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giornate europee della ricercaarchitettonica e urbana

5a edizione

european symposiumon research in architectureand urban design5th edition

journées européennesde la recherche architecturaleet urbaine5ème edition

eurau ’10

architecturemarketdemocracy

architetturamercatodemocrazia

architecturemarchédémocratie

Napoli,23_26 giugno2010

Naplesjune 23_262010

Naples23_26 juin2010

venustas

a cura diRoberta AmiranteCarmine PiscopoPaola Scala

T3_4 Venustas tra globale e locale

Michela Barosio

Densità urbana e morfologie insediative p. 1

Marie Sterenn Bernard

Learning from Roadtown. La ville de bord de route américaine:

l’architecture à l’épreuve du paysage vernaculaire p. 7

Micaela Bordin

Architettura e società opulenta p. 16

Giovanni Marco Chiri, Michele Bonino

Venustas sinensis p. 23

Francesco Cianfarani

Sul rapporto tra linguaggio e stile nella progettazione della bellezza urbana p. 33

Massimo Clemente

Post-global cities and architectures:

intercultural languages for multicultural communities p. 43

Maria Colucci, Annunziata Palermo

La città solidale p. 52

Emanuela Davì

Onde di terra, volumi di luce. I borghi rurali del XX secolo in Sicilia p. 59

Sisto Giriodi

Architettura/Mercato/Democrazia. Costruire la venustas p. 69

Valentina Gurgo

Territori contesi e domanda di bellezza. Ricomporre frammenti di venustas p. 77

Chiara Rizzica

Making wor(l)ds: il paesaggio come inventario. Qualità e bellezza nello

scenario del “costruito recente” p. 85

Marichela Sepe

Beauty and place identity. A method to investigate, interpret and design

the demand for beauty of the city p. 96

Maria Maddalena Simeone

Le diverse forme della bellezza. Immaginare utopie dai paesaggi degradati p. 109

Post-global cities and architectures: intercultural languages for multicultural communities

EURAU’10 ABSTRACT. In contemporary cities, venustas construction must begin from urban communities that are changing more and more. All around the world urban regions are characterized by three phenomena: most of world people live in urban areas; urban areas suffer global crisis strongly; urban population is increasingly multicultural. Architects and urban designers can contribute to overcome global socio-economic crisis if they will be able to innovate the approach towards city and architecture. Plans and projects would be able to satisfy the demand of city and architecture that transforming urban communities are asking for. In urban and architectural design, the objective concerns with intercultural languages that integrate multiculturalism of urban contemporary societies with specific identities and local memory. Best practices could be individuate in coastal urban areas and port cities. KEYWORDS: multiculturalism , interculturalism, identity, diversity, post-global city

Massimo Clemente National Research Council of Italy Institute for Service Industry Research Urban Strategies Research Group

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Città e architetture post-globali: linguaggi interculturali per comunità

multiculturali 1. Il multiculturalismo urbano 2. La nuova domanda di città 3. La città post globale 4. Percorsi progettuali 5. Conclusioni 1. Il multiculturalismo urbano La mia riflessione sul tema della venustas nell’architettura parte dalla consapevolezza del profondo cambiamento che i fenomeni migratori hanno determinato nelle società urbane contemporanee, pur con varie sfaccettature nei diversi contesti geo-culturali. In particolare, l’attuale fase delle città del mondo è caratterizzata dalla simultanea presenza di tre macro fenomeni i cui effetti si rafforzano reciprocamente. In primo luogo, la maggior parte della popolazione mondiale vive nelle aree urbane anche se gli insediamenti umani assumono forme diverse nei vari contesti geografici, economici e culturali: città regione, aree metropolitane, megalopoli, urban sprawl, global cities, città diffuse, favelas, bidonvilles, barrios, ecc. Il secondo punto è la crescita della povertà urbana connessa alla crisi economica internazionale. Le categorie deboli sono attratte in città da un urbanesimo post industriale ma le aspettative rimangono disattese. La sofferenza è massima nelle aree urbane perché lì si concentrano i fabbisogni non soddisfatti e gli impatti sociali della crisi globale. Il terzo macro fenomeno, verso il quale ho una particolare sensibilità scientifica, è il multiculturalismo urbano, da me inteso come presenza di molteplici diverse culture nella vita della città che non sufficientemente riescono ad esprimersi in forme architettoniche ed urbane plurali.

1. Diversità culturale e povertà urbana, Lisbona

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Il multiculturalismo è un carattere proprio della città che, per sua natura, è multiculturale - come la società che nella città esprime la propria ricchezza semantica - ma, rispetto al passato, il fenomeno è decisamente più marcato. Le società urbane attuali sono multiculturali, in misura crescente, per diverse cause che si incrociano e ciascuna concausa sarebbe meritevole di approfondimento. La letteratura scientifica è ampia (Sassen, 1991; Sandercock, 1998; Martiniello, 2000) così come merita la complessità del tema ma, evidentemente, solo alcuni aspetti possono essere ripresi in questa sede, per non perdere di vista il nostro focus che è costruire la venustas nella città attuale. Il multiculturalismo storico è riscontrabile sia nelle società che nelle città del passato, si stratifica nella memoria collettiva e si autorappresenta nelle forme architettoniche e urbane. La bellezza della città storica risiede nella capacità di tramandare e rappresentare la memoria collettiva attraverso l’architettura, nelle pietre, negli spazi, nelle funzioni che pur mutano nel tempo per i cambi di destinazione d’uso. (Clemente, 2002 e 2010) Nella città storica, la sovrapposizione delle culture si materializza tramite la stratificazione architettonica e urbana, offrendo a noi un modello ideale su cui costruire ipotesi metodologiche e di lavoro, certamente da verificare e mettere a punto, ma che possono aiutarci a progettare e realizzare la venustas nella città contemporanea. Il multiculturalismo urbano può essere considerato in chiave diacronica, se è determinato dalla presenza successiva di diverse culture, o in chiave sincronica, nel caso della presenza contemporanea di gruppi sociali, popoli e culture differenti nella medesima città. Il multiculturalismo urbano storico è stato prevalentemente diacronico e ci ha consegnato le attuali città, ricche per la sovrapposizione culturale e la stratificazione delle architetture e dei luoghi urbani. Alcune metropoli del passato, come Alessandria d’Egitto e Roma, furono esempi di multiculturalismo sincronico, per la quantità e la varietà di culture e genti che le animarono. Il multiculturalismo sincronico assorbe e rafforza il multiculturalismo diacronico ed è caratteristico dell’attuale condizione urbana nelle sue multiformi espressioni. La città contemporanea è l’habitat di società che sono multiculturali sia per la loro storia sia per l’attuale compresenza di culture e popoli migranti. 2. La nuova domanda di città La complessificazione della società contemporanea sta modificando i fabbisogni dei gruppi sociali e quelli dei singoli individui, aggiungendo nuove istanze alla preesistente domanda di città e architettura. In particolare, le società urbane multiculturali pongono una forte domanda di spazi e funzioni che rispondano a bisogni vari e articolati: chiedono luoghi per la socializzazione, per l’aggregazione e per l’integrazione. (Clemente et al., 2008) Gli immigrati sono i nuovi cittadini che insieme alla loro cultura, dai paesi di provenienza, portano anche i propri fabbisogni e originano una nuova

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domanda di spazi e funzioni che rispondano alle loro aspettative, nella vita privata famigliare e in quella pubblica relazionale. Inoltre, gli immigrati tendono ai unirsi in gruppi omogenei che generano la domanda di parti di città simili alle città da cui provengono e, quindi, più rispondenti ai loro bisogni espressi in forma collettiva. Infine, dobbiamo considerare il cambiamento indotto dalle migrazioni nelle società che ricevono i flussi e che vedono modificarsi le dinamiche sociali preesistenti, anche in questo caso favorendo la nascita o comunque la modifica dei fabbisogni pregressi. Il processo di formazione di questa nuova domanda di città non è quindi univoco ma articolato, essendo frutto di società diversificate che potremmo definire a grappolo per la compresenza di molteplici sfere sociali e culturali. Il primo fabbisogno che vogliamo esaminare è l’alloggio che, nelle diverse culture, assume molteplici forme: la casa è l’espressione e la rappresentazione della cultura più personale dell’individuo e della sua famiglia. Il bisogno di abitare secondo le proprie tradizioni va ben oltre il soddisfacimento del fabbisogno abitativo tecnicisticamente inteso come rapporto tra abitanti e vani. L’abitare è ben diverso in Europa, Asia, America Latina, Estremo Oriente e l’idea di alloggio diventa multiforme e plurima. Il secondo fabbisogno espresso dalle società multiculturali, in ambito urbano, è relativo ai servizi e alle attrezzature collettive. Anche in questo caso gli standard quantitativi e qualitativi della tecnica urbanistica appaiono del tutto insufficienti per misurare e, soprattutto, per capire appieno la domanda variegata espressa dalle società multiculturali. L’aspetto religioso è il più evidente ma anche il più banale e si manifesta nella domanda di luoghi di culto specifici per ciascuna fede. Naturalmente, la compresenza di chiese, moschee e sinagoghe non esaurisce la domanda di attrezzature collettive. Le diverse culture generano bisogni di servizi variegati e quindi la domanda delle attrezzature collettive non è standardizzata ma necessita approfondimenti. La figura del mediatore culturale dovrebbe intervenire nell’analisi della domanda piuttosto che nella fase dell’erogazione dei servizi alle persone. La città non è solo alloggi e servizi ma anche e soprattutto spazi aperti e pubblici, luoghi dove le persone si incontrano, comunicano e interagiscono, strade e piazze dove donne e uomini, ciascuno con la sua identità, si relazionano e si completano tra loro. (Germain, 2002) La domanda di una città aperta al multiculturalismo si manifesta fortemente negli spazi pubblici, nelle strade e nelle piazze. Le società multiculturali richiedono spazi semanticamente complessi, luoghi urbani dove le diverse identità possano incontrarsi e confrontarsi. Alloggio, servizi e spazi pubblici interculturali costituiscono la domanda di città posta dalle nuove comunità urbane multiculturali, sta a noi architetti soddisfare i loro bisogni rispondendo alle giuste aspettative. 3. La città post globale L’attuale condizione urbana esprime la complessità del mondo in cui

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viviamo, la globalizzazione economica, lo squilibrio nella distribuzione delle risorse, la rapidità di diffusione delle informazioni a cui non corrisponde un adeguato accrescimento di conoscenza e consapevolezza per la maggior parte dell’umanità. (Sen, 1999) Nel secolo scorso, architettura e urbanistica hanno trasferito il pensiero filosofico e politico nella prassi progettuale e pianificatoria. Le ideologie hanno fortemente influenzato l’architettura e l’urbanistica, nel bene e nel male, condizionando i processi evolutivi delle nostre città. Il Novecento ci ha consegnato città e architetture che ne esprimono pienamente la crescita culturale, economica e civile, da un lato, ma anche tutte le contraddizioni, i conflitti, le degenerazioni morali e politiche, dall’altro lato. La difficile situazione si è ulteriormente complicata per la crisi economica e sociale che il mondo sta vivendo e che impone di riflettere sul rapporto tra mercato e democrazia, tra economia e politica. Il mercato globale si è rivelato incapace di gestire le risorse in modo equo e sostenibile, la democrazia è sempre più debole anche nei paesi occidentali. La crisi è derivata da un modello di sviluppo sbagliato e strettamente connesso alla globalizzazione. Inoltre, la crisi economica sta evolvendo in crisi sociale e culturale, toccando così le tre dimensioni della sostenibilità. La globalizzazione è un fenomeno storicamente irreversibile che deve essere governato a livello internazionale, affinché ne vengano controllati gli impatti, valorizzando gli effetti positivi e contenendo quelli negativi. L’habitat urbano del XXI secolo è caratterizzato dall’esclusione sociale, dalla separazione spaziale e dalla caduta semantica che assumono diverse forme nei vari contesti geoculturali. Quale apporto può venire dal progetto urbano e architettonico, nello specifico, dalla bellezza? In un mondo in crisi, la soluzione della crisi della città non può che partire dal ripensamento del modello globale di sviluppo, eliminando le esternalità negative della globalizzazione e praticando la de-globalizzazione culturale come possibile strada alternativa. In architettura e in urbanistica, questo significa compensare l’appiattimento omologante del linguaggio adottato da piani e progetti con la riscoperta delle identità e dei valori semantici locali. Particolare rilievo, nell’elaborazione di strategie adeguate, assume il tema della partecipazione di tutti i soggetti e attori presenti sul territorio. (Allam et al., 2004) Infine, si rileva l’importanza della valutazione dei risultati conseguibili e/o conseguiti attraverso il piano e il progetto. L’architettura e l’urbanistica devono interpretare la domanda posta da società multiculturali nella consapevolezza che la diversità e la pluralità culturale non devono costituire ostacoli ma la risorsa su cui fondare la città futura, plurale e interculturale. (Germain, 2000) La bellezza assume una valenza ancora più forte nella città contemporanea a causa della complessità che caratterizza i sistemi urbani nelle diverse attuali coniugazioni e nelle diverse parti del pianeta. In architettura, oggi, gli approcci estetizzanti sono connotati dalla forte influenza dell’operato progettuale delle archistars che, però, sembrano

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insensibili alle identità locali, al genius loci. L’architettura diventa strumento di marketing territoriale come nel caso del Guggenheim Museum di Bilbao. Le forme architettoniche sono bellissime ma avulse dal contesto, come nel caso della nuova stazione ferroviaria TGV di Liegi. Inoltre, i metodi di rappresentazione computerizzata del progetto architettonico e la condivisione mondiale simultanea delle immagini sul web rendono banalmente simili le forme urbis: in verità, non sappiamo se siamo a Londra o a Berlino, a Detroit o a Singapore, a Madrid o a Mosca, a Tokio o a Vancouver, a Roma o a Rio de Janeiro, a Caracas o a Calcutta. Anche la pianificazione urbanistica sembra incapace di coniugare le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile e cioè di cogliere il giusto equilibrio tra le prerogative dell’ambiente, gli aspetti economici e i risvolti sociali delle politiche urbanistiche e territoriali. Il multiculturalismo è stato individuato come filone di ricerca architettonica e urbanistica e interessanti best practices si rilevano in Canada e Australia mentre l’Europa e in particolare l’Italia sono in ritardo. La de-globalizzazione e la riscoperta delle diverse identità culturali nei processi di contaminazione semantica si offrono come poco esplorati campi di studio e di sperimentazione sulla città e sull’architettura.

2. Stazione ferroviaria Guillemins di Santiago Calatrava, Liegi

4. Percorsi progettuali

E’ possibile individuare e sperimentare metodologie innovative che consentano di rispondere alla domanda di città e di architettura posta dalle comunità urbane nell’attuale fase di crisi globale? La progettazione architettonica e la pianificazione urbanistica possono porsi obiettivi che concorrano al superamento della crisi globale e favoriscano lo sviluppo sostenibile nelle tre dimensioni ambientale, sociale, economica? Se per le tematiche di carattere generale è possibile fissare dei principi teorici di riferimento, per le problematiche specifiche è forse possibile definire approcci e metodologie, per la pianificazione e per la progettazione, che concorrano al superamento della crisi proiettandoci verso la città post-

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globale. Uno straordinario esempio di comunità multiculturali è costituito dalle città di mare perché i porti sono storicamente collegati dalle rotte mercantili e da una cultura marittima comune e unificante. Per questo, le città di mare si offrono quale campo di approfondimento conoscitivo e di sperimentazione progettuale di linguaggi interculturali, per la costruzione della venustas nelle città post-globali. L’evoluzione del trasporto marittimo e la delocalizzazione dei grandi porti commerciali hanno reso disponibili molte aree urbane sulla linea di costa. Nella città di mare il porto era un luogo urbano plurale, sia per le attività che vi si svolgevano sia per la diversità culturale delle persone che entravano in contatto: marinai, commercianti, cittadini del posto, viaggiatori, ecc. Dopo la fase storica della separazione tra la città e il suo porto, oggi, queste aree vengono restituite alla vita urbana e si rendono disponibili come spazi adatti ad ospitare diverse forme di socializzazione. Il recupero del waterfront offre la possibilità di sperimentare la costruzione della venustas, in un luogo di per sé magico perchè posto all’incontro tra due elementi contrapposti: la terra e il mare. Tra i molti esempi possibili, New York City é particolarmente significativa per diversi motivi. In primo luogo, è una città cosmopolita ed è il simbolo occidentale della globalizzazione, in quanto tale è stata più volte oggetto di atti terroristici degli integralisti religiosi accecati dall’odio verso culture diverse. Nel piccolo museo reliquiario di Ground Zero, i ricordi dei caduti nell’attentato alle torri gemelle testimoniano il multiculturalismo della comunità del World Trade Center e della città nel suo complesso.

3. Genti e serpenti al Battery Park, New York City 4. Verticalismi urbani e navali al Pier 17, New York City

Nel secolo scorso, New York - in particolare Ellis Island - è stato il punto di smistamento delle migrazioni tra l’Europa e gli Stati Uniti in quanto hub tra l’Oceano Atlantico e, tramite l’Erie Canal, le acque interne e i grandi laghi. Oggi, la baia è il centro di una grande area metropolitana con oltre otto milioni di abitanti che, sull’acqua, sta sviluppando un nuovo sistema di

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relazioni fisiche, multi e interculturali. La comunità multiculturale di New York City ha espresso la sua capacità estetica interculturale nei progetti di recupero del watrfront sull’Upper Bay e sull’East River, in particolare al Battery Park e al Pier 17, luoghi pieni di vita e di relazioni interpersonali. Questi interventi, pur nella loro semplicità, offrono interessanti spunti di riflessione per una venustas interculturale costruita sul multiculturalismo. Il fronte sul fiume Hudson potrebbe essere, nei prossimi anni, il laboratorio della sperimentazione progettuale ispirata all’ interculturalturalismo. 5. Conclusioni

Architetti e urbanisti hanno difficoltà ad inquadrare la domanda di città e architettura posta da società urbane in continua evoluzione, sia per l’ampiezza delle trasformazioni socioculturali in atto sia per la crisi dei modelli di sviluppo del XX secolo. La venustas può essere una chiave di lettura dell’attuale condizione urbana che è caratterizzata dal multiculturalismo e dalla debolezza semantica. Il multiculturalismo è una risorsa per la costruzione della venustas che, a sua volta, può essere l’elemento fondativo della città interculturale. La bellezza può essere ricercata attraverso la conoscenza delle diverse culture estetiche espresse dai popoli diversi che formano società urbane sempre più multiculturali. Alloggio, servizi e luoghi urbani sono i campi di sperimentazione dei linguaggi plurali che siano capaci di esprimere le diverse identità costruendo la venustas. L’approfondimento di esperienze significative può consentire di delineare approcci e metodologie appropriate. Un buon esempio viene dalle città di mare, storicamente aperte e multiculturali, dove il recupero dei waterfront può costruire una venustas interculturale. La ricerca in tale direzione può offrire interessanti spunti e può contribuire a individuare nuovi percorsi di sperimentazione progettuale per la città e l’architettura. Bibliografia

Allam K.F., Martiniello M., Tosolini A., La città Multiculturale. Identità, Diversità, Pluralità, EMI, Bologna 2004.

Clemente M., De-globalisation and creativity: a contribution towards sustainable and intercultural architectures and cities, in «Int. Journal of Sustainable Development», Inderscience Publishers, 2010 (in progress).

Clemente M., Esposito De Vita G., Città interetnica. Spazi, forme e funzioni per l’aggregazione e per l’integrazione, Collana «Città e Architettura», Editoriale Scientifica, Napoli 2008. https://www.irat.cnr.it/IT/assets/Allegati/citta_interetnica.pdf

Clemente M., La città europea. Urbanistica e cooperazione, Giannini Editore, Napoli 2002.

Germain A., Immigrants and Cities: Does Neighborhood Matters?, Centre de recherche interuniversitaire de Montréal sur l’immigration, l’intégration et la dynamique urbaine, Montreal 2000.

Germain A., La culture urbaine au pluriel? Métropole et ethnicité, in Lemieux

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D. (dir.) Traité de la culture. Le Québec. Son patrimoine, ses modes de vie et ses productions culturelles, Presses de l’Université Laval, Laval 2002.

Martiniello M., Le società multietniche, Ed. Il Mulino, Contemporanea, Bologna 2000.

Sandercock L., Towards Cosmopolis. Planning in multicultural cities, Sage, England 1998.

Sassen S., The Global City: New York, London, Tokyo, Princeton University Press, Princeton 1991.

Sen A., Development as Freedom, Oxford University Press, Oxford 1999. Biografia Massimo Clemente (Napoli, 1962). Architetto urbanista, dirigente di ricerca CNR, insegna urbanistica nelle Università di Roma Tor Vergata e di Napoli Federico II. Studia l’architettura e l’urbanistica come scienze che realizzino il miglior habitat possibile per l’uomo contemporaneo, dove la memoria sia l’elemento fondativo e l’utopia generi la tensione metafisica del progetto architettonico e urbano. I principali temi di ricerca sono il multiculturalismo urbano, le strategie urbanistiche per l’aggregazione e per l’integrazione delle diversità, i nuovi linguaggi interculturali dell’architettura. La ricerca teorica e metodologica è applicata ai casi studio di recupero e riqualificazione sia dei centri storici sia delle periferie degradate. Particolare attenzione è rivolta alle città di mare, collegate dalle rotte navali, luogo d’incontro di popoli diversi per i quali la comune cultura marittima è un fattore fortemente unificante.

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