Universita degli Studi di Firenze
Facolta di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Tesi di Laurea Magistrale in Scienze Fisiche e Astrofisiche
ASPETTI TERMICI E FLUIDODINAMICI DEI
BACINI GEOTERMICI
Candidato: Matteo Cerminara
Relatore: Prof. Antonio Fasano
Anno Accademico 2008/09
Indice
1 Introduzione. 1
1.1 I bacini geotermici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Cenni storici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Sviluppo nel mondo e situazione attuale. . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.4 Descrizione dei contenuti originali della tesi. . . . . . . . . . . . . . . 5
1.5 Programmi utilizzati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.6 Ringraziamenti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2 Impostazione del problema. 8
3 I moti convettivi di origine termica. 9
3.1 L’instabilita di Rayleigh-Benard. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3.2 Moti convettivi in un campo geotermico. . . . . . . . . . . . . . . . . 15
3.2.1 I limiti dell’approssimazione di Rayleigh-Benard. . . . . . . . . 16
3.2.2 Moti convettivi verticali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.2.3 Un esempio basato su un esperimento numerico. . . . . . . . . 22
3.2.4 Interpretazione di profili geotermici in presenza di moti con-
vettivi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
4 Una ipotesi di campo geotermico ad acqua guidato dall’espansione
termica. 26
4.1 La perdita di calore durante la risalita del pozzo. . . . . . . . . . . . 28
4.2 Le pressioni idrostatiche. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4.3 La caduta di pressione lungo la risalita del tubo. . . . . . . . . . . . . 33
4.4 La caduta di pressione dovuta alla permeabilita del serbatoio. . . . . 33
4.5 Massimizzazione della potenza cinetica di uscita. . . . . . . . . . . . . 34
4.6 Non applicabilita di questo modello ai serbatoi geotermici toscani. . . 36
i
5 La risalita turbolenta di acqua pura attraverso il pozzo. 38
5.1 Le equazioni di bilancio nel caso stazionario. . . . . . . . . . . . . . . 39
5.2 La risalita della sola acqua liquida. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
5.3 La risalita di acqua in ebollizione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
5.3.1 Qualche considerazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
5.4 La risalita del solo vapore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
5.5 L’approssimazione di Boussinesq. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
6 L’alimentazione del serbatoio. 53
6.1 L’alimentazione a “pioggia”. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
6.2 Il serbatoio unidimensionale infinito, alimentato a “pioggia”. . . . . . 59
6.2.1 Soluzione non “ritardata”. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
6.2.2 L’approssimazione di punto sella. . . . . . . . . . . . . . . . . 63
6.2.3 Considerazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
6.2.4 La pressione nel tetto del serbatoio unidimensionale. . . . . . 74
6.3 Serbatoio discoidale infinitamente esteso, caso stazionario. . . . . . . 75
6.4 Serbatoio discoidale di raggio finito, nel caso stazionario. . . . . . . . 82
7 Una stima dell’energia estraibile in condizioni stazionarie da un
serbatoio di raggio finito. 92
8 Conclusioni. 95
A La termodinamica dell’acqua. 97
A.1 La termodinamica dell’acqua alla transizione di fase. . . . . . . . . . 97
A.2 La termodinamica dell’acqua liquida. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
A.3 La termodinamica del vapore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
B Le funzioni di Bessel modificate. 107
Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
ii
Definizione dei simbolia Raggio di influenza dinamico del pozzo rw Costante dei gas dell’acqua
b Raggio del serbatoio R Raggio del pozzo
c Calore specifico s Spessore del serbatoio
f Fattore d’attrito del tubo S Saturazione dell’acqua
g Accelerazione di gravita t Tempo
h Coefficiente di scambio termico del tubo T Temperatura
I0 , I1 Funzioni di Bessel modificate u Entalpia per unita di massa
J Flusso di calore W Potenza
k Permeabilita x , y Coordinate orizzontali
K0 ,K1 Funzioni di Bessel modificate z Coordinata verticale
` Lunghezza del pozzo α Coefficiente di comprimibilita dell’acqua
L Profondita della zona soggetta ai moti convettivi β Coefficiente di espansione termica dell’acqua
m Portata di massa γ Costante di Eulero-Mascheroni
p , P Pressione η Gradiente geotermico
Pis Pressione idrostatica λ Conducibilita termica
q Portata specifica di volume µ Viscosita
Q Portata di volume o calore ρ Densita
r Coordinata radiale rispetto al pozzo φ Porosita
I pedici
Adotteremo i seguenti pedici alle proprieta sopra elencate intendendo†:
(·)s nel serbatoio (·)R al confine tra pozzo e serbatoio
(·)b ai bordi del serbatoio (·)` nella zona sovrastante il serbatoio
(·)e a bocca pozzo (·)t nel tubo
(·)a negli immediati dintorni del tubo (·)0 in condizioni standard
(·)w per l’acqua liquida (in media) (·)v per il vapore (in media)
(·)bo per l’ebollizione dell’acqua (·)m del mezzo poroso
I valori fissati.
Riportiamo il valore dei dati che non varieranno nel lavoro (salvo indicazione espli-
cita).
T0 = 20 ◦C ρw = 8.5 ∗ 102 kg m−3 ρw0 = 103 kg m−3 β = 10−3 ◦C−1
α = 0.75 ∗ 10−9Pa−1 η0 = 3 ∗ 10−2 ◦C m−1 f = 2 ∗ 10−2 µw = 10−4 kg m−1 s−1
h = 15W ◦C−1 m−2 cw = 4400 J kg−1 ◦C−1 cm = 900 J kg−1 ◦C−1 rw = 461.5 J ◦C−1 kg−1
g = 10m s−2 ρm = 2.5 ∗ 103 kg m−3 λw = 0.7W m−1 ◦C−1 λm = 2W m−1 ◦C−1
†(·) verra utilizzato per gli oggetti adimensionalizzati.
iii
Capitolo 1
Introduzione.
E’ noto che l’energia di origine geotermica riveste un ruolo di crescente importanza,
grazie al suo minimo impatto sull’ambiente. In particolare in Toscana e presente
un’estesa area geotermica nelle zone di Larderello e del monte Amiata.
In questa tesi si affronta lo studio della termodinamica e della fluidodinamica dei
bacini geotermici, presentando alcuni modelli riferiti a diverse possibili configurazioni
e ponendo maggiore attenzione a quelle che si riscontrano nei bacini geotermici
toscani.
1.1 I bacini geotermici.
La situazione geologica che crea un bacino geotermico e caratterizzata dai seguenti
fatti
• lo spessore della crosta terrestre e insolitamente sottile e dunque il gradiente
geotermico e maggiore del normale
• e presente acqua allo stato liquido o di vapore, che permea l’intero bacino
• la permeabilita e sostanzialmente piu elevata delle zone circostanti.
Definiamo serbatoio geotermico una zona di sottosuolo con queste proprieta, solita-
mente esso e circondato da zone con minore permeabilita: chiameremo rispettiva-
mente tetto e fondo del serbatoio la zona sovrastante e la zona sottostante; bordi
del serbatoio le zone ai lati.
1
Figura 1.1.1: Uno schema della situazione reale presente nel sottosuolo del monte Amiata [9]. Sedimenti
Miocene-Pliocene (1); unita Liguri (2); evaporiti del Triassico superiore (3); unita carbonitica (4); distribuzioni di
albite (5); distribuzioni di epidoto (6); isoterme (7).
2
Gli impianti per la produzione di energia geotermica si differenziano in tre
categorie [16]:
• Sistemi a vapore dominante. Essi utilizzano vapore secco a temperature mag-
giori dei 235◦C per attivare una turbina Rankine: la stessa turbina utilizzata
da Ginori-Conti all’inizio del XX secolo ma ancora ampiamente diffusa.
• Sistemi ad acqua dominante. Nel caso di serbatoi con temperature superio-
ri ai 150◦C si utilizza l’acqua estratta per creare vapore tramite il metodo
del singolo o del doppio flash: l’acqua viene fatta passare bruscamente dal-
la pressione del serbatoio alla pressione atmosferica in modo da separarla in
una parte liquida, che viene reiniettata nel bacino geotermico, ed una parte
gassosa, mandata alle turbine.
• Sistemi a ciclo binario. Se la temperatura dell’acqua estratta e moderata,
compresa tra i 120◦C e i 180◦C, si utilizza il fluido estratto per vaporizzare,
tramite uno scambiatore di calore, un fluido ausiliario con temperatura di
ebollizione particolarmente bassa. Questo metodo e il piu redditizio e permette
la totale reiniezione del fluido nel serbatoio, senza contatto con l’esterno.
A Larderello sono ancora osservabili, accanto alle centrali geotermiche, manifesta-
zioni naturali come i soffioni, i lagoni e le putizze.
I soffioni boraciferi di Larderello sono costituiti in gran parte da acqua e vapore, da
anidride carbonica (meno del 10%), idrogeno solforato (che da il classico odore di
uovo marcio) e altre sostanze. Le emissioni hanno temperature dell’ordine dei 150◦C
e pressioni comprese tra le 4 e le 14 atmosfere. Il 27 marzo 1931 un sondaggio rag-
giunse il serbatoio geotermico e il soffione che se ne creo fu chiamato Soffionissimo
e tale fu la sua impetuosita (portata di circa 70 chilogrammi al secondo) da far
ritenere che fosse impossibile imbrigliarlo.
I lagoni sono caratterizzati da laghi di modeste dimensioni alimentati da emissioni
di fluido geotermico tipicamente ricco di sali minerali. Targioni Tozzetti (1768-1779,
vol. IV, pagg. 16-17) li descrive cosı: “Vedonsi in mezzo al bosco due lagoni o buli-
cani, chiamati lagoncelli di Travale i quali si fanno ben distinguere anche dalla cima
del poggio dove ero io, per il fetore, per fummo bianco che tramandano, e per il gran
rumore che fa l’acqua bollendo, particolarmente quando il giorno dopo vuol piovere
(...)”.
La putizza e un’area dove il suolo ha una temperatura particolarmente elevata e
dove dunque non cresce vegetazione (eccezion fatta per il Brugo, Callons Vulgaris)
e nella quale si trovano piccoli soffioni chiamati bulicani o fumacchi.
3
1.2 Cenni storici.
Queste manifestazioni sono state utilizzate sin dall’antichita per l’estrazione di ma-
teriali utili. Gia nel 1540 lo studioso senese Vannoccio Bininguccio scriveva nella
sua opera “Del vetriolo et sua miniera” a proposito dei giacimenti di vetriolo dei
lagoni di Travale: “l’acque che surgono (...) son tutte putride terrestri et grosse, qual
bullente con gran fumo qual senza, che certo in assai luochi dove ne (e ) quantita
grande paiono effetti infernali”.
Nel 1799 fu Paolo Mascagni che per primo provo ad estrarre calore dalle aree attive
tramite l’utilizzo di caldaie interrate da lui brevettate.
Nel 1818 Francesco de Larderel mise a punto un metodo di raccolta di vapore con
l’intento di estrarre acido borico ad uso farmaceutico. Nel 1827 perfeziono la tecnica
e nel 1833 effettuo i primi carotaggi, atti ad aumentare la produzione dell’acido. A
lui deve il nome la localita di Larderello.
Nel 1904 il principe Ginori-Conti riuscı a trasformare l’entalpia del vapore in energia
elettrica accendendo 5 lampadine. Nel 1915 aprı la prima centrale geotermica del
mondo con due gruppi da 2570 KW di potenza e torri di raffreddamento in legno.
Nel 2004 ENEL gestiva 34 centrali geotermiche di cui 26 a Larderello, per un
totale di 700 MW di potenza installata.
1.3 Sviluppo nel mondo e situazione attuale.
Agli inizi del 2000 risultavano installati in 22 paesi impianti geotermici per una
potenza totale di circa 8000 MW , e con una produzione di energia elettrica annuale
di circa 50TWh†. Cio rappresenta lo 0.25% della potenza elettrica installata a livello
mondiale.
In Italia nel 2006 sono stati prodotti 5.2 TWh, corrispondenti ad una potenza
media di 600 MW , tutti in Toscana, a Larderello e sul monte Amiata. La produzione
rappresenta il 25% del fabbisogno della regione e 1.5% del fabbisogno nazionale, pari
ai consumi delle Ferrovie dello Stato.
†Per condizioni di estrazione tipiche in serbatoi ad acqua dominante abbiamo rendimenti che
permettono di produrre, per ogni kg/s di fluido estratto, potenze dell’ordine del MW. Riportiamo
alcune formule di conversione:
1 t/y ' 3.2 ∗ 10−5 kg/s , 1 t/h ' 0.28 kg/s , 1MWh/y ' 1.1 ∗ 10−4MW .
4
Figura 1.3.1: Fonte International Geothermal Association. L’unita di misura MWe rappresenta la potenza
elettrica prodotta.
L’attuale utilizzo di questa fonte rappresenta solo una percentuale irrisoria di tutta
quella potenzialmente estraibile.
Si stima che il potenziale geotermico della crosta terrestre raggiungibile tramite
perforazioni, ammonti a circa 50000 volte l’energia di tutte le altre risorse conosciute
[16]. Ad oggi pero non esiste una tecnologia che renda questa risorsa economicamente
accessibile.
1.4 Descrizione dei contenuti originali della tesi.
La modellizzazione di un bacino geotermico e di grande importanza per vari motivi.
In particolare per predire per quanto tempo e con quale intensita e possibile sfrut-
tare un determinato pozzo o cluster di pozzi.
In considerazione della rilevanza dei bacini geotermici per l’economia della Regione
Toscana, la Regione stessa ha finanziato un Progetto, denominato MAC-GEO, affi-
dato a studiosi afferenti a vari Dipartimenti delle Universita di Firenze e di Bologna.
Questa tesi si avvale anche della reperibilita di dati tecnici e riferimenti bibliografici
disponibili grazie al Progetto suddetto. A sua volta MAC-GEO svolge la sua attivita
a stretto contatto con ENEL, gestore delle attivita estrattive nei bacini Toscani e
depositaria di dati storici.
In questa tesi si studiano vari possibili scenari per la termo-fluido-dinamica di un
bacino geotermico, nel quale il pozzo intercetta vene acquifere, postulando diverse
configurazioni per quanto riguarda l’alimentazione idrica del bacino.
5
Dopo aver richiamato alcune fondamentali nozioni circa la geofisica dei bacini geoter-
mici (capitolo 2), si passa a considerare un fenomeno di fondamentale importanza,
che e la presenza di moti convettivi in mezzi porosi saturi generati dal gradiente
geotermico, a causa della dipendenza della densita dell’acqua dalla temperatura.
Tipicamente possono instaurarsi delle celle di moti ascendenti e discendenti che
hanno come effetto una consistente diminuzione del gradiente geotermico, effettiva-
mente riscontrabile nelle misure effettuate sul campo. Viene presentata la classica
teoria della instabilita di Rayleigh-Benard, con la particolare applicazione al caso
dei mezzi porosi saturi.
La situazione che noi interessa e pero diversa da quella esaminata dalla teoria clas-
sica, in cui si generano celle di circolazione chiuse, mentre nel caso dei bacini geoter-
mici abbiamo configurazioni stratificate con permeabilita molto diverse e con zone
di transizione. Lo studio qui presentato per tali configurazioni e, a quanto ci risulta,
originale e consente di spiegare il trasporto di calore in senso ascensionale associato
alle celle convettive, non previsto nella teoria di Rayleigh-Benard, oltre che di dare
una stima del tempo caratteristico dei moti convettivi termici in un mezzo poroso.
Nel resto della tesi si esamineranno piu da vicino i processi estrattivi, limitandoci
allo studio di un singolo pozzo e considerando due diverse dinamiche di alimenta-
zione.
Nel capitolo 4 si considera la particolare configurazione di un pozzo dal quale si
estrae solo acqua (non vapore) quando la pressione ai bordi del serbatoio e costante
e la risalita dell’acqua e attribuibile alla diversita del gradiente di densita nella co-
lonna di estrazione e in quella di alimentazione.
Un capitolo a parte (capitolo 5) e dedicato alla risalita turbolenta di acqua in un poz-
zo, partendo da nozioni acquisite di termodinamica dei sistemi reali acqua-vapore
(vedi appendice A) e sfruttando le equazioni di bilancio di massa, entalpia e impul-
so.
Si passa poi allo studio di una configurazione di bacino che pare piu adatta alla
descrizione dei bacini dell’Amiata. A differenza di quella esaminata nel capitolo 4,
qui si suppone che il serbatoio riceva acqua in caduta dallo spesso strato di roc-
cia sovrastante. Nonostante la piccola porosita e permeabilita di quest’ultimo, tale
meccanismo puo effettivamente essere in grado di alimentare il serbatoio, poiche la
quantita di acqua a disposizione e veramente grande.
Per questa configurazione abbiamo studiato l’intero problema evolutivo, ossia la di-
namica del fluido in fase estrattiva. Abbiamo formulato un modello che consente
il raggiungimento di uno stato stazionario in condizioni estrattive (a differenza del
6
modello attualmente piu noto in letteratura [3]), proprio grazie alla presenza del
suddetto meccanismo di alimentazione.
In comune con [3] il modello pone in rilievo il ruolo svolto dalla comprimibilita del-
l’acqua†. Cio non deve sorprendere poiche le variazioni di pressione in gioco sono
enormi.
Questo studio consente di individuare due importanti parametri geotermici: il “rag-
gio di influenza dinamico” di un pozzo e il “tempo di stabilizzazione”, cioe la scala
di tempo in cui si potrebbe raggiungere lo stato stazionario.
Con opportuni metodi di approssimazione sono state trovate delle soluzioni analiti-
che che mostrano l’andamento nel tempo e nello spazio della pressione nel serbatoio.
Abbiamo poi approfondito lo studio dello stato stazionario, ipotizzando una strut-
tura geometrica a simmetria cilindrica, ottenendo la portata estrattiva in funzione
dei vari parametri geotermici.
Mettendo insieme i risultati del capitolo 5 e del capitolo 6 siamo stati in grado di
stimare la potenza estraibile dal serbatoio in condizioni ottimali (capitolo 7).
1.5 Programmi utilizzati.
La gran parte delle figure presenti in questo lavoro sono state ottenute tramite l’uti-
lizzo del programma simbolico di matematica Maple, mentre per i “fit” di appendice
A abbiamo utilizzato il programma di elaborazione dati OriginLab.
La stesura e stata fatta in LATEX tramite il programma Texmaker.
1.6 Ringraziamenti.
Di fondamentale importanza per la realizzazione di questa tesi e stato l’aiuto fornito
dal Progetto MAC-GEO e dall’ENEL, sopratutto per la reperibilita dei dati speri-
mentali e per le conoscenze tecniche relative alla particolare configurazione geofisica
dei bacini toscani.
†La comprimibilita dell’acqua e fondamentale per determinare il tempo di rilassamento necessa-
rio al serbatoio appena perforato per raggiungere lo stato stazionario, anche se, una volta raggiunto
questo stato, essa e ininfluente.
7
Capitolo 2
Impostazione del problema.
I fatti potenzialmente importanti nel nostro sistema sono:
• pressione idrostatica e litostatica,
• eventuale presenza e/o comparsa di gas (H2O, CO2, ecc.),
• comprimibilita ed espansione termica dell’acqua,
• moti convettivi di origine termica.
In questa analisi abbiamo supposto che le rocce si autosostengano e quindi non
abbiamo considerato la pressione litostatica come azione sull’acqua. L’unica pressio-
ne che abbiamo considerato e dunque quella idrostatica con l’ipotesi di continuita
idraulica del sistema.
In assenza di moti del fluido la pressione idrostatica puo avere un gradiente orizzon-
tale diverso da zero se e solo se la quota della superficie piezometrica† o la densita
dell’acqua non sono costanti. Visto che stiamo considerando un serbatoio geotermi-
co, siamo interessati a come un gradiente termico possa generarne uno di pressione
e, non essendo interessati alle condizioni ambientali che possono modificare la su-
perficie piezometrica, considereremo il livello piezometrico costante (Pis = Pis(z),
cioe la pressione idrostatica dipendera solo dalla profondita).
Abbiamo sempre considerato il serbatoio molto sottile e tutto alla stessa quota. In
realta si tratta di uno strato fratturato (e quindi di maggiore permeabilita) dello
spessore massimo di qualche decina di metri.
In questo lavoro di tesi non affronteremo il problema della presenza di CO2.
†superficie in cui l’acqua e alla pressione atmosferica. Chiameremo questa quota livello
piezometrico.
8
Capitolo 3
I moti convettivi di origine
termica.
Nella prima parte di questo capitolo ci occuperemo dei moti convettivi all’interno di
un mezzo poroso: in particolare ci metteremo in condizioni termodinamiche molto
vicine al passaggio tra lo stato conduttivo† e quello convettivo† in modo da affron-
tare il problema in maniera perturbativa. In questo modo ci sara possibile trovare
la condizione di stabilita dello stato conduttivo ovvero quella da violare perche si
avviino i moti convettivi all’interno del mezzo poroso: introdurremo il numero di
Rayleigh per i mezzi porosi, chiamato anche numero di Lapwood. Lo stesso proble-
ma e affrontato per esempio da [2] ed e brevemente descritto anche in [7].
Nella seconda parte tenteremo di applicare questo risultato ad un campo geotermi-
co: ci ispireremo ad un grafico del gradiente geotermico misurato da ENEL ([8] e
[9]) nel sottosuolo dell’Amiata (fig. 3.2.1). Troveremo che non e possibile in questo
caso considerare lo stato convettivo stazionario come una perturbazione di quello
conduttivo e tenteremo di affrontare il problema con una soluzione non perturbativa,
utilizzabile solo nel “cuore” del serbatoio geotermico, lontano dai suoi confini, dove
cioe e possibile considerare i moti convettivi come se fossero solo verticali.
Come risultato finale mostreremo che i moti convettivi, mentre influenzano sostan-
zialmente il profilo termico, modificano in maniera assolutamente trascurabile il
profilo geobarico idrostatico e dunque nei paragrafi successivi non considereremo
l’influenza dei moti convettivi sulla pressione.
†Lo stato dove l’acqua all’interno del mezzo poroso e immobile e il calore e trasportato solo per
via conduttiva.†Lo stato dove il calore e trasportato sia per via conduttiva che tramite i moti dell’acqua.
9
3.1 L’instabilita di Rayleigh-Benard.
Su ispirazione della teoria fatta da Rayleigh per un fluido in un recipiente affrontiamo
il problema nel mezzo poroso: facendo uso dell’equazione di bilancio degli impulsi
per i mezzi porosi, dell’equazione del trasporto del calore e della conservazione della
massa cerchiamo di capire sotto quali condizioni si avvii il moto convettivo di un
fluido soggetto ad espansione termica in un mezzo poroso. Ripercorreremo i passi
fatti da Rayleigh-Benard per un fluido in un recipiente. Supporremo il nostro mezzo
poroso saturo di acqua; con permeabilita km e con porosita φm costanti. Come
Figura 3.1.1: Strato di mezzo poroso infinitamente esteso in orizzontale e compreso tra z = 0 e z = L in
verticale.
rappresentato schematicamente in figura 3.1.1 esso sara confinato verticalmente da
due superfici impermeabili: z = 0 e z = L. Sia TL − ∆T la temperatura della
superficie superiore e TL di quella inferiore. In altre parole proveremo la seguente
proposizione:
Sia km la permeabilita di un mezzo poroso saturo, omogeneo ed isotropo
confinato in 0 < z < L con condizioni al contorno:T (z = 0) = TL
T (z = L) = TL −∆T
q(z = 0) = q(z = L) = L .
(3.1.1)
10
Sia inoltre il fluido permeante newtoniano, termicamente dilatabile e
con calore specifico, conducibilita termica e viscosita costanti. Se vale
l’approssimazione di Oberbeck-Boussinesq† e se
km∆TL >4π2µ〈λ〉cρ2gβ
† , (3.1.2)
allora lo stato conduttivo e instabile.
Le equazioni sono, scegliendo l’acqua per fluido:
∇ · q(x, t) = 0
ρw(∂
∂t+ q(x, t) · ∇)q(x, t) =
−∇p(x, t) + ρwgβ(T (x, t)− TL + ∆T )∇z − µwkm
q(x, t)
〈ρc〉 ∂∂tT (x, t) = 〈λ〉∇2T (x, t)− ρwcwq · ∇T (x, t),
(3.1.3)
dove {〈ρc〉 ≡ φmρwcw + (1− φm)ρmcm
〈λ〉 ≡ φmλw + (1− φm)λm(3.1.4)
e dove p(x) ≡ P (x)− Pis(z).
La prima e l’equazione di continuita nel caso di fluido incomprimibile; la seconda e
il bilancio degli impulsi per i mezzi porosi, con il termine di galleggiamento dovuto
all’espansione termica dell’acqua e il termine di viscosita alla Darcy; l’ultima e la
conservazione del calore, l’ultimo termine e dovuto all’utilizzo della derivata lagran-
giana (il fluido puo muoversi).
Mentre l’adimensionalizzazione della temperatura e della lunghezza e naturale per-
che conosciamo il loro ordine di grandezza, quella della pressione e della portata
specifica e piu ardua. Supponiamo che w sia l’ordine di grandezza della portata
specifica e scegliamo la seguente adimensionalizzazione:
q ≡ wq x ≡ Lx t ≡ L
wt
T − TL∆T
+ 1 ≡ T p ≡ ρww2p ∇ ≡ 1
L∇, (3.1.5)
†L’approssimazione di Oberbeck-Boussinesq dell’equazione di Navier-Stokes tiene conto della
variazione di densita dovuta all’espansione termica soltanto al prim’ordine e soltanto nel termine
di galleggiamento.†Il significato di tutti i parametri e quello riportato all’inizio del lavoro e le parentesi angolari
vogliono rappresentare la media pesata della quantita contenuta tenendo conto della composizione
del mezzo.
11
∇ · q(x, t) = 0
A(∂
∂t+ q(x, t) · ∇)q(x, t) = −A∇p(x, t) +BT (x, t)∇z − q(x, t)
C∂
∂tT (x, t) = D∇2T (x, t)− q · ∇T (x, t),
(3.1.6)
dove
A =ρwwkmµwL
B =ρwgβ∆Tkm
µwwC =
〈ρc〉ρwcw
D =〈λ〉
ρwcwwL. (3.1.7)
La soluzione stazionaria conduttiva di questo sistema con le condizioni al contorno
di figura 3.1.1 e: q = 0
T = Tcnd(z) = 1− z
p = pcnd(z) = − B
2A(1− z)2.
(3.1.8)
Nell’ultima equazione abbiamo scelto p(z = 1) = 0 ⇔ P (z = L) = Pis(z = L).
Con l’intento di capire se questa soluzione e stabile perturbiamola: definiamo
θ(x, t) = T − Tcnd p(x, t) = p− pcnd (3.1.9)
e consideriamoli, insieme a q, molto piu piccoli di uno; otteniamo (dimenticandoci
di tutte le (·)) ∇ · q = 0
A∂tq = −A∇p+Bθz − qC∂tθ = D∇2θ + qz.
(3.1.10)
Qui z e il versore dell’asse z, qz e la terza componente di q e ∂t(·) e la derivata
parziale rispetto al tempo.
I modi di Fourier che rispettino le condizioni al contorno
qz(x, y, 0, t) = qz(x, y, 1, t) = 0 e θ(x, y, 0, t) = θ(x, y, 1, t) = 0, (3.1.11)
saranno della forma: {qz(x, t) = qz,j(ξ, ω) sin(jπz) eiξ·r e−ωt
θ(x, t) = θj(ξ, ω) sin(jπz) eiξ·r e−ωt ,(3.1.12)
con r = (x, y) e j ∈ Z0. Per togliere dalla (3.1.10) la dipendenza da p applichiamo
all’equazione vettoriale due rotori. Ricordando che
∇∧ (∇∧ v) = ∇(∇ · v)−∇2v (3.1.13)
12
si ottiene: ∇ · q = 0
−A∇2∂tq = B(∇(∂
∂zθ)− (∇2θ)z) +∇2 q
C∂tθ = D∇2θ + qz.
(3.1.14)
A questo punto le sole due equazioni che ci interessano sono la terza componente di
quella vettoriale e quella con il termine diffusivo in θ:{−A∇2∂tqz = −B(∂xx + ∂yy)θ +∇2 qz
C∂tθ = D∇2θ + qz,(3.1.15)
che combinate con le (3.1.12){(1− Aω)(ξ2 + j2π2)qz,j −Bξ2θj = 0
qz,j − (D(ξ2 + j2π2)− Cω)θj = 0.(3.1.16)
Questo e un sistema omogeneo in qz,j e θj, per avere soluzioni non banali:
(1− Aω)(ξ2 + j2π2)(D(ξ2 + j2π2)− Cω) = Bξ2 ⇒
AC(ξ2 + j2π2)ω2 − (ξ2 + j2π2)(AD(ξ2 + j2π2) + C)ω +D(ξ2 + j2π2)2 −Bξ2 = 0.
(3.1.17)
Guardando la (3.1.12) si capisce che, perche la soluzione conduttiva sia asintotica-
mente stabile, ω non deve avere parte reale negativa. Grazie all’equazione appena
scritta questa condizione si traduce in:
(ξ2 + j2π2)2
ξ2> Ra (3.1.18)
Ra ≡ B
D=cwρ
2wgβ∆TLkmµw〈λ〉
. (3.1.19)
(La disuguaglianza opposta a (3.1.18) comporta l’esistenza di una radice negativa.)
Come si vede in figura 3.1.2, il primo membro della (3.1.18) raggiunge il suo minimo
con j2 = 1 e ξ2 = π2†. Per questi valori(ξ2 + j2π2)2
ξ2= 4π2. Possiamo dunque
concludere che:
• Se Ra < 4π2 ⇒ ω > 0 ∀ ξ ∈ R0, cioe per ogni condizione iniziale tutti i modi
della soluzione perturbata vanno a zero col passare del tempo e dunque non
ci sono moti convettivi permanenti osservabili.
†In generale per j fissato il minimo e in corrispondenza di ξ = jπ e vale 4j2π2.
13
Figura 3.1.2: y =(ξ2 + j2π2)2
ξ2con j = 1, 2, 3 e y = Ra. In questo caso Ra > 4π2.
I punti di minimo sono, al variare di j in (πj, 4π2j2).
• Se Ra = 4π2 ⇒ ω > 0 ∀ ξ ∈ R0\{±π}, cioe i modi ξ 6= ±π vanno a zero
mentre ξ = ±π rimane stabile. In generale ci saranno moti convettivi “deboli”
e la soluzione perturbata restera molto simile a quella conduttiva.
• Se Ra > 4π2 ⇒ ∃ ξ | ω < 0, dunque esisteranno condizioni iniziali tali che la
soluzione conduttiva sia instabile: in generale ci saranno moti convettivi e la
soluzione convettiva differira da quella conduttiva.
Piu esattamente: per Ra ∈ (4j2π2, 4(j+ 1)2π2) sono instabili tutti i modi fino
a j.
Visto che molti dei parametri dai quali dipende Ra nel nostro caso hanno un valore
ben definito possiamo riscrivere Ra > 4π2 soltanto in funzione dei parametri liberi
ottenendo:
km∆TL > 2.6 ∗ 10−10m3 ◦C, (3.1.20)
oppure possiamo riscrivere la (3.1.19)
Ra =km∆TL
C1
, (3.1.21)
dove
C1 =µw〈λ〉cwρ2
wgβ' 2.6 ∗ 10−10/4π2 ' 6.6 ∗ 10−12m3 ◦C . (3.1.22)
14
Nel problema fisico km e L sono fissati, dunque ∆T e proporzionale a Ra.
Utilizzando la (3.1.20) ed il fatto che, come ordine di grandezza, ∆T ' 100 ◦C e
L ' 1000m si puo stimare il limite inferiore della permeabilita che permette moti
convettivi:
km > 2.6 ∗ 10−15m2. (3.1.23)
Ecco perche nella definizione di serbatoio geotermico conviene scegliere come minima
permeabilita del serbatoio il mDarcy (10−15m2).
3.2 Moti convettivi in un campo geotermico.
Nel precedente paragrafo abbiamo visto come, permeabilita permettendo, i moti
convettivi possano avere luogo. Un luogo dove e presente un serbatoio geotermico e
l’ideale: grandi escursioni termiche, grandi profondita e grandi permeabilita. In che
modo essi modificheranno il gradiente geotermico? In figura 3.2.1 sono riportati due
Figura 3.2.1: I profili di temperatura (linea continua) e pressione (linea puntiforme) con (a sinistra) e senza (a
destra) attraversamento di serbatoi geotermici. L’asse delle ascisse e riportata in scala doppia temperatura-pressione
(gradi centigradi-atmosfere); l’asse delle ordinate invece e la quota sul livello del mare in metri. I profili di tempe-
ratura di queste due figure sono stati estrapolati da alcuni dati tipici forniti da ENEL (vedi per esempio [8] e [9]),
mentre quelli di pressione sono stati ricavati a partire da quelli di temperatura, considerando l’espansione termica
dell’acqua. Le pressioni che ne sono risultate sono in accordo con i dati disponibili, confermando la nostra ipotesi
di continuita idraulica nel caso dei bacini geotermici toscani (vedi capitolo 2).
Nella figura a sinistra, a partire dalla superficie chiameremo “primo serbatoio” la prima zona con gradiente
geotermico quasi costante e “secondo serbatoio” la seconda, piu profonda.
15
profili geotermici caratteristici. Quello di destra ha l’andamento sostanzialmente
rettilineo che ci aspetteremmo in assenza di moti convettivi, quello di sinistra ha un
comportamento nettamente diverso. Esso si presenta come una spezzata di rette; si
notano due zone dove il gradiente geotermico e piu grande rispetto a quello standard
(la prima e la terza spezzata a partire dalla superficie hanno η ' 0.15 ◦C m−1) e due
dove esso invece e molto piccolo (η ' 0.020 ◦C m−1).
3.2.1 I limiti dell’approssimazione di Rayleigh-Benard.
Se non ci fossero moti convettivi una diminuzione del gradiente geotermico potreb-
be essere causata solo da un’aumento di conducibilita termica del mezzo. I dati
sperimentali fornitoci non sostengono questa possibilita. I moti convettivi dunque
devono essere la causa di profili simili a quelli di figura 3.2.1a.
In questo paragrafo andiamo a mostrare come l’approssimazione adottata nel prece-
dente non sia applicabile ad un serbatoio geotermico, rendendo impossibile l’utilizzo
della soluzione perturbativa trovata. Il fulcro dell’argomento risiede nella conserva-
zione del flusso di calore verticale: una soluzione perturbata darebbe a quest’ultimo
un contributo infinitesimo, ma la variazione di gradiente geotermico non lo e affatto
e con lei non lo sara neanche quella di flusso di calore verticale. Andiamo a mostra-
re piu in dettaglio come questo renda impossibile l’utilizzo dell’approssimazione di
Rayleigh-Benard.
Per comprendere la figura 3.2.1a dobbiamo ripartire dalle (3.1.6) e metterci in con-
dizioni stazionarie. Supponiamo, cosı come si fa per ricavarsi l’equazione di Darcy
da quella di Navier-Stokes, che nei mezzi porosi il termine viscoso sia molto piu
importante di quello inerziale. In questo modo le (3.1.6) diventano:∇ · q(x) = 0
q(x) = −A∇p(x) +BT (x)∇z
q(x) · ∇T (x) = D∇2T (x).
(3.2.1)
Anche qui tutto e adimensionalizzato.
Il nostro obbiettivo sarebbe trovare una soluzione a questo sistema che soddisfi le
seguenti condizioni al contorno:
qz(x, y, 0) = qz(x, y, L) = 0 T (x, y, 0) = TL T (x, y, L) = TL −∆T . (3.2.2)
Possiamo immaginarci che T (x, y, 0) sia fissata ma come scegliamo T (x, y, L)?
16
Figura 3.2.2: Profilo di temperatura di una zona di mezzo poroso dove sono presenti moti convettivi sovrastata
da una impermeabile.
Intuitivamente ci aspetteremmo che il flusso di calore attraverso superfici orizzontali
a diversa profondita sia in media costante, anche al variare della permeabilita del
mezzo. Ci aspettiamo che nella zona dove il gradiente geotermico e “piccolo” i
moti convettivi partecipino insieme alla conduzione termica al trasporto di un flusso
di calore “effettivo”, mentre nella zona superiore, dove il gradiente geotermico e
maggiore, i moti convettivi non siano piu presenti e tutto il calore sia trasportato
per via conduttiva. In questo passaggio una quantita e conservata. Mostriamolo.
Per cominciare definiamo quest’operazione di media:
〈f(x, y, z)〉S ≡1
S
∫S
dxdyf(x, y, z) . (3.2.3)
Qui f(x, y, z) e una qualunque funzione ed S e una superficie orizzontale, sara ab-
bastanza grande da comprendere tutto il range considerato.
Dall’ultima delle (3.2.1) e possibile estrarre una quantita costante per ogni q. Essa
sara proprio il flusso di calore verticale medio: definiamo
J = −〈λ〉∇T + ρwcwTq, (3.2.4)
oppure in forma adimensionale
J = −D∇T + T q . (3.2.5)
Facendo la divergenza della (3.2.5) ed utilizzando la prima delle (3.2.1) ci accorgiamo
che l’ultima delle (3.2.1) e equivalente a
∇ · J = 0. (3.2.6)
Per motivi di simmetria 〈Jx,y〉S = 0 e dunque anche 〈∂xJx〉S = 〈∂yJy〉S = 0. Da
questo e dalla precedente equazione:
∂
∂z〈Jz〉S = 0. (3.2.7)
17
Visto che la media (3.2.3) e un’integrale in dx e dy, 〈Jz〉S dipende solo da z. Abbiamo
trovato la quantita che si conserva al variare della profondita. In assenza di moti
convettivi essa diventa la legge di Fourier per il flusso di calore:
〈Jz(x, y, z)〉S = −〈λ〉 ∂z〈T (x, y, z)〉S = −〈λ〉 ∂zT (z) . (3.2.8)
Nell’ultimo passaggio, consci della terza condizione al contorno delle (3.2.2) e della
simmetria del problema, abbiamo supposto che nella parte conduttiva sovrastante la
zona di figura 3.1.1 sia T (x, y, z) = T (z). Possiamo dunque pensare che 〈Jz〉S(z) sia
il flusso di calore verticale medio passante per una superficie orizzontale a quota z
e che ∆T sia collegato al flusso di calore verticale medio: con riferimento alla figura
3.2.2,
〈Jz〉S = 〈λ〉TL −∆T − T0
H≡ 〈λ〉η′. (3.2.9)
Qui η′ e il gradiente geotermico della zona conduttiva.
Passando adesso al caso convettivo, nella (3.2.5) la parte di calore trasportata dai
moti convettivi e non lineare nelle variabili portata specifica e temperatura e dunque,
come avevamo anticipato, la cella convettiva usata nell’approssimazione di Rayleigh-
Benard non portera, al prim’ordine, nessun aumento di flusso di calore verticale
medio. Mostriamolo esplicitamente.
Utilizzando le (3.1.9), le (3.1.12) e la (3.2.5) proviamo a calcolarci il flusso di calore
verticale medio nel caso di Rayleigh-Benard:
〈Jz(x, y, z)〉S = −D〈∂zT 〉S + 〈qzT 〉S =
= −D∂z〈1− z + θj sin(jπz)eiξ·r〉S +
+qz,j〈sin(jπz)eiξ·r(1− z)〉S + o(q · ∇θ)= −D∂z[1− z + θj sin(jπz)〈eiξ·r〉S] +
+qz,j sin(jπz)〈eiξ·r〉S(1− z) + o(q · ∇θ)= D + o(q · ∇θ), (3.2.10)
oppure in forma dimensionale:
〈Jz〉S = 〈λ〉∆TL. (3.2.11)
Come annunciato, al prim’ordine non c’e aumento di flusso di calore: sopravvive
soltanto il termine diffusivo. Cio non sorprende perche ogni cella convettiva ha un
modo in ascesa e uno in discesa che globalmente si compensano.
Per motivi di simmetria singolarmente qz e T avranno sempre media orizzontale nulla
18
(abbiamo scelto una fascia di materiale poroso infinitamente estesa in orizzontale),
e dunque necessario considerare la struttura non lineare del termine q · ∇T .
In conclusione non possiamo ottenere un flusso di calore che sia molto diverso da
quello conduttivo semplicemente perturbando la soluzione conduttiva. Dobbiamo
seguire un’altra strada.
3.2.2 Moti convettivi verticali.
In questo paragrafo troveremo una soluzione esatta alle equazioni (3.2.1) con la con-
dizione aggiuntiva di moti convettivi esclusivamente verticali. Essa fa le veci di una
condizione al contorno. La soluzione trovata ha il pregio aggiuntivo di permettere
un gradiente geotermico costante. Mostreremo inoltre come essa possa permettere
la conservazione del flusso di calore verticale e come possa essere utilizzata per dare
una stima dei parametri del problema, in particolar modo della permeabilita e della
variazione del profilo idrostatico di pressione dovuta alla presenza di moti convettivi.
Una soluzione del sistema (3.2.1) che rispetti la nostra richiesta e:
qx = 0
qy = 0
qz = BT2 cos(ξ · r)T = T1 − ηz + T2 cos(ξ · r)p = p1 + B
A(T1z − 1
2ηz2)
ξ2 = ηB
D,
(3.2.12)
dove T1, T2, η e p1 sono costanti ancora da determinare mentre ξ e un qualunque
vettore di modulo fissato. Questa soluzione descrive un serbatoio geotermico in cui
l’acqua si separa in “colonne” d’acqua calda ascendente e altre adiacenti di acqua
fredda discendente. Abbiamo scelto l’origine degli assi orizzontali in corrispondenza
del centro di una colonna d’acqua calda (cos(0) = 1). Chiaramente una soluzione
cosı semplice non rispetta piu le condizioni al contorno (3.2.2) ma ha il duplice
vantaggio di avere l’andamento verticale della temperatura rettilineo e il flusso di
calore verticale medio portato dai moti convettivi diverso da zero:
〈Jz(x, y, z)〉S = −D〈∂z T 〉S + 〈T qz〉S =
= ηD +BT2(T1 − ηz)〈cos(ξ · r)〉S +BT 22 〈cos2(ξ · r)〉S =
= ηD +1
2BT 2
2 , (3.2.13)
19
oppure in forma dimensionale
〈Jz〉S = 〈λ〉(η +kmT
22
2C1
) , (3.2.14)
dove η e il gradiente geotermico nella zona dove vale la (3.2.12) mentre T2 e l’am-
piezza d’oscillazione orizzontale della temperatura nella stessa zona. Si nota come,
rispetto alla (3.2.10), sopravviva un termine in piu. Esso e il calore che, a causa
dell’interferenza tra “onde termiche” e “onde convettive”, in media viene trasporta-
to dai moti convettivi dal basso verso l’alto. Coerentemente, se T2 tende a zero (e
dunque va a zero l’ampiezza d’oscillazione della temperatura) si ritrova la soluzione
conduttiva (3.1.8). Da notare come in questa soluzione la pressione in presenza o in
assenza di moti convettivi rimanga la stessa. Questo sostanzialmente significa che
l’idrostatica e modificata solo a causa della variazione di “peso” dell’acqua dovuta
all’espansione termica, in presenza o in assenza di moti convettivi: con le ipotesi
di questo paragrafo i moti convettivi verticali non influenzano il profilo di
pressione. Adesso occupiamoci delle condizioni al contorno.
La soluzione (3.2.12) per z = 0 e z = 1 e in contraddizione con le condizioni al
contorno (3.2.2), infatti:
qz(x, y, 0) = qz(x, y, L) =ρwgβkmµw
T2 cos(ξ · r)
T (x, y, 0) = T1 + T2 cos(ξ · r) (3.2.15)
T (x, y, L) = T1 − ηL+ T2 cos(ξ · r) .
Sotto questo punto di vista per dare un senso alla soluzione (3.2.12) siamo costretti
ad ammettere che essa potra essere valida soltanto in una fascia tra z = z0 > 0
e z = z1 < 1: supponiamo che la zona convettiva rappresentata in figura 3.1.1 ne
contenga una in cui vale qx,y � qz. In questa zona varra la (3.2.12): e possibile
dimostrare che la (3.2.12) e l’unica soluzione del sistema (3.2.1) (se non vogliamo
considerare quella in cui qz = costante) che ammetta moti convettivi esclusivamente
verticali.
Osservando la figura 3.2.1a siamo stati portati istintivamente a visualizzare il profilo
di temperatura come una spezzata di rette con derivata discontinua. Questa inter-
pretazione e fuorviante: non e possibile che, man mano che i moti convettivi verticali
vanno a zero (le condizioni al contorno (3.2.2) selezionano z = 0 e z = 1 come quei
due piani dove i moti convettivi verticali non devono piu avere luogo), la tempera-
tura mantenga la stessa derivata verticale: 〈Jz〉S = −D∂z〈T 〉S + 〈Tqz〉S = costante,
20
Figura 3.2.3: Profilo di temperatura ideale in presenza di una zona di mezzo poroso dove sono presenti moti
convettivi stretta tra due zone dove non lo sono.
dunque se qz diminuisce ∂z〈T 〉S deve aumentare. Il profilo di temperatura presumi-
bilmente assomigliera a quello di figura 3.2.3: nelle zone conduttive varra la soluzione
(3.1.8) con una ∂zT = η′ “grande”; nella zona convettiva varra la soluzione (3.2.12)
con una ∂zT = η “piccola”; mentre quelle che noi abbiamo chiamato zone di ri-
mescolamento sono due “cuscinetti”, identici per simmetria, dove le condizioni al
contorno (3.2.15) hanno il tempo di diventare le (3.2.2). In queste ultime due zone
non sara piu valida l’approssimazione qx,y � qz.
Avvalendoci della (3.2.7) ed utilizzando la (3.2.9) e la (3.2.14) siamo pero capaci di
connettere la zona convettiva con quella conduttiva:
η′ = η +kmT
22
2C1
; (3.2.16)
inoltre dall’ultima delle (3.2.12) abbiamo, in forma dimensionale,
ηkm = C1ξ2 . (3.2.17)
Qui C1 e il gruppo definito nella 3.1.22.
Come utilizzare queste espressioni? Se ipotizziamo saper misurare η, η′, ∆T e L i
parametri liberi del problema sono:
Ra , km , ξ , T2 , w. (3.2.18)
Grazie alla (3.1.21) i primi due sono equivalenti mentre l’ultimo e equivalente agli
altri in virtu della prima delle (3.2.15). Abbiamo dunque tre parametri liberi e solo
queste due ultime equazioni. Questo problema e figlio dell’essersi posti “lontano”
21
dai contorni del problema cosı da non poterne trarre informazione. In questo modo il
periodo e l’ampiezza d’oscillazione delle onde termiche e convettive ci rimane ignoto
e per completare il problema abbiamo bisogno di misurare uno di questi due.
Qualitativamente pero possiamo affermare che il periodo e l’ampiezza di oscillazione
delle onde termiche e convettive va come k− 1
2m .
3.2.3 Un esempio basato su un esperimento numerico.
Andiamo ad applicare la soluzione trovata. Per verificare la sua affidabilita provia-
mo ad utilizzare i risultati ottenuti, prima che sulla figura 3.2.1a, su un esperimento
numerico trovato in [1] ed eseguito con il programma Tough2. Esso si propone il
problema dei moti convettivi in un serbatoio geotermico non omogeneo. Alla fine
del paragrafo confronteremo i risultati ottenuti con i due differenti approcci verifi-
cando come la nostra soluzione, anche se trovata solo nel caso di mezzo omogeneo ed
isotropo, riesca a prevedere gli ordini di grandezza delle quantita incognite. Viene
Figura 3.2.4: L’acquifero considerato da Irene Pestov ed il campo di velocita del fluido ottenuto con Tough2.
preso in considerazione uno strato di materiale poroso non omogeneo: la permeabi-
lita dell’acquifero e 500md tranne che in una zona posta a meta altezza, all’interno
dell’acquifero stesso, dove la permeabilita e 0.001md. L’acquifero ha dimensioni
575m× 625m mentre la parte “impermeabile” interna 325m× 125m. La tempera-
tura dello strato impermeabile superiore e fissata a 36◦C mentre quella dello strato
22
inferiore a 60◦C. Gli altri dati sono:
ρw = ρ0 β = 5 ∗ 10−4 ◦C−1 µw = 5 ∗ 10−4 kg m−1 s−1
〈λ〉 = 2.68W m−1 ◦C−1 cw = 4100 J kg−1 ◦C−1 ⇒ C1 ' 6.5 ∗ 10−11m3 ◦C .
In realta nell’esperimento numerico e stata considerata anche la dipendenza dalla
temperatura di µw, noi abbiamo scelto un valore medio tra le temperature conside-
rate.
Figura 3.2.5: I profili rispettivamente di temperatura e pressione ottenuti per x = 12.5, 162, 262, 362, 462 e
612.5 metri.
Il risultato dell’esperimento e mostrato in figura 3.2.4 per il campo di velocita
q(x, z) e in figura 3.2.5 per T (x, z) e P (x, z). Il modulo di q e dell’ordine di
w ' 1.8 ∗ 10−8ms−1.
Proviamo adesso ad utilizzare la soluzione (3.2.12) per ricavarci km e w a partire dal
profilo di temperatura di figura 3.2.5a.
In figura 3.2.5 il gradiente geotermico dove i moti convettivi sono sostanzialmen-
te verticali (nella zona di media profondita) assume valori differenti al variare di
x: 0.014 < η < 0.022◦C m−1. Questo e dovuto al fatto che la permeabilita non e
costante. In media η ' 0.018◦C m−1. Per quel che riguarda invece la zona dove
i moti convettivi sono sostanzialmente orizzontali e dunque dove il flusso di calore
verticale e trasportato solo dalla conduzione abbiamo che 0.023 < η′ < 0.140◦C m−1;
in media η′ ' 0.081◦C m−1. utilizzando la (3.2.16) insieme al fatto che l’ampiezza
d’oscillazione della temperatura e T2 ' 7.5◦C, otteniamo: km ' 150md. Utilizzan-
do adesso la (3.2.17) otteniamo: ξ ' 6.4 ∗ 10−3m−1, cioe una larghezza orizzontale
della cella di 490m. Dalla conoscenza di km e dalla prima delle (3.2.15) l’ordine di
grandezza della portata specifica e w ' 1.1 ∗ 10−8ms−1. Infine dalla legge di Darcy
e possibile dare una stima della differenza tra pressione la pressione in presenza e in
23
assenza di moti convettivi:
∆Pcnv = Lcellaµwkm
w, (3.2.19)
dove Lcella ≡ πξ. Nel nostro caso il risultato e ∆Pcnv ' 0.18 atm; ecco perche in
figura 3.2.5b la pressione e molto simile a quella idrostatica.
Riassumendo, con il nostro metodo medio abbiamo trovato:
• una larghezza orizzontale della cella di 490m anziche 625m,
• una portata specifica dei moti convettivi di 1.1 ∗ 10−8ms−1 anziche 1.8 ∗10−8ms−1,
• una permeabilita media del mezzo poroso di 150md. Facendo la media della
permeabilita della striscia di mezzo poroso posta a meta dell’acquifero pesata
con la superficie occupata, troveremmo km ' 200md.
• uno scarto di pressione dovuto ai moti convettivi di 0.18 atm anziche 0.11 atm.
3.2.4 Interpretazione di profili geotermici in presenza di
moti convettivi.
Passiamo a considerare il caso reale: proviamo a interpretare la figura 3.2.1a tramite
i risultati ottenuti sin qui. Questo ci permettera di dare una stima di due tra que-
sti tre parametri: le dimensioni della cella convettiva, la permeabilita e il numero
di Rayleigh; il terzo parametro andrebbe misurato. Inoltre troveremo l’ampiezza
d’oscillazione di cui la temperatura necessita per poter trasportare il calore verso
l’alto tramite convezione e l’ordine di grandezza della portata specifica. Quest’ul-
timo risultato ci permettera in particolare di stimare il contributo della convezione
alla pressione tramite la legge di Darcy, oltre che trovare il tempo caratteristico dei
moti in questione.
Con riferimento alla figura 3.2.1a, a partire dalla superficie chiameremo “primo ser-
batoio” la prima zona con gradiente geotermico quasi costante e “secondo serbatoio”
la seconda, piu profonda.
Abbiamo applicato la soluzione (3.2.12) ad un caso in cui il mezzo poroso non e
omogeneo ed abbiamo ottenuto gli ordini di grandezza corretti, applichiamo dunque
le (3.2.16) e (3.2.17) anche alla figura 3.2.5a. Riportiamo i dati ricavati dalla zona
convettiva piu vicina alla superficie di figura 3.2.1a, il primo serbatoio, ed i risultati
ottenuti in tabella 3.2.1. L’ultimo risultato e lo scarto tra la pressione e la pres-
sione idrostatica calcolato, come nel paragrafo precedente, a partire dalla portata
24
(a): km = 100md (b): Ra = 40 (c): Ra = 160
Ra ' 610 km ' 6.6md km ' 26md
Lcella ' 185m Lcella ' 720m Lcella ' 360m
T2 ' 4.2◦C T2 ' 16◦C T2 ' 8.2◦C
w ' 3.6 ∗ 10−8ms−1 w ' 9.0 ∗ 10−9ms−1 w ' 1.8 ∗ 10−8ms−1
∆Pcnv ' 0.067 atm ∆Pcnv ' 0.98 atm ∆Pcnv ' 0.25 atm
Tabella 3.2.1: I risultati ottenuti applicando le (3.2.16), (3.2.17) e (3.2.19) alla figura 3.2.1a, primo serbatoio,
dalla quale abbiamo estratto η ' 0.019◦Cm−1 e η′ ' 0.15◦Cm−1. Nella parte (a) abbiamo utilizzato il dato medio
fornitoci da ENEL, nelle parti (b) e (c) abbiamo supposto che solo il primo modo convettivo di Rayleigh fosse attivo:
sia j = 1, Ra minimo nella parte (b) e Ra massimo nella parte (c) (vedi figura 3.1.2).
Per collegare Ra e km abbiamo utilizzato la (3.1.19) con ∆T ' 40◦C ed L ' 1000m.
specifica tramite la legge di Darcy. In tutti e tre i casi esso e trascurabile, questo
ci fa pensare che in presenza dei soli moti convettivi, anche se non esclusivamente
verticali, il profilo di pressione sia in ottimo accordo con quello idrostatico, riportato
graficamente in figura 3.2.1a. Da notare inoltre che l’andamento di Lcella con Ra e
in accordo con la (3.1.18) e con la figura 3.1.2: all’aumentare di Ra possono nascere
nuovi modi con j via via piu grande e dunque con Lcella ' L/j sempre piu piccolo;
le parti (b) e (c) di tabella 3.2.1 riportano i risultati ottenuti supponendo che solo
il primo modo sia attivo†.
Riproviamo in tabella 3.2.2 a fare la stessa cosa per il tratto convettivo di figura
3.2.1a piu profondo, il secondo serbatoio.
(a): km = 40md (b): Ra = 40 (c): Ra = 160
Ra ' 550 km ' 2.9md km ' 12md
Lcella ' 285m Lcella ' 1100m Lcella ' 550m
T2 ' 6.5◦C T2 ' 24◦C T2 ' 12◦C
w ' 2.2 ∗ 10−8ms−1 w ' 5.9 ∗ 10−9ms−1 w ' 1.2 ∗ 10−8ms−1
∆Pcnv ' 0.16 atm ∆Pcnv ' 2.2 atm ∆Pcnv ' 0.56 atm
Tabella 3.2.2: I risultati ottenuti applicando le (3.2.16), (3.2.17) e (3.2.19) alla figura 3.2.1a, secondo serbatoio,
dalla quale abbiamo estratto η ' 0.020◦Cm−1 e η′ ' 0.15◦Cm−1. Nella parte (a) abbiamo utilizzato il dato medio
fornitoci da ENEL, nelle parti (b) e (c) abbiamo supposto che solo il primo modo convettivo di Rayleigh fosse attivo:
sia j = 1, Ra minimo nella parte (b) e Ra massimo nella parte (c).
Per collegare Ra e km abbiamo utilizzato la (3.1.19) con ∆T ' 60◦C ed L ' 1500m.
In tutti i casi notiamo che l’influenza dei moti convettivi sulla pressione e trascura-
bile: nel seguito non considereremo questo effetto.
Dalle tabelle 3.2.1 e 3.2.2 e finalmente possibile stimare l’ordine di grandezza di
w. Esso non varia molto, anche al variare dei dati: w ' 10−8ms−1. Il tempo
caratteristico dei moti convettivi e dunque tcnv = Lcellaw' 1000 y.
†Questo equivale ed affermare che tra z = 0 e z = L ci sia una sola colonna di celle convettive:
j non e nient’altro che il numero di celle convettive che si formano in una colonna.
25
Capitolo 4
Una ipotesi di campo geotermico
ad acqua guidato dall’espansione
termica.
In questo capitolo esamineremo una situazione ipotetica in cui l’unico fluido presente
nel campo geotermico e acqua liquida. Mostreremo come la sua risalita attraverso
il pozzo possa essere attribuita solo alla differenza di densita dell’acqua in uscita e
dell’acqua di alimentazione†. L’idea e che per poter estrarre il fluido, la pressione nel
centro del serbatoio deve essere minore di quella idrostatica presente ai bordi del-
lo stesso. L’espansione termica puo causare questa differenza di pressione: l’acqua
risale il pozzo piu velocemente di quanto non faccia per arrivarci e dunque, avendo
meno tempo per raffreddarsi, sara piu calda e piu leggera.
Con riferimento alla figura 4.0.1 in questo paragrafo adotteremo le seguenti ipotesi.
Considereremo il tetto del serbatoio impermeabile e a quota costante; assumeremo
che il campo geotermico sia alimentato dall’esterno e dunque che l’acqua provenga
soltanto dai bordi del serbatoio e si diriga solo verso il suo centro. Assumeremo
anche che la pressione ai bordi del serbatoio non venga influenzata dalla presenza
di un flusso verso l’interno e che il pozzo in questione non venga condizionato dalla
presenza di altri pozzi. Considereremo soltanto lo stato stazionario. Assumeremo
come costanti la permeabilita, i gradienti geotermici, lo spessore del serbatoio, il
raggio del pozzo e il coefficiente di scambio termico del tubo.
Considereremo solo la presenza di acqua pura allo stato liquido.
Sotto queste ipotesi solo l’espansione termica puo essere causa della risalita dell’ac-
†Vedremo pero che questa ipotesi non si adatta ai bacini geotermici toscani.
26
Figura 4.0.1: Modello del serbatoio geotermico.
qua attraverso il tubo.
In primo luogo affronteremo il problema del raffreddamento dell’acqua in risalita e
troveremo la differenza di pressione tra il centro ed i bordi del serbatoio; seconda-
riamente affronteremo la questione della perdita di pressione dovuta all’attrito con
le pareti del pozzo; poi valuteremo la pressione perduta dall’acqua nel percorso dai
bordi al centro del serbatoio a causa della permeabilita; infine, richiedendo che la
potenza cinetica del fluido estratto sia massima, sara possibile trovare la portata, la
pressione e la temperatura dell’acqua a bocca pozzo.
Nella costruzione del lavoro questo capitolo ci e stato utile per comprendere come
affrontare un problema che, inizialmente, appariva troppo complesso. La presenza
di tutte le ipotesi sopraelencate fa sı che i risultati ottenuti vadano interpretati come
risposte di un modello semplice ed utilizzate per comprendere la strada da seguire.
Nei capitoli successivi affronteremo in maniera piu precisa il problema della risalita
di un fluido geotermico attraverso il tubo e del moto e dell’alimentazione dell’acqua
nel serbatoio. Troveremo dei risultati che, se le condizioni termodinamiche del fluido
e morfologiche del serbatoio lo permettono, sono in buon accordo con quelli ottenuti
27
col modello che ci apprestiamo a costruire.
4.1 La perdita di calore durante la risalita del
pozzo.
Supponiamo che il tubo sia rivestito di uno strato di cemento con conducibilita
termica λt e spessore σ � R ed imponiamo una condizione di perdita di calore
lineare. Sotto queste condizioni il coefficiente di scambio termico del rivestimento
del tubo e h ' λtσ
come nel caso di una parete piana.
Consideriamo adesso un disco di fluido a quota z rispetto al serbatoio geotermico di
spessore infinitesimo che risale il tubo in modo che la portata sia m. Supponiamo
che la parte di calore che esso scambia con il fluido adiacente sia trascurabile rispetto
a quella che scambia con le pareti del tubo† e che la conducibilita termica dell’acqua
turbolenta sia molto maggiore di h, allora (vedi ad esempio [10])
mcwT′t(z) = −2πRh(Tt(z)− Ta(z)) , (4.1.1)
dove Tt e la temperatura del fluido nel tubo mentre Ta e quella negli immediati
dintorni del pozzo. La soluzione di quest’equazione differenziale e:
Tt(z) = TR e− z`1 +
1
`1
∫ z
0
e− z−ζ
`1 Ta(ζ)dζ , (4.1.2)
con
`1 ≡cw
2πRhm .
Supponendo che la risalita d’acqua calda attraverso il pozzo non alteri la temperatura
del campo geotermico nei dintorni dello stesso possiamo utilizzare per Ta(z) il profilo
di temperatura riportato in figure 3.2.1a e 4.1.1. Visto che i gradienti geotermici nelle
zone convettive sono molto minori di quelli nelle zone conduttive, in questo capitolo
considereremo la temperatura del primo e del secondo serbatoio come costante.
Chiameremo TI la temperatura del primo serbatoio mentre TII quella del secondo.
Supponiamo adesso di avere un pozzo che pesca acqua dal serbatoio profondo, il
secondo. Dalla (4.1.2) si vede che se Ta = TII = TR = costante anche Tt = TII =
costante, dunque anche se scavassimo un pozzo a 3000m di profondita fino a quando
non arriviamo a circa 1800m la temperatura nel tubo si manterra uguale a quella
esterna. Associamo dunque a z = 0 la profondita del tetto del secondo serbatoio.
†In sostanza stiamo trascurando la conduzione verticale rispetto alla convezione.
28
Nel tratto che va da z = 0 fino alla base del primo serbatoio (z = z1), Ta(z) =
TII − ηaz. In questo caso allora (usa la (4.1.2)):
Tt(z) = TII + ηa`1 − ηaz − ηa`1e− z`1 . (4.1.3)
Arrivata al primo serbatoio geotermico ancora una volta l’acqua nel pozzo si trovera
circondata da una temperatura costante. Sia z2 la profondita del tetto del primo
serbatoio e T1 la temperatura raggiunta dal fluido in z = z1, allora
Tt(z) = T1e− z−z1
`1 + TI(1− e−z−z1`1 ) . (4.1.4)
Sia infine z3 la quota della superficie rispetto al tetto del secondo serbatoio, T2 la
temperatura raggiunta dal fluido in z = z2 e Ta(z) = TI − ηaz la temperatura nei
dintorni del pozzo nell’ultimo tratto. Dunque qui la temperatura del fluido sara
Tt(z) = TI + ηa`1 − ηa(z − z2) + (T2 − TI − ηa`1)e− z−z2
`1 . (4.1.5)
Riassumendo, fissando la temperatura nei dintorni del tubo:
Ta(z) = TII se z ≤ 0
Ta(z) = TII − ηaz se 0 < z ≤ z1
Ta(z) = TI se z1 < z ≤ z2
Ta(z) = TI − ηa(z − z2) se z2 < z < z3
Ta(z) = T0 se z = z3 ,
(4.1.6)
avremo T (z) = TII nel secondo serbatoio (z ≤ 0) mentre:
Tt(z) = TII + ηa`1 − ηaz − ηa`1e− z`1 se 0 < z < z1
T1 = TII + ηa`1 − ηaz1 − ηa`1e− z1`1 se z = z1
Tt(z) = T1e− z−z1
`1 + TI(1− e−z−z1`1 ) se z1 < z < z2
T2 = T1e− z2−z1
`1 + TI(1− e−z2−z1`1 ) se z = z2
Tt(z) = TI + ηa`1 − ηa(z − z2) + (T2 − TI − ηa`1)e− z−z2
`1 se z2 < z < z3
T3 = Te = TI + ηa`1 − ηa(z3 − z2) + (T2 − TI − ηa`1)e− z3−z2
`1 se z = z3 .
(4.1.7)
Possiamo qui notare come lim`1→∞
Tt(z) = TII e invece lim`1→0+
Tt(z) = Ta(z). Questo
rispecchia quello che fisicamente ci aspetteremmo: se la portata aumenta o equi-
valentemente la conducibilita diminuisce allora la temperatura nel tubo tendera ad
essere costante, viceversa essa tendera alla temperatura esterna.
In figura 4.1.1 riportiamo un possibile profilo di temperatura lungo il tubo ot-
29
Figura 4.1.1: Rispettivamente Tt(z) e Ta(z) con z1 = 1000m, z2 = 1800m, z3 = 2600m, TII = 315◦C,
TI = 150◦C, m = 10 kg s−1 ed R = 0.1m cosı da ottenere `1 ' 4830m. La figura a destra e ancora la figura 3.2.1a.
tenuto con la (4.1.7): qui abbiamo scelto `1 ' 4800m. In questa figura si nota
come l’andamento della temperatura non si discosti molto da uno rettilineo anche
se il profilo geotermico, nei dintorni del pozzo, non lo e affatto. Visto che in questo
paragrafo stiamo cercando di discutere qualitativamente il problema potremmo, per
semplicita, assumere che tutti i profili di temperatura siano lineari. Vediamo come
eseguire questa approssimazione.
Scegliamo dunque che le temperature dipendano linearmente dalla profondita:
Tt(z) = Ts − ηtz, Ta(z) = Ts − ηaz, (4.1.8)
dove z varia tra 0 a fondo pozzo e ` a bocca pozzo.
Il flusso di calore dall’interno del pozzo verso l’esterno sara:
q = h(Tt − Ta) = h(ηa − ηt)z, (4.1.9)
dunque il calore perso durante la risalita sara:
Qlost =
∫S
q · dS = 2πRh(ηa − ηt)∫ `
0
zdz = πRh(ηa − ηt)`2. (4.1.10)
Utilizzando la (4.1.8) in z = ` si ottiene
(ηa − ηt)` = Tt(z = `)− Ta(z = `) ≡ (Te − T0). (4.1.11)
Sostituiamo questo risultato nella (4.1.10) per giungere a:
Qlost = πRh(Te − T0)`. (4.1.12)
30
La conservazione dell’energia durante la risalita dell’acqua attraverso il tubo prende
la forma
mcw(Ts − Te) = πRh(Te − T0)` (4.1.13)
che ci porta a ricavare la temperatura di uscita dell’acqua:
Te − T0 =Ts − T0
1 + `2`1
. (4.1.14)
Da questo risultato e facile ricavare anche il gradiente termico all’interno del tubo:
ηt =Ts − Te
`=Ts − T0
`+ 2`1
. (4.1.15)
In figura 4.1.2 si puo osservare il comportamento dell’approssimazione; essa risulta
essere qualitativamente accettabile.
Infine quando e possibile considerare `1 � `2
possiamo ulteriormente semplificare la
(4.1.14) e cosı scrivere:
Te − T0 ' (Ts − T0)(1− `
2`1
) . (4.1.16)
4.2 Le pressioni idrostatiche.
Cominciamo col calcolare la pressione idrostatica ai bordi del serbatoio, dove cioe il
gradiente geotermico e quello standard e dunque la temperatura puo essere scritta
T (z) = T0 + η0z: in questo paragrafo metteremo in z = 0 la superficie e in z = ` il
serbatoio. Considerando l’espansione termica dell’acqua abbiamo:
ρ(z) = ρ0(1− β(T (z)− T0)) = ρ0(1− βη0z) (4.2.1)
Pis,b = P0 + ρ0g
∫ `
0
(1− βη0z)dz = P0 + ρ0g`(1−1
2βη0`). (4.2.2)
Adesso passiamo al centro del serbatoio e concentriamoci sul tubo. Quanto pesa la
colonna d’acqua in risalita? Analogamente al caso precedente:
ρ(z) = ρe(1− β(T (z)− Te)) = ρe(1− βηtz) (4.2.3)
Pis,R = P0 + ρeg
∫ `
0
(1− βηtz)dz = P0 + ρeg`(1−1
2βηt`), (4.2.4)
dunque la differenza di pressione idrostatica tra il centro ed i bordi del serbatoio
sara, al prim’ordine in β†:
PM ≡ Pis,b − Pis,R = ρwg`β((Te − T0) +1
2(ηt − η0)`) (4.2.5)
†Per vederlo dobbiamo riscrivere ρ0 = ρw(1 − β(T0 − 〈T 〉)) e ρe = ρw(1 − β(Te − 〈T 〉)), dove
〈T 〉 e la temperatura per cui ρ = ρw.
31
Figura 4.1.2: Tt(z) trovato in (4.1.7) a confronto con quello lineare ricavabile dalla (4.1.15). Rispettivamente
abbiamo posto `1 ' 23000m, `1 ' 4700m, `1 ' 870m `1 ' 87m.
oppure
PM = ρwg`β[1
2(Te − T0) +
1
2(Ts − Tb)], (4.2.6)
dove PM e la pressione che chiameremo “pressione motore”. Ecco che dunque la
sola espansione termica e capace di generare una differenza di pressioni idrostatiche
tra il centro e i bordi del serbatoio. Questa differenza e causata dalla differente
temperatura dell’acqua affiorante e dai differenti gradienti geotermici.
Per rendere esplicita la dipendenza della pressione motore dalla portata sostituiamo
32
nell’ultima espressione la (4.1.16):
PM = ρwg`β[1
2(Ts − T0) +
1
2(Ts − Tb)]−
1
2ρwg`β(Ts − T0)
`
2`1
≡ P∞ −Λ
m, (4.2.7)
dove
P∞ ≡ ρwg`β[Ts −1
2(Tb + T0)], (4.2.8)
Λ ≡ πρwgRhβ(Ts − T0)`2
2cw. (4.2.9)
Chiaramente la pressione motore e proporzionale all’espansione termica.
P∞ e la pressione motore che si avrebbe se la portata tendesse a infinito, ovvero se
non ci fossero perdite di calore lungo il tubo.
Allo scopo di ricavare la pressione di uscita cerchiamo adesso di valutare le cadute
di pressione lungo il percorso dell’acqua dai bordi del serbatoio fino al suo centro e
poi, attraverso il tubo, alla superficie.
4.3 La caduta di pressione lungo la risalita del
tubo.
Il numero di Reynolds nel tubo con i dati utilizzati nella tabella 4.5.1a e:
Re =2m
πRµw' 106 � 4000 (4.3.1)
dunque il moto durante la risalita e decisamente turbolento. L’equazione per la
perdita di carico che viene utilizzata in questo caso e (vedi per esempio [6] o [10]):
∆Pf = fm2`
4π2R5ρw. (4.3.2)
Essa dipende terribilmente dalla misura del raggio del tubo, con i dati di pagina iii e
con R = 0.1m, m = 10 kg s−1 , ` = 2 km , e dell’ordine dell’atm ma anche soltanto
dimezzando il raggio la perdita di carico dovuta al fattore di attrito aumenterebbe
di 32 volte. In questo capitolo non considereremo questo termine.
4.4 La caduta di pressione dovuta alla permeabi-
lita del serbatoio.
A causa della conservazione della massa, lungo il percorso dai bordi fino al centro
del serbatoio la portata rimane costante dunque, utilizzando la simmetria cilindrica
33
del problema
m = 2πrρwq(r)s = cost. (4.4.1)
r e la coordinata radiale del serbatoio e q(r) e la portata specifica.
Con queste ipotesi ed utilizzando la legge di Darcy q(r) = ksµw
dPdr
otteniamo:
dPsdr
=mµw
2πrρwkss(4.4.2)
dove Ps(r) e la pressione all’interno del serbatoio. Con una semplice integrazione
otteniamo la caduta di pressione tra i bordi ed il centro del serbatoio:
∆Pk ≡ Pb − PR =mµw
2πρwksslog(
b
R). (4.4.3)
Rendiamo anche qui esplicita la dipendenza dalla portata definendo
∆Pk = Φm, (4.4.4)
Φ ≡µw log( b
R)
2πρwkss. (4.4.5)
4.5 Massimizzazione della potenza cinetica di usci-
ta.
Immaginiamo di essere a bocca pozzo e di avere il controllo del bocchettone di
apertura del tubo. Vi sara una configurazione portata-pressione che massimizza la
potenza cinetica di uscita del fluido. Essa dipendera da tutto il percorso fatto dal-
l’acqua: visto che adesso abbiamo a disposizione tutti i pezzi di questo piccolo puzzle
vediamo di metterli insieme per trovare la configurazione cinetica piu efficiente.
La potenza cinetica di un fluido e il prodotto tra la sua pressione e la sua portata
di volume:
We = PeQe = Pem
ρe. (4.5.1)
Se, come abbiamo ipotizzato, l’unica perdita di pressione e ∆Pk, la pressione di
uscita sara
Pe = PM −∆Pk (4.5.2)
e dunque, utilizzando la (4.2.7) e la (4.4.4)
W =1
ρe(P∞m− Λ− Φm2), (4.5.3)
34
Dati (a) Risultati Dati (b) Risultati
R = 0.1m m2 ' 2.1 kg s−1 R = 0.1m m2 ' 3.2 kg s−1
` = 2 ∗ 103 m P∞ ' 42 atm ` = 3 ∗ 103 m P∞ ' 70 atm
b = 104 m Λ ' 51 atm kg s−1 b = 104 m Λ ' 130 atm kg s−1
s = 30m Φ ' 1.8 atm s kg−1 s = 30m Φ ' 1.8 atm s kg−1
Ts = 300 ◦C m ' 12kg s−1 Ts = 340 ◦C m ' 20kg s−1
Tb = 80 ◦C Pe ' 17atm Tb = 110 ◦C Pe ' 28atm
ks = 4 ∗ 10−14 m2 Te ' 250 ◦C ks = 4 ∗ 10−14 m2 Te ' 290 ◦C
Qlost ' 2.2 ∗ 106 W Qlost ' 3.8 ∗ 106 W
Tabella 4.5.1: Serbatoio a −2000 e −3000 metri nel caso in cui η0 = 0.03 ◦C m−1.
Dati (a) Risultati Dati (b) Risultati
R = 0.1m m2 ' 2.1 kg s−1 R = 0.1m m2 ' 3.2 kg s−1
` = 2 ∗ 103 m P∞ ' 36 atm ` = 3 ∗ 103 m P∞ ' 59 atm
b = 104 m Λ ' 51 atm kg s−1 b = 104 m Λ ' 130 atm kg s−1
s = 30m Φ ' 1.8 atm s kg−1 s = 30m Φ ' 1.8 atm s kg−1
Ts = 300 ◦C m ' 9.9kg s−1 Ts = 340 ◦C m ' 16kg s−1
Tb = 160 ◦C Pe ' 13atm Tb = 200 ◦C Pe ' 21atm
ks = 4 ∗ 10−14 m2 Te ' 240 ◦C ks = 4 ∗ 10−14 m2 Te ' 280 ◦C
Qlost ' 2.1 ∗ 106 W Qlost ' 3.6 ∗ 106 W
Tabella 4.5.2: Serbatoio a −2000 e −3000 metri con i dati dell’Amiata.
massima per
m =P∞2Φ
.
Avendo la portata e immediato ricavarsi le altre quantita: la perdita di pressione
all’interno del serbatoio (4.4.4), la pressione d’uscita (4.5.2), la temperatura d’uscita
(4.1.16) ed il calore perso lungo il tubo (4.1.12).
E possibile valutare la bonta dell’approssimazione `1 � `2
fatta nel passaggio da
(4.1.14) a (4.1.16) in figura 4.5.1.
Figura 4.5.1: La pressione motore, la pressione di uscita e la potenza cinetica in uscita con l’approssimazione
`1 � ` (linea tratteggiata) e non (linea continua), in funzione della portata. Si sono utilizzati i dati della tabella
4.5.1a.
35
In conclusione, usando m = P∞2Φ
, abbiamo trovato che la portata estraibile da
un serbatoio geotermico concettualmente simile a quello rappresentato in figura
4.0.1, in presenza di sola acqua pura e guidato dalla sola espansione termica, sara
approssimativamente
m =πρwP∞
µw log( bR
)kss , (4.5.4)
fintanto che m � πRh`cw≡ m2 (⇔ `1 � `
2). Essa e proporzionale alla differenza di
pressione che ci sarebbe tra il centro ed i bordi del serbatoio in assenza di perdite
di calore ed anche alla permeabilita e allo spessore del serbatoio. Inoltre essa non
dipende dalle perdite di energia termica a patto che l’acqua risalga il tubo abbastanza
velocemente.
A titolo di esempio riportiamo in tabella 4.5.1 e 4.5.2 i risultati ottenibili con gli
strumenti e le approssimazioni utilizzati in questo paragrafo in una situazione simile
a quella riscontrabile sull’Amiata.
4.6 Non applicabilita di questo modello ai serba-
toi geotermici toscani.
Delle tabelle 4.5.1 e 4.5.2 notiamo che se tentiamo di massimizzare la potenza cineti-
ca di uscita, l’acqua arriva in superficie ad una temperatura cosı alta che le pressioni
di uscita non riescono a mantenerla liquida: gia a 240 ◦C per non far bollire l’acqua
ci vogliono pressioni superiori a 33 atm; noi non le raggiungiamo nemmeno nel mi-
gliore dei casi. Per evitare questo inconveniente dovremmo chiudere un po’ il pozzo
in modo da diminuire la portata e, con essa, la temperatura di uscita dal pozzo.
Questo non e energeticamente conveniente.
Effettivamente, come conferma ENEL, ne nel caso di Larderello ne in quello dell’A-
miata a bocca pozzo viene estratta solo acqua liquida.
Nel prossimo paragrafo considereremo la risalita dell’acqua che bolle.
Inoltre, se il pozzo viene chiuso e quindi la portata annullata, a Larderello (campo a
vapore) si misurano 50/60atm e al monte Amiata (campo ad acqua) addirittura non
si registra nessuna pressione. Quest’ultimo dato e in contraddizione con i risultati
ottenuti nel paragrafo precedente: a pozzo chiuso avremmo Te = T0 (niente piu
ebollizione) allora, secondo la (4.2.6) e con i dati della tabella 4.5.2b, troveremmo
PM ' 18 atm. Questa e la pressione motore che si dovrebbe venire a creare grazie
alla differenza tra il gradiente geotermico nel centro del serbatoio e quello ai suoi
bordi. Come dicevamo sopra questa pressione all’Amiata non viene misurata.
36
Cio significa che qualche nostra ipotesi non e applicabile a quel serbatoio. Cerchiamo
di trovarla:
• La presenza di sale potrebbe appesantire la colonna d’acqua in risalita. Essa e
stimata, nel monte Amiata, a circa 10g/l, la diminuzione di pressione a bocca
pozzo sarebbe dell’ordine delle 2 atm. Scartiamo il sale.
• I moti convettivi potrebbero generare un gradiente di pressione ma nel capitolo
3 abbiamo visto che il loro effetto e trascurabile.
• L’influenza degli altri pozzi potrebbe essere importante.
• Se l’acqua del serbatoio non provenisse da una zona in cui il gradiente geo-
termico e quello standard ma molto simile ad ηa, allora (vedi la (4.2.6)) PM
andrebbe a zero. Questo significherebbe che le acque di alimentazione pro-
vengono da zone nei pressi del pozzo (rispetto al gradiente termico orizzontale
alla profondita del serbatoio).
• Se l’acqua di alimentazione provenisse invece da zone dove il livello piezometri-
co e minore (basterebbero circa 200m) PM andrebbe a zero. Questo significhe-
rebbe, ad esempio nel caso dell’Amiata, che l’acqua proviene principalmente
dai bordi del campo geotermico.
Nel capitolo 6 rifletteremo su queste ultime due considerazioni.
37
Capitolo 5
La risalita turbolenta di acqua
pura attraverso il pozzo.
Nella capitolo 4 abbiamo considerato la risalita dell’acqua attraverso il tubo nel ca-
so in cui fosse presente solo acqua liquida che scambia calore con l’esterno, senza
considerare l’attrito con le pareti del tubo ne il contributo della gravita e dell’ac-
celerazione dell’acqua. In questo capitolo invece vedremo come tutti questi fattori
possano modificare le leggi del bilancio che regolano il processo della veloce risalita
di acqua e/o vapore attraverso un pozzo geotermico.
Questo capitolo si divide in quattro paragrafi.
Nel primo scriveremo le leggi del bilancio di massa, impulso ed energia che regolano
la risalita di un generico fluido attraverso un tubo di raggio costante.
Nel secondo, come detto, riaffronteremo il problema dell’acqua liquida in risalita
in modo piu preciso, senza pero trovare dei risultati molto differenti da quelli gia
ottenuti.
Nel terzo prenderemo in considerazione la risalita di acqua in ebollizione; questa
parte e adatta a descrivere un fluido che, in generale, cominci a bollire nel serbatoio
ed entri nel pozzo con saturazione 0 ≤ S(z = 0) ≤ 1†, in questo paragrafo pero
utilizzeremo sempre come dato iniziale S(z = 0) = 1.
Nell’ultima parte di questo capitolo studieremo il caso in cui l’ebollizione comincia
e termina nel serbatoio e dunque nel tubo arriva solo vapore secco (S(z = 0) = 0);
troveremo che quest’ultimo e il caso energeticamente piu produttivo e che pero, per-
che l’acqua raggiunga la superficie, e necessario che a una certa quota, durante la
†S = 0 corrisponde allo stato di acqua composta al 100% da vapore, mentre il caso opposto,
S = 1, rappresenta lo stato interamente liquido.
38
risalita, il vapore cominci a condensare. I risultati del paragrafo 5.3 ci aiuteranno a
risolvere questo problema.
Utilizzeremo le leggi descritte in appendice A e i dati di pagina iii: quando non
espressamente detto sono stati utilizzati i seguenti valori: h = 15W m−2 ◦C−1 , f =
0.02 , m = 10 kg/s ed R = 0.1m. In queste condizioni il moto e decisamente
turbolento (usa la (4.3.1)).
5.1 Le equazioni di bilancio nel caso stazionario.
Immaginiamo di dover costruire il modello della risalita di acqua pura attraverso
un tubo verticale di raggio R da quota z = 0 fino a z = l, conoscendone lo stato
termodinamico iniziale. Cominciamo col considerare le equazioni del bilancio di
impulso stazionarie. In esse ci saranno i contributi della forza di gravita e della forza
d’attrito (moto turbolento) oltre che i termini dovuti alla variazione di densita†. La
(4.3.2) ci dice che a causa dell’attrito la caduta di pressione per un tratto dz e
dPf = − fm2
4π2R5ρdz
allora la forza per unita di volume dovuta all’attrito sara
dPfdz
= − fm2
4π2R5ρ, (5.1.1)
mentre quella dovuta alla gravita:
dPgdz
= −ρg .
Adesso immaginiamoci il fluido in regime turbolento che risale il tubo con velo-
cita media verticale v(z), allora l’equazione di moto stazionario all’interno del tubo
prende la forma:
ρ(z)v(z)dv
dz(z) = −dP
dz(z)− ρ(z)g − fm2
4π2R5ρ(z). (5.1.2)
Chiaramente in regime turbolento non si prendono in considerazione i termini dovuti
alla viscosita del fluido: la forza d’attrito in questo caso e regolata dalla (5.1.1).
†Qui non utilizzeremo l’approssimazione di Boussinesq come fatto nei capitoli 3 e 4 ma
considereremo la variazione di densita anche nei termini inerziali dell’equazione di moto.
39
L’equazione della conservazione della massa, stazionaria, ci dice invece che la portata
di massa m e costante, visto che v = mπR2ρ
segue che
dP
dz(z) = −ρ(z)g − fm2
4π2R5ρ(z)− m2
π2R4
d
dz
( 1
ρ(z)
). (5.1.3)
Passiamo adesso a considerare l’energia. Conviene prendere in considerazione l’en-
talpia perche l’equazione del moto ci fornisce dP mentre l’ipotesi utilizzata per
scrivere la (4.1.1) fa sı che il calore perso sia:
dQ = −2πRh(T − Ta)dz . (5.1.4)
Visto che dH = dQ+ V dP e considerando l’entalpia che attraversa una sezione del
tubo per unita di tempo, otteniamo
m du(z) = −2πRh(T (z)−Ta(z)
)dz+
m
ρ(z)
(−ρ(z)g− fm2
4π2R5ρ(z)− m2
π2R4
d
dz(
1
ρ(z)))dz
(5.1.5)
⇒ u′(z) = −2πRh
m(T (z)−Ta(z))−g− fm2
4π2R5ρ(z)2− m2
π2R4ρ(z)
d
dz
( 1
ρ(z)
). (5.1.6)
In conclusioneP ′(z) = −ρ(z)g − fm2
4π2R5ρ(z)+
m2
π2R4ρ2(z)ρ′(z)
u′(z) = −2πRh
m(T (z)− Ta(z))− g − fm2
4π2R5ρ2(z)+
m2
π2R4ρ3(z)ρ′(z) .
(5.1.7)
In sostanza la prima equazione ci dice che, con l’aumentare della quota, la pressione
diminuisce a causa del peso del fluido, dell’attrito con le pareti e a causa dell’espan-
sione e la conseguente accelerazione del fluido. Nella seconda invece vediamo come
le cause della diminuzione di entalpia per unita di massa, al crescere della quota,
sono la perdita di calore verso l’esterno, l’aumento del potenziale gravitazionale, la
dissipazione di energia a causa dell’attrito con le pareti e infine l’aumento di energia
cinetica dovuto all’espansione del fluido.
5.2 La risalita della sola acqua liquida.
In questo paragrafo utilizzeremo i dati studiati in appendice A.2 per affrontare la
risalita turbolenta di acqua liquida in maniera termodinamicamente piu corretta di
quanto fatto in capitolo 4. Mostreremo come i risultatati ottenuti alla fine di questo
40
paragrafo siano comunque in accordo con quelli dei paragrafi 4.1, 4.2 e 4.3.
Scegliamo, riferendoci alla figura A.1.2
uw(z) = −6500 + 4440 ∗ T (z)− 2.74 ∗ T 2(z) + 0.0098 ∗ T 3(z) (5.2.1)
ρw(z) = 1037 ∗(
1− 8.1 ∗ 10−4 T (z) + 1.25 ∗ 10−6 T 2(z)− 6.8 ∗ 10−9 T 3)
(5.2.2)
e Ta(z) utilizzata nella (4.1.6) (temperatura in ◦C, densita in kg/m3 ed entalpia spe-
cifica in J/kg). Con queste premesse risolviamo numericamente il sistema (5.1.7).
In figura 5.2.1 possiamo osservare i risultati ottenuti a confronto con quelli di fi-
Figura 5.2.1: Il confronto tra figura 4.1.1a (linea tratteggiata) e i risultati ottenuti numericamente tramite
le leggi di bilancio di questo paragrafo (linea continua): i parametri prendono i valori fissati a pagina iii oltre che
m = 10 kg s−1 e P (z = 0) = 220 bar. Temperatura espressa in ◦C e quota z in metri.
gura 4.1.1a: le due curve si somigliano molto, il che significa che finche il fattore
di attrito del tubo rimane minore o dell’ordine del centesimo e il raggio del tubo
maggiore o uguale alla decina di centimetri il termine di perdita di calore domina
sugli altri. Anche in figura 5.2.2 notiamo una notevole somiglianza. In conclusione
nel caso in cui ci sia risalita di sola acqua e nel caso in cui ne il termine d’attrito
ne quello inerziale siano importanti, l’approccio utilizzato nel capitolo 4 approssima
molto bene le piu corrette equazioni (5.1.7). In figura 5.2.3 riportiamo l’evoluzione
dell’entalpia specifica con la risalita del tubo. In sostanza e questa la quantita che a
parita di portata, per estrarre energia, interessa. Con i dati da noi utilizzati, come
si puo vedere fissando il coefficiente di scambio termico a zero, quasi la totalita della
perdita d’energia e causata dalla dispersione di calore con le pareti del tubo.
In figura 5.2.4 vediamo come, anche in questo caso (anche avendo scelto una pres-
sione nel centro del serbatoio ben piu grande della pressione di transizione), l’acqua
41
Figura 5.2.2: Il confronto tra la pressione calcolata con un metodo analogo a quello che ha portato alla formula
(4.2.4) (linea tratteggiata) e quella ottenuta risolvendo numericamente le equazioni di bilancio di questo paragrafo
con i dati della figura precedente (linea continua). Pressione espressa in bar e quota z in metri.
Figura 5.2.3: L’entalpia per unita di massa che uscirebbe dal tubo con i dati di figura 5.2.1.
raggiunga l’ebollizione all’interno del tubo: nel prossimo paragrafo analizzeremo la
risalita dell’acqua in ebollizione.
42
Figura 5.2.4: La pressione (bar) in funzione della temperatura (◦C) trovate in questo paragrafo (linea continua)
a confronto con la curva di Clausius-Clapeyron (punto-linea). Le due curve si incontrano in z ' 2400m.
5.3 La risalita di acqua in ebollizione.
Come annunciato prendiamo in considerazione il caso in cui l’acqua stia risalendo
il pozzo mentre bolle. Chiamiamo la frazione di acqua in funzione della quota
S(z), conseguentemente quella di vapore(1 − S(z)
). Visto che il fluido in risalita
e molto turbolento, consideriamolo una miscela di acqua e vapore perfettamente
amalgamata. Conoscendo l’espressione della densita e dell’entalpia dell’acqua e del
vapore singolarmente (vedi appendice A.1 e figure A.1.2 e A.1.3), e possibile scrivere
quelle della miscela:
ρw = 1037 ∗(
1− 8.1 ∗ 10−4 T (z) + 1.25 ∗ 10−6 T 2(z)− 6.8 ∗ 10−9 T 3)
ρv(z) = 0.587 ∗ eT (z)67 − 0.36− 0.017 ∗ T (z)
uw = −6500 + 4440 ∗ T (z)− 2.74 ∗ T 2(z) + 0.0098 ∗ T 3(z)
uv = 2.5049 ∗ 106 + 1.62 ∗ 103 ∗ T (z) + 4.3 ∗ T 2(z)+
−4.5 ∗ 10−2 ∗ T 3(z) + 1.41 ∗ 10−4 ∗ T 4(z)− 2.22 ∗ 10−7 ∗ T 5(z)
(5.3.1)
(temperatura in ◦C, densita in kg/m3 ed entalpia specifica in J/kg) da cui{u = S(z)uw(z) +
(1− S(z)
)uv(z)
ρ = S(z) ρw(z) +(1− S(z)
)ρv(z)
(5.3.2)
A questo punto le equazioni che regolano la risalita di questo nuovo fluido saran-
no le (5.1.7). L’introduzione della variabile in eccesso S(z) viene bilanciata dalla
43
richiesta che pressione e temperatura vivano sulla curva di Clausius-Clapeyron. In
altre parole abbiamo sı una variabile in piu ma la presenza della (A.1.1) fa sı che
le cose tornino a bilanciarsi. Infatti, utilizzando le (5.3.2) e la (A.1.1), il sistema
(5.1.7) diventa un sistema di due equazioni differenziali del prim’ordine in T (z) e
S(z). Ancora una volta, utilizzando Ta(z) leggibile nella (4.1.6), e possibile risolver-
lo numericamente; in figura 5.3.1 riportiamo temperatura, pressione, saturazione e
densita del fluido in risalita, sempre utilizzando i dati di pagina iii e supponendo che
la temperatura iniziale sia 315◦C e l’acqua abbia cominciato a bollire giusto appena
entrata nel pozzo (S(0) = 1). In figura 5.3.2 invece riportiamo l’entalpia specifica in
Figura 5.3.1: La temperatura (◦C), la pressione (bar), la saturazione e la densita (kg/m3), per 0 < z < 1580m.
Il fluido non riesce ad arrivare oltre questa quota: non c’e abbastanza energia per trasformare tutta l’acqua in vapore
(vedi appendice A.1) e dunque se il pozzo e piu profondo, come in questo caso, l’acqua non puo percorrerlo tutto
bollendo.
funzione della quota che si otterrebbe nel caso precedente, affiancata da quella che si
otterrebbe fissando l’attrito e la dispersione di calore a zero. Sostanzialmente sono
44
questi due i fattori che determinano la diminuzione di entalpia durante la risalita.
Figura 5.3.2: L’entalpia specifica dell’acqua in ebollizione (J/kg) mentre risale il tubo. Il processo non e
isoentalpico a causa della perdita di calore, dell’attrito col tubo, della forza di gravita e dell’accelerazione del fluido:
a sinistra riportiamo lo stesso processo con f = h = 0, in questo secondo caso l’entalpia rimane praticamente
costante, allora i contributi di gravita e accelerazione sulla seconda delle (5.1.7) sono trascurabili.
Con riferimento ad appendice A.1 riportiamo in figura 5.3.3 la risalita isoentalpica
(f = h = 0) di acqua e vapore reali confrontata con la risalita di acqua reale e
vapore la cui entalpia sia quella del gas perfetto (vedi figura A.1.5). C’e una dif-
ferenza sostanziale tra i due casi: osserviamo la saturazione; mentre nel caso reale
la percentuale di liquido non riesce a scendere sotto il 60%, nel caso in cui sia uti-
lizzata l’entalpia del gas perfetto si riesce ad ottenere la totale evaporazione. Nel
caso reale l’acqua liquida non ha mai abbastanza entalpia per evaporare completa-
mente attraverso una trasformazione isoentalpica. Questo fatto causa una grande
differenza nel profilo di pressione che si crea nel tubo: mentre nel primo caso l’acqua
non riesce ad uscire dal pozzo se esso e piu profondo di 1600m nel secondo, visto
che l’entalpia dell’acqua liquida e sufficiente, puo avvenire la totale evaporazione e
dunque, il vapore ‘pesa’ meno dell’acqua, il fluido riesce a raggiungere la bocca del
pozzo a 2600m.
5.3.1 Qualche considerazione.
In conclusione nel pozzo realistico preso in considerazione, abbassando la pressione
nel centro del serbatoio fino a permettervi l’ebollizione dell’acqua (' 110 bar), non si
riesce a portare alla superficie la miscela bollente. Invece nel paragrafo precedente,
prendendo la pressione del liquido nel centro del serbatoio ben maggiore (' 220 bar),
45
Figura 5.3.3: La temperatura (◦C), la pressione (bar), la saturazione e la densita (kgm−3) di acqua e vapore
in risalita. Nella prima riga abbiamo utilizzato l’entalpia del vapore reale mentre nella seconda quella di un gas
perfetto (cv = 4800 J kg−1 ◦C−1). Nel primo caso non e possibile raggiungere i 2600m di quota perche la pressione
raggiunge 1 atmosfera gia in z = 1600m. Nel secondo notiamo invece che utilizzando l’entalpia del gas perfetto e
possibile raggiungere quella quota.
avevamo visto come la sola acqua non fosse capace di raggiungere la superficie senza
bollire; potremmo allora provare a mettere insieme i due risultati, ma se il nostro
scopo e produrre piu energia possibile questa non e la strada migliore.
La potenza estratta infatti e proporzionale (non conosciamo il rendimento) alla
portata per unita di tempo moltiplicata per l’entalpia specifica che esce dal tubo, in
simboli W ∝ m ue. Guardando quest’espressione possiamo capire che, se possibile, la
scelta energeticamente migliore sarebbe far bollire l’acqua nel serbatoio cosı da avere
solo vapore a fondo pozzo. In questo modo infatti si avrebbe un duplice vantaggio:
l’entalpia specifica iniziale sarebbe circa il doppio di quella che e possibile avere
con l’acqua liquida (vedi figura A.1.5a) e la portata di fluido estratta dal serbatoio
crescerebbe. Per capire la seconda affermazione basta pensare un attimo alla legge
di Darcy: perche nel centro del serbatoio ci sia solo vapore bisogna fare in modo che
vi siano pressioni piu piccole di quelle prese sin ora, questo comportera un maggiore
gradiente di pressione tra il centro ed i bordi del serbatoio e dunque una maggiore
portata.
46
5.4 La risalita del solo vapore.
Viste le conclusioni alle quali siamo appena giunti proviamo ad usare ancora una
volta le equazioni (5.1.7) prendendo pero come fluido il solo vapore ‘secco’ (supe-
rheated steam). Cosı come abbiamo visto in appendice A.3 e possibile approssimare
la sua densita tramite la legge di van der Waals e la sua entalpia tramite il seguente
sviluppo:
uv =(
2.495 ∗ 106 − 1.48 ∗ 104 ∗ (P
105)− 1.2 ∗ 102 ∗ (
P
105)2)
+
+(
1.89 ∗ 103 + 66 ∗ (P
105) + 0.54 ∗ (
P
105)2)T+
+(
0.17− 8.4 ∗ 10−2 ∗ (P
105)− 6 ∗ 10−4 ∗ (
P
105)2)T 2
(5.4.1)
dove P e in Pa e uv in J/kg.
In teoria l’equazione di stato di van der Waals potrebbe fornirci ρv(T, P ), ma vista la
difficile inversione di questa legge preferiamo promuovere ρv a variabile indipendente
a spese di T : utilizzando la (A.1.6) si ottiene
T (ρv, P ) =1
rw
(P + av ρ
2v
)( 1
ρv− bv
)− 273.15 , (5.4.2)
con, qui essendo Tc e Pc temperatura e pressione critiche dell’acqua, bv = rw Tc8Pc
=
1.69 ∗ 10−3m3/kg e av = 27 r2w T2c
64Pc= 1704.7m5 kg−1 s−2.
Adesso siamo pronti a risolvere numericamente le (5.1.7) nel caso in cui il fluido sia
vapore secco. Come dicevamo sopra questo ci permette di abbassare la pressione a
fondo pozzo aumentando in questo modo la portata di fluido estratta dal serbatoio.
Dopo aver costruito il modello abbiamo fatto un po’ di tentativi variando la pressione
iniziale e siamo giunti alla conclusione che, con i dati utilizzati sinora per il pozzo
di figura 3.2.1, il vapore non riesce a raggiungere la superficie senza condensare.
In particolare, regolando la pressione a fondo pozzo, si riesce al massimo a far
arrivare il vapore secco a circa 1800m di quota rispetto al fondo del pozzo (vedi
figura 5.4.1). A differenza del caso in cui nel tubo c’era solo acqua liquida, pero,
noi adesso disponiamo di molta piu energia e dunque se combinassimo i risultati di
questo paragrafo con quelli di quello precedente saremmo in grado di far arrivare alla
superficie una miscela di acqua e vapore in condensazione. Riportiamo in figure 5.4.2
e 5.4.3 i risultati che si ottengono scegliendo P (z = 0) = 31 bar, circa la pressione
iniziale che, dopo un po’ di tentativi, abbiamo visto essere quella che permette la
massima entalpia specifica a bocca pozzo.
47
Figura 5.4.1: La pressione (Pa) del vapore secco in risalita in funzione della temperatura (◦C) (linea continua)
a confronto con la curva di Clausius-Clapeyron (punto-linea). Le due curve si incontrano in z ' 1800m.
Nel grafico della densita e dell’entalpia le curve ottenute per il vapore secco e quelle
per il vapore in condensazione non si connettono perfettamente alla transizione.
Questo piccolo errore e dovuto: alla scelta dell’equazione di van der Waals che, come
abbiamo visto in figura A.1.4, ha un errore apprezzabile alla transizione; all’errore
fatto nell’utilizzare lo sviluppo (5.4.1) per l’entalpia del vapore secco.
Nella realta il pozzo e telescopico, dunque non ha un raggio costante. E’ possibile
utilizzare le (5.1.7) anche in questo caso a patto di risolverle a tratti, trascurando cosı
la perdita di pressione ed energia dovuta al repentino aumento del raggio del tubo†.
In figura 5.4.4 riportiamo i risultati ottenuti con questa scelta. Il tubo telescopico e
stato riprodotto scegliendo R = R(z) come riportato in figura.
Il profilo di pressione di questa figura appare non derivabile in z ' 1000m mentre
quello di (5.4.2) non aveva questa discontinuita. Chiaramente il motivo di questa
differenza e l’utilizzo del tubo telescopico. Infatti, nel momento in cui il tubo passa
da R = 0.1m a R = 0.15m la velocita del vapore si riduce di 2.25 volte e con lei
il termine d’attrito nella prima delle (5.1.7) diminuisce di circa sette volte e mezzo
(vedi la (5.1.1)). E’ questo il motivo del brusco cambio di pendenza del profilo di
pressione osservato. Cio che abbiamo appena detto mette anche in evidenza la non
trascurabilita di questo termine nel caso del vapore: rispetto al caso in cui il tubo
era attraversato dalla sola acqua liquida, infatti, la densita e diminuita di quasi
due ordini di grandezza e dunque il termine d’attrito comincia ad essere importante.
†Volendo queste perdite sono tabulate e sarebbe possibile introdurle, vedi ad esempio [6].
48
Figura 5.4.2: Temperatura (◦C), pressione (Pa), saturazione e densita (kgm−3) del vapore secco, fino a
z = 1807m, e poi del vapore in condensazione, fino alla superficie z = 2600m. All’uscita del pozzo abbiamo:
Te = 203◦C, Pe = 17.7 bar, Se = 5% e ρe = 51 kg/m3.
Un’altra domanda a questo punto potrebbe sorgere: se utilizzando il tubo telescopico
l’importanza del fattore d’attrito diminuisce, perche l’entalpia d’uscita non aumenta
rispetto alla risalita con raggio costante ma, al contrario (confronta le figure 5.4.3 e
5.4.4), diminuisce? La causa e la perdita di calore: il vapore rallentando, disperde
sı meno energia in attrito, ma ne disperde di piu in calore verso le pareti esterne (se
il raggio aumenta il calore perso aumenta, vedi formula (5.1.4)).
5.5 L’approssimazione di Boussinesq.
In figure 5.5.1, 5.5.2, (5.5.3) e (5.5.4) abbiamo riportato i profili delle due varia-
bili indipendenti del sistema (5.1.7) di tutti e tre i precedenti paragrafi. Anche se
49
Figura 5.4.3: L’entalpia specifica del vapore secco (J kg−1) prima e dopo la condensazione. All’uscita dal
pozzo abbiamo: ue = 2.7012MJ/kg.
Figura 5.4.4: I risultati come in figure 5.4.2 e 5.4.1 ma con il raggio del tubo variabile con la profondita cosı come
mostrato nella seconda figura della prima riga. Qui abbiamo: ue ' 2.6MJ/kg , Te ' 212◦C , Pe ' 20 bar , Se ' 11%
e ρe ' 100 kg/m3 .
dai grafici non si vede, in ogni figura sono stati disegnati sia i profili che avevamo
gia ottenuto che quelli ricalcolati omettendo i termini del (5.1.7) dove compare la
50
Figura 5.5.1: Temperatura (◦C) e pressione (bar) con o senza approssimazione di Boussinesq, per la risalita
della sola acqua liquida; le due curve non si distinguono perche sono sovrapposte.
Figura 5.5.2: Temperatura (◦C) e saturazione con o senza approssimazione di Boussinesq, per la risalita
dell’acqua in ebollizione; le due curve non si distinguono perche sono sovrapposte.
derivata della densita del fluido. In questo modo stiamo trascurando l’accelerazio-
ne dello stesso, ovvero i contributi della variazione di densita nei termini inerziali
dell’equazione del bilancio degli impulsi. Questa semplificazione non e altro che
l’approssimazione di Boussinesq e qui abbiamo mostrato come essa lavori benissimo
anche nel caso di un fluido che risale un tubo in modo turbolento.
51
Figura 5.5.3: Pressione (Pa) e densita (kgm−3) con o senza approssimazione di Boussinesq, per la risalita del
vapore prima secco e poi in condensazione; le due curve non si distinguono perche sono sovrapposte.
Figura 5.5.4: Pressione (Pa) e densita (kgm−3) con o senza approssimazione di Boussinesq, per la risalita
del vapore prima secco e poi in condensazione nel tubo telescopico; le due curve non si distinguono perche sono
sovrapposte.
52
Capitolo 6
L’alimentazione del serbatoio.
Nel tentativo di comprendere quanto siano affidabili le ipotesi del paragrafo 4 e per
capire da dove provenga l’acqua di alimentazione del serbatoio, immaginiamoci un
percorso di alimentazione. Con riferimento alla figura 4.0.1 supponiamo che l’acqua
di alimentazione del serbatoio geotermico segua un percorso verticale dalla superficie
fino al tetto del serbatoio con portata q`(r) per poi cambiare repentinamente direzio-
ne e dirigersi radialmente verso il pozzo con portata q(r).
In altre parole studiamo un quadro geologico in cui il serbatoio sfrutta l’acqua im-
magazzinata nell’intero strato roccioso soprastante†.
Considereremo solo la parte di serbatoio satura di acqua: r > Rbo†.
Non considereremo il possibile effetto dei moti convettivi.
A differenza di capitolo 4 trascureremo l’espansione termica dell’acqua, in questo
modo la pressione idrostatica nel serbatoio diventera costante.
Considereremo sia il serbatoio che il suo tetto e i suoi bordi omogenei ed isotropi:
questo ad esempio esclude la possibile presenza di “piume”, cioe di vie molto per-
meabili attraverso le quali l’acqua potrebbe arrivare al serbatoio anche da molto
lontano: la permeabilita del serbatoio e quella del tetto del serbatoio vanno dunque
intese come quantita medie.
Ferme restando queste ipotesi, in un primo momento studieremo in maniera non
stazionaria le equazioni che regolano l’evoluzione della pressione nel tetto del serba-
toio, a partire dalla stato naturale, fino al raggiungimento dello stato stazionario.
Infatti, ed a differenza del lavoro [3], considerando l’alimentazione del serbatoio e
possibile raggiungere uno stato stazionario, ovviamente irraggiungibile altrimenti.
Questo fatto e a nostro avviso interessante.
†Anche se questo possiede porosita e permeabilita molto piccole.†Per includere eventualmente zone con presenza di vapore nei pressi del pozzo.
53
Nel primo paragrafo di questo capitolo troveremo dunque una formula che descrive
il profilo di pressione nella zona di bacino sovrastante l’acquifero produttivo, in fun-
zione della distribuzione di pressione presente nel serbatoio. Nel secondo paragrafo
utilizzeremo questo risultato per risolvere il problema di un acquifero attraversato
da acqua in una sola direzione (serbatoio unidimensionale), sempre nel caso non
stazionario. In questo modo troveremo due quantita fondamentali: il tempo di
stabilizzazione del serbatoio e il raggio di influenza dinamico del pozzo.
La prima quantita e il tempo che occorre al serbatoio per raggiungere lo stato sta-
zionario, dopo lo scavo del pozzo. Troveremo che esso e determinato dalla compri-
mibilita dell’acqua (se essa fosse nulla il sistema si stabilizzerebbe istantaneamente)
e che e minore (circa 13) del tempo di stabilizzazione dell’intero sistema.
La seconda quantita invece e la scala di lunghezza caratteristica della soluzione sta-
zionaria. Se il serbatoio fosse impermeabile essa sarebbe venuta a mancare (vedi [3]);
infatti e strettamente correlata al processo di alimentazione ipotizzato. Quando il
serbatoio preso in considerazione sara infinitamente esteso, questa lunghezza ci dira
sin dove si fa sentire la presenza del pozzo. Affronteremo con piu precisione que-
sto aspetto nei paragrafi 6.3 e 6.4, dove, considerando solo la soluzione stazionaria,
esamineremo un serbatoio concettualmente simile a quello di figura 4.0.1, simme-
tria cilindrica e flusso radiale, prima nel caso di raggio infinito e poi in quello di
raggio finito. Vedremo anche che sia il raggio di influenza dinamico che il tempo di
stabilizzazione non dipendono dal tipo di flusso (radiale o unidimensionale) e che il
raggio di influenza dipende dal raggio del serbatoio nel caso i cui esso sia finito e
minore del precedente. Avendo trovato la soluzione stazionaria, una volta fissata la
pressione a distanza r = R (o r = Rbo), ci sara possibile trovare la portata di acqua
estratta dal sistema geotermico in condizioni stazionarie.
Nel paragrafo 6.4 vedremo come quest’ultima quantita venga ridotta notevolmen-
te, rispetto al caso di serbatoio infinitamente esteso, dal raggio finito del serbatoio.
In particolare vedremo come in questa circostanza la parte produttiva del bacino
geotermico subisca una forte depressurizzazione che si estendera sino ai bordi della
stessa. Ipotizzando condizioni geofisiche tipiche dei serbatoi geotermici troveremo
un’espressione analitica semplice che quantifica questo effetto.
6.1 L’alimentazione a “pioggia”.
Ispirandoci al lavoro di [3] cerchiamo in prima istanza di trovare il profilo di pressione
lungo tutta la parte di bacino sovrastante il serbatoio (tetto). Allo stato naturale
54
esso sarebbe esprimibile tramite una formula quadratica simile alla (4.2.2) ma qui,
visto che stiamo trascurando l’espansione termica, la pressione idrostatica dipendera
dalla quota in maniera lineare:
Pis(z) = P0 + ρwg`(1− z) , 0 <z
`≡ z < 1 . (6.1.1)
Anche se abbiamo trascurato l’espansione termica ed anche se, come avevamo no-
tato all’inizio del lavoro, la comprimibilita dell’acqua e ancora meno importante, se
vogliamo studiare l’evoluzione del serbatoio nel caso non stazionario, e necessario
considerarla. Senza di essa, infatti, la pressione non potrebbe dipendere dal tempo:
si raggiungerebbe lo stato stazionario istantaneamente. Cosı come come fatto in [3],
mostreremo dunque che, considerando ordini di tempo minori del secolo, il termine
non stazionario, proporzionale alla comprimibilita, non e trascurabile†.
Visto che nel tetto considereremo solo il moto verticale, il problema sara unidimen-
sionale con condizioni al contorno in z = 0 e z = 1. Per questo, anche se le nostre
quantita dipenderanno anche dalla coordinata orizzontale, in questo paragrafo non
la riporteremo. Ad esempio, invece di P (r, z, t), scriveremo P (z, t).
Adesso possiamo utilizzare la legge di Darcy e la conservazione della massa:q`(z, t) = − k`
`µw∇(P`(z, t)− Pis(z)
)φ`∂
∂tρ(z, t) +
1
`∇ ·(ρ(z, t)q
`(z, t)
)= 0 ,
(6.1.2)
dove ∇ ≡ 1`∇ e l’operatore nabla in coordinate adimensionali mentre q
`e la portata
specifica dell’acqua d’alimentazione. Essa ha direzione verticale e verso opposto a
quello dell’asse z, chiamando il suo modulo q` otteniamo:q`(z, t) =
k``µw
∂
∂z
(P`(z, t)− Pis(z)
)φ`∂
∂tρ(z, t)− 1
`
∂
∂z
(ρ(z, t)q`(z, t)
)= 0 .
(6.1.3)
Come annunciato, scegliamo
ρ(z, t) = ρw(1 + α(P`(z, t)− Pw)
)(dove ρw e Pw sono valori di riferimento e α = 0.75 ∗ 10−9 Pa−1) e sostituiamolo
nella (6.1.3), ottenendo†
φ`αµw`2
k`
∂P`∂t
= α∂P`∂z
∂
∂z(P` − Pis) +
[1 + α(P` − Pw)
]∂2P`∂z2
; (6.1.4)
†L’espansione termica, per quanto ininfluente, non ha invece un’importanza altrettanto critica
in questo contesto.†La pressione idrostatica (6.1.1) dipende linearmente dalla quota.
55
definendo
t` ≡φ`αµw`
2
k`(' 109 s) e t =
t
t`(6.1.5)
si trova che l’equazione che regola l’evoluzione spazio-temporale della pressione
risulta essere un’equazione di diffusione:
∂tP` = ∂zzP` , (6.1.6)
avendo trascurato termini dell’ordine αP` 6 2 ∗ 10−2 . Il tempo t` e in effetti para-
gonabile al tempo di esaurimento di un pozzo.
Per condizioni al contorno, fissiamo la pressione a quella atmosferica in superficie
(P0) e a quella del serbatoio, ancora incognita, in z = 0 (Ps(r, t)); il problema da
risolvere diventa: ∂tP`(z, t) = ∂zzP`(z, t) 0 < z < 1
P`(1, t) = P0
P`(0, t) = Ps(t)
P`(z, 0) = Pis(z) ,
(6.1.7)
dove abbiamo imposto che lo stato iniziale sia quello naturale†.
Definiamo la funzione w(z, t) tramite
P`(z, t) = Ps(t)(1− z) + P0z + w(z, t) , (6.1.8)
allora il sistema precedente diventa:∂tw(z, t) = ∂zzw(z, t) + f(z, t)
w(0, t) = 0
w(1, t) = 0
w(z, 0) = 0 ,
(6.1.9)
dove
f(z, t) ≡ −∂tPs(t) (1− z) . (6.1.10)
E’ possibile risolvere questo problema alle derivate parziali sviluppando w tramite
le autofunzioni che risolvono il problema omogeneo (vedi per esempio [11]):Z ′′n(z) + λ2
nZn(z) = 0
Zn(0) = 0 ⇒ Zn = sin(nπz) , λn = nπ , n ∈ Z .Zn(1) = 0
(6.1.11)
†La pressione di serbatoio Ps(t) e ancora da determinare.
56
In questo modo definendo,
fn(t) = 2
∫ 1
0
dzf(z, t) sin(nπz) (6.1.12)
e
wn(t) = 2
∫ 1
0
dzw(z, t) sin(nπz) , (6.1.13)
possiamo scrivere
f(z, t) =∞∑n=1
fn(t) sin(nπz) (6.1.14)
e
w(z, t) =∞∑n=1
wn(t) sin(nπz) . (6.1.15)
Sostituendo f e w cosı sviluppati nel problema (6.1.9) troviamo che le condizioni al
contorno sono automaticamente soddisfatte e che:
wn(t) =
∫ t
0
dτfn(τ)e−π2n2(t−τ) . (6.1.16)
Usando la (6.1.12) e la (6.1.10)
fn(t) = −2∂tPs(t)
∫ 1
0
dz(1− z) sin(nπz) = − 2
nπ∂tPs(t) , (6.1.17)
allora definendo
g(z, t) =∞∑n=1
2
nπsin(nπz)e−π
2n2 t , (6.1.18)
si ha
wn(z, t) = −∫ t
0
dτ∂tPs(τ)g(z, t− τ) ≡ −(∂tPs ∗ g
)τ(z, t) , (6.1.19)
dove nell’ultima relazione, abbiamo definito il prodotto di convoluzione nella varia-
bile temporale con il simbolo ( · ∗ · )t .
Facendo comparire dove opportuno la dipendenza dalla coordinata orizzontale e fa-
cendo uso della (6.1.8), scriviamo infine la soluzione del sistema (6.1.7), ovvero la
pressione nel tetto in funzione di quella nel serbatoio:
P`(r, z, t) = Ps(r, t)(1− z) + P0z −(∂tPs ∗ g
)τ(r, z, t) . (6.1.20)
Proviamo a vedere cosa succede nei casi limite: se
k` → 0 ⇔ t` → +∞ ⇔ α→ +∞ ⇔ serbatoio isolato dal tetto
57
abbiamo
g(z, t) =∞∑n=1
2
nπsin(nπz) = 1− z ⇒(
∂tPs ∗ g)τ(r, z, t) =
(Ps(r, t)− Ps(r, 0)
)(1− z) ⇒
P`(r, z, t) = P0z + Pis(1− z) = P0 + ρwg`(1− z) = Pis(z) ,
giustamente in questo caso la pressione del tetto del serbatoio non viene modificata
dalla depressurizzazione dello stesso.
Nel caso opposto
k` → +∞ ⇔ t` → 0 ⇔ α→ 0 ⇔ serbatoio perfettamente connesso col tetto
abbiamo
g(z, t) = 0 ⇒P`(r, z, t) = Ps(r, t) + P0z ⇒P`(r, z, t)− Pis(z) =
[Ps(r, t)− P0 − ρwg`
](1− z) ,
cioe la pressione nel tetto del serbatoio assume un profilo rettilineo con P`(r, 0, t) =
Ps(r, t) e P`(r, 1, t) = Pis(1) = P0 .
Tornando al caso generale, usando la prima delle (6.1.3) e la soluzione (6.1.20),
possiamo trovare la portata specifica che entra nel serbatoio. Essa sara:
q`(r, 0, t) = − k`µw∂z(P`(r, z, t)− Pis(z)
)|z=0 =
= − k`µw
(− Ps(r, t) + Pis(0)−
(∂tPs ∗ ∂zg|z=0
)τ(r, t) .
(6.1.21)
Definiamo
g1(t) ≡ ∂g(z, t)
∂z|z=0 =
∞∑n=1
2e−π2n2 t , (6.1.22)
allora la portata specifica entrante nel serbatoio e:
q`(r, 0, t) =k`µw
[Pis − Ps(r, t)−
(∂tPs ∗ g1
)τ(r, t)
], (6.1.23)
dove
Pis ≡ Pis(0) .
58
6.2 Il serbatoio unidimensionale infinito, alimen-
tato a “pioggia”.
Applichiamo i risultati appena ottenuti ad un serbatoio idealizzato con una striscia
di mezzo poroso di permeabilita ks � kl e spessore s� `. In questo modo e possibile
immaginare che l’acqua segua un percorso verticale nell’attraversare il tetto e, una
volta arrivata nella suddetta fascia di terreno, cambi direzione e assuma una velocita
orizzontale, con portata −q(x, t) , (q > 0) e con pressione Ps(x, t) (figura 6.2.1).
Con queste ipotesi l’equazione di Darcy e quella della conservazione della massa nel
Figura 6.2.1: Serbatoio unidimensionale alimentato a “pioggia”.
serbatoio si scrivono†:q(x, t) =
ks`µw
∂
∂x
(Ps(x, t)
)φst`
∂
∂tρ(x, t)− 1
`
∂
∂x
(ρ(x, t)q(x, t)
)=ρwsq`(x, 0, t) ,
(6.2.1)
dove s e lo spessore del serbatoio. Qui abbiamo gia reso adimensionali tempo e
coordinata orizzontale rispetto alla profondita del serbatoio e al tempo caratteristico
di diffusione della pressione nel tetto:
t =t
t`e x =
x
`.
†L’alimentazione del serbatoio compare nell’equazione di continuita tramite il termine ρwq`s ,
cioe la massa di acqua che entra nel serbatoio per unita di tempo e volume.
59
Con semplificazioni analoghe a quelle fatte per scrivere le (6.1.7) e utilizzando la
(6.1.23) e possibile scriveretst`
∂
∂tPs(x, t)−
∂2
∂x2Ps(x, t) = − 1
a2
[Ps(x, t)− Pis +
( ∂∂τPs ∗ g1
)τ(x, t)
]Ps(0, t) = PR
Ps(x, 0) = Pis ∀ x ≥ 0 ,
(6.2.2)
con
ts ≡φsαµw`
2
ks, a2 ≡ ks
k`
s
`(' 102) , ts ≡
tst`
=k`φsksφ`
(' 10−4) . (6.2.3)
Se non avessimo considerato l’alimentazione del serbatoio, ponendo q` = 0, tutto il
termine moltiplicato da 1a2
scomparirebbe. In questo caso la (6.2.2) diventerebbe∂
∂tPs(x, t) = K
∂2
∂x2Ps(x, t) con K =
ksφsαµw
=`2
tsPs(0, t) = PR
Ps(x, 0) = Pis ∀ x ≥ 0 ,
(6.2.4)
che, vista la mancanza di una scala spaziale, e risolubile tramite le cosiddette so-
luzioni autosimilari: Ps = Ps(x
2√Kt
). In effetti in [3] il problema e stato affrontato
proprio in questo modo, trovando
Ps(x
2√Kt
) = Pis + (PR − Pis) erfc(x
2√Kt
) , (6.2.5)
dove erfc(x) e la funzione errore complementare.
Questa soluzione quantifica la diffusione della pressione del centro del serbatoio at-
traverso tutta l’infinita fascia di terreno ad alta permeabilita, ed ha come stato finale
Ps(x) = PR, cioe il completo svuotamento del serbatoio, senza mai pero arrivare ad
una soluzione stazionaria. Con l’introduzione dell’alimentazione, invece, questo di-
venta possibile, anche se dovremmo capire dopo quanto tempo essa sara raggiunta.
Tornando al problema con alimentazione (6.2.2) sia
p(x, t) ≡ Ps(x, t)− PisPR − Pis
,
allora −ts
∂
∂tp(x, t) +
∂2
∂x2p(x, t) =
1
a2
[p(x, t) +
( ∂∂τp ∗ g1
)τ(x, t)
]p(0, t) = 1
p(x, 0) = 0 ∀ x ≥ 0 .
(6.2.6)
60
Possiamo affrontare il problema alimentato facendo uso della trasformata di Laplace
nel tempo: sia L[p(x, t)] = v(x, s), allora
L[∂
∂xp(x, t)] =
∂
∂xv(x, s) , L[
∂
∂tp(x, t)] = sv(x, s)− p(x, 0) = sv(x, s) ,
L[(f ∗ g)τ (t)] = L[f ](s)L[g](s) , L[1] =1
s,
dunque, definendo
G(s) ≡ L[g1(t)] =∞∑n=1
2L[e−n2π2 t] =
∞∑n=1
2
s + n2π2=
coth√s√
s− 1
s, (6.2.7)
il sistema (6.2.6) diventa−ts sv(x, s) +
∂2
∂x2v(x, s) =
1
a2
[v(x, s) + sv(x, s)G(s)
]v(0, s) =
1
s,
(6.2.8)
ovvero ∂2
∂x2v(x, s) =
1
a2
[ts a
2s + sG(s) + 1]v(x, s)
v(0, s) =1
s.
(6.2.9)
Visto che[ts a
2s + sG(s) + 1]
=[ts a
2s +√s coth
√s], chiamando
a2 ts =s
`
φsφ`≡ t , (6.2.10)
abbiamo
L[p(x, t)] = v(x, s) =1
sexp
[− x
a
√t s +
√s coth
√s]. (6.2.11)
Il problema a questo punto e diventato invertire una trasformata di Laplace. Non
riuscendo ad invertire esattamente la (6.2.11) abbiamo provato ad applicare due
diversi metodi di approssimazione.
6.2.1 Soluzione non “ritardata”.
Nelle tavole [12] e possibile trovare che trasformate del tipo 1se−√s+1 sono invertibili
esattamente. Nella (6.2.11), sviluppando il contenuto della radice ad esponente fino
al prim’ordine, si ottiene proprio una funzione di questo genere:
v(x, s) ' 1
sexp
[− x
a
√(t+
1
3
)s + 1
]. (6.2.12)
61
Avremmo ottenuto lo stesso risultato se nella (6.2.6) avessimo sostituito il termine(∂tp ∗ g1
)τ(x, t) (6.2.13)
con 13∂tp(x, t). Questo equivale a considerare g1(t) = 1
3δ(t) , dove δ(t) e la distribu-
zione delta di Dirac. In effetti∫ +∞
0
g1(t)dt =∞∑n=1
2
∫ +∞
0
e−n2π2tdt =
∞∑n=1
2
n2π2=
1
3,
e quindi (∂tp ∗ g1
)τ(x, t) ' 1
3∂tp(x, t) .
Dunque sviluppare in serie fino al prim’ordine il contenuto della radice ad esponente
di (6.2.11) corrisponde a trascurare il ritardo apportato alla soluzione dal prodotto
di convoluzione (6.2.13) della derivata temporale della pressione con g1. Questa e
una buona approssimazione perche, per tempi abbastanza lunghi, g1(t) assomiglia
ad una delta di Dirac (vedi figura 6.2.2).
Figura 6.2.2: La funzione g1(t), per 0 < t < 1. Essa assomiglia ad una delta di Dirac per questi ordini di
tempi:∫+∞0 g1(t)dt = 1
3mentre ad esempio
∫ 0.10 g1(t)dt ' 0.26.
Usando le tavole disponibili in [11] e [12] e possibile antitrasformare la (6.2.12)
ottenendo prima p(x, t) e poi Ps(x, t):
Ps(ξ, τ) = Pis +PR − Pis
2
[e−ξ erfc
( ξ
2√τ−√τ)
+ eξ erfc( ξ
2√τ
)+√τ], (6.2.14)
dove qui
ξ ≡ x
a=
x√`sksk`
=x
a, a ≡
√`sksk`
, (6.2.15)
τ ≡ t
t+ 13
=t
t`(t+ 1
3
) , ts ≡ t`(s`
φsφ`
+1
3
), (6.2.16)
62
e dunque a e la scala di lunghezza caratteristica di questa soluzione mentre ts e
quella del tempo.
Riassumendo:
a =
√ksk`
s
`(' 102) , a =
√`sksk`
(' 105m) , (6.2.17)
t` =φ`αµw`
2
k`(' 102 y) , ts =
φsαµw`2
ks(' 102 h) , (6.2.18)
t =s
`
φsφ`
(' 10−2) , ts = t`(t+
1
3
)(' 102 y) , (6.2.19)
e tutte le quantita con (·) sono rese adimensionali temporalmente con t` e spazial-
mente con `.
A differenza del problema (6.2.4), considerando l’alimentazione del serbatoio, com-
pare una lunghezza caratteristica anche se il serbatoio e di taglia infinita. Potevamo
accorgerci di questa differenza anche osservando la prima equazione del sistema
(6.2.6): il parametro a, nelle equazioni dimensionate, corrisponde proprio alla scala
spaziale del problema. In effetti la soluzione (6.2.14) non e autosimilare.
Riportiamo l’evoluzione della soluzione (6.2.14) in figura 6.2.3.
6.2.2 L’approssimazione di punto sella.
Un’altra via per invertire la (6.2.11) e provare a scrivere la formula di Riemann-
Fourier per l’inversione della trasformata di Laplace:
f(t) =1
2πi
∫ c+i∞
c−i∞es tF (s)ds c ∈ R . (6.2.20)
Nel nostro caso F (s) = v(x, s) e f(t) = p(x, t); sia
V (s) ≡ 1
2πises t v(x, s) , (6.2.21)
dunque, usando la (6.2.11) e la prima delle (6.2.15), in essa compare l’esponenziale
di:
s t− ξ√t s +
√s coth
√s . (6.2.22)
Seguendo [13] possiamo apportare qualche modifica all’integrale (6.2.20) riportan-
dolo al reale. Le singolarita di V (s) nel piano complesso di s sono tutte sull’asse
reale negativo ed in s = 0 (vedi figura 6.2.4). Allora per eseguire (6.2.20) dobbiamo
scegliere c > 0. Con riferimento a figura 6.2.4 per teorema di Cauchy ([13] e [15])
63
Figura 6.2.3: Pressione nel serbatoio unidimensionale. Rappresentazione dell’evoluzione temporale della
soluzione (6.2.14). Abbiamo scelto ks ' 10−14m2 mentre il tetto 4 ordini di grandezza piu impermeabile:
k` ' 10−18m2. Inoltre prendendo ` ' 3000m, s ' 30m, φs = φ` = 0.02 e la comprimibilita e la viscosita
dell’acqua scelte a pagina iii, si ottiene: a ' 10 , a ' 30 km , t` ' 300 y , ts ' 0.3 y , t ' 0.01 , ts ' 100 y .
Le linee continue sono la pressione nel serbatoio tra 0 e 100 anni a passi di 10 anni, la linea tratteggiata e la
soluzione stazionaria, mentre quella punto-linea e cio che si otterrebbe dopo un secolo se il tetto del serbatoio fosse
impermeabile (vedi la (6.2.5) e [3]).
(l’argomento dell’integrale e V (s)):∫ c+ih
c−ih+
∫ ih
c+ih
+
∫ iε
ih
+
∫σε
+
∫ −ih−iε
+
∫ c−ih
−ih= 0 . (6.2.23)
Il secondo ed il sesto integrale tendono a zero per h che tende all’infinito perche
limh→+∞
R{
(c± ih)t− ξ√
(c± ih) +√c± ih coth
√c± ih
}= −∞ ∀c, t, ξ ∈ R+ .
64
Figura 6.2.4: Il piano complesso s per la funzione (6.2.21) con il taglio dovuto alla presenza della radice e della
cotangente iperbolica. La linea piu spessa e il cammino di integrazione che abbiamo scelto.
Invece il quarto tende ad un valore finito per ε che tende a 0:∫σε
V (s)ds =
∫σε
1
2πisexp
[s t− ξ
√tss +
√s coth
√s]
s=ε exp(iθ)=⇒
=
∫ π2
−π2
1
2πdθ exp
[tεeiθ − ξ
√tsεeiθ +
√εeiθ coth
√εeiθ]
=1
2e−ξ ,
perche
limε→0
{tεeiθ − ξ
√tsεeiθ +
√εeiθ coth
√εeiθ}θ∈[−π
2,π2
]= −ξ .
Allora, utilizzando la (6.2.23), possiamo affermare che∫ c+i∞
c−i∞V (s)ds =
∫ +i∞
0
V (s)ds +
∫ 0
−i∞V (s)ds +
1
2e−ξ =
=1
2e−ξ +
∫ +i∞
0
[V (s) + V (−s)
]ds .
Facendo la sostituzione s→ s′ = −is otteniamo:∫ c+i∞
c−i∞V (s)ds =
1
2e−ξ +
∫ +∞
0
ds′ i[V (is′) + V (−is′)
]. (6.2.24)
65
Visto che la parte reale dell’esponente (6.2.22) come funzione di is ha un massimo
Figura 6.2.5: Rispettivamente la parte reale ed immaginaria dell’esponente di V (is) (6.2.22), con ξ = 1 e
t = 0.1 . Abbiamo usato i dati di figura 6.2.3 e dunque questa scelta corrisponde a x = 30 km e t = 30 anni. La linea
continua rappresenta l’esponente non approssimato, la linea tratteggiata quello che abbiamo utilizzato in paragrafo
6.2.1 mentre quella puntiforme l’esponente che si ottiene con l’approssimazione di punto sella. Visto che entrambi i
metodi di approssimazione utilizzano uno sviluppo per piccoli s, essi sono tanto piu validi quanto piu t cresce.
assoluto intorno ad s = 0 (vedi figura 6.2.5), e possibile approssimare l’integrale
(6.2.24) utilizzando il metodo di integrazione di punto sella (vedi per esempio [14]).
A questo scopo sviluppiamo l’esponente di V (is) fino al secondo ordine intorno ad
s = 0. In questo modo, dalla (6.2.22)
ist− ξ√its +
√is coth
√is ' −ξ
[( t28
+t
12+
1
40
)s2 + 1
]+ i[t− t
2ξ − 1
6ξ]s ,
allora
i[V (is) + V (−is)
]= − 1
πse−ξ[(
t2
8+ t
12+ 1
40
)s2+1
]sin( t
2ξ +
1
6ξ − t
).
Eseguendo l’integrale (6.2.24), aggiungendo il termine 12e−ξ e tornando a Ps, si
ottiene
Ps(ξ, t) =PR − Pis
2e−ξ erfc
( √30(3tξ + ξ − 6t)
6√
(3 + 10t+ 15t2)ξ
). (6.2.25)
In figura 6.2.6 riportiamo l’evoluzione della pressione nel serbatoio preveduta dalla
soluzione appena trovata, che sostanzialmente conferma il risultato ottenuto con
l’altro metodo.
66
Figura 6.2.6: La soluzione (6.2.25), ottenuta integrando con il metodo di punto sella. I dati, i passi temporali
ed il significato delle diverse linee sono riportati in figura 6.2.3.
6.2.3 Considerazioni.
E’ possibile farci un’idea della bonta delle approssimazioni fatte, disegnando, al
variare di s, la funzione integranda (i[V (is′)+V (−is′)
]) nella (6.2.24). Confrontiamo
i diversi risultati che si ottengono mettendoci in una delle tre differenti situazioni
affrontate sinora: senza approssimazione, con l’approssimazione di paragrafo 6.2.1 e
con quella di punto sella. In figure 6.2.7, 6.2.8, 6.2.9 e 6.2.10 riportiamo i risultati
ottenuti per ξ e t differenti. In queste quattro figure, la quantita che in realta ci
interesserebbe e l’integrale tra 0 ed infinito del grafico rappresentato. Notiamo che
l’approssimazione di paragrafo 6.2.1 “tenta” di seguire le oscillazioni intorno allo zero
della funzione esatta mentre con l’approssimazione di punto sella sostanzialmente
si da importanza solo al primo picco, sperando che l’integrale della “coda” (grandi
valori di s) abbia media molto minore dell’integrale del primo picco. In realta,
67
in tutte le figure, l’approssimazione che abbiamo chiamato “non ritardata” sembra
seguire molto meglio la soluzione reale di cio che non faccia la soluzione trovata con
l’integrale di punto sella. In particolare per piccoli x, e dunque quando siamo vicini al
pozzo, la prima approssimazione sembra comportarsi molto bene; questo ci fa piacere
perche noi siamo interessati a trovare la portata in uscita dal serbatoio e dunque la
quantita che ci piacerebbe conoscere con esattezza e la derivata della pressione in
x = 0. In figure 6.2.3 e 6.2.6 avevamo visto come la soluzione autosimilare senza
alimentazione (6.2.5) non rispecchi il profilo di pressione che si viene a creare nel
serbatoio per tempi lunghi (con i nostri dati circa un secolo), essa sara invece una
buona approssimazione per tempi brevi. Osservando figura 6.2.11† si nota che dopo
un anno dallo scavo del pozzo (e dunque anche per tempi inferiori) la soluzione
autosimilare segue meglio della nostra l’andamento della pressione nel serbatoio,
che dunque, per tempi di quest’ordine, potra essere considerato impermeabile. Se
invece prolunghiamo i tempi di osservazione del serbatoio (con i nostri dati all’ordine
della decina di anni) la soluzione autosimilare sovrastima via via sempre piu la sua
depressurizzazione mentre le nostre soluzioni descrivono sempre meglio l’andamento
reale.
In conclusione, oltre alle soluzioni (6.2.14) e (6.2.25), i risultati principali di questo
capitolo sono l’aver trovato il raggio di influenza dinamico del pozzo e il tempo
di stabilizzazione del serbatoio, in formule:
a =
√`sksk`, ts =
φ`αµw`2
k`
(t+
1
3
). (6.2.26)
Solitamente t = sφs`φ`� 1
3e dunque, in questo caso,
ts '1
3t` . (6.2.27)
†Ricordiamoci che le scale di tempo a cui noi facciamo riferimento dipendono dai dati che abbia-
mo scelto, i quali sono molto sensibili alle proprieta geofisiche del sistema preso in considerazione:
in particolare nelle (6.2.18) e (6.2.19) abbiamo trovato che l’ordine di grandezza del tempo carat-
teristico del sistema (visto che con molta difficolta t > 1) dipende dai parametri geofisici tramite
la seguente espressione:
ts ' t` =φ`αµw`
2
k`.
Noi abbiamo scelto φ` = 0.02, k` = 0.001md e ` = 3 km ma questi parametri, ed in special modo
i primi due, sono soggetti a forti variazioni che sono di difficile valutazione.
68
t=10 anni; x=3, 15, 30, 60 chilometri.
Figura 6.2.7: i[V (is′) +V (−is′)
]a confronto nel caso non approssimato, nell’approssimazione “non ritardata”
e nell’approssimazione di punto sella. Sono stati scelti t = 0.03 , 0 < s < 1000 e, rispettivamente, x = 0.1 , 0.5 , 1 , 2 ,
che, con i dati di figura 6.2.3, corrisponde a scegliere t = 10 y e x = 3 , 15 , 30 , 60 , km .
La linea continua rappresenta la funzione esatta, la linea tratteggiata e l’approssimazione generata dalla (6.2.14),
mentre la linea punteggiata e l’approssimazione di punto sella (6.2.25).
69
t=30 anni; x=3, 15, 30, 60 chilometri.
Figura 6.2.8: i[V (is′) +V (−is′)
]a confronto nel caso non approssimato, nell’approssimazione “non ritardata”
e nell’approssimazione di punto sella. Sono stati scelti t = 0.1 , 0 < s < 700 e, rispettivamente, x = 0.1 , 0.5 , 1 , 2 ,
che, con i dati di figura 6.2.3, corrisponde a scegliere t = 30 y e x = 3 , 15 , 30 , 60 , km .
La linea continua rappresenta la funzione esatta, la linea tratteggiata e l’approssimazione generata dalla (6.2.14),
mentre la linea punteggiata e l’approssimazione di punto sella (6.2.25).
70
t=70 anni; x=3, 15, 30, 60 chilometri.
Figura 6.2.9: i[V (is′) +V (−is′)
]a confronto nel caso non approssimato, nell’approssimazione “non ritardata”
e nell’approssimazione di punto sella. Sono stati scelti t = 0.2 , 0 < s < 300 e, rispettivamente, x = 0.1 , 0.5 , 1 , 2 ,
che, con i dati di figura 6.2.3, corrisponde a scegliere t = 70 y e x = 3 , 15 , 30 , 60 , km .
La linea continua rappresenta la funzione esatta, la linea tratteggiata e l’approssimazione generata dalla (6.2.14),
mentre la linea punteggiata e l’approssimazione di punto sella (6.2.25).
71
t=100 anni; x=3, 15, 30, 60 chilometri.
Figura 6.2.10: i[V (is′)+V (−is′)
]a confronto nel caso non approssimato, nell’approssimazione “non ritardata”
e nell’approssimazione di punto sella. Sono stati scelti t = 0.3 , 0 < s < 100 e, rispettivamente, x = 0.1 , 0.5 , 1 , 2 ,
che, con i dati di figura 6.2.3, corrisponde a scegliere t = 100 y e x = 3 , 15 , 30 , 60 , km .
La linea continua rappresenta la funzione esatta, la linea tratteggiata e l’approssimazione generata dalla (6.2.14),
mentre la linea punteggiata e l’approssimazione di punto sella (6.2.25).
72
t=1, 10 anni; x=3, 15 chilometri.
Figura 6.2.11: i[V (is′) +V (−is′)
]a confronto nel caso non approssimato (linea continua), in quello di appros-
simazione “non ritardata” (linea tratteggiata) e senza alimentazione (6.2.5) (punto-linea). Sono stati scelti t = 0.003
e 0 < s < 5000 nella prima riga e t = 0.03 e 0 < s < 500 nella seconda; invece nella prima colonna abbiamo scelto
x = 0.1 mentre nella seconda x = 0.5. Con i dati di figura 6.2.3, tutto cio corrisponde a scegliere t = 1 o 10 y e
x = 3 o 15 km .
73
6.2.4 La pressione nel tetto del serbatoio unidimensionale.
Avendo a disposizione la pressione nel serbatoio (6.2.14) e facendo uso della (6.1.20)
e possibile scrivere e disegnare l’evoluzione della pressione sovrastante il serbatoio
geotermico a seguito della sua perforazione. Questo e cio che abbiamo fatto in figura
6.2.12. Confrontando questa figura con la (6.2.3) notiamo come, preso lo stesso
intervallo di tempo, la pressione nel tetto si avvicini alla soluzione stazionaria con
piu lentezza di cio che non faccia la pressione nel serbatoio; questa e la conseguenza
della presenza del fattore 13
nella (6.2.27).
Figura 6.2.12: La pressione (bar) nel tetto (0 < z < `) del serbatoio unidimensionale a distanza orizzontale
x = 3 km dal pozzo. La linea tratteggiata rappresenta lo stato naturale, prima della perforazione del pozzo, la
linea puntiforme, invece, rappresenta la pressione idrostatica del tetto del serbatoio una volta raggiunto lo stato
stazionario. Le linee intermedie sono ottenute (i dati sono gli stessi di figura 6.2.3) con tempi compresi tra i dieci
anni ed il secolo, a passi di dieci anni.
Adesso che conosciamo l’ordine di grandezza del tempo necessario a raggiungere la
soluzione stazionaria, nei prossimi paragrafi ci dedicheremo allo studio di acquiferi
74
nei quali la zona ad alta permeabilita non sia piu idealizzabile tramite una striscia
di estensione orizzontale infinita con flusso unidimensionale, bensı tramite un disco,
sempre di spessore s, ma con flusso radiale verso il centro, luogo di presenza del
pozzo (figura 6.3.1).
6.3 Serbatoio discoidale infinitamente esteso, ca-
so stazionario.
Figura 6.3.1: Il serbatoio bidimensionale, qui rappresentato con il pozzo in 0 < r < R e raggio b. In questo
paragrafo considereremo b→ +∞.
Con riferimento a figura 6.3.1, se vogliamo modellizzare un pozzo in un campo
geotermico del genere di quello esistente sotto il monte Amiata, al minimo, dobbia-
mo passare dal considerare un serbatoio unidimensionale, ad uno bidimensionale.
In particolare la scelta piu semplice e, come sempre, quella piu simmetrica, dunque
un disco. Continueremo, pero, a considerare il serbatoio alimentato a “pioggia” e
dunque le equazioni che regolano la pressione del tetto del serbatoio in funzione di
75
Ps(r, t) (vedi le (6.1.3), (6.1.7), (6.1.20) e (6.1.23)) rimarranno inalterate†. Passiamo
dunque, cosı come fatto nel capitolo 4, a considerare un acquifero discoidale, ini-
zialmente di raggio infinito, per poi passare, nel prossimo paragrafo, a considerarlo
finito, di raggio b.
In entrambi i casi mostreremo che la parte non stazionaria delle equazioni non si
modifica rispetto al caso unidimensionale; in questo modo il tempo di stabilizzazione
del serbatoio sara lo stesso trovato nel paragrafo 6.2.
Le equazioni che regolano la pressione e la portata nel serbatoio infinitamente este-
so, infatti, sono scrivibili tramite semplice generalizzazione dimensionale del sistema
(6.2.2): bastera infatti sostituire ∂2
∂x2con ∇2
(x,y), ovvero con ∇2(r), visto che siamo in
simmetria cilindrica. Invece di porre il pozzo in x = 0 lo posizioneremo in r = R
(altrimenti in r = 0 sorgerebbe una singolarita). In sostanza il sistema cosı trovato
avra soluzioni differenti da quelle trovate nel paragrafo 6.2.1 ma i risultati riportati
nelle formule (6.2.18) rimarranno invariati: nella (6.2.2) il tempo caratteristico di
stabilizzazione del serbatoio discende solo dal coefficiente della derivata temporale
e dall’integrale tra zero ed infinito di g1(t), la funzione che compare nel prodotto
di convoluzione. Il primo non dipende dal numero di dimensioni, mentre il secondo
dipende solo dall’ipotesi di alimentazione a “pioggia” fatta sul tetto.
Nel seguito mostreremo che, oltre al tempo di stabilizzazione, anche il raggio di
influenza del pozzo non dipende dal numero di dimensioni del serbatoio. In partico-
lare, da adesso in poi supporremo di essere nello stato stazionario cioe, utilizzando
i risultati a cui siamo giunti sinora, che sia passato un tempo maggiore di ts dalla
perforazione del pozzo. A parte le affermazioni fatte sin qui, questo paragrafo ed il
prossimo risultano indipendenti dai precedenti.
In prima istanza cerchiamo di trovare quale sarebbe il raggio di influenza dina-
mico del pozzo nel caso in cui Rbo = R e b = ∞†: tentiamo cioe di capire fino a
che distanza il serbatoio si approvvigionera e se preferira farlo nei pressi del pozzo o
piu lontano. A questo scopo riproviamo a trovare la pressione del tetto del serbatoio
nel caso stazionario.
La legge di Darcy per il tratto dalla superficie fino al tetto insieme a q`(∞) = 0,
†Stiamo continuando a considerare il flusso di acqua nel tetto come se fosse unidimensionale,
verticale verso il basso.†Serbatoio interamente saturo e infinitamente esteso.
76
Ps(∞) = Pis e P`(r, `) = P0 ci permette di scrivere:
−q`(r) = − k`µw
∂
∂z[P`(r, z)− (P0 + ρwg(`− z))]⇒
∂Pl∂z
(r, z) =µwklql(r)− ρwg ⇒
P`(r, 0) = Ps(r) = Pis −µw`
k`q`(r)⇒
q`(r) =k`µw`
(Pis − Ps(r)),
(6.3.1)
dove q`(r) e la portata verticale dalla superficie fino al serbatoio, k` e la permeabilita
di questa zona e P` ne e la pressione†.
La legge di Darcy per il tratto radiale e la conservazione della massa nell’ipotesi di
stazionarieta ci dicono invece (ricordiamo che nel serbatoio la portata q(r) e −q(r)in direzione radiale):
q(r) = − ksµw∇Ps(r) (6.3.2)
∇ · (ρwq) =ρwsq`(r). (6.3.3)
Qui ρwsq`(r) e la massa di acqua entrante nel serbatoio per unita di tempo e volume.
Se oltre alla dilatazione termica, anche la compressibilita dell’acqua e trascurabi-
le† combinando la (6.3.1), la (6.3.2) e la (6.3.3) ed imponendo come condizioni al
contorno pressione fissata all’infinito e nel centro del serbatoio otteniamo:∇2Ps(r) = 1
a2(Ps(r)− Pis)
Ps(+∞) = Pis
Ps(R) = PR,
(6.3.5)
dove a ≡√
ksk`ls e il parametro che abbiamo chiamato raggio di influenza dinamico
del pozzo. La soluzione di quest’equazione in simmetria cilindrica e scrivibile tramite
†Avremo ottenuto lo stesso risultato ponendo ∂tPs = 0 nella (6.1.23).†Scrivendo la (6.3.5) al primo ordine in α otterremmo:
∇2Ps =1
a2(Ps(r)− Pis)− α(∇Ps(r))2. (6.3.4)
Riportiamo la differenza tra le due equazioni in figura 6.3.2. L’approssimazione e ottima, il che
significa che l’acqua e abbastanza rigida da poter tirare a se l’acqua di alimentazione attraverso
il difficile percorso che gli abbiamo imposto: per ottenere a ' 104 m abbiamo scelto ` = 2000 m,
s = 30m, ks = 10−14 m2 e k` = 10−18 m2.
77
Figura 6.3.2: La (6.3.5) in linea continua e la (6.3.4) in linea tratteggiata con PR = 87 atm, Pis = 200 atm
e a = 104 m. L’approssimazione e talmente buona che le due curve sono sovrapposte anche nella zona piu critica:
vicino al pozzo.
le funzioni di Bessel modificate di seconda specie K0(x) e K1(x) (vedi l’appendice
B):
Ps(r) = Pis − (Pis − PR)K0( r
a)
K0(Ra
), (6.3.6)
che nei pressi del pozzo (r � a ⇔ a→ +∞) diventa
Ps(r) = Pis − (Pis − PR)log 2a
reγ
log 2aReγ
, (6.3.7)
dove stavolta γ ' 0.577 e la costante di Eulero-Mascheroni. In figura 6.3.3 si nota
come la (6.3.7) sia valida finche r < 110a, come si potrebbe capire anche osservando
la (6.3.5)†. Infatti, utilizzando la tabella B.0.1 si ottiene che se r < a10
la differenza
relativa (scarto) tra la (6.3.6) e la (6.3.7) e dell’ordine del percento.
Per arrivare a una formula analoga alla (4.4.3) deriviamo la (6.3.6) come ci suggerisce
la (6.3.2); troviamo q(r), il modulo della portata specifica radiale. In questo modo
†Se r < 110a, il termine ∇2Ps domina su 1
a2Ps.
78
Figura 6.3.3: La pressione in approssimazione r � a (linea continua) e non (linea tratteggiata), con i dati di
figura 6.3.2. Il primo grafico e in scala lineare mentre il secondo in logaritmica.
possiamo imporre
2πRsq(R) =m
ρw⇔
qR ≡ q(R) =m
2πRsρw(6.3.8)
ottenendo:
P ′s(r) =µwksq(r)⇒
Pis − PRa
K1( ra)
K0(Ra
)=µwksq(r)⇒
Pis − PRa
K1(Ra
)
K0(Ra
)=
µwm
2πRρwkss⇒
Pis − PR =µwma
2πRρwkss
K0(Ra
)
K1(Ra
).
(6.3.9)
Visto che a� R (a ' 105R) da tabella B.0.1 si ottiene, con ottima approssimazione:
Pis − PR =µwm log 2a
Reγ
2πρwkss, (6.3.10)
equivalente alla (4.4.3) con b→ 2aeγ' a.
Riportiamo in figura 6.3.4 la portata m in funzione di k` (contenuto in a).
79
Figura 6.3.4: La portata (kg s−1) in funzione di k`, la permeabilita del tetto del serbatoio, espressa in
nd ' 10−21m2. ks = 4∗10−14m2, s = 30m, R = 0.1m. Nella prima figura ` = 2000m, Pis = 200atm, PR = 87atm
mentre nella seconda ` = 3000 m, Pis = 300 atm, PR = 150 atm. Nel primo caso 1.5 ∗ 106 m > a > 1.5 ∗ 104 m,
nel secondo 1.9 ∗ 106 m > a > 1.9 ∗ 104 m. Se e possibile considerare il serbatoio infinito, al prezzo di avere raggi
di influenza superiori ai 100 km, si puo raggiungere uno stato stazionario con portate di massa estratte importanti
(> 40 kgm−1) anche se il tetto del serbatoio e praticamente impermeabile (1nd).
Dalla (6.3.9) e possibile ricavare la portata radiale specifica e totale a distanza r dal
centro del serbatoio:
q(r) =m
2πRρws
K1( ra)
K1(Ra
)
Q(r) = 2πrsq(r) =m
ρw
r
R
K1( ra)
K1(Ra
),
(6.3.11)
che se r < a10
diventano, con uno scarto dell’ordine del percento rispetto alle formule
precedenti,
q(r) ' m
2πρws
1
r
Q(r) ' m
ρw= costante .
(6.3.12)
In figura 6.3.5 riportiamo questi due risultati. Qui per r > 103m la portata specifica
diventa dell’ordine di quella provocata dai moti convettivi (vedi tabella 3.2.2), questo
potrebbe modificare il funzionamento d’alimentazione che abbiamo descritto sin’ora.
Non affronteremo questo problema in questa sede.
All’inizio di questo paragrafo avevamo parlato di raggio di influenza dinamico del
80
(a) (b)
(c) (d)
Figura 6.3.5: Nella prima riga e rappresentata la portata specifica approssimata (punti) e non (linea), rispet-
tivamente in scala logaritmica per R < r < a e lineare per a/10 < r < a. Sino ad r ' 103m le due curve rimangono
praticamente sovrapposte.
Nella seconda riga e rappresentata la portata radiale totale da R fino ad a (linea) e da a fino a 10 ∗ a (punti),
rispettivamente in scala logaritmica e non.
In questi grafici abbiamo scelto R = 0.1m, s = 30m, a = 20000m, m = 30 kg s−1.
pozzo. Intuitivamente ci aspetteremmo che questa quantita ci dica fino a quale
distanza la presenza del pozzo influenzi i moti del fluido permeante il mezzo poroso.
In effetti e ancora a il parametro che regola la suddetta distanza: come si vede in
figura 6.3.5, per r > 5 ∗ a praticamente il serbatoio non si alimenta piu. Questa
osservazione e supportata dagli sviluppi di tabella B.0.1: se r > 5 ∗ a si ha
Q(r) ' m
2ρw
√2πr
ae−
ra (6.3.13)
81
che per questi r e soltanto una piccola frazione della portata in uscita dal serbatoio.
Da tutto quello che abbiamo osservato sinora, da figura 6.3.5c-d, e in particolare
dal grafico in scala logaritmica, ci accorgiamo di un effetto singolare: il serbatoio
va ad alimentarsi sostanzialmente dalla zona 110∗ a < r < 5 ∗ a invece che, come
intuitivamente ci aspetteremmo, dalle zone adiacenti al pozzo. Questa osservazione
e sostenuta dai risultati analitici, riassumendo:Q(r) ' m
ρw= cost. se r < 1
10∗ a
Q(r) ' 0 (� Q(R)) se r > 5 ∗ aP (r) ' (vedi eq. (6.3.7)) se r < 1
10∗ a
P (r) ' Pis = cost. se r > 5 ∗ a .
(6.3.14)
Invece, per a10
< r < 5 a il serbatoio si rifornisce; in questo caso temperatura e
pressione sono descritte, in funzione di r, dalle funzioni di Bessel. La superficie di
alimentazione e dunque circa Sal ' 25πa2 .
6.4 Serbatoio discoidale di raggio finito, nel caso
stazionario.
Per poter considerare il raggio del serbatoio finito siamo costretti ad abbandonare
l’ipotesi che la permeabilita alla profondita del serbatoio sia costante, k = costante e
cominciare a considerare k = k(r). Per esempio, riferendoci alla figura 6.3.1, poiche
il serbatoio abbia raggio b anziche +∞, potremmo scegliere:
k(r) = ks − (ks − k`)θ(r − b)† . (6.4.1)
Questa permeabilita andrebbe poi sostituita nella (6.3.2).
A questo punto, se volessimo ancora scrivere le equazioni usando come incognita
la pressione del serbatoio, nel momento in cui andremmo a sostituire la (6.3.2)
nella (6.3.3) saremmo costretti a derivare k(r). Per evitarci questa complicazione,
conviene altresı scegliere come incognita q(r). A questo scopo prendiamo il gradiente
della (6.3.3); ricordandoci che il prodotto scalare di q(r) e il versore radiale da −q(r),che ∇ · q = −( ∂
∂rq(r) + 1
rq(r)), che stiamo considerando la densita costante, che
†θ(x) e la funzione di Heaviside.
82
dPsdr
= µk(r)
q ed utilizzando rispettivamente la (6.3.1) e la (6.3.2):
−( d2
dr2q(r) +
1
r
d
drq(r)− 1
r2q(r)
)=
1
s
d
drq`(r) ⇒
d2
dr2q(r) +
1
r
d
drq(r)− 1
r2q(r) = +
k`µw`s
d
drPs(r) ⇒
d2
dr2q(r) +
1
r
d
drq(r)− 1
r2q(r) =
k``sk(r)
q(r)⇒
∇2q(r)− (1
a2(r)+
1
r2)q(r) = 0 ,
(6.4.2)
con a(r) ≡√
`sk(r)k`
†.
Adesso scegliamo di approssimare la permeabilita del serbatoio con la (6.4.1). In
questo modo l’ultima delle (6.4.2) diventa (utilizzeremo i pedici 1 e 2 per indicare
le grandezze fisiche rispettivamente all’interno e all’esterno del serbatoio):∇2q1(r)− (
1
a21
+1
r2)q1(r) = 0 se r < b
∇2q2(r)− (1
a22
+1
r2)q2(r) = 0 se r > b ,
(6.4.4)
con
a1 =
√`sksk`
e a2 =√`s ; (6.4.5)
le condizioni al contorno sono:q1(R) = qR = m
2πRρws
q1(b) = q2(b) = qb
q2(+∞) = 0ddrq1(b) = d
drq2(b) .
(6.4.6)
†Nel caso non stazionario, facendo riferimento ai paragrafi 6.1, 6.2 ed in particolare usando
l’equazione di continuita non stazionaria al posto della (6.3.3) e la portata in ingresso (6.1.23)
invece della (6.3.1), si ottiene (considerando φ(r) = φs = cost. ∀r > R):
−ts∂q
∂t(r, t) +
( ∂2∂r2
+1
r
∂
∂r
)q(r, t)−
( 1
a2(r)+
1
r2
)q(r, t) =
1
a2(r)
[(q ∗ g1
)τ(r, t)
]. (6.4.3)
Nella sua parte temporale, quest’equazione e del tutto analoga alla (6.2.2), con la sola differenza
che qui il parametro a (o a in coordinante adimensionali) dipende da r. Di conseguenza, nel caso
sia possibile considerare φ(r) = φs = cost. ∀r > R, il tempo di stabilizzazione del serbatoio finito
sara analogo a quello trovato nella (6.2.27).
83
La soluzione di questo sistema eq1(r) = qII1( r
a1) + qKK1( r
a1) r < b
q2(r) = qbK1( r
a2)
K1( ba2
)r > b ,
(6.4.7)
con
qI =qRK1( b
a1)− qbK1( R
a1)
K1( ba1
)I1( Ra1
)−K1( Ra1
)I1( ba1
)(6.4.8)
qK =qbI1( R
a1)− qRI1( b
a1)
K1( ba1
)I1( Ra1
)−K1( Ra1
)I1( ba1
)(6.4.9)
qb = qRa2K1( b
a2)[K1( b
a1)I0( b
a1) + I1( b
a1)K0( b
a1)]
a2K1( ba2
)[K1( Ra1
)I0( ba1
) + I1( Ra1
)K0( ba1
)] + a1K0( ba2
)[K1( Ra1
)I1( ba1
)−K1( ba1
)I1( Ra1
)],
(6.4.10)
dove I0(x) e I1(x) sono le funzioni di Bessel modificate di prima specie e qR e quello
di formula (6.3.8).
Di conseguenza avremo {Q1(r) = 2πsrq1(r) r < b
Q2(r) = 2πsrq2(r) r > b(6.4.11)
e, tramite la prima delle (6.3.9), le (6.4.7) e le (B.0.2),P2(r) = Pis −
µwa2qbk`
K0( ra2
)
K1( ba2
)
P1(r) = P2(b) +µwa1
ks
[qI(I0(
r
a1
)− I0(b
a1
))− qK
(K0(
r
a1
)−K0(b
a1
))].
(6.4.12)
In figura 6.4.1a-b notiamo come, rispetto alla figura 6.3.5c-d, il serbatoio si ri-
fornisca sostanzialmente nella zona r < b e come, in maniera ancora piu spiccata,
preferisca attingere acqua dai bordi del serbatoio.
Per concludere scriviamo l’analoga dell’ultima delle (6.3.9), cioe la caduta di pres-
sione tra i bordi del campo geotermico e il pozzo:
Pis − PR =µwa2qbk`
K0( ba2
)
K1( ba2
)− µwa1
ks
[qI(I0(
R
a1
)− I0(b
a1
))− qK
(K0(
R
a1
)−K0(b
a1
))].
(6.4.13)
84
(a) (b)
(c) (d)
Figura 6.4.1: Le (6.4.11) e (6.4.12) (linea) e le (6.4.17) e (6.4.18) (punti). L’approssimazione e talmente buona
che non si distinguono le curve. Qui abbiamo utilizzato: ks = 40md, k` = 0.001md, ` = 2000m, s = 30m, allora
a1 ' 50 km, a2 ' 250m e Pis ' 200 atm. Inoltre abbiamo scelto R = 0.1m, b = 10 km e m = 12 kg s−1. Con
questi dati: PR ' 83 atm.
In figure c-d notiamo un fatto nuovo: la pressione compie un notevole salto ai bordi del serbatoio. Questo e dovuto
alla brusca diminuzione della permeabilita in quel punto. Abbiamo chiamato questo fenomeno effetto bordo.
Adesso vediamo di semplificare un po’ le cose con qualche approssimazione e con
l’uso di tabella B.0.1.
Sia intuitivamente che analiticamente, se b > 5 ∗ a1, con buona approssimazione
riotteniamo la soluzione del capitolo precedente: il serbatoio non riesce a “vedere”
i suoi bordi, finisce di alimentarsi prima. La situazione qui interessante e dunque
quella opposta: alla ricerca di una soluzione analiticamente semplice consideriamo
a1 piu grande di tutte le lunghezze in gioco. In questo modo le (6.4.8), (6.4.9) e
85
(6.4.10) diventano:
qI '2a1( qR
b− qb
R)
Rb− b
R
qK 'Rqb − b qRa1(R
b− b
R)
qb ' qRa2
b
K1( ba2
)a2RK1( b
a2) + ( b
2R− R
2b)K0( b
a2),
che, se consideriamo b � a2 e b � R e poi andiamo a sostituire qb in qI e qK , si
semplificano ulteriormente in
qI ' −2a1R
b2
(1− 2a2
b
)qR (6.4.14)
qK 'R
a1
qR (6.4.15)
qb '2a2R
b2
(1− 2a2
b
)qR . (6.4.16)
In figura 6.4.2 possiamo osservare la bonta di quest’approssimazione al variare di
a1.
Figura 6.4.2: Le (6.4.8), (6.4.9) e (6.4.10) (linee) a confronto con le (6.4.14), (6.4.15) e (6.4.16) (punti) per
b < a1 < 10 ∗ b. Abbiamo utilizzato i dati di figura 6.4.1.
Se andiamo ad utilizzare queste approssimazioni nelle (6.4.11) e (6.4.12) otteniamo,
utilizzando anche (6.3.8):Q1(r) ' m
ρw
(1− (1− 2a2
b)r2
b2
)Q2(r) ' m
ρw
(1− 2a2
b
)a2
√br
b2e− r−b
a2
(6.4.17)
86
e P2(r) ' Pis −
2µwRa22qR
k`b2
(1− 2a2
b
)e− r−b
a2
P1(r) ' Pis −2µwRa
22qR
k`b2
(1− 2a2
b
)− µwR
ksqR
[log(
b
r)− (1− 2a2
b)b2 − r2
b2
].
(6.4.18)
In figura 6.4.1 sono rappresentati i risultati, approssimati e non. L’approssimazione
e talmente buona che le curve sono sovrapposte. E’ interessante notare che in figura
6.4.1 il rapporto a1b
e soltanto 5: non e necessario che a1 sia enormemente piu grande
di b perche le (6.4.17) e (6.4.18) continuino a valere. Riportiamo in figura 6.4.3 il
caso a1 = b.
Figura 6.4.3: Come in figura 6.4.1 ma con a1 = 10000m = b.
Per ultimo, scriviamo l’analoga della (6.3.10) nel caso di serbatoio finito, facendo
uso della (6.4.18), della (6.3.8) e dell’ultima delle (6.4.5):
Pis − PR 'µwm
2πρwkss
[log(
b
R)−
(1− 2a2
b
)]+
µwm`
πρwk`b2
(1− 2a2
b
). (6.4.19)
Si riconoscono tre termini: il primo e proprio quello che avevamo trovato nella
(4.4.3), cioe e la caduta di pressione che troveremmo se ai bordi del serbatoio ci
fosse la pressione idrostatica e se il tetto del serbatoio, nel tratto R < r < b, fosse
impermeabile; il secondo termine e quello causato dalla permeabilita del tetto in
quel tratto: l’acqua in ingresso dal tetto deforma il profilo logaritmico della pressione
mescolandolo ad uno parabolico (vedi la (6.4.18) e la figura 6.4.1d); il terzo termine
87
e il testimone dell’esistenza di un effetto di bordo che depressurizza il serbatoio: ai
bordi del serbatoio, a causa del cambiamento di permeabilita, la pressione e minore
di quella idrostatica, come si vede in figura 6.4.1c-d, questo effetto puo essere molto
importante†.
Ci sarebbe da fare un’altro paio di osservazioni da fare sulle (6.4.17), (6.4.18) e
(6.4.19). Come abbiamo detto esse valgono se a2 � b � a1 e se b � R, in questo
caso:
• il raggio d’influenza dinamico del pozzo e b: dalla seconda delle (6.4.17) b �a2 ⇒ Q2(b)� Q1(R) e dunque l’acqua che estraiamo dal centro del serbatoio
proviene quasi totalmente dalla parte di tetto r < b.
• se r < 110∗ b nella prima delle (6.4.17) su vede che Q1(r) ' Q1(R) = cost.,
allora la zona di approvvigionamento del pozzo e 110∗ b < r < b.
Per vedere quanto sia efficiente un serbatoio tipico di raggio b anziche +∞ invertiamo
la (6.4.19) in favore della portata:
m =2πρwkss(Pis − PR)
µw
[log(bR
)+(2a21b2− 1)(
1− 2a2b
)] . (6.4.21)
Notiamo che, cosı come gia nella (4.4.3) la portata e proporzionale a ρw(Pis−PR)µw
ma
ha acquistato una dipendenza diversa da ks , s , b ed una del tutto nuova da ` e
k` (tramite a1 e a2) e cioe dalle caratteristiche del tetto del serbatoio. Disegniamo
in figura 6.4.4 e 6.4.6 la portata cosı come avevamo fatto per il serbatoio infinito
†Riprendendo la soluzione esatta, nella (6.4.12) si riconosce che il termine che causa l’effetto
bordo e
∆Peb ≡ Pis − P2(b) =µwa2qbk`
K0( ba2
)
K1( ba2
)= (6.4.20)
µw`m
2πρwRk`
K0( ba2
)[K1( ba1
)I0( ba1
) + I1( ba1
)K0( ba1
)]
a2K1( ba2
)[K1( Ra1 )I0( ba1
) + I1( Ra1 )K0( ba1
)] + a1K0( ba2
)[K1( Ra1 )I1( ba1
)−K1( ba1
)I1( Ra1 )],
abbiamo usato la (6.4.10) e la (6.3.8).
In figura 6.4.5 e evidente che, al diminuire di b, l’effetto bordo diventa sempre piu importante (nella
(6.4.19) abbiamo visto che va come 1b2 ): man mano che si restringe il serbatoio, a parita di portata,
e sempre piu forte la depressurizzazione e quindi sempre minore la portata di acqua estraibile in
condizioni stazionarie. La nostra approssimazione per questo termine e buona per valori del raggio
del serbatoio compresi circa tra 10∗a2 < b < a1 e sovrastima l’effetto bordo tra a1 < b < 2∗a1. Se
b > 2 ∗ a1 quest’effetto e trascurabile ed, in effetti, il nostro sistema torna ad essere ben descritto
dal modello di serbatoio infinito.
88
(a) (b)
(c) (d)
Figura 6.4.4: La portata (kg s−1) rispettivamente in funzione di k`, b e s, ricavata dalla (6.4.13) (linea) e
dalla (6.4.19) (punti). Quando non sono variabili, i parametri sono stati posti: ks = 4 ∗ 10−14m2, s = 30 m, R =
0.1m, b = 10km . Nelle figure (a-b-c) ` = 2000m, Pis = 200atm, PR = 87atm mentre nella (d) ` = 3000m, Pis =
300 atm, PR = 150 atm. In figura (a) 30 km < a1 < +∞ e a2 = 250m; in figura (b) a1 = 50 km e a2 = 250m; in
figura (c) 30 km < a1 < 130 km e 140m < a2 < 650m; in figura (d) 35 km < a1 < 160 km e 170m < a2 < 770m.
in figura 6.3.4. Le portate che vengono fuori sono nettamente minori di quelle che
avevamo trovato nel caso di serbatoio infinito. Le cause sono la permeabilita del
tetto e l’effetto bordo. Con i dati di figura 6.4.1 essi valgono rispettivamente circa
2 atm e 90 atm. L’effetto bordo e la principale causa del minore rendimento del
serbatoio finito.
Osserviamo che in figura 6.4.6 le curve ottenute con k` ≤ 1018m2 rimangono prati-
camente invariate anche dopo forti variazioni di R , s e ks. Questo fatto curioso e
comprensibile facendo un’ulteriore semplificazione nella (6.4.21): visto che a1 � b,
89
Figura 6.4.5: La figura riporta la pressione persa (Pa) per effetto bordo al variare di b per a1 = 50 km e
a2 = 250m fissati. In particolare riportiamo la (6.4.20) non approssimata (linea) a confronto con quella approssimata
che abbiamo ottenuto come ultimo termine della (6.4.19) (punti). In entrambi i grafici abbiamo utilizzato i dati di
figura 6.4.1 e sia l’asse delle ascisse che quello delle ordinate sono in scala logaritmica.
se il termine2a21b2
domina sugli altri presenti a denominatore, allora:
m ' 2πρwkss(Pis − PR)
µw2a21b2
=πρwk`b
2(Pis − PR)
µw`, (6.4.22)
che non dipende piu dai parametri suddetti.
Mettiamo un’altro accento su quest’ultima osservazione perche e di notevole im-
portanza; se il raggio di influenza dinamico del serbatoio infinito (a1) rispetta la
seguente condizione:
a21 �
1
2b2 log
b
R, (6.4.23)
e se a2 � b allora il raggio di influenza del serbatoio finito e b e la portata estratta dal
serbatoio in condizioni stazionarie non dipende ne dalla permeabilita dello stesso, ne
dal suo spessore e nemmeno dal raggio del pozzo; dipendera invece dalla permeabilita
del tetto del serbatoio e dalla sua profondita, tramite la (6.4.22).
Invece se a2 � b, ferma restando la condizione (6.4.23), la (6.4.13) invertita in favore
della portata diventa:
m ' 2πρwk`s (Pis − PR)
µw log( 2a2b eγ
)(6.4.24)
che, per analogia con la (6.3.10), ci dice che il serbatoio si comporta come se fos-
se infinito, e con raggio b; in questo caso l’acqua di alimentazione proviene tutta
dall’esterno del serbatoio ed il raggio di influenza dinamico e a2.
90
Figura 6.4.6: La portata di massa (kg s−1) estratta dal serbatoio finito (soluzione esatta (6.4.13)) in funzione
del raggio del pozzo 0 < b < 104m, al variare della permeabilita del tetto k`. Partendo dal grafico maggiore, in
ogni figura abbiamo riportato le differenti curve utilizzando: k` = 10−16 , 10−17 , 10−18 , 10−19 , 10−20 , 10−21m2 .
In tutte le figure, a parte la prima, l’asse delle ordinate e in scala logaritmica. Nelle prime due abbiamo usato i
seguenti dati: ks = 4 ∗ 10−14m2 , R = 0.1m, (Pis − PR) = 150 bar , s = 30m, ` = 3 km e poi abbiamo disegnato
la terza modificando s→ 100m, la quarta R→ 1000m, la quinta ks → 4 ∗ 10−13m2 e la sesta `→ 2 km .
91
Capitolo 7
Una stima dell’energia estraibile in
condizioni stazionarie da un
serbatoio di raggio finito.
Tentando di metterci in condizioni simili a quelle riscontrabili in un bacino geoter-
mico ad acqua dominante supponiamo, di essere in una situazione per cui valga la
(6.4.23) ed in cui b � a2 e b � R. Sotto queste condizioni e possibile utilizzare la
(6.4.22).
In questo modo, e se R < Rbo <110b, e anche possibile considerare, in condizioni
stazionarie, l’ebollizione dell’acqua all’interno del serbatoio. Infatti, anche se per
r < Rbo e presente vapore, visto che per tutto il tratto R < r < 110b e possibile
considerare il tetto del serbatoio impermeabile, la portata in entrata e dunque an-
che quella in uscita sara regolata dalla (6.4.22). Inoltre, visto che essa non dipende
da R (e dunque in questo caso non dipende da Rbo), anche se non conosciamo il
comportamento del vapore nel serbatoio, purche sia possibile considerare tutto il
serbatoio alla stessa temperatura Ts, siamo in grado di conoscere le condizioni da
imporre a fondo pozzo:TR = Ts temperatura del serbatoio
SR = 0 acqua vaporizzata
PR = Pis −µw`m
πρwk`b2.
(7.0.1)
Qui ci manca un grado di liberta (m), che corrisponde alla liberta di scegliere quanto
aprire il bocchettone a bocca pozzo.
La scelta piu stabile ed energeticamente piu conveniente la si puo trovare guardando
92
figura A.1.3. Visto che a bocca pozzo troveremo una miscela di acqua e vapore
in ebollizione, e visto che a noi interessa l’entalpia del vapore per poter produrre
energia, in questa figura troviamo la configurazione migliore da adottare a bocca
pozzo: converra scegliere la pressione in modo di essere sul massimo dell’entalpia
specifica del vapore, cioe {Tmax−entalpia ' 241◦C
Pmax−entalpia ' 34 bar .(7.0.2)
Grazie a queste considerazioni, e grazie ai risultati ottenuti nel capitolo 5 e possibi-
le stimare l’energia prodotta da un serbatoio geotermico in condizioni stazionarie.
Scegliamo†:
ρw = 850 kg m−3 kl = 10−18m2 b = 104m TR = 315◦C (7.0.3)
µw = 10−4 Pa s ` = 3000m Pis = 300 bar , (7.0.4)
che, tramite la (6.4.22) legano la pressione in r = Rbo con la portata. Ma visto che
in R = Rbo avviene l’ebollizione, si puo risalire tramite la (A.1.1) alla pressione in
R = Rbo e dunque alla portata: conoscendo Ts = 315◦C, Pbo ' 105 bar. In questo
modo la portata e m ' 16 kg s−1. Il valore ottenuto e particolarmente elevato per
un singolo pozzo, poiche si e considerato considerato un valore del raggio b molto
grande. Cio in realta corrisponde a raggruppare in un solo pozzo un complesso di
pozzi (ad esempio in r < Rbo), cosa che viene fatta frequentemente nella costruzione
di questi modelli. Dunque utilizzando il metodo di paragrafo 5.4 si puo risalire alla
pressione nel centro del serbatoio, alla percentuale di acqua in uscita ed altro (vedi
figura 7.0.1).
†con questi dati le richieste fatte ad inizio capitolo sono soddisfatte se:
b� a2 ⇔ s� b2
`' 3 ∗ 104m
Rbo <1
10b ' 103m
a21 �1
2b2 log
b
Rbo⇐ a21 �
1
2b2 ∗ 5 ∗ log 10 ⇐ sks � 6 ∗ b
2k``' 2 ∗ 10−13m3 .
Usando poi ks ' 4∗10−14m2 si ottiene che, per poter utilizzare la (6.4.22), lo spessore del serbatoio
deve rispettare la seguente condizione:
5m� s� 3 ∗ 104m.
93
Figura 7.0.1: Rispettivamente: pressione (Pa), temperatura (◦C), percentuale di acqua, densita (kgm−3)
ed entalpia specifica (J kg−1) del fluido per unita di massa; in funzione della quota, nel caso proposto in questo
capitolo.
In conclusione, con questi dati, si trova che l’entalpia del vapore in uscita del pozzo
per unita di tempo e circa 37MW .
94
Capitolo 8
Conclusioni.
In questa tesi si formulano modelli matematici per la termodinamica e la fluidodi-
namica di bacini geotermici in diverse possibili configurazioni.
Una configurazione relativamente semplice e quella studiata nel capitolo 4, in cui il
“motore” che consente l’estrazione e la sola differenza tra il gradiente termico nella
colonna di estrazione e il gradiente termico nella colonna di alimentazione.
Questa situazione non e pero quella che si riscontra nel caso dei bacini toscani. Con
particolare riferimento al caso della ragione del Monte Amiata abbiamo formulato
un modello in cui si ipotizza che l’alimentazione del serbatoio estrattivo sia dovu-
ta alla continua caduta per gravita dell’acqua che satura lo spesso strato di roccia
sovrastante il serbatoio. Questa ipotesi ha consentito di ottenere un modello flui-
dodinamico che consente il raggiungimento di uno stato stazionario in condizioni
estrattive. Modelli precedenti, attualmente in uso, non avevano tale caratteristica.
Grazie al modello cosı formulato si ottengono informazioni interessanti sul funzio-
namento del bacino, in particolare riassumibili in due parametri fondamentali: il
raggio di influenza dinamico di un pozzo e il tempo di stabilizzazione della dinamica
del bacino.
Si ottengono pure espressioni per il calcolo della portata in estrazione in funzione
dei parametri geotermici.
Nella tesi si studia anche il problema della risalita nel pozzo di acqua e vapore,
giungendo in particolare alla conclusione che, se si utilizzano le relazioni termodina-
miche per i fluidi reali (appendice A), non e possibile mediante processi isoentalpici
ottenere una conversione totale dell’acqua in vapore.
Mettendo insieme questi risultati, abbiamo anche individuato come sia possibile sti-
mare la potenza ottimale estraibile.
Nel capitolo 3 si prendono in considerazione i moti convettivi termici trovando in
95
quali condizioni essi possano instaurarsi nelle aree sotto studio. Abbiamo genera-
lizzato il modello di Rayleigh-Benard, prima al caso dei mezzi porosi e poi a quello
dei bacini geotermici, correlando tra loro quantita come il flusso di calore verticale,
il gradiente geotermico e la scala di tempo dei moti convettivi termici.
96
Appendice A
La termodinamica dell’acqua.
Tramite l’utilizzo di alcune tabelle di dati reperite in [4] e in [5] in questa appendice
forniremo alcune leggi, piu o meno approssimate, che descrivano il comportamento
della densita, dell’entalpia specifica e della viscosita al variare di temperatura e
pressione, sia per l’acqua liquida che per quella gassosa. Inoltre alla transizione di
fase daremo anche una legge, trovata in [3], che lega pressione e temperatura. Per
trovare, o verificare, queste relazioni abbiamo utilizzato ll programma Origin Lab.
A.1 La termodinamica dell’acqua alla transizione
di fase.
Durante questo lavoro si e resa necessaria la conoscenza del comportamento dell’ac-
qua liquida e gassosa alla transizione di fase. In [4] e stato possibile trovare le misure
di cui avevamo bisogno.
In primis in [4] abbiamo trovato poco piu di un centinaio di misure di pressione al
variare della temperatura tra 17◦C e 310◦C. In [3] abbiamo trovato un’aiuto nella
scelta della funzione da adattare a queste misure: e possibile approssimare la curva
di Clausius-Clapeyron, ovvero la pressione d’ebollizione dell’acqua pura in funzione
della temperatura, tramite il seguente andamento esponenziale:
PClausius−Clapeyron(T ) = PA e(A− B
T+273) . (A.1.1)
[3] assicura l’accuratezza della curva (A.1.1) nell’intervallo di pressioni 2 bar < P <
300 bar. Nel nostro lavoro abbiamo utilizzato:
PA = 1 bar A = 12.527 B = 4627◦K . (A.1.2)
97
E’ possibile verificare la bonta di questa approssimazione in figura A.1.1: il risultato
del fit e in buon accordo con la funzione (A.1.1) nell’intervallo di temperature e
pressioni considerato.
Figura A.1.1: La pressione dell’acqua in ebollizione in funzione della temperatura, la linea continua rappresenta
i risultati sperimentali trovati in [3] mentre quella tratteggiata e il relativo fit di cui riportiamo i dati a fianco. Le
due curve non si distinguono perche la funzione scelta riesce a riprodurre molto bene i dati (il coefficiente di
determinazione modificato R2
e molto vicino ad 1 mentre χ2 ridotto ' 0.0554).
In [4] abbiamo trovato anche i dati che descrivono il comportamento di densita,
entalpia e viscosita dell’acqua in ebollizione. Riportiamo questi dati con a fianco i
risultati estrapolati in figura A.1.2 e (A.1.3).
Nella prima figura riguardante l’acqua liquida troviamo la giustificazione della nostra
scelta del valore del coefficiente di espansione termica di pagina iii:
ρw ' ρw(1− β(T − T )) , (A.1.3)
ρw = 850 kg m−3 β = 0.00141 ◦C−1 T = 204◦C .
Nel caso volessimo per ρw una formula piu accurata potremmo utilizzare lo sviluppo
in serie fino al terzo ordine in T fornito in figura.
Nella seconda invece vediamo che se volessimo scrivere l’entalpia dell’acqua liquida
in ebollizione in dipendenza lineare dalla temperatura tra 17◦C e 310◦C potremmo
scegliere
u = cw(T − T ) , (A.1.4)
cw = 4550 J kg−1 ◦C−1 , T = 8.6◦C .
Anche per l’entalpia abbiamo fornito lo sviluppo fino al terzo ordine in figura A.1.2.
Per quel che riguarda la viscosita dell’acqua liquida, visto che i nostri serbatoi geo-
termici si trovano a temperature dell’ordine dei 300◦C a pagina iii abbiamo scelto
98
Figura A.1.2: I dati sperimentali per la densita, l’entalpia per unita di massa e la viscosita dell’acqua liquida
in ebollizione (linea continua) e i relativi fit (linea tratteggiata).
99
Figura A.1.3: I dati sperimentali per la densita, l’entalpia per unita di massa e la viscosita del vapore in
condensazione (linea continua) e i relativi fit (linea tratteggiata).
100
µ = 10−4 kg m−1 s−1. In figura A.1.2 e possibile trovare il comportamento della
viscosita col crescere della temperatura, approssimato con due funzioni: un espo-
nenziale tipo (A.1.1) o un esponenziale sommato ad una funzione lineare.
In figura A.1.3 troviamo invece descritto il vapore in condensazione. Nel prendere
Figura A.1.4: La pressione di ebollizione al variare della temperatura (triangoli) confrontata con: l’equazione
dei gas perfetti (linea puntiforme), la legge di van der Waals (linea spezzata) e la legge di van der Waals con i
parametri aw e bw modificati (linea continua). Siamo riusciti a scrivere la pressione in funzione della temperatura
alla transizione di fase sostituendo nelle (A.1.5) e (A.1.6) l’espressione della densita in funzione della temperatura
che abbiamo estrapolato in figura A.1.3.
in considerazione la transizione di fase non abbiamo utilizzato ne la legge dei gas
perfetti
P = ρwrw(T + 273.15) (A.1.5)
ne quella di van der Waals
P =rw(T + 273.15)
1ρw− bw
− awρ2w (A.1.6)
ma abbiamo preferito utilizzare le piu precise estrapolazioni di figura A.1.3: per
esempio abbiamo trovato che una funzione che si adatta bene al comportamento
della densita del vapore alla transizione di fase e la somma di un’esponenziale e di
una funzione lineare. In figura A.1.4 e possibile osservare come lavorerebbero le
suddette leggi alla transizione di fase.
In figura A.1.3 troviamo anche due sviluppi in serie che si adattano all’entalpia per
unita di massa del vapore e uno al prim’ordine che approssima la viscosita del va-
pore.
Prima di terminare questo paragrafo soffermiamoci su di una differenza sostanziale
101
nella quale ci si scontra se proviamo a descrivere il vapore alla transizione tramite
il reale comportamento della sua entalpia oppure tramite quello che si otterrebbe
usando la legge dei gas perfetti. Osserviamo figura A.1.5, in essa e possibile notare
a) b)
Figura A.1.5: L’entalpia dell’acqua liquida (linea continua) e del vapore (linea tratteggiata) al punto di
ebollizione. A sinistra possiamo osservare quella che abbiamo estratto da figura A.1.2 e (A.1.3) mentre a destra
quella che si otterrebbe utilizzando u = cv T +P (T )ρv(T )
e cv = 4800 J kg−1 ◦C−1 . Se estendessimo il ‘range’ di
temperatura fino a quella critica le due linee della figura a sinistra finirebbero per incontrarsi. In questo modo
l’entalpia dell’acqua rimane sempre minore di quella del vapore: l’entalpia dell’acqua reale non e mai abbastanza
da permettere la totale evaporazione.
la differenza di cui stiamo parlando: supponiamo di partire da uno stato dove sia
presente soltanto acqua liquida satura per poi fare una trasformazione isoentalpica
(che oltre ad una variazione di temperatura ne comporta anche una di pressione).
Mentre nel caso del gas perfetto (figura A.1.5b), qualunque sia l’entalpia iniziale
dell’acqua e sempre possibile passare isoentalpicamente allo stato saturo di vapo-
re, nel caso reale (figura A.1.5a) questo e impossibile: il vapore e troppo energetico
rispetto all’acqua e dunque quest’ultima non puo evaporare completamente. Riassu-
mendo qualunque sia il suo stato iniziale e impossibile che l’acqua liquida
riesca a trasformarsi completamente in vapore attraverso una trasforma-
zione isoentalpica. Nel paragrafo 5.3 ci siamo scontrati con un esempio nel quale
e possibile vedere molto bene le conseguenze di questa differenza.
A.2 La termodinamica dell’acqua liquida.
E’ vero che quando si rende necessaria la conoscenza delle proprieta termodinamiche
dell’acqua liquida lontano dalla transizione di fase non possiamo piu utilizzare i
risultati ottenuti nel precedente paragrafo ma essi comunque ci possono dare delle
102
ottime informazioni. Per esempio, visto che la densita dell’acqua varia lentamente
con la temperatura e quasi per niente con la pressione possiamo immaginare che la
sua densita sia sviluppabile cosı:
ρw ' ρw[1− β1(T − T ) + β2(T − T )2 − β3(T − T )3 + α(P − P )] . (A.2.1)
Per dare una stima dei contributi dei vari termini proviamo ad utilizzare i parametri
ottenuti nello sviluppo della densita al terzo ordine nella temperatura di figura A.1.2:
β1 '0.84
1000
◦C−1 β2 '
1.3 ∗ 10−3
1000
◦
C−1 β3 '7 ∗ 10−6
1000
◦
C−1 .
Visto che sappiamo che la comprimibilita dell’acqua e dell’ordine di 10−9 Pa−1 e
che il nostro ‘range’ di temperature e circa 300◦C e quello di pressioni circa 300 bar
siamo in grado di affermare che le correzioni a ρw in T 2 e T 3 sono dell’ordine del
10% mentre quelle in P solo del 3%. Per questo motivo la comprimibilita dell’acqua,
a parte quando non sia stato strettamente necessario (vedi capitolo 6), non e stata
presa in considerazione anche quando quelle in T 2 e T 3 sono state adottate. Questo
e proprio il caso sopracitato della densita dell’acqua in ebollizione. Dunque, a meno
di errori dell’ordine del percento, lo sviluppo di figura A.1.2 continua a essere valido
anche quando la pressione diventa piu piccola di quella d’ebollizione e dunque e
possibile utilizzarlo anche per acqua liquida non alla transizione di fase.
E’ possibile fare questa estensione anche per l’entalpia. Anche essa infatti, cosı come
la densita, non verra a dipendere dalla pressione a meno del percento:
du = sdT + vdP ,
essendo v dell’ordine di 10−3m3 kg−1 la variazione di pressione a temperatura co-
stante contribuisce a quella dell’entalpia per unita di massa in un termine dell’ordine
della decina di migliaia di Joule su chilogrammo mentre quest’ultima e dell’ordine
del milione. Nel capitolo 5 utilizzeremo per l’entalpia specifica dell’acqua liquida lo
sviluppo in serie al terzo ordine in T di figura A.1.2.
A.3 La termodinamica del vapore.
Cosı come nel precedente paragrafo qui il nostro scopo e trovare una legge che ben
approssimi il comportamento di densita ed entalpia specifica del vapore per pressioni
maggiori di quella di condensazione. In figura A.1.4 vediamo, alla transizione di fase,
tre alternative a confronto: la legge dei gas perfetti segue bene il comportamento
103
delle variabili termodinamiche per basse temperature ma poi la legge di van der
Waals diventa decisamente migliore. La terza alternativa, che non abbiamo avuto
il tempo di provare, potrebbe essere quella di far variare, al variare di pressione e
temperatura, i parametri a e b dell’equazione di van der Waals: sempre in figura
A.1.4 viene presentato il miglioramento apportato da questi due gradi di liberta in
piu in condizioni termodinamiche vicino alla transizione di fase.
Abbiamo provato ad applicare un metodo simile all’entalpia: visto che essa alla tran-
sizione di fase e sviluppabile in serie di potenze rispetto alla temperatura, proviamo
a fare lo stesso, lontano dalla transizione di fase, a pressione costante (un esempio in
figura A.3.1). E’ possibile trovare i dati necessari in [5]. Abbiamo sviluppato alcune
Figura A.3.1: L’entalpia specifica al variare della temperatura con P = 40 bar (triangoli) approssimata con
uno sviluppo al secondo ordine in T (linea continua).
isobare (1.5, 2, 3.5, 5, 8, 11, 14, 18, 25, 40, 55, 70, 90 bar) dell’entalpia specifica del
vapore fino al secondo ordine in T ottenendo per ognuna un set di tre parametri
(vedi ad esempio fig. (A.3.1)). A questo punto abbiamo estrapolato uno sviluppo
fino al secondo ordine in P che ben approssima la dipendenza dei tre parametri dalla
pressione (figura A.3.2). Il risultato ottenuto segue l’entalpia specifica del vapore
dai 1.5 bar fino ai 90 bar e dalla temperatura di transizione fino ai 390 bar con un
errore dell’ordine del per mille. Alcuni esempi in tabella A.3.1.
104
Figura A.3.2: La dipendenza da P dei tre parametri dello sviluppo in T dell’entalpia: u ' a1(P ) + a2(P )T +
a3(P )T 2. I punti sono i valori estratti da figure sul genere della (A.3.1) con la rispettiva barra d’errore, la linea
continua e lo sviluppo in P .
105
(bar, ◦C) entalpia specifica [5] entalpia con il nostro sviluppo errore relativo
(kJ kg−1) (kJ kg−1)
(3, 135) 2728.2 2722.4 2 ∗ 10−3
(3, 270) 3008.5 3006.4 7 ∗ 10−4
(3,350) 3172.0 3171.6 2 ∗ 10−4
(16, 210) 2817.7 2820.7 1 ∗ 10−3
(16,300) 3035.4 3034.8 2 ∗ 10−4
(16,350) 3146.0 3145.4 2 ∗ 10−4
(30, 240) 2824.5 2827.7 1 ∗ 10−3
(30, 340) 3092.4 3092.0 2 ∗ 10−4
(80, 300) 2786.5 2794.2 3 ∗ 10−3
(80, 350) 2988.1 2995.7 3 ∗ 10−3
(100, 320) 2782.8 2802.5 7 ∗ 10−3
Tabella A.3.1: L’entalpia del vapore non in condensazione. Nella prima colonna sono riportati alcuni dati che
abbiamo trovato in [5], nella seconda i corrispettivi ottenuti con il nostro sviluppo e nella terza il conseguente errore
relativo. Abbiamo scelto pressioni e temperature, nell’intervallo di nostro interesse, il piu possibile varie: sia vicino
che lontano dalla transizione (quando possibile).
106
Appendice B
Le funzioni di Bessel modificate.
Le soluzioni dell’equazione differenziale:
f ′′(x) +1
xf ′(x)− (1 +
α2
r2)f(r) = 0 , (B.0.1)
∀ α ∈ R+ ∪ {0} sono combinazioni delle funzioni di Bessel modificate di prima e
seconda specie: rispettivamente Iα(x) e Kα(x) . Queste ultime assumono valori reali
solo per x ≥ 0. Le prime vanno a zero per x → 0 (a parte I0(x) che tende a 1)
Figura B.0.1: Le funzioni di Bessel modificate di prima e seconda specie con α = 1 e 2.
mentre divergono per x→∞. Le seconde fanno l’esatto contrario.
Inoltre vale:
d
dxIα(x) = Iα+1(x) +
α
xIα(x)
d
dxKα(x) = −Kα+1(x) +
α
xKα(x)
(B.0.2)
107
e
Iα+2(x) = Iα(x)− 2(α + 1)
xIα+1(x)
Kα+2(x) = Kα(x) +2(α + 1)
xKα+1(x) .
(B.0.3)
Nel nostro lavoro abbiamo utilizzato soltanto α = 0 e 1. Riportiamo i comportamenti
asintotici delle funzioni di Bessel in questo caso in tabella B.0.1.
x→ 0+ x→ +∞I0(x) 1 + 1
4x2 + o(x4) 1
2
√2πx
(1− 18x
+ o( 1x2
))ex
I1(x) 12x+ 1
16x3 + o(x5) 1
2
√2πx
(1− 38x
+ o( 1x2
))ex
K0(x) log( 2xeγ
) + 14
log( 2xeγ−1 )x2 + o(x4) 1
2
√2πx
(1− 18x
+ o( 1x2
))e−x
K1(x) 1x− 1
2log( 2
xeγ−12
)x+ o(x3) 12
√2πx
(1 + 38x
+ o( 1x2
))e−x
Tabella B.0.1: I comportamenti asintotici delle funzioni di Bessel utilizzate nel nostro lavoro.
108
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