Corso di Laurea triennale in Sociologia
Sistemi Educativi: Evoluzione e criticità. Il caso della Turchia.
Prof.ssa Francesca Sartori Emir Dulger
anno accademico 2014/2015
I SISTEMI EDUCATIVI: EVOLUZIONE E CRITICITÀ.
IL CASO DELLA TURCHIA.
INDICE
CAPITOLO I
I SISTEMI EDUCATIVI: PROFILI GENERALI
1.1 Il rapporto istruzione – società 1
1.2 Teorie sociologiche dei processi educativi 3
1.3 Il rapporto tra sistema politico e sistema scolastico 5
CAPITOLO II
LE DIsparità ALL'INTERNO DEL SISTEMA EDUCATIVO ITALIANO
2.1 Introduzione 7
2.2 Le differenze di tipo socio-culturale 8
2.3 Le disparità territoriali 10
2.4 Le disuguaglianze di genere 11
CAPITOLO III
IL SISTEMA EDUCATIVO TURCO
3.1 Introduzione 13
3.2 Rapporto tra sistema politico e sistema educativo in Turchia 15
3.3 Disuguaglianze del sistema educativo turco 17
3.3.1 Le disparità sociali ed i sistemi di istruzione pubblica e privata 17
3.3.2 Le disuguaglianze di genere 18
3.3.3 Le disuguaglianze etniche 19
3.3.4 I curdi e la delicata questione linguistica 20
CONCLUSIONI 22
Bibliografia 23
1
CAPITOLO I
I SISTEMI EDUCATIVI: PROFILI GENERALI
1.1 Il rapporto istruzione – società
Per poter procedere all'analisi dell'impatto dei sistemi educativi nella società, è necessario
innanzitutto definire cosa debba intendersi per formazione.
Generalmente, con il termine formazione si indica quel processo di strutturazione della
personalità individuale che avviene in un contesto sociale e passa attraverso la trasmissione
di norme, valori, atteggiamenti e comportamenti condivisi dal gruppo sociale di
appartenenza1.
Studiando il rapporto tra istruzione e società, e quindi studiandone i processi, il contesto e i
soggetti partecipi, emergono aspetti molto importanti come la socializzazione, la
formazione dell’identità, la questione dell’uguaglianza delle opportunità educative.
Già da queste prime informazioni può dedursi che il concetto di formazione è un concetto
diverso, non perfettamente coincidente con quello di istruzione.
Anche l'istruzione ha un impatto sulla società, essa infatti costituisce il fattore che
condiziona le opportunità di vita degli individui, incidendo in modo determinante sulle
forme di partecipazione sociale e politica, sulle chance occupazionali, sui consumi culturali
e sulle stesse condizioni di salute di un popolo2.
Per cogliere più precisamente il significato dei concetti sopra esposti, possono mettersi a
raffronto tre termini apparentemente uguali: educazione, istruzione e formazione.
Educazione deriva dal latino e-ducere e significa letteralmente trarre fuori. Quindi, educare
1 Cfr., VOLONTÈ – MAGATTI – LUNGHI, 1999.
2 Per una compiuta analisi dell'argomento cfr., SCHIZZEROTTO –BARONE, 2006.
2
equivale all'operazione di trarre fuori dal soggetto discente ciò che è già insito in lui.
Istruire significa invece inserire all'interno del soggetto determinate nozioni o qualunque
altro dato che possa aumentare le sue conoscenze; l'insegnante stesso, quindi, ha il compito
di aumentare questo bagaglio conoscitivo.
Ulteriore concetto è quello di formazione che avviene nel caso in cui oltre ad impartire
nozioni teoriche, si stimola la maturità del soggetto, proponendo, ad esempio, attività
pratiche, tirocinio, o qualunque altro strumento più vicino al mondo lavorativo.
In altri termini, l'educazione riguarda gli aspetti relazionali e lo sviluppo della personalità
del soggetto, l'istruzione riguarda gli aspetti cognitivi e prestazionali e lo sviluppo della
mente del soggetto. Non sempre è facile distinguere nettamente l'istruzione
dall'educazione, dato che ogni attività di istruzione presuppone una dimensione educativa.
A prescindere da tale distinzione, è indubbio che sia l'educazione che l'istruzione vivono un
rapporto osmotico con la società all'interno della quale si sviluppano creando con essa
reciproche connessioni e influenze.
Tali connessioni si possono spingere fino al punto di demandare al sistema educativo la
creazione dell'identità di un popolo. In proposito, si riporta l'osservazione secondo cui, in
sociologia, il problema del rapporto tra individuo e società si è posto, fin dagli esordi,
come rapporto tra gradi di libertà dell'azione individuale e coesione del sistema sociale.
Tale concetto è stato impiegato prevalentemente in riferimento al problema del rapporto tra
individuo e società. Già nelle teorie più risalenti la nozione di identità era riferita alla
persona e l'attenzione era focalizzata sui processi di formazione dell'individualità. Ciò,
comunque, non ne ha escluso la riferibilità anche ad attori collettivi, anzi, in anni recenti, è
stato utilizzato per spiegare dinamiche intergruppo e descrivere diverse forme di comunità
3
e organizzazione sociale3.
1.2 Teorie sociologiche dei processi educativi
Da molto tempo la sociologia presta molta attenzione ai sistemi educativi e, quindi, ai
processi che rendono possibile lo sviluppo della socialità nei soggetti e lo sviluppo della
loro capacità di vivere in società anche attraverso l'operato di istituzioni come la scuola.
Il primo ad individuare la stretta connessione tra individuo e società in base al sistema
educativo è stato Durkheim. Secondo lo studioso una società non può vivere se non esiste
fra i suoi componenti una condivisione di norme, di valori, di principi; l’educazione
tramanda e rinforza proprio tale condivisione, fissando a priori nel bambino le similitudini
essenziali che impone la vita collettiva. Ciò perché:
ogni società, considerata ad un momento determinato del suo sviluppo, ha un sistema di
educazione che si impone agli individui con una forza generalmente irresistibile. È vano
credere che noi possiamo allevare i nostri figli come vogliamo. Vi sono delle consuetudini
alle quali dobbiamo conformarci; se noi vi deroghiamo troppo gravemente, esse si
vendicano poi sui nostri giovani. Questi, una volta diventati adulti, non si troveranno in
condizione di vivere fra i loro contemporanei, coi quali non si sentiranno in armonia. ! Siano
essi stati allevati in base ad idee o troppo arcaiche o troppo avveniristiche, la cosa non ha
importanza: tanto in un caso quanto nell’altro non sono della loro epoca e, di conseguenza,
non si trovano in condizioni di vita normale. Vi è, dunque, in ogni periodo un modello
normativo dell’educazione, dal quale non possiamo discostarci senza scontrarci con vive
resistenze che contengono velleità di dissidenza4.
La cultura, in altre parole, viene definita come trasmissione di norme, valori e stati
d'animo.
Restando nell'ambito delle teorie sociologiche tradizionali, Marx, secondo gli schemi
elaborati in relazione allo strutturazione della società, afferma che il sistema educativo
3 Cfr., SCIOLLA, 1994.
4 Durkheim, 1971.
4
appartiene alla dimensione sovrastrutturale ed è direttamente dipendente dalla struttura
economica:
il settore più avanzato della classe lavoratrice comprende esattamente che il futuro della sua
classe, e perciò del genere umano, dipende totalmente dalla formazione di una generazione di
lavoratori che cresce. Essi sanno che prima di qualunque altra cosa i fanciulli e i giovani
lavoratori devono essere preservati dagli effetti deleteri del sistema attuale. Si può ottenere ciò
soltanto trasformando lo spirito sociale in forza sociale e, in date circostanze, non esiste altro
metodo per far ciò se non attraverso leggi generali, imposte dal potere dello stato.
Rivendicando tali leggi, la classe lavoratrice non rafforza il potere del governo. Al contrario,
trasforma quel potere ora usato contro di essa in mezzo a suo favore. Essa ottiene con un atto
generale ciò che vanamente avrebbe tentato con una gran quantità di sforzi individuali isolati.
Procedendo da questo punto di vista, affermiamo che nessun genitore e nessun datore di lavoro
dovrebbero avere la possibilità di utilizzare il lavoro giovanile, salvo nel caso in cui fosse
collegato all'istruzione5.
Discorso diverso fa Simmel, secondo la sua teoria, infatti, ogni soggetto occupa un posto
individualmente determinato e la vita della società scorre come se ogni elemento fosse
predestinato alla sua posizione in questa totalità e intercorre fra questi un rapporto unitario.
La possibilità dell’individuo di appartenere alla società e di avere una sua posizione è
garantita dalla professione. In tale prospettiva, si sviluppa una concezione di educazione
che associa il significato di questa individualità all’universalità delle strutture e delle forme
di associazione.
Anche Weber rivolge le proprie ricerche all'educazione come elemento strumentale a
promuove le energie individuali nella direzione della costruzione di un legame stabile con
il gruppo sociale di appartenenza. Lo studioso considera l’uomo come un essere culturale
dotato di capacità di assumere posizione nei confronti del mondo e di attribuirgli un senso.
Il Problema è che si crea un legame tra stratificazione sociale, potere ed educazione e lo
5 Tratto da “Istruzioni per i delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell'A.I.L.” del 20 febbraio 1867.
5
strato prevalente tende ad imporre il proprio modello educativo. Storicamente si sono
susseguiti e sovrapposti tre tipi di potere: il potere carismatico, il potere tradizionale e il
potere legale. Il carisma è il dono, la qualità personale di individui eletti; la tradizione si
ricollega ai miti e ai valori tramandati, il potere legale è quello che valuta e bilancia
interessi comuni e interessi privati.
Proprio questo ultimo aspetto permette di introdurre un'altra delicatissima questione: quella
del rapporto tra potere politico e sistemi educativi.
1.3 Il rapporto tra sistema politico e sistema scolastico
Tra sistema politico e sistema educativo esiste un rapporto di reciproca influenza che può
determinare, allo stesso tempo, l'affermazione del più garantista o del più autocratico degli
ordinamenti statali.
La politica, infatti, incide in modo diretto e immediato sul sistema educativo sia in termini
positivi che in termini negativi. Si pensi, ad esempio, agli investimenti economici, alle
strategie di sviluppo, all'attenzione ai tassi di alfabetizzazione e di abbandono scolastico
che uno Stato può decidere di conferire o meno al proprio sistema educativo
condizionando, in tal modo, il futuro di intere generazioni.Per questa ragione il livello di
istruzione della popolazione rappresenta un rilevante indicatore della democraticità di un
Paese. Una classe politica illuminata e ispirata ai principi egualitari sarà molto attenta a
favorire la crescita culturale del suo popolo nel pieno rispetto del diritto di
autodeterminazione dei soggetti sia come singoli sia nelle formazioni sociali cui
appartengono.
Viceversa, un governo che voglia esercitare un potere incontrastato e assoluto non solo non
incentiva l'educazione ma o tende ad impedirne la diffusione o la standardizza
6
acriticamente così da non permettere il raggiungimento del suo scopo primo: lo sviluppo di
una coscienza sociale6. È questo il motivo per cui il sistema scolastico, a sua volta,
influisce sul sistema politico creando con esso un rapporto biunivoco.
Tale interdipendenza è riconosciuta, seppur da prospettive diverse, da tutte e tre le
principali teorie dell’educazione prima illustrate, ovvero le teorie funzionalista, marxista e
weberiana7. La prima considera, in generale, la società come un sistema di parti
interdipendenti, che svolgono determinate funzioni utili o necessarie alla sopravvivenza
dell’intero sistema. Nel caso dell'istruzione, le funzioni svolte sono la socializzazione, il
controllo sociale, la selezione e l'allocazione degli individui nelle varie occupazioni. Le
altre due teorie, invece, pongono l’accento sul conflitto e considerano l’istruzione come
un’arma nelle lotte per il dominio. Per la teoria marxista, quest’arma è solitamente in
possesso dei proprietari dei mezzi di produzione che se ne servono per mantenere l’ordine
sociale esistente. Per quella weberiana, l’istruzione è al centro di una lotta che ha luogo fra
classi, ceti e gruppi di potere.
Ricordando la lezione di Foucault, la scuola non ha il monopolio delle conoscenze, ma
concorre in un ambito che le è proprio, a sostenere la volontà di verità di ogni sistema di
potere. Poiché la scuola è una delle sedi privilegiate di elaborazione delle pratiche
discorsive su cui si fonda la volontà di verità, essa occupa un posto importante nell'arsenale
degli strumenti di potere delle società moderne8.
6 Scriveva Turner: “il controllo è mantenuto addestrando le masse a considerare se stesse
relativamente incompetenti a dirigere la società, restringendo l’accesso alle conoscenze, alle capacità e allo
stile di vita dell’élite e coltivando la credenza nella superiore competenza dell’élite. Quanto prima avviene la
selezione delle reclute, tanto più rapidamente gli altri possono essere socializzati ad accettare la loro
inferiorità e a fare programmi più «realistici» che «fantastici». Una selezione che avvenga molto presto
previene il sorgere di speranze in un gran numero di persone che possono altrimenti diventare i leader
insoddisfatti di una classe che sfida la sovranità dell’élite al potere”. Il riferimento è contenuto in
BAGNASCO, BARBAGLI - CAVALLI, 2004. 7 Si rinvia a BAGNASCO, - BARBAGLI - CAVALLI, cit.
8 Cfr., FOUCAULT, 1972.
7
CAPITOLO II
LE DISPARITÀ ALL'INTERNO DEL
SISTEMA EDUCATIVO ITALIANO
2.1 Introduzione
L’art. 34 della Costituzione italiana sancisce: “La scuola è aperta a tutti. L'istruzione
inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli,
anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La
Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Nonostante il dettato costituzionale, in Italia vi è una parità di accesso all'istruzione ma si
sono registrate e si registrano ancora delle disparità di esito e di percorso. Tali disparità
possono essere definite come il fenomeno per cui gli individui non frequentano la scuola
per lo stesso periodo di tempo, oppure non frequentano scuole uguali o equivalenti dal
punto di vista delle opportunità di apprendimento o di altro genere che esse offrono.
Quando si parla di differenze scolastiche, generalmente, ci si può riferire a profili molto
diversi. Una prima forma di differenza è quella attinente al rendimento scolastico ovvero al
diverso grado di conoscenze acquisite dagli allievi nelle materie di insegnamento misurate
o dal giudizio degli insegnanti o da test. Una seconda forma riguarda le attitudini o
l’intelligenza degli studenti. La terza forma di differenza concerne l’ambiente di origine
degli allievi, il gruppo etnico di appartenenza, l’occupazione e il titolo di studio dei
genitori e il livello di reddito della famiglia. La quarta forma riguarda, infine, l’ambiente
scolastico vero e proprio e quindi le caratteristiche degli edifici dove si tengono le lezioni,
8
le attrezzature disponibili, le dimensioni delle classi, le capacità e le esperienze degli
insegnanti, i metodi didattici che essi usano.
2.2 Le differenze di tipo socio-culturale.
Diversi studi hanno rilevato l'esistenza di una relazione positiva fra classe sociale di
appartenenza dello studente commisurata al titolo di studio dei genitori e risultati educativi
raggiunti dallo stesso.
Al riguardo sono state elaborate tre teorie. Secondo la “teoria del deficit” tale relazione,
che può determinare una “privazione culturale”, dipende dalle capacità linguistiche e
cognitive, nonché dai valori, dagli atteggiamenti e dalle aspirazioni appresi nel contesto
sociale di origine. Per la “teoria della differenza”, invece, a rilevare sarebbe la diversa
aspettativa che il sistema educativo ha nei confronti degli scolari di diversa estrazione
sociale. Infine, per la “teoria del capitale culturale” sarebbero le conoscenze, i valori e
l'atteggiamento verso la cultura che influenzano il rendimento e la durata della carriera
educativa.
Con riferimento alla scuola media inferiore, In Italia si registra una diminuzione nella
differenza di opportunità riconducibile, in primis, all’innalzamento a 16 anni dell’obbligo
scolastico e all’aumento delle tutele sociali, in particolare della sicurezza del posto di
lavoro che garantisce alle famiglie la certezza di reddito necessaria per un investimento
nell’istruzione dei figli.
Stesso risultato positivo non può invece attribuirsi in riferimento agli ulteriori gradi di
istruzione ovvero alla scuola media superiore e all’università.
Tale divergenza è stata posta in relazione alla classe sociale e al titolo di studi dei genitori
degli studenti. Appositi studi condotti per i diversi livelli di istruzione, infatti, hanno
9
mostrato che la differenza di classe nella possibilità di ottenere un titolo di scuole media
superiore è anzi leggermente aumentata rispetto il passato mentre è rimasta invariata in
riferimento all’università.
Tenendo conto della classe sociale di origine e, quindi, anche del livello di istruzione e del
reddito dei genitori, tali studi hanno evidenziato come al variare di tali parametri vari
anche il tasso di istruzione di figli. Ciò può spiegarsi rilevando il collegamento tra reddito e
costi diretti (tasse scolastiche, spese per i libri e per i trasporti) e indiretti dell’istruzione, e
il collegamento tra livello di istruzione dei genitori e meccanismi connessi con la
trasmissione familiare dell’abilità anche sotto forma di supporto, attivo e passivo, che un
contesto familiare più dotto può conferire ai figli.
Inoltre, occorre considerare che l’estrazione sociale influisce sulla possibilità (economica)
ad intraprendere carriere scolastiche esposte potenzialmente al rischio di fallimento. In via
generale, una famiglia con limitata disponibilità economica che decide di sostenere la
carriera universitaria di un figlio, tenderà a prediligere percorsi accademici di breve durata
e a maggior contenuto professionalizzante piuttosto che percorsi lunghi o di incerto sbocco
sul mercato del lavoro.
Nel 2013, i giovani italiani tra i 15 e 29 anni che non erano inseriti in un percorso
scolastico e/o formativo e neppure impegnati in un'attività lavorativa erano il 26 per cento
del totale (circa due milioni e mezzo) un valore fra i più elevati in Europa9. Tra le cause
può annoverarsi certamente la crisi economica che ha colpito duramente proprio i giovani.
2.3 Le disparità territoriali.
Un grave e persistente divario di opportunità di accesso all’istruzione è quello legato al
9 Ibidem.
10
contesto territoriale di appartenenza.
Il riparto di attribuzioni tra Stato e regioni e il conseguente passaggio delle competenze per
i diritto allo studio a queste ultime, ha slegato il finanziamento delle politiche di incentivo
allo studio dalla capacità di attrazione delle scuole, creando un’iniqua disparità di
trattamento tra studenti residenti in regioni ricche e studenti residenti in regioni meno
prosperose.
Con particolare riferimento al tasso degli abbandoni scolastici, cioè dei mancati
conseguimenti dei titoli, la ricerca trova a livello di scuole elementari e medie inferiori una
diminuzione rilevante e sostanzialmente costante nel tempo, ma con un divario territoriale:
a livello di scuola media inferiore, infatti, al Sud permane un tasso di abbandono attorno al
5%, mentre al Centro-Nord è praticamente nullo10
. Tale disparità (si tratta di un rapporto 1
su 20) di giovani esclusi dall’istruzione di base non deve essere certamente trascurata dal
momento che si tratta di futuri individui emarginati dal mercato del lavoro e di potenziali
bersagli per il reclutamento nella criminalità organizzata.
I tassi di abbandono delle donne sono costantemente inferiori a quelli degli uomini e il
livello medio tra Centro-Nord e Sud è lo stesso, ma al Sud le fluttuazioni sono inferiori. I
fenomeni possono essere ricondotti ad una stessa ragione: la popolazione maschile,
soprattutto quella “marginale”, è più propensa a lasciare gli studi per inserirsi direttamente
nel mondo del lavoro e le alternative occupazionali sono sicuramente più numerose nelle
regioni centro-settentrionali.
Per quanto riguarda l’università, gli atenei con sede nel Nord Italia raccolgono più del 39
per cento del totale delle iscrizioni, quelli del centro il 26 per cento e gli atenei meridionali
il restante 35 per cento11
. L’analisi delle iscrizioni per collocazione geografica dell’ateneo
10
I dati sono tratti dall’indagine Miur di aprile 2013 in http://www.miur.it 11
Indagine Miur di aprile 2013 in http://www.miur.it
11
misura la capacità di attrazione delle regioni ma non l’effettiva partecipazione agli studi
universitari dei giovani ivi residenti, infatti le università centrosettentrionali sono più
numerose di quelle con sede al Sud e la mobilità territoriale degli studenti universitari è
piuttosto elevata.
A prescindere dall’ambito territoriale di riferimento, ad allarmare è l’elevato tasso di
abbandono dell’università, addirittura attorno al 40% che costituendo un caso più unico
che raro nel panorama internazionale pone seri dubbi sull’adeguatezza dell’attuale sistema
universitario italiano.
2.4 Le disuguaglianze di genere
Secondo recenti indagini, le donne hanno dei risultati migliori rispetto agli uomini in
riferimento a molti indicatori di istruzione e formazione.
In particolare, tra i giovani di 20-24 anni la quota di diplomati è pari al 60,8 per cento per
gli uomini e al 66,9 per cento per le donne. Tra i giovani di 25-29 anni la percentuale di chi
è in possesso di un titolo accademico è pari al 17,6 per cento tra gli uomini rispetto al 28,2
per cento tra le donne12
.
Eppure, è proprio tra le donne che si registra la quota più alta di giovani che non studiano e
non lavorano e la quota più bassa di partecipazione culturale. In riferimento al primo dato,
lo svantaggio è costituito dal numero di madri che non lavorano, specialmente casalinghe
del Sud o donne straniere che lavorano al Nord.
Al di là dei singoli profili di disuguaglianza tuttora esistenti in Italia, l’indagine Piaac,
condotta nei paesi Ocse ha rilevato che tra il 2011 e il 2013 la crescita culturale (intesa
come competenza alfabetica e numerica) è lenta e troppo esigua per riuscire a colmare
12
Fra gli ultrasessantacinquenni, invece, i rapporti si invertono: gli uomini che hanno conseguito un
diploma di scuola secondaria superiore o un titolo universitario sono, rispettivamente, il 14,1 per cento e il
7,2 per cento; le donne solo l’8,7 per cento e il 3,6 per cento. Dati dell’Annuario Statistico Italiano del 2013.
12
l’importante divario che separa l’Italia dal resto d’Europa.
L'Italia si colloca tra il penultimo e l’ultimo posto degli Stati Ocse13
e continua ad
aumentare in misura preoccupante la quota di ragazzi che non studia e non lavora e l’indice
di partecipazione culturale continua il suo trend discendente.
13
Indagine reperibile all’indirizzo http://epp.eurostat.ec.europa.ue
13
CAPITOLO III
IL SISTEMA EDUCATIVO TURCO
3.1 Introduzione
Con la proclamazione della Repubblica Turca nell'ottobre del 1923, il presidente Ataturk
avviò una riforma dell’istruzione che superava il precedente sistema ottomano incentrato
sulle scuole coraniche e caratterizzato da frammentarietà. Obiettivo della riforma fu,
infatti, quello di conferire al sistema educativo un assetto di secolarizzazione, moderno e di
stampo scientifico perseguendo la finalità ultima di migliorare il sistema sociale e il
benessere dei cittadini. A collaborare nel progetto di riforma fu il pedagogista statunitense
John Dewey che affrontò nella sua ricerca, poi condensata nel Report and
Recommendation upon Turkish Education, la delicata questione dell’educazione nei Paesi
islamici.
Il sistema scolastico turco prevede oggi due aree principali: l'area dell'educazione formale
e l'area dell'educazione informale suddivise al loro interno in ulteriori sottocategorie.
Si definisce educazione formale quella riconducibile al sistema educativo e alle istituzioni
formative e ricomprende: 1) educazione prescolare, da intendersi quale programma non
obbligatorio per i bambini fino ai 6 anni14
; 2) educazione primaria (7-15 anni) che ha la
finalità di garantire ad ogni allievo non solo l’acquisizione delle conoscenze di base, ma
anche dei fondamenti di educazione civica. L’educazione primaria è obbligatoria e gratuita
per tutti i cittadini, maschi e femmine, nell’ambito delle scuole pubbliche. É previsto un
esame finale al termine del sesto, del settimo e dell'ottavo livello; 3) educazione secondaria
(15 - 19 anni): in tale fase vi è un cambiamento del sistema didattico con il passaggio
14
Suddiviso in: Day nurseries (0-36 mesi), Kindergartens (37-60 mesi) e Pre-school classes (60-72
mesi).
14
dall'insegnate unico dell'educazione primaria a un insegnante specializzato per ogni
materia. All’inizio del 9° livello gli studenti devono scegliere, per la loro successiva
formazione, quale delle seguenti branche seguire tra: Scienze e matematica, Studi sociali,
Studi sociali turchi, Lingue straniere. La previsione dell’educazione religiosa è spesso
opzionale e si traduce, tendenzialmente, in uno studio comparato delle religioni piuttosto
che nell’insegnamento del solo Islam. Al termine della scuola secondaria, gli allievi che
intendono proseguire gli studi iscrivendosi all’Università, devono prima sostenere un
esame incentrato sulle materie scelte e approfondite durante il percorso formativo
secondario.
Dal momento che le domande di iscrizione universitaria sono superiori ai posti disponibili,
è istituita un'apposita Commissione per l’educazione superiore che stila una graduatoria in
base al punteggio riportato da ogni studente all'esito del suddetto esame e alla scelta
dell'indirizzo di studio. Non tutti, quindi, possono accedere al corso prescelto ed è stato
stimato che solo un terzo degli studenti riesce ad iscriversi all'Università, la restante parte,
se non ha sufficienti disponibilità economiche per accedere ad istituti privati, è costretta ad
attendere un anno per ripetere l'esame o inizia a lavorare.
Per educazione informale, invece, si intende tutta quell'attività formativa che si apprende
dall’esperienza giornaliera o dalle relazioni sociali che si creano all'interno della famiglia,
dell'ambiente di lavoro, tra le amicizie, ecc. La maggior parte dell’educazione informale
viene svolta in istituti di formazione pubblica (Public training centers) ma vi sono anche
degli istituti privati a tal fine. Più generalmente può affermarsi che l’educazione informale
può essere sia generale che tecnico-professionale, in ogni caso, però, essa accresce il
bagaglio culturale degli allievi ma non conferisce titoli specifici a livello professionale.
Tale osmosi tra società ed educazione crea un rapporto per cui al mutare della prima segue
15
il mutamento della seconda. Il Ministero dell’Educazione sta riformulando obiettivi,
programmi e la stessa organizzazione del sistema scolastico, incentivando lo sviluppo e
l’espansione proprio dell’apprendimento informale15
.
3.2 Rapporto tra sistema politico e sistema educativo in Turchia
Prima della riforma del 1923, il 90% della popolazione turca era analfabeta e una
percentuale di poco inferiore viveva nelle campagne. L’istruzione pubblica si era affiancata
alle numerose scuole religiose che promuovevano l’apprendimento mnemonico del
Corano. I principi repubblicani, invece, escludevano l'istruzione religiosa e miravano ad un
sistema educativo occidentale e laico.
La soluzione proposta da Dewey, prevedeva un sistema scolastico fortemente centralizzato
per rispondere alle esigenze di democratizzazione del Paese ma non tralasciando l'esigenza
che le scuole rappresentassero i centri di vita delle varie comunità, coinvolgendole e
adattandole alle differenti realtà.
In sostanza, la riforma voleva coinvolgere l’intera popolazione, organizzare un sistema
educativo centralizzato ma nel rispetto di un contesto etnico e culturale variegato come
quello turco, e mirare alla diffusione della cultura straniera per favorire la circolazione
delle idee all’interno di un sistema che fino a quel momento era stato molto chiuso.
Alla imprecisa attuazione dei principi deweyani da parte della classe politica dell'epoca è
stata ricondotta la responsabilità delle ambiguità che ancora oggi persistono nel modello
educativo nazionale.
15
Le attività educative in tale ambito sono fornite sia da istituzioni formali che informali, con diversi
programmi che comprendono: insegnamento agli studenti di lettura e scrittura per consentire loro il
completamento di un’adeguata educazione; acquisizione di abitudini per la valutazione e l’utilizzo del tempo
libero; preparazione all’acquisizione di professionalità adeguate alle necessità di lavoro dell’economia turca e
globale.
16
Il problema centrale, infatti, resta proprio quello della mentalità tadizionale del Paese, non
scalfita da un processo di laicizzazione imposto dal governo ma non metabolizzato dalla
maggior parte della popolazione, soprattutto delle classi sociali più umili.
Altre problematiche interferenze tra politica e sistema educativo si sono registrate, pochi
anni fa, quando l'instabilità governativa ha causato il frequente mutamento degli
schieramenti politici al potere. Ciò ha comportato il succedersi, in un breve arco temporale,
di ben sei Ministri dell'istruzione ciascuno con un proprio programma ed una conseguente
discontinuità assoluta del sistema educativo.
Nel 2012, in riferimento ai programmi d'istruzione delle scuole pubbliche primarie e
superiori, il parlamento ha approvato una riforma al fine di rafforzare sempre più la
diffusione dei principi islamici.
Ma il 2012 è anche l'anno di approvazione del cd. Piano Fatih, un progetto di innovazione
digitale (connessioni a Internet in banda larga, lavagne digitali, distribuzione di milioni di
tablet a tutti gli studenti delle scuole elementari medie e superiori e ai loro insegnanti)
dell’intero sistema formativo turco che è in corso di attuazione in tutte le scuole
dell’infanzia, elementari, medie e medie superiori del paese.
Gli obiettivi perseguiti dal Piano sono molteplici: migliorare l'apprendimento attraverso un
efficace utilizzo degli strumenti tecnologici, consentire pari opportunità a tutti gli studenti
(anche quelli delle zone più remote del paese), colmare il gap con le realtà internazionali
più avanzate. Tuttavia, nel sistema scolastico turco permangono ancora diversi livelli di
discriminazione. Anche se tali livelli sono differenti rispetto quelli analizzati con
riferimento all’Italia, considerate le differenti vicende storiche e sociali vissute dai due
Paesi, hanno in comune le variabili che li determinano, ovvero il grado di selettività
all'interno del sistema di istruzione.
17
3.3 Disuguaglianze del sistema educativo turco
Nonostante gli importanti passi avanti attuati dalla Turchia nella ricerca del proprio
progresso, il lungo cammino di ascesa verso la democrazia ha conosciuto negli ultimi anni
una battuta d’arresto. Il Democracy Index stilato dalla Economist Intelligence Unit situa la
Turchia all'interno della categoria di regime ibrido, ovvero la categoria che ricomprende
Paesi non autoritari ma nemmeno democratici.
Anche il sistema scolastico, di conseguenza, risente di questo deficit di democraticità tanto
che in esso sussistono ancora disuguaglianze sociali, di genere ed etniche che neanche le
recentissime modifiche costituzionali eliminato.
3.3.1 Le disparità sociali ed i sistemi di istruzione pubblica e privata
Un primo ordine di disuguaglianze è quello che riguarda l'appartenenza ad una classe
sociale piuttosto che ad un'altra e, quindi, le risorse economiche delle famiglie.
Per poter comprendere le ragioni del divario deve premettersi che in Turchia sono presenti
tre tipi di istituti di educazione secondaria: i licei pubblici, i licei privati e gli Imam-Hatip
di matrice religiosa. I licei pubblici hanno subìto nel corso del tempo un pesante declino,
dovuto al mutamento del substrato sociale a cui sono stati rivolti perdendo gran parte del
proprio capitale culturale e sociale e smettendo di essere il luogo di formazione delle élites.
Negli anni Trenta, i licei pubblici, infatti, erano destinati ai figli delle classi cittadine medie
e medio-alte, progressivamente le zone dove tali istituti erano sorti furono trasformate
dapprima in quartieri residenziali e commerciali abitati da migranti di estrazione sociale
medio-bassa e, successivamente, inglobarono anche le baraccopoli costruite nei dintorni e
occupate da persone provenienti dalle zone rurali. Da ciò derivò una profonda
18
trasformazione della composizione sociale degli studenti. Oggi la maggior parte degli
allievi che frequenta i licei pubblici appartiene a famiglie di immigrati di prima e seconda
generazione, prive sia di un reddito che di un livello d’istruzione alto.
Tale contesto ha spinto le nuovi classi medio-alte a prediligere la formazione negli istituti
privati che garantiscono un’elevata qualità dell’istruzione tanto che molti dei diplomati
superano con successo gli esami per l’accesso all’università. Anche gli istituti religiosi,
offrono ai propri diplomati la possibilità di accedere all’università e nel tempo hanno
registrato un numero sempre crescente di iscritti.
Non tutti gli studenti, però, possono accedere all'istruzione privata perché i suoi costi sono
molto elevati (anche 4000 dollari l’anno) quindi solo le classi medio-alte possono
sostenerli.
3.3.2 Le disuguaglianza di genere.
Secondo gli indici Population and Development del Turkish Statistical Institute, il tasso di
alfabetizzazione turco è del 96% per gli uomini e solo dell'80,4% per le donne.
Il divario, soprattutto nelle zone rurali, deriva spesso dal retaggio culturale secondo cui le
bambine non necessitano di un'istruzione particolarmente elevata perché una volta adulte
avranno il compito di occuparsi della famiglia e delle faccende domestiche.
La disparità non riguarda le sole allieve ma anche le insegnanti, infatti, nonostante la
percentuale di donne docenti sia maggiore di quella degli uomini, la quasi totalità delle
cariche apicali è ricoperta da questi ultimi.
Con specifico riferimento agli istituti religiosi, si precisa che, una volta ottenuto il diploma,
le studentesse hanno la possibilità non solo di diventare predicatrici per le donne
musulmane, ma anche di tentare di accedere all’università e, dunque, alla vita pubblica.
19
3.3.3 Le disuguaglianza etniche.
Altra disparità tuttora sussistente nelle scuole turche è quella che riguarda le diverse
minoranze etniche presenti sul territorio. Con il Trattato di Losanna del 1923, la Turchia
riconosce ufficialmente come minoranze gli armeni, i greci e gli ebrei.
A costituire la più grande etnia non-turca sono i curdi, stanziati soprattutto nelle province
del sud-est del Paese, che rappresentano, secondo recenti stime, circa il 18% della
popolazione. Sono altresì presenti: abcasi, albanesi, arabi, assiri, bosniaci, circassi,
georgiani, hemşin, lazi, bulgari e rom .
Anche se la riforma deweyana aveva sottolineato l’importanza di rispettare e preservare il
multiforme contesto etnico per costruire un efficiente sistema scolastico, alla fine si optò
per una forte centralizzazione di esso tanto da portare alla soppressione delle scuole greche
ed armene considerate potenziale strumento di rivendicazioni nazionaliste.
Secondo i “Principi Fondamentali dell’Educazione Nazionale” del 1973, infatti, gli
obiettivi del sistema scolastico sono: promuovere il sentimento nazionale; incoraggiare una
responsabilità sociale e un pensiero critico, indipendente e razionale; educare i cittadini
alla vita attraverso lo sviluppo delle proprie abilità in vista di una futura professione perché
ogni discorso basato sul singolo ha ricadute sulla nazione e lo sviluppo del singolo porta
benefici sia individuali che comunitari.
Il principio secondo cui l'identità della nazione turca dovesse fondarsi sull'istituzione di
un'unica lingua comune, inoltre, portò ben presto alla cancellazione di tutte le altre lingue
presenti sul territorio e conseguentemente alla cancellazione dell’identità e delle radici
etniche di chi le parlava.
20
3.3.4 I Curdi e la delicata questione linguistica.
Le più gravi conseguenze discriminatorie del nazionalismo turco sono state quelle subite
dal popolo curdo fino al punto di vietare l’uso della lingua, di bandirne la bandiera e
perfino censurare la musica.
La repressione ha generato delle lotte per il riconoscimento della propria identità nelle
quali sono morti, dal 1984, decina di migliaia di curdi e altre migliaia sono stati fatti
prigionieri politici e sottoposti ad abusi e torture.
La discriminazione è stata operata dalla classe dirigente turca fino a qualche tempo fa in
gran parte proprio sul piano linguistico. Dalla fondazione della Repubblica in poi, si è
infatti assistito ad una progressiva cancellazione delle radici linguistiche del popolo curdo.
Nel 1928 la riforma linguistica proibì l’uso delle lettere “q”, “x” e “w”, lettere inesistenti
nell'alfabeto turco ma presenti in quello curdo. Vietando l'uso di tali lettere, in concreto si
voleva negare la stessa identità curda, nonché la possibilità di esprimersi in curdo. Inoltre,
una legge sui cognomi del 1934 imponeva ai curdi l'adozione di cognomi di ascendenza
turca, e un’altra legge del 1972 puniva coloro i quali davano nomi curdi ai propri figli in
quanto contrario “alla cultura e alle tradizioni della nazione”. L’apice della discriminazione
fu raggiunto con il colpo di Stato del 1980 a seguito del quale fu proibito l’uso del curdo
negli spazi pubblici perché considerato oltraggioso verso la Costituzione e verso la lingua
madre di tutti i cittadini turchi. Soltanto negli anni Novanta il divieto fu revocato e si diede
avvio ad un lento processo di riconoscimento identitario e linguistico dei curdi in Turchia.
Il disconoscimento della lingua curda ha costituito una delle principali forme
discriminatorie perpetrate nei confronti della minoranza etnica con dirette ricadute sul
sistema scolastico. Tanti ragazzi curdi, infatti, vivendo nei villaggi non conoscono la lingua
turca quindi frequentare la scuola equivale ad un trauma che li accompagnerà per tutta la
21
vita perché rappresenta un incontro con un sistema che disconosce la loro cultura e la loro
lingua e li espone al rischio di dimenticare le proprie origini.
A tal proposito, si è infatti registrato un diffuso ed elevato stato di sofferenza psicologica
degli studenti curdi che si ritrovano a subire un processo di vera e propria deculturazione
tanto che le nuove generazioni non sono praticamente in grado di parlare la propria lingua
madre.
La trasmissione della lingua così come degli usi e dei costumi curdi rimane confinata
all'ambito familiare e praticamente alla clandestinità.
Il 30 settembre 2013 è stato presentato un progetto di riforma per rimuovere il divieto di
usare le 3 lettere “q”, “x” e “w” e per avviare l'insegnamento della lingua curda nelle
scuole private. Nonostante non sia stata prevista l’estensione dell’insegnamento del curdo
anche nelle scuole pubbliche, non può negarsi che queste misure rappresentano delle vere e
proprie conquiste importanza politiche e sociali perché esprimono un segno di apertura del
governo verso la minoranza curda che influisce in modo rilevante sul processo di pace in
atto da molto tempo.
22
Conclusioni
Il sistema educativo di uno Stato è, indubbiamente, un importantissimo indicatore del suo
livello di democraticità e di sviluppo perché l'istruzione, contribuendo a formare ogni
singolo individuo, determina le forme di partecipazione sociale e politica di un popolo.
A riprova di ciò, basti considerare la puntuale attenzione che la Commissione europea
rivolge da anni al campo dell'istruzione e della formazione, tanto da predisporre una vera e
propria European strategy and co-operation in education and training che fissa dei precisi
obiettivi da raggiungere1. Il Commissario responsabile per l'istruzione, la cultura, il
multilinguismo e la gioventù, Androulla Vassiliou, ha affermato di recente: “Gli Stati
membri devono intensificare gli sforzi per raggiungere i nostri obiettivi europei comuni
(…) La spesa per l'istruzione è un buon investimento per l'occupazione e la crescita
economica e si ripaga nel lungo periodo"16
.
Tali benchmarks non riguardano i soli Stati membri ma fungono altresì da parametri di
valutazione dei Paesi candidati all'ingresso in UE, proprio come la Turchia.
La presenza di disuguaglianze proprio all’interno dei sistemi educativi costituisce, quindi,
una contraddizione in termini e nessun ordinamento che voglia definirsi democratico ne
può tollerare la persistenza.
Non a caso, Nelson Mandela aveva affermato: “L'istruzione è l'arma più potente che puoi
utilizzare per cambiare il mondo”.
16
Cinque sono i parametri educativi di riferimento per il 2020: tasso di abbandono scolastico
inferiore al 10% (attualmente 14,4%); percentuale del 40% almeno di 30-34enni laureati (tasso attuale
32,3% ); partecipazione del 95% dei bambini tra i quattro anni d'età e l'inizio dell'istruzione dell'obbligo
all'educazione della prima infanzia (oggi 92,3%); percentuale di quindicenni con insufficienti competenze di
lettura, matematica e scienze inferiore al 15% (attualmente è di circa 20%); media di almeno il 15% di adulti
(fascia di età dai 25 ai 64 anni) che partecipino all'apprendimento permanente (la quota attuale è del 9,3%).
Cfr., Rapporto UE sull'educazione, 19 aprile 2011, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-11-488_it.htm
23
BIBLIOGRAFIA
BAGNASCO A. - BARBAGLI M. - CAVALLI A., Elementi di Sociologia, Il Mulino, 2004
BALLARINO G. - CHECCHI D., Sistema scolastico e disuguaglianza sociale, Il Mulino, 2006
BOTTANI N., Istruzione e sistemi scolastici, in Enciclopedia delle scienze sociali, 1996.
COSTARELLI S., Atteggiamenti e minoranze, Artimedia, 2005.
FOUCAULT M., L'ordine del discorso, Torino, 1972.
GELLNER E., Le condizioni della libertà, Edizioni di comunità, 1996.
MARX K., Istruzioni per i delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell'A.I.L. del 20
febbraio 1867
MELIS N., Cittadinanza turca e minoranze, in Fiorani Piacentini (a cura di), Turchia e
Mediterraneo allargato. Democrazia e democrazie, Milano ,2006.
SARTORI F., Differenze e disuguaglianze di genere, Il Mulino, 2009.
SCHIZZEROTTO A. – BARONE C., Sociologia dell'istruzione, Il Mulino, 2006.
SCHIZZEROTTO A. – TRIVELLATO U. – SARTOR N., Generazioni disuguali. Le condizioni di
vita dei giovani di ieri e di oggi: un confronto, Il Mulino, 2011.
SCIOLLA L., Identità personale e collettiva, in Enciclopedia delle scienze sociali, 1994.
VOLONTÈ P. – MAGATTI M. – LUNGHI C. – MORA E., Concetti, metodi, temi di sociologia.
12 moduli di scienze sociali, Einaudi, 1999.
24
Sitografia
Annuario Statistico Italiano del 2013 reperibile all’indirizzo http://www.istat.it/it
Indagine Miur di aprile 2013 in http://www.miur.it
http://epp.eurostat.ec.europa.ue
http://temi.repubblica.it/limes/la-turchia-apre-alla-lingua-curda/55177
Modelli di digitalizzazione di classe, in http://nova.ilsole24ore.com/tag/turchia
Rapporto UE sull'educazione, http://europa.eu/rapid/press-release_IP-11-488_it.htm
http://www.hetawikurdistan.it/articoli/1145-i-curdi-in-turchia-un-popolo-privato-dei-diritti-
civili.html
www.inmigrazione.it
Top Related