Norma,valore e individuo in G. Canguilhem

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ANTONIO STEFANO CARIDI NORMA, VALORE E INDIVIDUO IN GEORGES CANGUILHEM Una delle acquisizioni fondamentali della riflessione sul vivente di Georges Canguilhem è la comune origine di nor- ma e vita, la loro reciproca immanenza nelle molteplici indi- viduazioni in cui si declina la vita. La vita si dà attraverso delle norme che ne regolano il funzionamento, norme che sono l’esplicarsi del movimento della vita stessa, non un pia- no esterno che ne determina a priori lo svolgimento. In que- sto assunto convergevano l’assimilazione del nuovo paradig- ma che le scienze del vivente avevano imposto alla riflessio- ne epistemologica del Novecento, così come la «filosofia bio- logica» che Canguilhem traeva essenzialmente da Nietzsche e da Bergson, capaci di leggere la dinamica produttiva della vita nella sua genesi. Ma il problema della norma rimanda, come suo sfondo, a quello del valore, che per Canguilhem è connaturato all’individualità del vivente. La vita, infatti, è sempre un movimento di polarizzazione che crea intorno a sé un ordine assiologico, di scelta e di esclusione, e solo al- l’interno di questa polarità si può cogliere il gioco oppositivo del normale e del patologico, così come la distinzione di va- lori positivi e valori negativi della vita. Ripercorrere il senso e la funzione del livello valoriale, di ciò che permette di distinguere tra normale e patologico, può essere utile a porre nella giusta luce il rapporto tra co- noscenza e vita, fondamentale in tutta l’opera di Can- guilhem. Valori e norme sono sempre in riferimento ad un soggetto 1 , ad uno sguardo prospettico a partire dal quale un’individualità ben determinata pone un senso o si ritiene insoddisfatta del senso trovato. Non vi è un piano trascen- dentale separato dalla vita e il soggetto che conosce è innan- zitutto un soggetto vivente. Ma la conoscenza scientifica del- 1 Il merito di aver posto con forza il tema del soggetto in Canguilhem spetta ad A. BADIOU, che, in Y a-t-il une théorie du sujet chez Georges Canguilhem, in Georges Canguilhem. Philosophe, historien des sciences, Actes du Colloque (6-7-8 décembre 1990), Albin Michel, Paris 1993, pp. 295-305, pur negando ogni natura psicologica, trascendentale o sostanziale del soggetto in Can- guilhem, ne sottolinea la presenza in quello scarto irriducibile che il vivente pone tra sè e la vita, scarto che costituisce l’avventura stessa del vivente e il suo sentirsi sempre «spiazzato» [déplacé] rispetto alla vita. 00 CARIDI:GABBIAITINERARI1_A.qxd 05/07/12 22.42 Pagina 1

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ANTONIO STEFANO CARIDI

NORMA, VALORE E INDIVIDUOIN GEORGES CANGUILHEM

Una delle acquisizioni fondamentali della riflessione sulvivente di Georges Canguilhem è la comune origine di nor-ma e vita, la loro reciproca immanenza nelle molteplici indi-viduazioni in cui si declina la vita. La vita si dà attraversodelle norme che ne regolano il funzionamento, norme chesono l’esplicarsi del movimento della vita stessa, non un pia-no esterno che ne determina a priori lo svolgimento. In que-sto assunto convergevano l’assimilazione del nuovo paradig-ma che le scienze del vivente avevano imposto alla riflessio-ne epistemologica del Novecento, così come la «filosofia bio-logica» che Canguilhem traeva essenzialmente da Nietzschee da Bergson, capaci di leggere la dinamica produttiva dellavita nella sua genesi. Ma il problema della norma rimanda,come suo sfondo, a quello del valore, che per Canguilhem èconnaturato all’individualità del vivente. La vita, infatti, èsempre un movimento di polarizzazione che crea intorno asé un ordine assiologico, di scelta e di esclusione, e solo al-l’interno di questa polarità si può cogliere il gioco oppositivodel normale e del patologico, così come la distinzione di va-lori positivi e valori negativi della vita.

Ripercorrere il senso e la funzione del livello valoriale, diciò che permette di distinguere tra normale e patologico,può essere utile a porre nella giusta luce il rapporto tra co-noscenza e vita, fondamentale in tutta l’opera di Can-guilhem. Valori e norme sono sempre in riferimento ad unsoggetto1, ad uno sguardo prospettico a partire dal qualeun’individualità ben determinata pone un senso o si ritieneinsoddisfatta del senso trovato. Non vi è un piano trascen-dentale separato dalla vita e il soggetto che conosce è innan-zitutto un soggetto vivente. Ma la conoscenza scientifica del-

1 Il merito di aver posto con forza il tema del soggetto in Canguilhem spettaad A. BADIOU, che, in Y a-t-il une théorie du sujet chez Georges Canguilhem,in Georges Canguilhem. Philosophe, historien des sciences, Actes du Colloque(6-7-8 décembre 1990), Albin Michel, Paris 1993, pp. 295-305, pur negandoogni natura psicologica, trascendentale o sostanziale del soggetto in Can-guilhem, ne sottolinea la presenza in quello scarto irriducibile che il viventepone tra sè e la vita, scarto che costituisce l’avventura stessa del vivente e ilsuo sentirsi sempre «spiazzato» [déplacé] rispetto alla vita.

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la vita non può prescindere dalla posizione di valori propriadella vita, che, da incosciente, diventa cosciente nella filoso-fia e nella medicina. Tale conoscenza, però, non viene dall’e-sterno, ma dal soggetto stesso, dalla sua normatività. Ed èproprio tale irriducibile “soggettività” che Canguilhem hasempre difeso, contro le pretese di una medicina positivistache tendeva a disconoscere le singolarità e le differenze e,verso gli ultimi anni, contro i rischi di una hubrys tecno-scientifica disumanizzante, capace di mettere in pericoloogni norma e normatività individuale2. E anche quando ar-rivò, nell’ultima fase della sua riflessione, ad una riformula-zione del paradigma della vita, legandolo alla materialità diun logos iscritto nelle basi costitutive del vivente, con un ap-piattimento forse un po’ acritico su una versione riduzioni-stica della biologia molecolare, l’accento posto sull’errore,sull’avventura e la contingenza del vivente continuavano arimandare al «soggettivismo» costitutivo della filosofia bio-logica di Canguilhem.

1. Un vitalismo razionaleIn una lucida recensione di Les mots et le choses di Michel

Foucault, Georges Canguilhem scriveva che «non c’è, oggi, fi-losofia meno normativa di quella di Foucault, meno estraneaalla distinzione tra normale e patologico»3. A questo giudiziorispettoso del procedimento archeologico del suo famoso al-lievo, Canguilhem faceva seguire una domanda, che lasciavatrasparire qualche nota di dissonanza: «Trattandosi di un sa-pere teorico, è possibile pensarlo nella specificità del proprioconcetto senza riferirlo a qualche norma?». E l’obiezione ve-niva in seguito esplicitata nel sottolineare la non coincidenzadella “positività” di un discorso con il suo valore di verità,che eccede le condizioni di possibilità storicamente date.

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2 Sulla difficoltà teorica che il paradigma della normatività del vivente diCanguilhem incontra di fronte alle sfide attuali della genetica ha paginemolto efficaci C. DEBRU, Le possibile et les biotechnologies, PUF, Paris 2003,soprattutto pp. 14 e sgg. Cfr. anche E. GIROUX, Après Canguilhem: définir lasanté et la maladie, PUF, Paris 2010.3 G. CANGUILHEM, Mort de l’homme ou épuisement du cogito?, in «Critique»,n. 242, luglio 1967, pp. 599-618, tr. it., Morte dell’uomo o estinzione del cogi-to?, Appendice alla traduzione italiana di M. FOUCAULT, Le parole e le cose,Rizzoli, Milano 1967, trad. it. di E.A. Panaitescu, pp. 417-435. La traduzio-ne italiana del titolo non rende però compiutamente il senso dell’originale.In épuisement, infatti, andrebbe colto più che un semplice estinguersi, unsemplice venir meno (in tal caso non si coglierebbe neanche l’alternativacon mort de l’homme, il senso di un processo di ‘inaridimento’ e di ‘svuota-mento’, come appunto di una struttura ‘devitalizzata’, per la perdita di unalinfa interna.

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Ogni discorso, infatti, continuava Canguilhem, assume co-genza a partire da una norma, cioè da un piano valoriale cheistituisce un ordine di verità non completamente riducibileall’ordine del discorso. L’esempio che Canguilhem fa è la fisi-ca del XIX, cioè un discorso che successivamente è statoemendato delle sue parti caduche e superate, «scollate» dalleparti che hanno «resistito» in quanto portatrici di un nucleodi universalità, conquistato con «accanimento» e dotato diuna «purezza di rigore» che lo emenda delle parti che si rive-lano «prive di significato». Questa obiezione, ovviamente,non andava nel senso di erigere la scienza, positivisticamenteintesa, a modello sovrastorico, ma di indicare la verità comeun valore in grado di orientare nella determinazione dell’er-rore: il piano assiologico è consustanziale al discorso filosofi-co e per convalidare un discorso occorre un sistema valorialeche non si riduce mai agli schemi interni ad un sapere stori-camente dato. Del resto, e in questo Canguilhem è vicino al-l’altro grande rappresentante della filosofia e dell’epistemolo-gia francese del Novecento, Gaston Bachelard4, la storia dellescienze è una storia normativa, concepita come impresa cri-tica che verte deliberatamente su dei giudizi di valore. Perentrambi, infatti, la dimensione propriamente filosofica dellastoria delle scienze non riguarda la costituzione o la spiega-zione di una rete di fatti, ma ruota sempre intorno ad un nu-cleo di valori che ha nella posizione della verità il polo di ri-ferimento, ottenuto per scarti, rotture e innovazione rispettoal sapere costituito storicamente5.

3Norma, Valore e individuo in Georges Canguilhem

4 Cfr. D. LECOURT, Pour une critique de l’épistemologie: Bachelard, Can-guilhem, Foucault, Maspero, Paris 1972. Come lo stesso Lecourt sottolineaaltrove, Canguilhem non segue però Bachelard fino al punto di indicarenella scienza il criterio guida della filosofia: alla filosofia infatti spetta sem-pre il compito di «chiedere alla ragione i suoi titoli genealogici», D. LE-COURT, Georges Canguilhem, PUF, Paris 2008, p. 67. A Bachelard, di cui fusuccessore nella direzione del l’Institut d’histoire des sciences et des techni-ques alla Sorbona, Canguilhem dedicò diversi saggi, Sur une épistémologieconcordatarie, in Hommage à Gaston Bachelard. Etudes de philosophie etd’histoire des sciences, Paris, PUF 1957, pp. 3-12, e L’histoire des sciencesdans l’œuvre épistémologique de Gaston Bachelard, Ibi, pp.173-186 GastonBachelard et les philosophes, Ibi, pp. 187-195 e Dialectique et philosophie dunon chez Gaston Bachelard, Ibi, pp. 196-207.5 M. FOUCAULT, ne L’ordre du discours, Gallimard, Paris 1971, pp. 35-36, ri-prende la famosa definizione di Canguilhem, «être dans le vrai», usata aproposito di Galileo e la scienza del suo tempo, per legare la veridizione deldiscorso scientifico alle pratiche e ai saperi costituiti storicamente. Ma,come fa notare E. BALIBAR, Science et vérité dans la philosophie de GeorgesCanguilhem, in Georges Canguilhem. Philosophe, historien des sciences, cit.,pp. 58-77, in Canguilhem la verità ha sempre una portata normativa, istitu-tiva di un ordine di verità, ben diversa dal relativismo di una «scienza nor-male» à la Kuhn.

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Il livello assiologico del discorso non è quindi eliminabi-le; esso è il luogo del soggetto vivente e cosciente, attraversoil quale si affermano i significati che ne costituiscono la fat-ticità storica. Significati che sono portatori di valori, che im-plicano sempre scontro tra opzioni opposte. Ma qual è illuogo da cui parla questo soggetto? Non è certo, nemmenoper Canguilhem, il piano trascendentale, la cui opera di fon-dazione dell’empirico, come ha dimostrato Foucault, risultaeffetto di quel rispecchiamento reciproco tra empirico e tra-scendentale di cui il cogito resta prigioniero. Ma Can-guilhem, nello stesso testo, offre un’indicazione per uscireda questa impasse, indicazione che Foucault non avrebbepercorso fino in fondo. Non c’era solo la linea trascendenta-le che ha poi dato vita all’episteme del cogito, ma ancheun’altra opzione che Canguilhem individua in Auguste Com-te e nella sua idea di una scienza della società fondatasull’«a priori biologico», non nel senso di una riduzione adun livello naturalisticamente inteso, ma nell’individuare nel-la vita il radicamento dell’attività assiologica. Il brano meri-ta di essere citato estesamente:

Nella sua analisi dei rapporti tra l’empirico e il trascen-dentale, Foucault riassume molto chiaramente il processocon cui le filosofie non riflessive del XIX secolo hanno cer-cato di limitare “la dimensione propria della critica aicontenuti d’una coscienza empirica” […[, senza poter farea meno di operare una divisione non già tra il vero e il fal-so o il fondato e l’illusorio, ma tra il normale e l’anormalequali venivano indicati […] dalla natura o dalla storia del-l’uomo. Foucault cita Comte solo una volta. Eppure il casodi quest’ultimo era da seguire più da vicino. Comte hapensato spesso di essere il vero Kant grazie alla sostituzio-ne del rapporto scientifico organismo-ambiente al rappor-to metafisico soggetto-oggetto. Gall e Condorcet fornironoa Comte i mezzi per riuscire là dove Kant aveva fallito[…], l’idea di un quadro di funzioni che avesse il ruolo del-la tavola kantiana delle categorie. L’a priori fisiologico e l’apriori storico si riassumevano nel fatto che è l’umanità chepensa entro l’uomo. Ma in Comte l’a priori biologico è una priori per l’a priori storico. La storia non può snaturarela natura. […] La filosofia di Comte è l’esempio tipico d’untrattamento empirico del progetto trascendentale mante-nuto. Tale trattamento empirico cerca il proprio strumen-to principale nella biologia […]6.

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6 G. CANGUILHEM, La morte dell’uomo o l’estinzione del cogito?, art. cit., pp.433-435.

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Si trattava, cioè, di sostituire «il rapporto scientifico or-ganismo-ambiente al rapporto metafisico soggetto-oggetto»,col riconoscimento, da parte di Canguilhem, che «la storianon può snaturare la natura». Ovviamente, Canguilhem nondisconosceva l’attenzione che Foucault prestava alla biolo-gia, elemento di costruzione dell’uomo che lo sguardo ar-cheologico sull’antropologia integra nell’analisi delle scienzeumane al pari del lavoro e del linguaggio. Né si può dire cheCanguilhem ponga la biologia come una sorta di invariantesottratta al condizionamento storico e sociale. Più semplice-mente, estendendo il confronto all’impostazione complessi-va di Canguilhem rispetto a Foucault, emerge già in questopasso un’attenzione alla specificità del livello biologico nellacostituzione del sapere antropologico, che entra sì in riso-nanza con i dispositivi sociali storicamente prodotti, senzaperò lasciarsi risolvere completamente in essi. Quello cheCanguilhem suggeriva era piuttosto una rotazione della pro-spettiva, che ancorasse la ricostruzione dell’antropologiasull’indicatore teorico della vita, assunto nella sua costitu-zione di a priori fisiologico. In ciò, Canguilhem si rivelavafedele ad un razionalismo inteso come un valore radicatonell’essere stesso del vivente. Si tratta di un’indicazione chepuò costituire la cifra di tutto il pensiero di Canguilhem,espresso già alla fine di un importante articolo, scritto nel1947, in cui, attraverso una ricognizione sulla filosofia bio-logica in Francia, si profilava un programma filosofico a cuisarebbe stato fedele nel corso della sua carriera intellettuale.Lo scritto si concludeva con l’osservazione che «il rinnova-mento in Francia dell’interesse metafisico e non più soltantoscientifico per i problemi biologici» avrebbe dovuto imporreuna riformulazione dello statuto stesso della ragione, chenon è «tanto un potere di appercezione dei rapporti essen-ziali nella realtà delle cose o dello spirito quanto un potered’istituzione di rapporti normativi nell’esperienza dellavita»7. Il legame con la vita è ciò che permette di costruireuna gerarchia dei valori, anche rispetto al valore della scien-za – l’unico ambito entro cui si può dare la verità. La sua di-mensione universale, infatti, avviene sulla contingenza e sul-l’aleatorietà di una scelta per la conoscenza che, nietzschea-namente, si radica nel movimento stesso della vita, conside-rata come attività di posizione, di mantenimento e di rinno-

5Norma, Valore e individuo in Georges Canguilhem

7 G. CANGUILHEM, Note sur la situation faite en France à la philosophie bi-ologique, in «Revue de métaphysique et de morale», juillet-octobre 1947,p. 332.

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vamento delle norme di un essere vivente. Se, quindi, perBachelard, «l’asse di valorizzazione epistemologica è in ef-fetti dato dal vettore della matematizzazione, che definisce ilsenso nel quale si compie l’attività razionalista delle scienzefisiche, in Canguilhem, il tema della valorizzazione si iscrivein un campo di ricerca aperto da una riflessione originale difilosofia medica e di epistemologia biologica, in cui le ideedi norma, normalità, normalizzazione, e con esse la proble-matica del giudizio di valore, sono già state messe in campoa partire dal significato principale dei valori del vivente eper il vivente»8. Del resto, come ricorda spesso Canguilhem,il termine stesso di valore (dal latino valere, stare bene, go-dere di buona salute) ha un riferimento stretto, già nell’eti-mologia, col campo della medicina.

2. La normalità tra sociologia e biologiaNell’indicazione del biologico come faglia di radicamento

dei valori e chiave esplicativa della costituzione stessa dell’u-mano, non va letto alcun intento riduzionistico o semplice-mente naturalistico, ma una diversa configurazione della ra-gione umana, vista nel suo aspetto genetico e nelle sue so-glie di inventività a partire dall’immanenza di sviluppo dellapotenza normativa della vita. Il riferimento a Comte può es-sere rivelatore di alcuni snodi centrali della riflessione epi-stemologica e filosofica sulla vita di Canguilhem, anche nel-la distanza decisiva rispetto ad un’idea di normalità tuttagiocata in senso quantitativo e cristallizzata su un’idea stati-ca e omologante di ordine sociale.

Come si legge in Il normale e il patologico9, il termine dinormalità ha una storia recente, dato che il suo spettro se-mantico si va definendo «tra il 1759, data di comparsa deltermine normale, e il 1834, data di comparsa del terminenormalizzato»10. La normalità designa innanzitutto ciò che

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8 M. FICHANT, Georges Canguilhem et l’Idée de la philosophie, in Georges Can-guilhem. Philosophe, historien des sciences, cit., p. 39.9 G. CANGUILHEM, Essai sur quelques problèmes concernant le normal et lepathologique, Publications de la faculté des lettres de Strasbourg, Clermont-Ferrand, imprimerie La Montagne, 1943. Questa tesi di medicina fu ripub-blicata, con la sola aggiunta di una prefazione nel 1950, Paris, Belles Let-tres. Nel 1966, L’Essai diventa la prima sezione di un libro intitolato Le Nor-mal et le pathologique, Paris, PUF 1966, che contiene, nella seconda edizio-ne, tre saggi scritti tra il 1963 e il 1966. Su questa edizione si basa la tradu-zione italiana di, Il normale e il patologico, Torino, Einaudi 1998, trad. it. diD. Buzzolan.10 Il normale e il patologico, cit., p. 208

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è fatto secondo la norma (che in latino voleva semplicemen-te dire squadra, regolo), poi viene a designare ciò che èconforme ad una regola e, più in generale, ogni comporta-mento e modo d’essere che si pone in linea con una serie divalori espliciti o impliciti che innervano lo spettro dell’esi-stenza sociale.

Ma perché il concetto di normalità ha una storia recente?Se facciamo riferimento al passo di Canguilhem su Foucaultcitato sopra, si può capire perché esso emerga solo in un’e-poca in cui si comincia ad avvertire l’assenza di ogni criterioesterno per le condotte umane, di ogni riferimento trascen-dente. È quando l’uomo è lasciato a se stesso, fuori da ogniregola che gli indichi la sua posizione, che la questione dellanormalità può essere posta: che cos’è essere normale se l’u-mano ha davanti a sé una molteplicità di tavole di valori acui fare riferimento? Come garantire il discrimine tra nor-male e patologico senza ricadere nell’arbitrio?

Non è un caso se nell’impostazione trascendentale diKant, per esempio nell’Antropologia da un punto di vistapragmatico, la definizione del pensiero dell’uomo è sprovvi-sta di ogni riferimento alla normalità, in quanto il criterioordinatore è quello del trascendentale che non ammette in-certezze. Al contrario, il Cours de philosophie positive di Au-guste Comte vede un abuso di espressioni come «tipo nor-male», la «società normale», «l’uomo normale»11. Ciò che ècambiato è il punto di vista a partire dal quale ci si situa perconoscere. Riconducendo la conoscenza ad una osservazio-ne positiva, Comte fa chiaramente emergere la necessità diattenersi all’empirico e, di conseguenza, di formulare unaregola capace di sussumere nel suo ambito certi fenomeniempirici e di comprendere certi tipi di scarti. Il normale nonè altro che la dimostrazione di un ordine dall’interno dei fe-nomeni osservati, il risultato di una regola fattuale, di ungiudizio capace di distinguere tra i vari comportamenti omaniere d’essere possibili. La normalità è allora il frutto diun giudizio che tende a valorizzare le regolarità che emergo-no nei vari ambiti di realtà.

Come Canguilhem illustra nel secondo capito dell’Essai,«Auguste Comte e il “principio di Broussais”», per la primavolta la biologia scientifica, attraverso la sistemazione data-ne da Bichat, diventa elemento fondamentale dello studiodella società. Collocando il fenomeno dell’irritabilità alla ra-

7Norma, Valore e individuo in Georges Canguilhem

11 Cfr. G. LE BLANC, L’invention de la normalité, in «Esprit», mai 2002, p.145 sgg.

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dice di un’analisi della vita, Broussais ha fatto emergere unacomprensione dell’ordine dell’umano nelle sue manifestazio-ni vitali. Partendo da un ordine fisiologico ritenuto normale,perché portatore di un ordine sano, ogni sua alterazione ve-niva descritta su base quantitativa e scientificamente misu-rabile, in una scala continua che univa i poli contrapposti dinormale e patologico12. Comte si riferisce proprio a questoprincipio per estenderlo all’insieme dei corpi organizzati,con un parallelismo stretto tra fisica animale (biologia) e fi-sica sociale (sociologia). Nella 48a lezione del Cours de philo-sophie positive, fondamentale per comprendere il suo pen-siero intorno alla relazione tra biologia, sociologia e medici-na, la biologia è sì posta alla base dello studio delle regola-rità sociali, in quanto capace di delineare una teoria norma-tiva della natura umana da cui non bisogna mai derogare,ma si fa luce anche una modulazione diversa delle caratteri-stiche dell’ordine sociale, attraversato da un dinamismo in-terno e da sistemi di regolazioni complesse che permettonopassaggi di stato qualitativamente diversi13. Ordine e pro-gresso14 rappresentano per Comte i poli strutturali entro cuispiegare le variazioni di stato, anche qualitativi, di una so-cietà, che non può ridursi integralmente all’ordine naturaledella fisiologia. La sociologia si differenzia, quindi, dallabiologia per il fatto che le patologie sociali possono funzio-nare come alterazioni qualitative, modificando il rapportostrutturale di una società con se stessa.

La riflessione di Canguilhem riprende il dispositivo filo-sofico di Comte nel suo intreccio di antropologia, biologia,medicina e scienze umane, ma con una rotazione di senso15.Quello che Canguilhem valorizza di Comte è, per così dire,l’uso euristico del concetto di normalità, cioè la costruzionedi un tipo secondo i vari livelli disciplinari che strutturano

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12 F. J. BROUSSAIS, De l’irritation et de la folie, Paris 1828, I partie, chap. 1,pp. 23-27.13 Cfr. G. LE BLANC, La vie humaine. Antropologie et biologie chez GeorgesCanguilhem, PUF, Paris 2002, pp. 6 e sgg. Su Comte cfr. anche P.MACHEREY, Comte, la philosophie et les sciences, PUF, Paris 1989. Coglie be-ne l’influenza di Comte sulla riflessione biologica di Canguilhem M. CAM-MELLI, Da Comte a Foucault attraverso Canguilhem. L’avventura ermeneuticadella biopolitica, in «Filosofia politica», XX, n. 1, aprile 2006.14 La Théorie de l’ordre et du progrès era il titolo del mémoire per il DEA cheil giovane studente Canguilhem aveva preparato nel 1926 sotto la guida diCélestin Bouglé.15 Cfr. J.-F. BRAUNSTEIN, Canguilhem, Comte et le positivisme, in F. BING, J.-F. BRAUNSTEIN, F. DAGOGNET, Actualité de Georges Canguilhem: Le normal etle pathologique, Synthélabo, Le Plessis-Robisnon 1998, pp. 95-120.

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l’essere umano (dalla biologia alla sociologia), in modo darender conto delle variazioni e creazioni di nuove configura-zioni. Il tipo normale, permettendo una comprensione deifenomeni patologici corrispondenti, appare come la costru-zione di una regola destinata ad ordinare le variazioni. Pro-prio come le patologie si rapportano, nell’ordine vitale, a deifunzionamenti normali, nell’ordine sociale occorre com-prendere quali eventi si collegano a quale ordine. La norma-lità non è allora nient’altro che un punto di vista astratto chevale per un dominio di realtà (la biologia, la sociologia) de-stinato a individuare le modificazioni concomitanti. Solo lamessa in rilievo di una regolarità sociale permette di identi-ficare le modificazioni come le crisi o le rivoluzioni.

In Canguilhem viene così meno l’idea di una semplice tra-sposizione del livello di spiegazione biologica a quello socia-le. Come avrebbe detto nella parte aggiunta alla seconda edi-zione, «la norma di vita di un organismo è data dall’organi-smo stesso, contenuta nella sua esistenza»16, mentre «le nor-me sociali sono da inventare e non da osservare»17. Ritornan-do sull’idea positivista secondo la quale «l’organizzazione so-ciale non è altro e niente di più che un aspetto dell’organizza-zione umana» e «l’organizzazione umana è, anch’essa, benconosciuta solo grazie alla decisione metodologica “di indivi-duare l’uomo come un termine della serie animale”»18, Can-guilhem ne sottolinea l’attualità, insieme alla necessità diriformulare alcuni presupposti di fondo. E, oltre a distanziar-si dall’organicismo di Comte, Canguilhem ne critica anche ilconcetto di sviluppo, che tende a leggere il mutamento degliindividui e delle società incardinato in una logica preordina-ta. Ad esso si contrappone il divenire «nel corso del qualel’uomo si crea imprevedibilmente come un’avventura»,aprendosi al contingente e alla creazione di nuovi equilibrinon previsti19. Organicismo e teoria dello sviluppo apparten-gono a pieno titolo a quello che altrove Canguilhem definisce«ideologia scientifica»20. Da questo punto di vista, la critica

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16 Il normale e il patologico, cit., p. 221.17Ibid., p. 222. Cfr. anche F. DUROUX, L’imaginaire biologique du politique, inGeorges Canguilhem. Philosophe, historien des sciences, cit., pp. 49-57.18 G. CANGUILHEM, Histoire de l’homme et nature des choses selon AugustComte dans le “Plan des travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser lasociété”, «Les Etudes philosophiques», juillet-septembre 1974, p. 294.19 G. CANGUILHEM, G. LAPASSADE, J. PIQUEMAL, J. ULMANN, Du développementà l’évolution au XIX siècle, Thalès 1960, nuova edizione PUF, Paris 1985.20 G. CANGUILHEM, Qu’est-ce qu’une idéologie scientifique?, in Idéologie et ra-tionalité dans l’histoire des sciences de la vie, Paris, Vrin 1977.

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dello sviluppo si lega alla critica della natura umana intesa insenso essenzialistico. Non vi è, infatti, per Canguilhem, unanatura dell’essere umano che presupponga un piano norma-tivo a cui attenersi. La vita, sempre sottomessa a delle nor-me, non è una norma che racchiuda tutte le altre21.

3. Individualità e normatività: le declinazioni della vita inCanguilhem

Se Comte è uno degli ispiratori del rapporto tra vita enorme, i referenti filosofici di Canguilhem nel pensare ilproblema della vita sono Nietzsche e Bergson. Bergson èpresente soprattutto nella prima fase della delineazione del-la sua “filosofia biologica”22. Seguirà poi una graduale revi-sione che lo porterà, soprattutto a partire dagli anni 60, a ri-vedere profondamente, ma mai a cancellare, il rapporto conl’autore dell’Evolution créatrice. Di certo, l’assimilazione pro-duttiva dei nuclei ispiratori di questi due autori avviene, inCanguilhem, attraverso il vocabolario comtiano della nor-ma, come si è visto. Alla base, infatti, vi è il concetto di nor-matività, la capacità di ridefinire continuamente le proprienorme in base alle sfide dell’ambiente, senza mai ricadere inuna norma predefinita che riassuma un tipo “normale” sta-bilizzato. Nessuna norma preesiste alla normatività, contra-riamente a Comte, anche se la normatività si riconosce nelpassaggio da una norma ad un’altra e si legge così nel voca-bolario della norma, a differenza di Nietzsche e di Bergson.

Una delle tesi centrali della filosofia bergsoniana risiedenell’affermazione del carattere creatore della vita, in quelmovimento incessante che incontra come ostacolo l’inerziadella materia. Dall’ameba all’essere umano, Bergson vedeuno stesso sforzo per resistere al torpore della materia e in-trodurre il nuovo nel reale. La vita è così situata in un movi-mento di differenziazione e di individuazione il cui rischiomaggiore è l’estenuazione del processo stesso. Ciò vuol direche la vita stessa è sottomessa a una tensione essenziale tralibertà e determinismo, invenzione e abitudine23.

Nella rassegna critica scritta nell’immediato dopoguerra,in cui Canguilhem prendeva posizione per la – a suo mododi vedere – necessaria assimilazione da parte della cultura

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21 Cfr. G. LE BLANC, Canguilhem et les norms, Paris, PUF 1998.22 Cfr. G. LE BLANC, Bergson, Canguilhem et le problème de la création, in An-nales bergsoniennes, II, Bergson, Deleuze et la phénoménologie, PUF, Paris2004, pp. 304-333.23 F. WORMS, Bergson ou les deux sens de la vie, PUF, Paris 2004.

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francese del sapere biologico più avanzato, proprio per fare iconti con la portata devastante che l’utilizzo da parte del na-zismo di queste tesi aveva comportato, si indicavano inNietzsche e Bergson i grandi interpreti filosofici che aveva-no aperto squarci fondamentali sul tema della vita, neglettonella tradizione filosofica francese, da Descartes a Sartre. Inparticolare, lo stesso problema della tecnica doveva essereripensato, secondo Canguilhem, a partire dall’«organologiagenerale» di Bergson, che aveva individuato nelle invenzionitecniche nient’altro che dei prolungamenti della vita24.

La portata principale della filosofia bergsoniana è perCanguilhem aver collegato il tema della vita a quello dellacreazione25. Questo permette a Bergson di non ricadere inteorie del divenire predeterminato, di tenere insieme contin-genza e imprevedibilità sul piano unico della manifestazionedella forza vitale. Non c’è quindi né preordinazione, né sem-plice adattamento, ma un continuo processo di individua-zione che permette la creazione di forme sempre nuove e le-gate tra loro da una linea di evoluzione che si può coglieresolo nel suo farsi26. Questo, ovviamente, non vuol dire che inquesta fase ci sia una adesione completa alle tesi di Bergson.Sicuramente, in Canguilhem non rimane alcuna forma didualismo, ancora presente in Bergson, tra la forza vitale el’ostacolo posto dalla solidificazione del mondo materiale,tra lo sforzo vitale della vita sorgente contro lo stabilizzarsidella vita divenuta e individuata. Per Bergson e Canguilhem,la vita è in se stessa pensata come creazione, ma, per Can-guilhem la vita ha senso solo se ricollocata nell’intreccio diun singolo con l’ambiente di vita dato.

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24 G. CANGUILHEM, Note sur la situation faite en France à la philosophie bi-ologique, art. cit. Canguilhem riprende e sviluppa il tema della tecnica comeprolungamento e intensificazione della potenza della vita nel saggio Machi-ne et organisme, compreso ne La connaissance de la vie, Vrin, Paris 1951 (2°edizione 1975), pp. 129-165.25 Al terzo capitolo dell’Evolution créatrice, Canguilhem dedicò un corsouniversitario nel 1943, quando insegnava all’Università di Strasburgo. Ilcorso, pubblicato nel «Bullettin de la Faculté des Lettres de Strasbourg»,avril-juin 1943, è stato tradotto a cura di Giuseppe Bianco in Il significatodella vita, Mimesis, Milano 2006, che comprende, oltre al corso di Can-guilhem, un corso universitario sul terzo capitolo dell’Evolution créatrice diGilles Deleuze della fine degli anni 50.26 Significativa, da questo punto di vista, la ripresa che Canguilhem operadell’immagine del nuotatore che adatta i suoi movimenti secondo un inter-scambio continuo con le dinamiche dell’acqua in cui è immerso. Allo stessomodo, il rapporto dell’evoluzione della vita con gli ostacoli posti dall’am-biente non vanno intesi in senso meccanico e predeterminato, ma come unadinamica di continue interconnessioni. Cfr. Il significato della vita, cit. p. 45.

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Ma è soprattutto attraverso una rielaborazione di deter-minate intuizioni di Nietzsche che Canguilhem arriva a deli-neare il concetto fondamentale dell’Essai e di tutta la sua«filosofia biologica», quello di normatività. Non si può mi-surare l’influenza che Nietzsche ha avuto su Canguilhem sulnumero di citazioni, scarse e non sempre centrali, presentinella sua opera27. Piuttosto, Nietzsche è l’autore che, insie-me a Bergson, permette a Canguilhem di dare una curvaturaoriginale alla sua filosofia biologica, liberandola dall’accusadi irrazionalismo che fino allora aveva pesato su di essa. Perpoter apprezzare meglio l’influenza di Nietzsche, occorreperò ripercorrere il modo in Canguilhem tentò di ridefinirealcuni concetti fondamentali della biologia e della medicinadel suo tempo.

Individualità e normatività sono sicuramente due fili con-duttori che permettono di leggere tutta la filosofia biologicadi Canguilhem. L’acquisizione fondamentale su cui si basal’Essai è che, a livello biologico, è sempre l’individuo il sog-getto delle sue norme. Questa affermazione giustifica l’ideache non vi è normatività vitale in sé. «Ciò che è normale inquanto normativo, in condizioni date, può divenire patologi-co in un’altra situazione, se si mantiene identico a sé stesso.Di tale trasformazione è giudice l’individuo, in quanto è lui apatirne, nel momento stesso in cui si sente inferiore ai com-piti che la nuova situazione gli pone»28. E nella pagina finaledell’Essai, troviamo questa definizione: «Non è […] un meto-do oggettivo che fa qualificare come patologico un fenomenobiologico considerato. È sempre la relazione all’individuomalato, tramite la mediazione della clinica, ciò che giustificala qualificazione di un fenomeno come patologico.»29 Ciòvuol dire che la percezione dello stato patologico appartienealla persona interessata, non ad una semplice misurazionescientifica. È solo una questione di punti di vista, della pro-spettiva implicata, che non arriva mai ovviamente a confon-dere normale e patologico, ma ad incardinarne la distinzionesolo sull’individuo nella sua irriducibile singolarità. La fonteprincipale cui Canguilhem attinge per la sua critica alla con-cezione oggettivistica e quantitativa del patologico è sicura-mente il libro del medico e neurologo Kurt Goldstein, Der

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27 M. FICHANT, nel suo articolo citato, p. 48, riporta una confidenza di Can-guilhem fattagli nella seconda metà degli anni 60, abbastanza rivelatricedell’influsso di Nietzsche sulla sua opera: «Je suis un nietzschéen sans car-tes», 28 Il normale e il patologico¸cit., p. 147.29 Ibid., p. 191.

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Aufbau des Organismus, pubblicato in Olanda, dove Gold-stein, di origini ebree, si era rifugiato per fuggire al nazi-smo30. L’idea fondamentale di Goldstein è che la determina-zione filosofica della malattia «richiede come punto di par-tenza il concetto dell’essere individuale»31. La malattia nonpuò essere pensata come alterazione di una «norma ideale» o«norma statistica» che basterebbe a definire lo stato di salu-te. Salute, malattia e guarigione sono nozioni insieme biolo-giche e mediche, che possono essere correttamente compresesolo sulla base della nozione di «norma individuale». E an-che la malattia è una modificazione qualitativa dell’organi-smo che si traduce con una «ridefinizione dell’ambiente» el’emergenza di un nuovo equilibrio fisiologico. Quanto allaguarigione, non è un ritorno ad uno stato anteriore, ma l’in-staurazione di una «nuova norma individuale». Goldstein in-siste anche sulla distinzione tra «anomalia» e «malattia».Un’anomalia (che etimologicamente vuol dire diverso, diffor-me) è uno scarto in rapporto ad una norma sovraindividuale(per esempio il popolo, la razza, la specie) e si distingue dallamalattia per il fatto che «non necessariamente essa comportauno sconvolgimento dell’esistenza individuale». In tal modo,Goldstein invitava a non demonizzare quelli che erano degliscarti rispetto alle norme statistiche e, soprattutto, a non ra-gionare in termini di collettività astratte (razza, popolo, et-nia). La diversità biologica, oltre ad essere un presupposto didignità e libertà, era una risorsa essenziale per la vitalità diuna collettività. Risulta evidente quanto queste teorie fosserouna sfida per il pensiero dominante della biologia ufficialedella Germania nazista, e quale valenza avesse, per un giova-ne professore della Francia occupata, riprendere e svilupparetali concezioni di un medico tedesco ed ebreo sul carattereirriducibilmente individuale della salute, della malattia e del-la normalità32.

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30 K. GOLDSTEIN, Der Aufbau des Organismus, Nijhoff, La Haye 1934, tr. it.,L’Organismo. Un approccio olistico alla biologia derivato dai dati patologicinell’uomo, Fioriti, Roma 2010, tr. it. di L. Corsi. Il libro fu tradotto in fran-cese nel 1951, grazie anche all’influenza che Goldstein aveva avuto non solosu Canguilhem, ma anche su Merleau-Ponty, il quale ne La structure ducomportement, PUF, Paris 1942, lo prende come uno dei suoi punti di riferi-mento. Il sottotitolo del libro, Introduzione alla biologia a partire dalla pato-logia umana, riassume perfettamente uno dei leitmotiv di tutto il pensierodi Canguilhem sul rapporto tra medicina e biologia.31 Cfr. C. DEBRU, Georges Canguilhem. Science et non-science, Rue d’Ulm,Paris 2004, cap.II.32 Cfr. M. MORANGE, Retour sur «Le normal et le pathologique, in A. FAGOT-LARGEAULT, C. DEBRU et M. MORANTE (dir.) H.-J. HAN (èd.), Philosophie etMédicine. En hommage à Georges Canguilhem, Vrin, Paris 2008, pp. 155-171.

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La diffidenza per la medicina positivistica, inoltre, si co-niugava con una visione olistica dell’organismo umano.Canguilhem si sofferma a lungo sull’analisi che del diabeteaveva fornito il fondatore della moderna medicina speri-mentale, Claude Bernard, evidenziando come solo la consi-derazione dell’alterazione di tutto l’organismo del diabeticopotesse dare conto della malattia del diabete, e non dei sem-plici dati alterati. La conclusione era quella di ancorare iconcetti di normale e patologico ad una considerazione dicarattere assiologico, cioè riferita a valori positivi o negativiche danno conto dello stato di un individuo33. Rifiutare laconsistenza “ontologica” di una malattia, non vuol dire certonegare l’esistenza di un malessere. Semplicemente, tale ma-lessere viene riferito alla valutazione complessiva che un or-ganismo è in grado di dare della propria condizione34

In un tale contesto argomentativo, le nozioni di «valorevitale», «norma» e «individualità» sono interpretate con rife-rimento specifico all’esperienza umana soggettiva, con lesue connotazioni esistenziali e psicologiche abituali35. Tutta-via, Canguilhem, a differenza di Goldstein da cui prende inprestito la nozione di «norma individuale», non si acconten-ta di un approccio soggettivista dell’interpretazione assiolo-gica della malattia. Si trattava per lui di conferire alle cate-gorie cliniche del normale e del patologico una portata bio-logica generale. Partendo dall’assunto che la medicina non èuna scienza, ma una specie di arte che fa uso di una serie ditecniche, per Canguilhem si trattava di considerarne lo sta-tuto sulla base della specificità dell’oggetto trattato, e cioèsul carattere propriamente normativo della malattia, dellasalute e della guarigione. Mentre la «normalità» è un concet-to statistico che rinvia all’adattamento più comune alle con-dizioni ordinarie della vita, la normatività di un organismo –è questo l’originalita di Canguilhem rispetto a Goldstein –

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33 Cfr. J. GAYON, Le concept d’individualité dans la philosophie biologique deGeorges Canguilhem, in Lectures de Canguilhem. Le Normal et lepathologique, Textes réunis par Guillaume Le Blanc, ENS Editions, Paris2008, pp. 19-49.34 «[…] dal fatto che il male non sia un essere non segue che esso sia unconcetto destituito di senso, che non abbia valori negativi, anche tra i valorivitali, che lo stato patologico non sia null’altro, in fondo, dallo stato norma-le.» Il normale e il patologico, cit., p. 76.35 Coglie bene questo punto, cioè la centralità della dimensione soggettiva(nei suoi vari livelli, biologico, sociale ed esistenziale) Paul Ricoeur, in unsaggio del 1997 dedicato a Canguilhem, La différence entre le normale t lepathologique comme source de respect, compreso in P. RICOEUR, Le Juste 2,Editions Esprit, Paris 2001, pp. 215-226.

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rinvia alla capacità di adottare nuove norme di vita. La ma-lattia non è una semplice norma disattesa, ma una ridottacapacità d’azione36. Quanto alla salute, è la padronanza dimuoversi in più ambienti37. Da qui la celebre parafrasi diGoldstein, che conclude il saggio: «Nessuna guarigione è ri-torno all’innocenza biologica. Guarire significa darsi nuovenorme di vita, talvolta superiori alle precedenti. Esiste unairreversibilità della normatività biologica.»38

Inoltre, come fa notare Jean Gayon, un altro elemento ar-ricchisce l’originalità della posizione di Canguilhem rispettoa Goldstein: la considerazione della normalità in biologia ri-spetto al problema dell’evoluzione. Richiamandosi aDarwin, Canguilhem infatti mette in evidenza come il suc-cesso evolutivo sia determinato dalla capacità che hanno gliindividui, in quanto specie, ad acquisire i caratteri più ido-nei a vincere le sfide dell’ambiente39. Trova così ulterioreconferma uno dei punti centrali di Canguilhem: la relazionestretta tra i concetti d’individualità e di valore vitale. Un es-sere vivente, in quanto è immerso in un ambiente, è un esse-re che conferisce senso e valore a ciò che lo circonda in fun-zione del suo bisogno, e costituisce così «un sistema di rife-rimento irriducibile e quindi assoluto»40. La filosofia biolo-gica canguilhemiana si presenta dunque innanzitutto sottol’aspetto di una concezione assiologica dell’individuo viven-te, e della scienza che lo assume per oggetto.41

Come si vede, individualità e normatività sono i concettiattraverso i quali Canguilhem arriva a pensare l’organismoin termini di valori piuttosto che di meccanismo. A legare i

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36 «[…] è proprio della malattia essere una riduzione del margine di tolleran-za delle infedeltà dell’ambiente.», Le normal et le pathologique., cit., p. 162.37 Ibid., p. 161.38 Ibid., p. 190.39 Jean Gayon, nel suo articolo citato, mette in evidenza come nell’articoloLe normal et le pathologique, incluso nella raccolta di saggi La connaissancede la vie, Vrin, Paris 1951 (2 edizione 1975), p. 159, Canguilhem sottolineas-se «il legame intrinseco tra la nozione di valore vitale e quello di variabilitàindividuale: “L’irregolarità, l’anomalia non sono concepiti come degli acci-denti che riguardano l’individuo ma come la sua stessa esistenza. […] Sipuò interpretare la singolarità individuale come uno scacco o come unaprova, come una colpa o come un’avventura.” Ma in nessun caso riuscita oscacco sono rappresentabili a priori, in riferimento a qualche tipologia.»40 La connaissance de la vie, cit., p. 154.41 «La biologia deve dunque considerare il vivente come un essere significa-tivo, e l’individualità, non come oggetto, ma come un carattere nell’ordinedei valori. Vivere è irradiare, è organizzare un ambiente a partire da uncentro di riferimento che non può essere lui stesso riferito senza perdere ilsuo significato originale.» Ibid., p. 147.

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due concetti vi è quello che, in un articolo scritto nel corsodegli anni 70 per l’Encyclopædia Universalis, Canguilhem de-finirà «il fatto biologico per eccellenza», la regolazione, checonsiste nella preferenza accordata a certi valori di equili-brio funzionale nei confronti dell’ambiente. La normativitàconsiste, quindi, nell’operazione di differenziazione nell’atti-vità biologica, nell’individualizzarsi del vivente tramite i va-lori che mette in atto. Così, fin dal grado più basso della vi-ta, nell’ameba, vivere vuol dire «preferire» ed «escludere»42.È in questo registro che si inserisce uno dei paragrafi cen-trali di tutto il libro. «La vita non è indifferente alle condi-zioni nelle quali essa è possibile, […] la vita è polarità e pro-prio per questo istituzione inconscia di valori; in breve, […]la vita è di fatto un’attività normativa. […] È normativo, insenso stretto, ciò che istituisce delle norme. Ed è in questosenso che noi proponiamo di parlare di una normatività bio-logica.»43

Proprio qui si può apprezzare l’influenza di Nietzsche,che, seppure citato solo una volta ne Il normale e il patologi-co44, gioca un ruolo rilevante nel pensiero di Canguilhem,fin dagli anni giovanili45. Nel saggio La santé, concept vulgai-

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42 Il normale e il patologico, cit. p. 104.43 Ibid., p. 96.44 La citazione di Nietzsche è a pag. 21 e si riferisce alla ripresa che « Nietz-sche stesso» avrebbe fatto dell’omogeneità di normale e patologico sostenu-ta da Claude Bernard. In questa citazione, l’accento è posto sull’influenzache avrebbe avuto la posizione di Claude Bernard, al punto da influenzare,in alcuni momenti, lo «stesso Nietzsche» che, invece, avrebbe sviluppatouna concezione della salute e della malattia lontana dall’omogeneità distampo positivistico. Cfr. B. STIEGLER, De Canguilhem à Nietzsche: la norma-tivité du vivant, in Lectures de Canguilhem, op. cit., pp. 85-104.45 Come sottolinea M. CAMMELLI, L’errore innato. Note sull’archeologia diCanguilhem, in «Discipline filosofiche», 2006, XVI 2, l’interesse di Can-guilhem a Nietzsche risale agli inizi degli anni 30, quando, nella filosofiafrancese accademica, al pensatore tedesco si stentava a riconoscere una va-lenza filosofica e lo si riduceva ad espressione di irrazionalismo. Da subito,invece, Canguilhem apprezzò la portata epistemologica delle intuizioni diNietzsche, prendendo sul serio la sfida che egli aveva lanciato nel pensarecon radicalità il tema della vita. Il testo di riferimento per Canguilhem fu latraduzione francese della Wille zur Macht, curata da Friederich Würzbach,in polemica con quella del Nietzsche-Archiv della sorella di Nietzsche e daPeter Gast. Da questa edizione, tradotta in francese da Geneviève Bianquisin due volumi del 1935 e del 1937 presso Gallimard, Canguilhem conti-nuerà a citare il filosofo tedesco, anche quando, a partire dagli 60 fu dispo-nibile la nuova edizione critica degli scritti di Nietzsche, curata da Colli eMontanari, che faceva giustizia dell’operazione editoriale di travisamento edi strumentalizzazione che del filosofo tedesco si era fatto agli inizi del No-vecento, in particolare con la composizione arbitraria del Wille zur Macht,che Nietzsche aveva progettato, ma di cui restano solo frammenti sparsi.

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re et question philosophique46, Canguilhem fa riferimento al-le diverse concezioni della salute e della malattia che si pos-sono riscontrare nell’opera di Nietzsche. Però, quello cheCanguilhem sottolinea di Nietzsche è l’attenzione ad unaconcezione dinamica della salute, considerata non come unacondizione ontologicamente separata dalla malattia, ma co-me l’espressione di una volontà di potenza che è connatura-ta alla vita. Attraverso la salute e la malattia, la vita istituisceuna scala di valori, che assumono una valenza negativa estatica nel caso della malattia, propulsiva e di autoaccresci-mento nel caso della salute. Il criterio che permette di giudi-care tali valori è nella vita stessa. Per Nietzsche, come perCanguilhem, è la giusta comprensione della potenza della vi-ta che permette di porre un criterio tra ciò che sminuisce lavita (il tema della Décadence per Nietzsche) e ciò che ne de-termina un accrescimento. Se la vita trova senso solo in baseai valori, è perché tali valori sono prodotti dalla vita stessa,sono i modi in cui la vita, nelle sue forme, afferma la pro-pria volontà di potenza47. Così, la vita è in se stessa, secondoNietzsche, creazione di valori: «Vivere vuol dire valutare.Ogni volontà implica una valutazione, e la volontà è presen-te nella vita organica.»48 Ritroviamo qui proprio ciò cheCanguilhem designa col termine di normatività. La vita sidefinisce tramite la polarità che si istituisce, in organismovivente, tra ciò che ne accresce la potenza e ciò che al con-trario la sminuisce e la ostacola: vivere è sempre preferire edescludere. L’atto semplice della nutrizione implica che l’or-ganismo possa essere capace di appetito, di valutazione del-le possibilità. L’atto di nutrizione è allora un atto normativoche testimonia della capacità creatrice dell’organismo, inmodo tale che Nietzsche non esita a fare dell’organismo unartista a tutto tondo49. Il corpo vivente diventa il centro di ri-ferimento assoluto attraverso il quale la vita può affermare ilsuo valore creatore e differenziare i viventi nella loro parte-cipazione ai valori. È questa polarità vitale che si traduce

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46 Pubblicato in «Cahiers du séminaire de philosophie», n. 8: La santé, Edi-tions Centre de documentation en histoire de la philosophie 1988, pp. 119-33, raccolto poi in G. CANGUILHEM, Ecrits sur la medicine, Vrin, Paris 2002,tr. it. Sulla medicina, Einaudi, Torino 2007, trad. it. di D. Tarizzo.47 «Se esistono norme biologiche è perché la vita, essendo non solo sotto-missione all’ambiente ma anche istituzione del proprio ambiente, pone intal modo dei valori non soltanto nell’ambiente ma nello stesso organismo. Èciò che chiameremo la normatività biologica» Il normale e il patologico, cit.p. 189.48La volonté de puissance, t. 1, p. 226.

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negli uomini nella pratica della medicina e negli altri esseriviventi nei meccanismi riparatori del corpo50. Questi termi-ni, ripresi quasi parola per parola da Canguilhem, sottoli-neano la forza creatrice della vita, che nella sua potenza nor-mativa ha inscritta una teleologia, uno «sforzo della naturanell’uomo per ottenere un nuovo equilibrio»51. Ma se la vo-lontà di potenza della vita si manifesta nel valore dinamicodella salute, quale posto assegnare alla malattia? È soltantoun intralcio alla forza dirompente e unidirezionale della vitao costituisce essa stessa un accrescimento della salute? È alconcetto nietzscheano di «grande salute» che Canguilhem siriferisce52 per evidenziare come la malattia rappresentiun’avventura stessa della vita, un momento del negativo chenon viene «tolto» dalla guarigione, ma che accresce lo spet-tro conoscitivo e di azione del vivente.

Ma oltre a Nietzsche e a Bergson, Canguilhem tiene pre-sente e valorizza pure altri filoni filosofici. Anche se è avarodi citazioni, nell’Essai non mancano riferimenti alla filosofiadei valori di ambito tedesco, così come agli studi sulla psico-patologia di Jaspers e di Minkowski53. E, ovviamente, pro-prio in virtù della rilevanza delle tesi di Goldstein, si può in-travedere un confronto a distanza anche con la fenomenolo-gia di Merleau-Ponty. Ciò che, però, differenzia Canguilhemdall’impostazione trascendentale propria della filosofia deivalori sviluppatasi in Germania alla fine dell’Ottocento e dal-la fenomenologia di Merleau-Ponty è proprio l’assunzionedella vitalità come unico piano di immanenza a cui ricon-durre i valori umani. Tale confronto è evidenziato in unalunga recensione che il filosofo francese Mikel Dufrenne, vi-cino alle posizioni di Merleau-Ponty, scrisse a proposito del-la raccolta di saggi La connaissance de la vie54. In essa, Du-frenne, pur riconoscendo l’originalità e la profondità della

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49 Ibid., p. 289.50 Sull’influenza di Nietzsche su Canguilhem, cfr. B. STIEGLER, De Can-guilhem à Nietzsche: la normativité du vivant, cit., e Laurent Cherlonneix,Après Nietzsche et Canguilhem, in A. FAGOT-LARGEAULT, C. DEBRU et M. MO-RANTE (dir.) H.-J. HAN (èd.), Philosophie et Médicine. En hommage à GeorgesCanguilhem, op. cit., pp. 155-17151 Il normale e il patologico, cit., p. 16.52 La santé, concept vulgaire et question philosophique, cit.53 Per questi riferimenti filosofici, presenti, anche se spesso in forma me-diata, in Canguilhem, cfr. G. SERTOLI, Epistemologia e storia delle scienzein Georges Canguilhem, in «Nuova Corrente», XXX, 1983, pp. 101-172.54 M. DUFRENNE, Un livre récent sur la connaissance de la vie, «Revue deméthaphysique et de morale», janvier-juin 1953, pp. 170-187.

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riflessione sulla vita di Canguilhem55, ne criticava quello cheai suoi occhi appariva un riduzionismo, un ricondurre il va-lore umano nella sua complessità al dato vitale che è solo unpresupposto, non un orizzonte di senso. Richiamando unpasso della Philosophie de la volontà di Paul Ricoeur56, Du-frenne sottolineava come il valore della vita può essere as-sunto nella sua globalità solo quando questo è trasceso davalori propriamente umani, quali il senso della finitudine odel sacrificio, i soli a poter dare un senso che altrimenti ildato vitale non avrebbe. L’immanenza della vita è superatadall’appello ad una trascendenza che si apre non appena simettono a distanza i valori puramente vitali. Dufrenne, ri-chiamandosi anche a Merleau-Ponty57, recuperava così unadistinzione gerarchica tra i valori vitali e quelli dello spirito,con l’assunzione che la vita, da sé, non può rendere ragionedello spirito. «Anche se la vita inventa dei valori […] resta ilfatto che questi valori sono inseriti in una gerarchia che essida soli non possono costituire.»58 In tal senso, per Dufrennealla «genetica» del vitalismo, si contrappone l’«eidetica» del-la filosofia dello spirito, che, analizzando «l’essenza della vi-ta e l’essenza dello spirito», scopre «delle differenze cheescludono la loro compatibilità in un genere comune e la lo-ro derivazione da una storia comune.»59 Dufrenne arriva avedere un’ambiguità in Canguilhem, quando questi si richia-ma ad una «filosofia dei valori» o ad una «morale semprepresupposta dall’antropologia». Tali richiami, secondo Du-frenne, non si conciliano con una «genetica» dei valori e la«presa di coscienza della polarità assiologica della vita nonbasta a fondare un ordine di valori trascendenti la vita»60.La distanza resta quindi incolmabile tra le due posizioni, so-prattutto perché Dufrenne non riesce a concedere al “vitali-smo” di Canguilhem la capacità di render conto della molte-

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55 Da rilevare una osservazione molto lucida a proposito del rapporto diCanguilhem con Bergson: «Ciò che separa forse Canguilhem da Bergson èla preoccupazione di mettere l’accento sul vivente piuttosto che sulla vita –e in ciò il medico si oppone al biologo – ma anche di salvaguardare l’irridu-cibilità di una coscienza che esiste solo in prima persona – e in ciò il razio-nalista si oppone al mistico, senza tuttavia rifiutare il vitalismo.» art. cit., p.178.56 Philosophie del la volonté. Le volontaire et l’involontaire, Aubier, Paris1950.57 Ovviamente, il riferimento è a M. MERLEAU-PONTY, La phénoménologie dela pérception, Gallimard, Paris 1945..58 M. DUFRENNE, art. cit., p. 186.59 Ibi p. 185.60 Ibi, p. 187.

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plicità dei piani in cui si esplica l’attività umana. Al contra-rio, per Canguilhem, il radicamento nella vita biologica nonimplica alcuna perdita della specificità delle attività umane,proprio in virtù della relazione stretta tra il concetto di indi-vidualità e di valore vitale. Un essere vivente, in quanto è im-merso in un ambiente, è un essere che conferisce senso e va-lore a ciò che lo circonda in funzione del suo bisogno, e co-stituisce così «un sistema di riferimento irriducibile e quindiassoluto»61. La filosofia biologica canguilhemiana si presen-ta dunque innanzitutto sotto l’aspetto di una concezione as-siologica dell’individuo vivente, e della scienza che lo assu-me per oggetto62. Il piano vitale non è qualcosa da cui occor-re liberarsi, ma quello in cui si «iscrive» il senso stesso del-l’attività umana. Proprio intorno a questo tema dell’«iscri-zione», della presenza negli elementi costitutivi della vita diun senso ruota la riflessione sulla vita di Canguilhem a par-tire dagli anni ’60.

4. Vita, concetto ed errore. Subito dopo la guerra, Canguilhem allarga il proprio

campo di ricerca, impegnandosi in uno studio critico di teo-rie, concetti e metodi rilevanti della storia generale della bio-logia. A partire dal 1945 s’interessa alla teoria cellulare; do-po, nei dieci anni che seguono, alle nozioni di ambiente, re-golazione, meccanicismo, vitalismo, riflesso63. Quello cheCanguilhem persegue è di arrivare a fondare in maniera piùconseguente la teoria dell’individuo su un concetto di rela-zione con l’ambiente e su una regolarità interna che impedi-sca di concepirlo come sostanza. Ciò conferma ancora unavolta la prospettiva assiologica che vede nella costituzionebiologica dell’individuo un nucleo di senso che, a partire daun «bisogno» vitale, si costituisce come «un sistema di rife-rimento irriducibile e quindi assoluto». In questa caratteriz-zazione dell’individuo biologico come portatore di valori, e

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61 La connaissance de la vie, cit., p. 154.62 Ibi p. 147.63 Oltrei ai saggi raccolti ne La connaissance de la vie, Canguilhem pubblicanel 1955 la sua tesi di dottorato in filosofia La Formation du concept du ré-flexe aux XVII et XVIII siècles, Paris, Vrin 1977 (2a ed.). Oltre alle sue due te-si di dottorato, Canguilhem non scrisse altre monografie, ma una lunga se-rie di saggi brevi, molti dei quali raccolti in Etudes d’histoire et de philo-sophie des sciences concernant le vivant et la vie et Idéologie et rationalitédans l’historie des sciences de la vie. Una bibliografia completa degli scrittidi Canguilhem, a cura di Camille Limoges, si trova in A vital rationalist: Se-lected writings from G. Canguilhem, ed. by F. Delaporte, Zone Books, NewYork 1994.

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quindi di senso, Canguilhem intravedeva anche l’autonomiadella biologia rispetto alle scienze fisico-matematiche. Equesto, ovviamente, lo conduceva a impostare in manieraoriginale il rapporto tra vita e conoscenza sul problema del-la conoscenza della vita in entrambi i sensi del genitivo, sog-gettivo e oggettivo64.

La prima fase trova una sua sistemazione e decantazionecompiuta nella raccolta di saggi La connaissance de la vie.La seconda è principalmente costituita da due testi pubbli-cati nella metà degli anni 60: da una parte il testo intitolatoUn nouveau concept en pathologie: l’erreur, che è una delleaggiunte alla nuova edizione del 1966 de Le normal et lepathologique; dall’altra l’articolo intitolato Le concept et la viepubblicato nel 1966 ne La revue philosophique de Louvain einserito poi nella raccolta di saggi Etudes d’historie et de phi-losophie des sciences del 1968, all’interno di una sezione daltitolo La nouvelle connaissance de la vie65.

Come si è visto, il vivente, per Canguilhem, trae dalla vitastessa il concetto attraverso cui render conto della vita66: lasua specificità non consiste in un’opposizione alla conoscen-za concettuale, ma, al contrario, nel concetto preciso che bi-sogna forgiare per comprenderlo, anche e soprattutto nellaprospettiva che solo il vivente, nella sua individualità, puòdare del senso della vita, attraverso i concetti normativi e as-siologici di normale e patologico. Il libro del 1943 è dunqueuno studio critico sul normale e il patologico non come con-cetti oggettivi, statistici o altro, ma come concetti normativi,istituiti dal vivente nella sua relazione all’ambiente e a sestesso. Bisogna opporre la normatività alla normalità, comeuna concettualità attiva, distinta, immanente, ad una con-cettualità esterna, uniforme, astratta. È sempre presente, in

21Norma, Valore e individuo in Georges Canguilhem

64 Cfr. F. WORMS, Le concept du vivant comme philosophie première: de Can-guilhem à aujourd’hui, in A. FAGOT-LARGEAULT, C. DEBRU et M. MORANTE(dir.) H. –J. HAN (éd.), Philosophie et Médicine. En haommage à GeorgesCanguilhem, cit., pp. 139-154.65 È in riferimento a questi saggi che Foucault parlerà di Canguilhem comeesponente principale di quella filosofia del concetto che lo accomuna ad au-tori come Bachelard, Koyré e Cavaillès, alternativa alla filosofia del sogget-to e del senso propria della linea che giunge a Sartre e Merleau-Ponty, M.FOUCAULT, La vie: L’expérience et la science, in «Revue de métaphysique et demorale», XC, gennaio-marzo 1985, n. 1, pp. 3-14, tr. it. in postfazione a Ilnormale e il patologico, cit. Quello che però, a nostro avviso, occorre sottoli-neare è che anche nel «concetto» della vita rimane un’esperienza irriduci-bilmente soggettiva della malattia e dell’errore.66 «La pensée du vivant doit tenir du vivant l’idée du vivant» La connaissan-ce de la vie, cit., p. 13.

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Canguilhem, l’esigenza di non separare l’esperienza del ma-lato e la conoscenza o il sapere sulla malattia. Ovviamente,la norma vissuta deve essere rigorosamente elaborata innorma fondata su un sapere verificabile e rigoroso, non at-traverso ineffabili qualità vissute.

Nei saggi degli anni 60, la conoscenza non verte più sul-l’attività normativa dei «viventi» soltanto, ma anche, dopo lescoperte della biologia molecolare e della genetica, sullestrutture più generali, logiche e a priori della vita. Can-guilhem individuava nel predominio che avevano assunto lateoria dell’informazione e la cibernetica il successo dellescienze che avevano dato vita alla recente biologia molecola-re – genetica, citologia, microbiologia, biochimica. Come èstato però dimostrato67, l’interpretazione informazionale da-ta da Canguilhem appare legata ad un momento molto par-ticolare della storia della biologia molecolare, e agli scritti dialcuni scienziati e pensatori sul quali fondava la sua inter-pretazione. Lo sforzo recente dei biologi è consistito, al con-trario, nel liberare la biologia dalle metafore informazionalidivenute inutili e ingombranti68.

Frédéric Worms sottolinea come l’interpretazione cheCanguilhem dava delle recenti scoperte sulla biologia mole-colare fosse in linea con alcune intuizioni allora dominantinella filosofia francese, quando, soprattutto per influsso dellalinguistica e dell’antropologia, la struttura cominciava ad as-sumere un ruolo di primo piano69. In realtà, la metaforainformazionale applicata alla biologia molecolare nasconde-va un forte intento riduzionistico, che portava a leggere insenso unidirezionale la riproduzione dei componenti di basedi un organismo e a sottovalutare le interazioni e i rimandiche, a livello biochimico, si vengono a creare tra loro. Alpunto che, oggi, non si parla più dei geni come del codicedella vita, ma come «memoria» della vita. Da questo punto divista, la visione olistica della malattia, che Canguilhem avevasostenuto fin dall’Essai, non si trova messa in discussionedalla biologia molecolare, come aveva lasciato intendere lateoria «informazionale» fatta propria da Canguilhem. Anche

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67 M. MORANGE, Georges Canguilhem et la biologie du XX siècle, in «Revued’Histoire des Sciences», 2000, 53/1, pp. 83-105.68 Cfr. N. ROSE, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power and Subjectivi-ty in the Twenty-First Century, Princeton University Press, Princeton 2007,tr. it., La politica della vita, Einaudi, Torino 2008, trad. it. di M. Marchetti eG. Pipitone, pp. 74-79 «Ascesa e caduta del gene».69 F. WORMS, Le concept du vivant comme philosophie première: de Canguil-hem à aujourd’hui, cit., p. 145.

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i problemi posti dalla ricerca attuale sui geni di suscettibilitàalle malattie70, se rimettono in causa l’identificazione sogget-tiva della malattia, non vanno però nel senso di una nettacorrispondenza tra mutazione del gene e malattia, ma richia-mano sempre la necessità di considerare la struttura gerar-chica di un individuo che dà, ad ogni suo livello di organizza-zione, la propria autonomia: è sempre al livello dell’intero or-ganismo che i processi biologici trovano il loro senso e ciòconferma, ancora una volta, che, come diceva Canguilhem,la regolazione è il «fatto biologico» per eccellenza.

Pertanto, anche nella «nuova conoscenza della vita» cheCanguilhem propone a partire dagli anni 60, la conoscenzadel vivente non si riduce alla scoperta del concetto “nella vi-ta”. O perlomeno, essa può scoprirlo ma solo attraverso unprocesso la cui «insoddisfazione» è il versante irriducibil-mente «soggettivo», come il termine errore lascia trasparirechiaramente:

[…] essere soggetti della conoscenza, se l’a priori è nellecose, se il concetto è nella vita, è essere insoddisfatti delsenso trovato. La soggettività è allora unicamente insoddi-sfazione. Ma è forse questa la vita stessa. La biologia con-temporanea, letta in una certa maniera, è, in qualche mo-do, una filosofia della vita71.

È questa citazione, forse, la migliore confutazione aquanti, sulla scia del citato articolo di Foucault del 1985 edella storia della filosofia francese del Novecento ivi conte-nuta, hanno inteso costruire genealogie troppo rigide che,sulla base della coppia oppositiva concetto/senso, vita/sog-getto, rischiano di irrigidire e di impoverire percorsi intellet-tuali così innovativi e ricchi di sfumature come quello diGeorges Canguilhem.

23Norma, Valore e individuo in Georges Canguilhem

70 N. ROSE, La politica della vita, cit., pp. 135-150.71 G. CANGUILHEM, La nouvelle connaissance de la vie: le concept et la vie, inEtudes d’histoire et de philosophie des sciences, Vrin, Paris 1968, p. 364.

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