribir su gran poema, Dante ha experimentado con la casi totalidad de losmodos poéticos de su tiempo» (p. 30). Ma il momento di maggiore rotturaè costituito dalla svolta democratica, con il coinvolgimento politico e iltema della giustizia sviluppato nella canzone Tre donne, momento in cuiPérez Carrasco riconosce la rottura con Cavalcanti, causata dalla parteci-pazione di Dante alla vita pubblica, vista dall’amico come un tradimento degliideali aristotelici e una “plebea” adesione all’annoiosa gente democratica(pp. 30-31). Tale momento di “oblio” cavalcantiano pone nuove premessepoetiche che si esprimeranno per Dante nelle “petrose”, nelle quali l’indif-ferenza della donna non serve più a confermare il poeta nel suo amore,come nell’ideale stilnovista, ma provoca anzi una vera e propria “apologiadella vendetta” vincolata all’onore: «el amante desgraciado desea reci-procidad en el dolor, y no duda en hacer una apología de la venganza, alvincular la venganza con el honor» (p. 33). Tali nuovi motivi troverannoil loro sviluppo nel Convivio e in modo più pieno nella Commedia, dove«al esplendor formal propio de las composiciones líricas recogidas en estasRime se le suma la reflexión filosófica, la preocupación política y la ten-dencia profética y mística que será característica del gran poema dan-tesco» (ibidem).

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Un nutrito apparato di note aiuta il lettore spagnolo con la traduzionedei testi citati in questa prima parte, indicandone naturalmente anche iprincipali studi critici, a cominciare da quelli di H. Davenson e C. Alvarsulla poesia trobadorica, per continuare con lo Stil Novo dai punti di vista,tra gli altri, di F. Blanco Valdés, M. Marti, A. Roncaglia e K. Vossler,senza dimenticare G. Contini, la cui edizione critica delle Rime ha fattoda supporto all’opera di Pérez Carrasco.

Il libro propone dunque nella prima parte un’analisi storica, sociale efilosofica completa, ma allo stesso tempo chiara e sintetica, diretta siaallo studioso, sia al lettore meno impegnato. Lo scopo è quello di in-quadrare una produzione poetica che, come ha affermato lo stesso PérezCarrasco in un’intervista pubblicata sul quotidiano «Crítica» di BuenosAires, può essere “degustata poeticamente” senza bisogno di conoscenzeprevie: «Uno puede comenzar y terminar de leer cualquiera de estos poe-mas en unos pocos minutos, y quedarse pensando en ellos durante años»(http://edicioneswinograd.blogspot.com/2009/12/entrevista-mariano-perez-

carrasco.html).

La seconda parte del libro comprende le Rimas completas nel testoitaliano con a fronte una traduzione che per la sua accuratezza non avevaancora precedenti in lingua spagnola. Frutto di uno scrupoloso lavoro lin-guistico e terminologico, il volume si propone di offrire «una versión deltexto de las Rime que se ajuste al significado original del italiano dan-tesco», in una traduzione che rispetta la semantica delle parole in re-lazione con il contesto e con la loro varia etimologia, spesso abbastanzalontana dal significato italiano attuale (p. 33). «Muchos términos que enitaliano tienen un significado cercano al español han sido vertidos en sen-tidos más alejados, que el moderno italiano no siempre ha conservado»,avvisa l’autore (ibidem). Nonostante lo stesso Dante sia consapevole delfatto che «nulla cosa per legame musaico armonizzata si può de la sua lo-quela in altra transmutare sanza rompere tutta sua dolcezza e armonia»(Conv. I, VII, IX, 14), attraverso le soluzioni proposte da Pérez Carrascola traduzione spagnola acquista «il peso, lo spessore, la concretezza dellecose» di cui parla Calvino nel saggio sulla Leggerezza riferendosi al lin-guaggio poetico dantesco (Lezioni Americane, Milano, Garzanti 1988).Si viene a creare insomma uno scambio linguistico traduzione - originale

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che assicura la sopravvivenza e il rinnovamento di quest’ultimo, pur nellasua trasformazione, secondo quanto afferma W. Benjamin: «La traduzioneprocede dall’originale, anche se non dalla sua vita, quanto piuttosto dallasua “sopravvivenza” (...). Nessuna traduzione sarebbe possibile se latraduzione mirasse, nella sua ultima essenza, alla somiglianza con l’origi-nale. Poiché nella sua sopravvivenza, che non potrebbe chiamarsi così senon fosse mutamento e rinnovamento del vivente, l’originale sitrasforma» (Il compito del traduttore, in Angelus Novus, Torino, Einaudi,1995). Alcuni esempi di tale trasformazione “mirata” sono citati dallostesso Autore: «piacere» viene tradotto come belleza, rostro o placer, oaddirittura può designare la donna nella sua totalità; «virtù» può signifi-care tanto poder, fuerza o potencia quanto virtud; «ragionare» può esseretradotto sia come hablar che come razonar; «mente» può significare tantomente quanto memoria (p. 34). Vediamone alcuni nel contesto dei com-ponimenti.

1. Sapere e cortesia, ingegno e arte (XLVII): i vv. 4-5: «este grazie evertuti in onne parte/ con lo piacer di lor vincono Amore» sono resi con«estas gracias y virtudes con el encanto/ vencen completamente a Amor»,in cui il termine virtù viene mantenuto nel suo significato, mentre piacerviene reso acutamente con encanto e la locuzione di luogo in onne partecon completamente, avverbio di modo che ne scioglie l’ambiguità;

2. La dispietata mente, che pur mira (L): v. 1 «La cruel memoria, queconstantemente mira», traduzione in cui viene evidenziato l’uso del ter-mine-chiave della canzone mente nel senso di memoria e dell’avverbiopur nel senso temporale di constantemente; o ancora al v. 53 «Dunquevostra salute ormai si mova» reso come «Que vuestro saludo, entonces,se mueva», anche qui esplicitando attraverso la traduzione il significatodi salute come saludo, altra parola chiave del componimento;

3. Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io (LII): v. 12 «e quivi ragionarsempre d’amore» reso con «y que allí hablemos siempre de amor», in cuiil ragionar è inteso con l’iperonimo hablar, dato che il castigliano ra-zonar appartiene a un ambito terminologico più specifico rispetto a quellocomune in italiano;

4. Amor che movi tua vertù dal cielo (XC): v. 1 «Amor, que derivas tuvirtud del cielo», in cui è evidente la tensione interpretativa in movi reso

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con derivas, come anche al v. 39 «È sua beltà del tuo valor conforto» resocon «Es su belleza prueba de tu poder» in cui la scelta traduttiva di valorcome poder viene caricata di valenza semantica e poetica.

Si tratta, come è chiaro da questi esempi, di una traduzione “filologica”,che serve non solo all’interpretazione, ma anche alla trasformazione del-l’originale nella mente del lettore, per dirla con Benjamin; di un modo disuscitare in chi legge la «nostalgia dell’originale», come spiega U. Eco ci-tando Erri De Luca (Dire quasi la stessa cosa, Milano, Bompiani, 2003).

Si tratta di un’edizione bilingue, non critica, come afferma l’Autorestesso. Pur muovendo infatti da varie edizioni critiche delle Rime -soprat-tutto quella già citata di Contini, ma tenendo conto anche di altre, comequella di P. Cudini, L. di Benedetto, G. R. Ceriello- e dal confronto con laprecedente traduzione spagnola di J. L. Gutiérrez García (Alighieri D.,Obras completas, Madrid, Edit. Católica, 1956), l’opera è prima di tuttodiretta alla lettura nelle due versioni, sulla falsariga della riflessione di G.Leopardi a proposito della traduzione di Omero: «Onde tu che traduci,posto ancora che abbi trovato una parola corrispondentissima proprissimaequivalentissima, tuttavia non hai fatto niente se questa parola (...) non fain noi quell’impressione che facea ne’ greci» (Zibaldone: 12, dicembre1818, ediz. on line da www.leopardi.it). L’opera di Pérez Carrasco insegnadunque a leggere le Rime cercandovi “l’impressione” dantesca nel suosenso etimologico, come “qualcosa che è rimasto impresso” tanto nellalettura spagnola quanto in quella italiana, mimetizzato, come dice Calvino,nell’inconscio collettivo o individuale (cfr. Perché leggere i classici, Mi-lano, Mondadori, 1991). A corredo di tale lettura risultano chiarificatricile annotazioni incluse nell’ultima parte del libro, Acerca de las Rimas,riguardanti i vari componimenti, numerati sempre seguendo la classifi-cazione di Barbi. Questa sezione, illustrando il contesto storico e letterarioe definendo la cornice tematica e interpretativa di ogni poesia, ne facilitala lettura senza appesantirne il testo con estese note o introduzioni, inmodo da privilegiare l’impressione del “puro testo” sul lettore.

La mancanza di un indice analitico dei componimenti rende un po’ dif-ficile la consultazione a chi cerchi una poesia in particolare, così come lanumerazione dei versi ne faciliterebbe lo studio e l’analisi; ma quest’ul-tima scelta probabilmente tende a eliminare i problemi di raffronto nel

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numero di versi tra originale e traduzione, che non sempre può seguire laversificazione dantesca, soprattutto nelle canzoni.

Mariano Pérez Carrasco, grazie anche alle sue personali esperienzepoetiche (alcune delle sue poesie, da poco pubblicate con il titolo Con-strucción de cenizas, sono leggibili nella rivista Hablar de poesia, di cuilo stesso Pérez Carrasco è caporedattore e collaboratore: http://hablarde-poesia.blogspot.com/2009/12/mariano-perez-Pérez Carrasco-6-poemas.html ), si è cimentato in questo lavoro che rappresenta senz’altro, oltre cheun valido strumento critico e didattico, anche un mezzo per l’arricchimentodi entrambe le lingue, la castigliana e l’italiana. Per il lettore italiano rap-presenta un mezzo per capire e interpretare il volgare di Dante oggi, at-traverso il filtro di un’altra lingua neolatina che riesce ad attualizzarlo ead avvicinarlo; per l’hispanoparlante costituisce, oltre a quanto detto,un’esperienza utile alla conoscenza e alla diffusione dell’opera di Dante,in un movimento di transfert linguistico e letterario che produce finezzadi pensiero, dato che «il posseder più lingue dona una certa maggior fa-cilità e chiarezza di pensare» (Zibaldone: 94, 8 gennaio 1820).

Segnaliamo a tale proposito che la casa editrice ha scelto questa pub-blicazione nell’ambito di un’iniziativa dedicata alla “bibliodiversità”, or-ganizzata nei primi 15 giorni dello scorso agosto a Buenos Airesdall’associazione di editori indipendenti argentini “Edinar”. L’edizionedelle Rimas completas è stata scelta da Winograd, specializzata in testimedievali, perché permette di «apprezzare un aspetto di Dante profondotanto quanto quello della Commedia, ma più immediatamente accessibile»[La traduzione dallo spagnolo è mia], come ha commentato lo stesso ed-itore in una recente intervista (http://edicioneswinograd.blogspot.com/2010/08/lo-mejor-de-20-editoriales.html).

Rosa Affatato

Asociación Complutense de Dantología

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A.A. V.V: Dante: La obra total, Madrid, Área de edición del CBA, 2008

Il volume Dante: la obra total si presenta come la pubblicazione deidieci interventi sulla figura di Dante tenuti da specialisti di diversi ambitidisciplinari in occasione del Magister omonimo che ebbe luogo nel Cir-colo di Belle Arti di Madrid tra il 30 giugno e il 4 luglio di 2008.

L’obiettivo è quello di favorire l’avvicinamento all’opera di Dante efondamentalmente alla Divina commedia, qualificata come opera totale inquanto «poema donde se dan juntos por última vez filosofía, teología ypoesía y que, más acá de sus virtudes estéticas, se nos muestra como unaenciclopedia de los saberes de su tiempo con la que, además, se clausurala épica y se abre la narrativa». È questa prospettiva a fungere da filorosso dei dieci contributi che compongono il volume e a giustificare ilcarattere multidisciplinare che ne emerge. Si tratta di un’opera che, nono-stante cerchi di valutare la produzione dantesca all’interno del precisocontesto ideologico che la vide nascere, privilegia uno sguardo retrospet-tivo condizionato dai parametri odierni di interpretazione così come ungiudizio globale della figura di Dante che consideriamo in talune occa-sioni eccessivamente modernizzante. È proprio questa visione “da-ll’oggi”, questa ricerca delle intuizioni atemporali di Dante, questaimmersione nella portata storica e nella ricezione dei suoi contenuti avenir esaltata dagli editori del libro: «El resultado es una visión globalque, si bien respeta los acercamientos de la filología especializada, tratade evaluar qué fue Dante para nosotros, lectores educados en una moder-nidad que ha privilegiado, sobre todo la dimensión formal y estructural delpoema, su capacidad para decir con palabras memorables la totalidad dela experiencia humana».

Il primo a tentare una risposta a queste domande è il professore di filo-sofia Jorge Pérez de Tudela con un intervento che porta il titolo di «Polí-ticas de poeta», dove viene esaltata la figura di Dante come appartenentea quella schiera di poeti «absolutos, cósmicos desenfrenados» (pag. 11),guidati da volontà universalizzante, concezione unitaria e da un’ambizionefilosofica che si serve dello strumento poetico per realizzare una rappre-

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sentazione organica e coerente del reale. Il professore sostiene tuttavia chein Dante la costruzione cosmologica non sia fine a se stessa ma bensìveicolo di una riflessione di carattere essenzialmente etico-politico: «(...)las cuestiones físicas, el andamiaje natural que sostiene la fábrica delmundo, no son sino mucho menos las principales. Al contrario, para estelector, al menos, es casi irresistible la tentación de no ver en el organi-grama material del mundo otra cosa que un decorado; un decorado, eso sí,necesario, pero en última instancia prescindible en el que puedan tenerlugar los únicos acontecimientos verdaderamente relevantes, a saber: losacontecimientos humanos, sus luchas y comportamientos, su buena o malavoluntad, sus vicios y virtudes, su compasión y su crueldad» (pag. 20).

Con l’obiettivo di dimostrare l’interesse politico che muoverebbe l’in-tera produzione dantesca, Jorge Pérez de Tudela si concentra sull’analisie sulla ricapitolazione dei contenuti del Monarchia e nell’esposizione dellaconcezione circa l’indipendenza tra piramide ecclesiastica e imperiale cheDante, «poeta de la unidad sensible a las necesidades de la diferencia»(pag. 33), elabora nel trattato. Si insiste sul carattere innovativo del puntodi vista dantesco che si traduce, per lo studioso, in un contributo di incal-colabile importanza per la tradizione del pensiero giuridico come antece-dente del concetto odierno di separazione dei poteri. Il giudiziocomplessivo che traspare dall’intervento non ricade però nel comune er-rore di considerare Dante come rappresentante di un pensiero radicalmentelaico e viene ricordata l’impossibilità per un uomo immerso in un contestosacralizzato come quello di Dante di elaborare un formale rifiuto dellalinea di legittimazione del potere aggiudicabile alla sfera dell’autorità ec-clesiastica.

Il professor Félix Duque, con il saggio «El mar de hielo, el mal dehielo», tenta di spiegare dove risieda il fascino di un’opera come la Divinacommedia, che è stata oggetto di studio per secoli e che continua ancoraoggi a suscitare l’emozione dei suoi lettori, nonostante essa appaia a primavista enormemente lontana dall nostra sensibilità e da una poesia comequella contemporanea che ha perso, come esplicita magistralmente ilpoema Tübingen, Jännuar di P. Celan, ogni funzionalità sacrale. «¿Quénos resta a nosotros, hoy y aquí, de la Divina commedia? ¿Qué es lo quepuede restarnos – si domanda il professore – cuando hasta los restos del

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naufragio de la antigua fe se han convertido en el mejor de los casos enpiezas de museo o han sido depositados en parques arqueológicos apenasaprovechables para el turismo cultural y la industria del ocio?» (pag. 37),«¿Cómo avizorar en ella todavía restos de esa imaginería plástica carac-terística de la gran poesía?» (pag. 47).

A questo punto viene proposta l’ipotesi per cui la grandiosità della Di-vina commedia risiederebbe essenzialmente nel suo rappresentare sempreuna dualità contradittoria che emerge sia dal punto di vista contenutisticosia strutturale e linguistico. Enorme è l’importanza, da questo punto divista, della dualità dello stesso Dante (come partecipe privilegiato della su-prema identità divina), che se, come agente del viaggio si presenta comeantieroe debole e codardo che fallisce e continuamente vuole tornare in-dietro, d’altra parte è proprio Dante-narratore, a configurarsi come coluiche ordina la trama testuale e si pone come soggetto privilegiato diun’esperienza trascendente. Da questo punto di vista, viene suggerital’ipotesi per cui si starebbe assistendo, con la Divina commedia, a unaprematura apparizione della soggettività moderna, attribuendo in questomodo all’opera di Dante dei presupposti ideologici che non le apparten-gono.

La stessa contraddizione che si troverebbe nella duplice funzione diDante, si osserva nella costruzione di un’opera che si presenta come mo-tore immobile e dove, per citare la metafora che il professore impiega,l’eternità gelata della situazione presentata entra in conflitto con l’anda-mento temporale e il susseguirsi di immagini che scorrono come la cor-rente marina.

Più significativa è tuttavia, agli occhi di Félix Duque, la contrapposi-zione tra il carattere sublime dell’esperienza narrante e il carattere carnaledel linguaggio impiegato, considerato come espressione di un voluto ri-torno alla terrenalità dell’amore per Beatrice e per la patria di origine, tra-sfigurato all’ambito divino: la Divina commedia sarebbe dunque «grandeporque en la salvación misma, en el piacere etterno, nos estremece un há-lito de imperecedera, inevitable mortalidad» (pag. 57), perché «lo que nosfascina es la imagen que resulta del choque entre la materialidad del len-guaje mismo y la realización poética de la sublimación de un recuerdodolorosamente insoportable» (pag. 58).

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Nella seconda parte del contributo del professore viene analizzata laspazialità della cosmologia dantesca e del corpo umano come immaginedi tale ordinamento e si ripercorrono gli ultimi canti dove il mare di ghiac-cio dei rimpianti del poeta si trasforma nel male di ghiaccio dell’immo-bilità assoluta del Cocito, dove si è perso ormai il privilegio della carnalitàe del dolore manifestato attraverso pianti e lamenti, silenziati ora nellaquiete della trasparenza.

Le pagine di Félix Duque propongono dunque, a nostro avviso, interes-santi riflessioni circa l’immortalità dell’opera dantesca, nonostante moltedelle intuizioni da lui fornite non siano sostenute da un accurato lavoro ar-gomentativo di natura filologica. È tuttavia questo avvicinamento nonschiettamente filologico a dotare il contributo di una freschezza espositivache lascia intravedere il fascino per l’opera di Dante, così come dimostrala sua suscettibilità di diventare oggetto di studio dalle più diverse pro-spettive di analisi.

Il professor Massimo Cacciari offre un’analisi sul carattere profeticodella Divina commedia, prendendo come spunto le intuizioni fornite daBruno Nardi e Raffaello Morhen al riguardo. Secondo lo studioso l’incli-nazione profetica che muoverebbe la stesura del Poema diventa imme-diatamente evidente se si osserva la natura biblica del linguaggioimpiegato. Da questo punto di vista, Dante si presenterebbe come profetanel senso etimologico del termine e cioè come l’argonauta in viaggio che,avendo il privilegio di avvicinarsi alla Verità divina, ha il compito di co-municare al resto dell’umanità il suo penetrare nel consiglio eterno: «LaComedia no acaba con el último verso del Paraíso, porque exactamenteallí comienza la profecía dantesca: que aquello que ha visto lo deberà re-latar, re-decir, pro-fetizar, decir-pro, decir-ante. La profecía no tiene nin-gún significado de adivinanza, de horóscopo, de pre-dicción de futuro.Profeta es aquel que dice pro, ante el pueblo, apertis verbis, aquello queha visto en Dios» (pag. 95).

È proprio questa necessità comunicativa che giustifica, secondo Cac-ciari, il ricorso all’immagine, alla metafora e alla similitudine che, comenel linguaggio poetico scritturistico, facilita la comprensione del messag-gio veicolato e si configura come meccanismo privilegiato di convinzione.L’immagine, come elemento consustanziale del linguaggio profetico, con-

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tribuirebbe dunque, da questa prospettiva, alla creazione di quell’emoti-vità necessaria che, come già notava Artistotele nella Retorica, muoveràl’animo del destinatario. Ciononostante, conviene precisare che la ricercadel pathos non è sufficente e ha bisogno del pensiero razionale nella co-struzione di un discorso del tutto efficace: «Dicho esto, la adquisición dela fuerza racional del silogismo es esencial en el itinerario de Dante. Por-que la vía exclusivamente mística, sin la razón, conducirá al final a enten-der aquel inluiarsi como un aniquilar la propria dimensión inmanente,humana, criatural» (pag. 122).

È questa volontà conciliatrice, che scaturisce in modo forte dall’analisidei personaggi collocati con audacia nel Cielo del Sole (come spiegare al-trimenti la presenza di un averroista come Sigieri di Brabante nel Para-diso, elogiato, inoltre, dallo stesso San Tommaso?), che, secondo ilprofessore, attribuisce all’opera di Dante un valore di innegabile attualità.Sarebbe proprio questa, dunque, la vera profezia dantesca, una profeziadi carattere filosofico come rivindicazione della via dell’analogia ancheladdove la forza della contraddizione sembra insuperabile: «Es una ideaque nace con Dante y luego se despliega en el Humanismo florentino; laencontramos teorizada en Cusano, el gran Cusano; también la reencontra-mos en todos los intentos del Humanismo florentino por conciliar: ari-stotelismo y platonismo, mística y silogismo» (pag. 110). Dante ci sipresenta dunque come predecessore di un pensiero che invita alla praticadella coincidentia oppositorum, che resta aperto nel panorama europeo eche continua a parlarci e ci dice «probad a sostener la contradicción. Pro-bad a pensar que vuestras ideas son conjeturas» (pag. 126).

Massimo Cacciari propone dunque anch’egli una visione moderniz-zante della figura di Dante nell’intento di ritrovare nella Divina commediaintuizioni atemporali e noccioli del pensiero odierno. Non possiamo nem-meno in questo caso non mostrare il nostro disaccordo con una conce-zione positivistica della similitudine come strumento per facilitare laveicolazione di un messaggio dottrinario, ormai dimostrata insufficientedagli studi elaborati in quel campo dall’Associazione Complutense diDantologia che vede nelle similitudini della Divina commedia, piuttosto,un meccanismo di carattere gnoseologico.

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Juan Barja, nel quarto saggio che compone il volume («Dante pro-feta»), preferisce attribuire al termine profezia, visto il suo vincolo con ilverbo latino fero, il significato di azione di portare avanti. Da questo puntodi vista, l’intero poema si configurerebbe come una profezia che si co-struisce se stessa attraverso il ricorso ad un sistema metrico innovativocome è quello della terzina incatenata. In questo modo, viene costruitauna struttura testuale a catena che obbliga a correre dietro la rima e cheparla da sè, segnando il cammino da seguire. Si tratta di una struttura a ca-scata che, opponendosi al carattere sillogistico e chiuso tipico del sonetto,permette il dialogo costante, la collaborazione tra i versi e indica l’assenzadi equilibrio di un cammino che contraddice se stesso ad ogni passo (siadal punto di vista metrico che corporale). Il professore indica l’importanzadi una struttura come questa che, secondo lui, segna l’avvio di una nuovaepica: «He insistido con exceso de detalle sobre este aspecto estructuralporque me parece imprescindible para entender el cómo del diálogo, elcómo che corresponde al silogismo, y el cómo del punctus contrapunctus:así se construían por entonces las grandes masas de las catedrales, lasvoces, la polifonía de las voces en estructuras canónicas, fugadas y loscoros terrestes y celestes, con esa radical contradizione, con esa Gegen-wort, es como se va constuyendo a-sí este poema» (pag. 140).

Interessante ci sembra, dell’intervento di Juan Barja, l’intuizione circal’inscindibile dualità che, secondo lui, configura il rapporto tra Dante eVirgilio, rapporto di «due in uno e uno in due» (Inf. XXVIII, 125), nono-stante non faccia riferimento al carattere complementare dei personaggiin senso allegorico e si soffermi sulla loro collaborazione da un punto divista essenzialmente strutturale.

Il professor Bazzocchi si propone di effettuare una lettura “totale” dellaDivina commedia a partire dalle riflessioni fornite da scrittori del Nove-cento come Mandelstam, Sollers, Borges o Zanzotto. Il centro dell’analisiè il problema dei limiti della rappresentazione poetica di un’esperienzache supera le possibilità umane, difficile da tradurre in immagini decodi-ficabili e comprensibili. Si stabilisce, da questo punto di vista, nell’operadi Dante, un rapporto di simmetria tra le difficoltà che Dante pellegrinotrova nel suo cammino e le difficoltà linguistiche con cui Dante poetadeve fare i conti ad ogni suo passo. Il professor Bazzocchi passa in ras-

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segna i momenti per lui più significativi in cui questa problematica vieneesplicitata dallo stessoDante partendo dall’episodio infernale del ConteUngolino dove il narratore si sente incapace di “esprimere” la sostanza diuna visione che supera per intensità le capacità espressive di un linguaggiopresentato, tra l’altro, come infantile. La lingua in cui Dante si proponedi scrivere è infatti, avverte il professore, una lingua nuova che cominciaa sillabare le prime parole: «La lengua de la Comedia está en tensión entrela energía vital del origen, en cuanto es una lengua nueva, y la presión des-tructiva de lo indecible, en cuanto se mide con aquello que parece siempremás allá de los límites del lenguaje normal» (pag. 159). Interessante aquesto punto è l’analisi circa la corrispondenza simbolica tra il cibo per-verso di cui si nutre il Conte Ugolino e la perversione di un linguaggio re-toricamente costruito sul tradimento dove risiede, agli occhi delprofessore, la forza dell’intero episodio.

Non mancano riflessioni circa le difficoltà espressive nella secondacantica ma il professore preferisce centrarsi nel Paradiso, dove si stabi-lisce un rapporto di proporzionalità inversa tra le difficoltà linguistiche delpoeta e il perfezionamento delle facoltà visive del pellegrino, raggiuntoattraverso l’intermediazione di Beatrice. Fondamentali diventano, da que-sto punto di vista, i versi in cui si afferma che nel momento della scritturauna minima parte della visione è diventata più scura e lontana dell’im-presa degli Argonauti avvenuta venticinque secoli prima. È in questo con-testo dove la rima tra i termini Argo e letargo evidenzia l’indissolubilitàesistente tra il mondo della dimenticanza (Let-Argo) e il mondo della vi-sione ultra-umana simboleggiata dai cento occhi di Argo.

Dopo questo percorso attraverso i momenti in cui si esplicita il cosid-detto tema dell’ineffabilità dantesca, il professore esprime la conclusioneche ne deriva e attribuisce al Poema un valore incalcolabile in quanto«Dante, al abrir su obra a la presencia de lo no definido, lo incompleto ylo parcial, funda la más importante tradición occidental, que es aquella dela interpretación arbitraria de un texto literario» (pag. 172).

Mi sembra opportuno sottolineare l’accuratezza con cui il professorecostruisce un discorso che, riuscendo a combinare profondità nell’analisie chiarezza nell’esposizione, coinvolge dall’inizio l’interesse del lettore.

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Il sesto contributo è quello di Julia Jiménez Heffernan («De materiapoetica. Notas sobre la tergiversación de la poesía lírica de Dante») chesi pone come obiettivo quello di analizzare da una prospettiva critica ilmodo in cui l’opera di Dante è stata ricevuta e registrata nella tradizioneculturale anglosassone del periodo postromantico in modo da evidenziarei punti che costituiscono, dal suo punto di vista, l’origine di molti degli er-rori ermeneutici che da quel momento in poi hanno influito su qualsiasitipo di tentativo di avvicinarsi all’opera di Dante.

A tale fine la professoressa offre una descrizione degli studi di alcunidei più importanti pensatori che si sono dedicati, anche se in modo tan-genziale, alla produzione dantesca: Thomas Carlyle, T. S. Eliot, Santayanae Harold Bloom. Troviamo in essi, secondo la professoressa, una prospet-tiva equivoca, origine della persistenza di un doppio pregiudizio: quelloche riduce la produzione poetica di Dante alla Divina commedia e quelloche vede nell’idoneità di un contentuto la chiave della sua alchimia for-male e che considera importante la poesia di Dante in quanto «contienepensamiento representativo y porque encarna, ya sea simbólica o alegó-ricamente, en poesia sensible y sólida, la visión del mundo resultante dedicho pensamiento» (pag. 194), in quanto materializzazione verbale, dun-que, della cosmovisione del Medioevo.

Julia Jiménez Hefferman preferisce considerarsi debitrice di un’altralinea d’interpretazione, attenta invece alla materialità immanente del lin-guaggio poetico di Dante che ha origine nel lavoro critico di GianfrancoContini (1976) che «expresa la mejor refutación posible al prejuicio ro-mántico que hemos analizado: Dante en cuanto que estilista artesanal-mente volcado en su idolatría léxico-musical, en su fictio poetica, es unatemático, es decir, una conciencia desinteresada de los temas a menosque dichos temas, dichos contenidos, puedan emblematizar un rasgo in-ternamente poético» (pag. 201). Su questa scia di analisi diventa possibileavviare una nuova maniera di ereditare Dante attraverso la sopravvivenzadi una poetica della asperità in cui durezza della forma e durezza del con-tenuto diventano unità indissociabile, di una poetica «ensimismada y ar-tificiosa del temor petrificado en estilo áspero» (pag. 201). Si tratta di unapoetica specifica che Julia Jiménez Hefferman identifica nella poesia dellospagnolo Garcilaso de la Vega come manifestazione del fatto che «el peso

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abrumador del petrarquismo nos hace olvidar el valor fundacional del tríoGuinizzelli - Cavalcanti - Dante, en especial la condición torturada y te-merosa del Amor como yerro sensorial o extravío material que late en lalírica de los dos últimos» (pag. 202).

Da questo punto di vista, viene elaborata una densa analisi sul riflessonell’opera di Dante e fondamentalmente nelle Rime e nella Vita Nuovadell’ilemorfismo aristotelico con l’obiettivo di evidenziare l’autonomiache acquista in essa una materialità e una corporalità che ritorna sempresotto diversi aspetti, come dimostrerebbe, per esempio la necessità deicommenti alle diverse composizioni liriche.

Si tratta di un intervento che, a nostro avviso, pur evidenziando nellacritica romantica alcuni dei problemi esegetici che tuttora determinanoanche la più attuale filologia dantesca, non punta alla direzione che rite-niamo corretta. Infatti, valutiamo come inversione di termini la prospet-tiva della profesoressa, che invece di evidenziare quali sono gli equivocidell’interpretazione in analisi senza perdere però la scia che vede nellalettura allegorica del Poema il cammino idoneo, preferisce definire la pro-duzione dantesca come filosofica perché metaforica (la poesia di Dante èfilosofica in quanto retorica, ritiene infatti Mandelstam) invece di consi-derare ambedue gli aspetti come realtà indissociabili in un universo ideo-logico come quello di Dante, dove la costruzione materiale del testo nonpuò non avere una finalità allegorica.

Lorenzo Bartoli contribuisce al volume con un saggio di carattere com-paratistico («Filología de la culpa: Dante y Dostoievski») che cerca di di-mostrare il vincolo che unisce due scrittori, apparentemente così lontanicome Dante e Dostoievski, per la centralità che ambedue attribuisconoalla problematica della colpa e della sua espiazione. La colpa, continua ilprofessore, nonostante si configuri come un concetto culturalmente plu-rivettoriale e quindi suscettibile di venir affrontato da diversi punti di vista(psicologico, religioso, giuridico...), si esplicita sempre attraverso la pa-rola della confessione che diventa, in Dante, manifestazione letterale dellaverità allegorica: «La linea Dante-Dostoievski se señala como fundacionalde una verdadera filología de la culpa: porque la manifestación plurivec-torial de la culpa, antes que filosófica, es cuestión estrictamente filológica

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y se resuelve, en primera instancia, desde el texto que la dice y la mani-fiesta» (pag. 239).

Una volta esplicitato questo legame tra i due scrittori, Lorenzo Bartoliavvia uno studio dell’episodio infernale di Paolo e Francesca ponendosicome obiettivo quello di rintracciare nella complessità del gesto confes-sionale della protagonista l’enorme modernità della sua caratterizzazione,già segnalata dal De Sanctis, e della poetica dell’intero canto.

Non troviamo tuttavia, nel saggio, un’analisi approfondita dell’episodioma piuttosto una proposta di lettura che potrebbe venir continuata attra-verso uno sguardo più ampio che tenga presente la portata ideologica delconcetto di colpa e della confessione nel contesto medievale.

L’intervento filosoficamente denso del professore José Manuel CuestaAbad («Visión desideral») avvia un’analisi circa l’importanza della di-mensione visionale e onirica nella Vita nuova e nella Divina commediariprendendo anche spunto dalle intuizioni di Singleton e Auerbach, inmodo da incentrarsi contemporaneamente sul meccanismo figurale delPoema. Dopo una lunga riflessione circa il rapporto che si stabilisce all’in-terno della Divina commedia tra desiderio e visione, il professore si con-centra sull’enigmatico episodio di Matelda (Purgatorio XXVIII) per lasua eccezionalità dal punto di vista del procedimento tropologico e alle-gorico che la definisce. Per José Manuel Cuesta Abad, infatti, l’appari-zione del personaggio costituirebbe un hapax figurale, lontano dal metododi trasfigurazione teofanica che caratterizzerebbe i personaggi fino a quelmomento. Il metodo visionario dantesco consiste infatti in una «transfigu-ración poética en virtud de la cual personas y acontecimientos históricoso ficcionales, adquieren una fisionomía biforme, en algún caso multi-forme» (pag. 273). Matelda sarebbe, viceversa, un simbolo metapoetico diper sè, personificazione idealizzata dell’amore terreno e contemporanea-mente della morte di quello stesso amore, ultima tentazione al disio comedisvio (del desiderio cioè come smarrimento sia corporale che mentale):«En la aparición de Matelda tiene lugar un momento de desastre o de-si-deración del sensus polysemos en el que se sustenta la enorme construc-ción alegórico-figural de la Commedia. Matelda no es solamente unnombre, una imagen, una figura o una alegoría polisémica. Es ante todo

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un síntoma de la ficción, o un fantasma nacido de la imaginación desideralde Dante». (pag. 287).

Sergio Givone propone con il suo saggio («Virtudes teologales y filo-sofía del Amor en Dante») una lettura della Divina commedia capace diriaprire il dibattito circa l’enorme influenza esercitata su di essa dalla tra-dizione di pensiero platonica che la critica ha tradizionalmente conside-rato superflua rispetto all’eredità aristotelica. Sergio Givone ricorda etenta di giustificare attraverso riferimenti espliciti a passaggi della filoso-fia platonica e al Convivio, il fatto che «el verdadero o presunto neopla-tonismo dantesco está o aparece en esa filosofia del amor queindiscutiblemente representa la cifra secreta y poderosa de toda tensiónespeculativa que va del Convivio a la Commedia. Y si es verdad – conti-nua il professore – como es verdad que Dante ancla firmemente el plan-teamiento argumentativo de su pensamiento en la teología de SantoTomás, no es menos cierto che tanto en el Convivio como en la Commediael aliento y el ritmo del tejido lógico que subyace a esos escritos corres-ponden en todo y por todo al movimiento conceptual de la neoplátonicafilosofía del Amor» (pag. 292).

Data l’ampiezza dell’argomento, Sergio Givone non elabora un di-scorso approfondito, ma piuttosto lancia una proposta di analisi suscetti-bile di venir continuata da un più esaustivo lavoro di ricerca.

Nell’ultimo intervento della pubblicazione («Alegoría de los teólogos,alegoría de los poetas: Prudencio, Dante, Lezama Lima») il professore diFilologia Romanza all’Università Ludwig-Maximiliam di Monaco di Ba-viera, Bernhard Teuber offre uno studio circa la dimensione allegoricadella Divina commedia. A tale scopo il professore parte da una ricapito-lazione degli studi critici al riguardo con speciale interesse ai contributidi Lewis, come punto di partenza per un’analisi sull’originalità dell’usodantesco dell’allegoria rispetto a modelli precedenti come Il Roman deLa Rose. Da questa prospettiva, l’originalità di Dante, causa della suaenorme influenza anche su scrittori contemporanei come il cubano JoséLezama Lima, risiederebbe nell’uso di quel tipo di allegoria tradizional-mente riservata ai teologi, come teorizzava lo stesso Tommaso D’Aquino.Dante, attraverso un meccanismo di costante storicizzazione fittizia, comesuccede nell’enigmatico episodio di Matelda, effettuerebbe una rivolu-

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zionaria riunificazione dell’allegoria dei poeti e dell’allegoria dei teologiin modo da offrire un nuovo linguaggio poetico alla teologia. Come con-seguenza, continua il professore: «la inscripción de la alegoría tipológicaen la poetica de la Commedia efectuada por Dante se debe entender comoel intento más consciente de reteologizar y resacralizar la tradición de lapoesía amorosa de su tiempo» (pag. 335).

L’analisi del professore si presenta sempre coerente sia da un punto divista contenutistico sia espositivo, e si colloca dunque all’interno di unalunga tradizione tedesca di riflessione teorica di qualità intorno alla figuradi Dante. Particolarmente apprezzabile riteniamo inoltre la prospettivache qualifica come teologica l’allegoria della Divina commedia, mostran-done la vicinanza rispetto alle Sacre Scritture.

Abbiamo esposto in maniera sintetica i contenuti dei diversi interventiper evidenziare il carattere marcatamente pluridisciplinare del volume acui avevamo già accennato come tratto definitorio della pubblicazione.Avevamo anche notato, e diventa evidente dopo un percorso attraverso idiversi saggi, la volontà di modernizzare al massimo la figura di Dante,considerando sempre il poeta come precursore di qualche pensiero oggidominante e incidendo sempre sugli aspetti che avrebbero contribuito allacostruzione di una comune tradizione culturale e poetica. Si tratta di unaspetto che, dal nostro punto di vista, risponde in modo chiaro all’obiet-tivo delle giornate che hanno dato origine al volume. L’intento sarebbestato probabilmente quello di offrire ad un pubblico studentesco (come di-mostra l’inserimento dell’evento all’interno del progetto formativo dellaEscuela de Arte 11 portato avanti dal Círculo de Bellas Artes de Madride dall’Università Carlos III di Madrid) degli spunti di riflessione capacidi suscitare l’interesse di un uditorio probabilmente non familiarizzatocon l’opera dantesca. Il marcato lirismo di molti degli interventi contri-buisce allo stesso modo a creare un’atmosfera di fascino e sublimità at-torno alla figura del poeta, capace di ravvivare il coinvolgimentodell’ascoltatore. Osserviamo dunque un atteggiamento globale che puntasulle affermazioni forti che fanno di Dante il padre di una concreta teoriao poetica odierna ma che non vengono sempre accompagnate da un lavoroargomentativo che abbia i versi danteschi come oggetto di studio privile-giato e come punto di partenza per ogni analisi successiva.

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Ciononostante, il volume offre senza dubbio numerose intuizioni su-scettibili di venir riprese e rielaborate in un futuro prossimo così comesottolinea l’interesse che suscita ancora oggi l’opera di Dante nel nostrocontesto nazionale anche all’interno di ambiti di riflessione non schietta-mente filologici.

Carlota Cattermole

Asociación Complutense de Dantología

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ISABEL GONZÁLEZ FERNÁNDEZ - JULIA BENAVENT BENAVENT, Guía a lalectura de la Divina Comedia, Valencia, Institució Alfons el Magnánim,2007.

Il testo viene pubblicato con l’obiettivo di offrire agli studenti di ita-liano che si avvicinano per prima volta alla Divina commedia un volumedi riferimento che faciliti la sua lettura. L’opera si presenta infatti comeun apparato di note che ben potrebbe accompagnare un’edizione scola-stica della Divina commedia, nonostante le autrici abbiano preferito rea-lizzare una pubblicazione a parte.

L’intento didattico che muove la stesura del libro diventa immediata-mente evidente con un’occhiata veloce al suo indice, nel quale la suddi-visione in parti dimostra la volontà di favorire la consultazione di ognunadi esse in modo indipendente a seconda delle necessità del lettore. Allostesso obiettivo didascalico risponde l’impiego di una prosa semplice eaccessibile che spesso evita il ricorso a termini specializzati per non dareluogo a confusioni.

Il volume si apre con un’introduzione in cui viene presentata la perso-nalità di Dante e si considerano alcuni dei momenti più signiticativi dalpunto di vista autobiografico con speciale attenzione all’esperienza del-l’esilio. Tale introduzione viene seguita da un capitolo che serve comepresentazione di contenuti, composizione, ipotesi di datazione e strutturadella Divina commedia. Si tratta di un approccio enormemente schema-tico che, dal nostro punto di vista, dimentica di offrire informazioni circail contesto storico senza cui risulta impossibile capire i presupposti ideo-logici che segnano la stesura di un’opera come la Divina commedia.Ugualmente scarsi sono gli accenni al resto dell’opera dantesca. In questomodo, il Poema non viene visto come il risultato di un itinerario poeticoche dura una vita di ripensamenti e riflessione filosofica ma, piuttosto,come un’opera che nasce dal nulla, svincolata dalle circostanze storichee poetiche che, in realtà, la definiscono.

Arrivate a questo punto, le autrici del volume effettuano un’analisi diognuna della tre cantiche del Poema che costituisce il nocciolo della pub-

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blicazione, il momento in cui essa diventa effettivamente una guida dilettura che esamina ognuno dei canti in modo da facilitarne la compren-sione. Per ognuno dei canti si realizza infatti una ricapitolazione dei con-tenuti e dei personaggi che arriva a configurarsi a momenti, soprattuttonegli ultimi canti del Paradiso, quasi come una semplice parafrasi dellapoesia dantesca. Viene privilegiato infatti uno sguardo letterale sul Poemache si sofferma sugli aspetti più concreti della trama e ripercorre ogni dia-logo, ogni descrizione e ogni pensiero di Dante senza avviare, nella mag-gior parte dei casi, una spiegazione sul suo valore simbolico e sulla suaimportanza come parte di una globalità significativa.

Da questo punto di vista, il volume si configura come una narrazioneche ripercorre le diverse tappe del viaggio di Dante personaggio, senza of-frire però delle chiavi di lettura più generali o delle riflessioni filosoficheche forse avrebbero contribuito ad una comprensione più efficace anchedi ogni singolo episodio. Non vengono nemmeno esposte nella pubblica-zione alcune delle più problematiche questioni filologiche e molte delleinterpretazioni su cui sussistono divergenze interpretative vengono pre-sentate, di conseguenza, come universalmente accettate. Ne emerge dun-que una visione superficiale della Divina commedia che, dimenticando ipiù attuali contributi della filologia dantesca, non riesce a proporre, a no-stro avviso, una lettura critica soddisfacente.

Vediamo ora alcuni dei punti del volume in cui notiamo dei problemiinterpretativi di fondo che, soprattutto tenendo presente gli studi portatiavanti negli ultimi anni dalla Asociación Complutense de Dantología,consideriamo equivoci. Uno dei problemi fondamentali del volume lo tro-viamo nell’oblio del carattere carattere allegorico della Divina commedia,che, nonostante venga segnalato nell’introduzione, nell’analisi di ognunodei canti viene relegato ad un secondo piano. Vengono considerati allego-rici infatti solo quei passaggi che la filologia dantesca più tradizionalecosì interpreta. Non mancano momenti in cui l’allegoria viene concepitasemplicemente come un tema come tanti altri, come uno strumento di cuiDante si servirebbe nei passaggi più marcatamente dottrinali della Com-media. Questa concezione si manifesta in modo chiaro, per fare un esem-pio, nell’analisi del canto XXX del Purgatorio: «Son muchos los temasfundamentales de este canto, tal vez como principales haya que mencionar

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los siguientes: tema alegórico (...), tema afectivo (...), tema moral (...),tema estético (...)» (pag. 324). In questo modo viene favorita una letturaparziale della Divina commedia che dimentica una delle sue parti costi-tutive più importanti dal punto di vista del significato, interessandosi es-senzialmente alla dimensione morale del Poema.

Numerose sono anche le riflessioni circa lo stile che caratterizzaognuna delle tre cantiche. Da questo punto di vista, segnaliamo la consi-derazione, a nostro avviso equivoca, delle frequenti similitudini delPoema. Esse vengono interpretate sulla scia della prospettiva crocianache vedeva in quei momenti di poesia pura la manifestazione della ge-nialità poetica dello scrittore. Prevalgono infatti i giudizi di valore sullecomparazioni che, considerate eccezionali per la loro bellezza, delica-tezza, eleganza, per il dettaglio con cui vengono costruite, non diventanomai oggetto di uno sguardo analitico che evidenzi il loro valore signifi-cativo. Sono infatti costanti le affermazioni come le seguenti, che tendonoa valutare tali momenti da un punto di vista esclusivamente stilistico, di-menticando il loro valore gnoseologico e il carattere fondamentalmenterazionale della loro costruzione: «Deliciosa, a la vez que muy original, esla comparación final del canto, por su profundidad psicológica» (pag. 41)oppure «Desde el punto de vista del estilo, entre tantas cosas destacamosla comparación geográfica en la que Dante paragona los sepulcros anti-guos de los alrededores de Arles (…)» (pag. 67).

Nonostante l’importanza di questa considerazione erronea, dal nostropunto di vista, sulle similitudini dantesche, non si tratta che del riflesso diproblemi che osserviamo anche negli ambiti più specializzati della critica.È comunque un pregio l’interesse costante del volume per le compara-zioni dantesche anche se l’interpretazione non è quella che stimiamo cor-retta in quanto segnala quei momenti come cruciali all’interno dellaDivina commedia.

Ci troviamo di fronte ad una pubblicazione che, per concludere, senzacostituire un contributo innovativo per gli studi danteschi dal punto divista ermeneutico e nonostante la scarsezza di riferimenti bibliografici edi riflessioni approfondite sui diversi aspetti dell’opera, offre una visioneordinata della trama del Poema in modo da facilitarne una prima lettura.Possiamo capire il valore di un volume di questo tipo se ricordiamo il suo

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rivolgersi ad un pubblico di non italofoni che troverebbe delle difficoltànell’affrontare anche uno studio superficiale della Divina commedia.

Dal punto di vista del conseguimento dell’obiettivo didattico dell’operariteniamo efficace soprattutto la chiarezza nell’organizzazione dei conte-nuti, strutturati in parti identificabili nell’indice in modo da favorire laconsultazione di ognuna di esse a seconda delle necessità dello studente.

Carlota Cattermole

Asociación Complutense de Dantología

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