Il problema del consenso nella bioetica

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IL PROBLEMA DEL CONSENSO NELLA BIOETICA (*) Sommario: 1. Le idee. — 2. Segue: from Property to Privacy ... and back (via Oviedo). — 3. Segue: entia non sunt multiplicanda. — 4. La storia. — 5. Le fonti. — 6. Segue: una dialettica di regole e principi. — 7. Ipotesi sul consenso secondo la Convenzione sui di- ritti dell’uomo nella biomedicina. — 8. Segue: from Contract to Status(es). — 9. Segue: una trappola semantica. — 10. Segue: il consenso nel prisma dell’interesse legittimo. — 11. Osservazioni sulla tutela giuridica dell’autodeterminazione in biomedicina. Ma se pregassi i compagni, se imponessi di scioglierti Essi con nodi più numerosi ti stringano (Odissea, XII, 53-54) 1. — « A movement from Status to Contract »: l’immagine restituisce con immediatezza il senso del passaggio dall’ordinamento strutturato sul principio di autorità all’ordinamento fondato sul principio del consenso di individui posti su un piano d’astratta eguaglianza ( 1 ). Le radici teoriche di questo trascorrere « dal soggetto all’uomo » ( 2 ) risalgono alla formulazione secentesca della soggettività giuridica come predicazione logica, generalissi- ma idoneità a essere titolari d’un numero limitato di predicati universali, i diritti, « de sorte qu’on peut dire que l’état des personnes consiste dans cette capacité ou cette incapacité » ( 3 ). Primo tra tutti, il diritto « alla libertà del- la sua persona, sulla quale nessun altro ha potere e la cui libera disponibili- tà gli appartiene » ( 4 ). Nella più lockiana delle democrazie occidentali lo stesso principio è oggi un forte argomento dottrinario a sostegno d’uno statuto giuridico del corpo umano fondato sul riconoscimento pressoché assoluto del primato dell’auto- nomia individuale in ordine a un catalogo aperto di oggetti, limitato in via di principio soltanto dallo stato della tecnica e da criteri di efficienza economica. Il principio del consenso nelle questioni che attingono la sfera dell’intimacy occupa nell’immaginario neo-liberale il posto riservato nel XIX secolo alla proprietà: espressione del right to privacy, partecipa per ciò solo dell’autore- volezza e intangibilità riconosciute a « one of the most absolute rights known (*) Questo studio è destinato a un volume curato da Emanuela Navarretta. ( 1 ) Così Sir Henry S. Maine, Ancient Law, New York, 1930 [1861 1 ], p. 174. Nella letteratu- ra, in prospettiva storico-filosofica: G. Solari, Individualismo e diritto privato, Torino, 1959 (rist.), p. 328 ss.; G. Tarello, Storia del pensiero giuridico moderno, Bologna, 1976, p. 38 ss.; N. Bobbio, La grande dicotomia, in Dalla struttura alla funzione, Milano, 1984, p. 150 ss. ( 2 ) G. Tarello, Storia, cit., p. 38. ( 3 ) J. Domat, Les loix civiles dans leur ordre naturel, Livre Préliminaire, Titre II. ( 4 ) J. Locke, Second Treatise on Government, 1690, trad. it., I due trattati sul governo, Torino 1960 2 .

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IL PROBLEMA DEL CONSENSO NELLA BIOETICA (*)

Sommario: 1. Le idee. — 2. Segue: from Property to Privacy ... and back (via Oviedo). — 3.Segue: entia non sunt multiplicanda. — 4. La storia. — 5. Le fonti. — 6. Segue: unadialettica di regole e principi. — 7. Ipotesi sul consenso secondo la Convenzione sui di-ritti dell’uomo nella biomedicina. — 8. Segue: from Contract to Status(es). — 9. Segue:una trappola semantica. — 10. Segue: il consenso nel prisma dell’interesse legittimo. —11. Osservazioni sulla tutela giuridica dell’autodeterminazione in biomedicina.

Ma se pregassi i compagni, se imponessi di sciogliertiEssi con nodi più numerosi ti stringano

(Odissea, XII, 53-54)

1. — « A movement from Status to Contract »: l’immagine restituiscecon immediatezza il senso del passaggio dall’ordinamento strutturato sulprincipio di autorità all’ordinamento fondato sul principio del consenso diindividui posti su un piano d’astratta eguaglianza (1). Le radici teoriche diquesto trascorrere « dal soggetto all’uomo » (2) risalgono alla formulazionesecentesca della soggettività giuridica come predicazione logica, generalissi-ma idoneità a essere titolari d’un numero limitato di predicati universali, idiritti, « de sorte qu’on peut dire que l’état des personnes consiste dans cettecapacité ou cette incapacité » (3). Primo tra tutti, il diritto « alla libertà del-la sua persona, sulla quale nessun altro ha potere e la cui libera disponibili-tà gli appartiene » (4).

Nella più lockiana delle democrazie occidentali lo stesso principio è oggiun forte argomento dottrinario a sostegno d’uno statuto giuridico del corpoumano fondato sul riconoscimento pressoché assoluto del primato dell’auto-nomia individuale in ordine a un catalogo aperto di oggetti, limitato in via diprincipio soltanto dallo stato della tecnica e da criteri di efficienza economica.Il principio del consenso nelle questioni che attingono la sfera dell’intimacyoccupa nell’immaginario neo-liberale il posto riservato nel XIX secolo allaproprietà: espressione del right to privacy, partecipa per ciò solo dell’autore-volezza e intangibilità riconosciute a « one of the most absolute rights known

(*) Questo studio è destinato a un volume curato da Emanuela Navarretta.(1) Così Sir Henry S. Maine, Ancient Law, New York, 1930 [18611], p. 174. Nella letteratu-

ra, in prospettiva storico-filosofica: G. Solari, Individualismo e diritto privato, Torino, 1959(rist.), p. 328 ss.; G. Tarello, Storia del pensiero giuridico moderno, Bologna, 1976, p. 38 ss.;N. Bobbio, La grande dicotomia, in Dalla struttura alla funzione, Milano, 1984, p. 150 ss.

(2) G. Tarello, Storia, cit., p. 38.(3) J. Domat, Les loix civiles dans leur ordre naturel, Livre Préliminaire, Titre II.(4) J. Locke, Second Treatise on Government, 1690, trad. it., I due trattati sul governo,

Torino 19602.

to the american legal system » (5). L’opinione di Tristram Engelhardt dàun’idea dell’estensione raggiunta dal concetto: « dato che vendersi liberamen-te a un altro non comporta una violazione del principio di autonomia, questiscambi, sulla base di tale principio, dovrebbero rientrare nella sfera protettadella privacy di individui liberi » (6).

Questo massimalismo morale è estraneo all’etica liberale classica. L’intangi-bilità del corpo invito domino segna in principio un limite fisico all’arbitrio deipubblici poteri. In quest’ordine di pensieri, la generalizzazione del diritto al writdi habeas corpus è una soglia irrinunciabile, e in tal senso minima, di garanzia,strumentale all’esercizio dei diritti di libertà. La tradizione liberale ignora la for-mulazione estrema del principio di insindacabilità dell’esercizio dei diritti con-densata nello slogan « your rights end where his nose begins » (7). Viceversa, i di-ritti che sono il presupposto e il fine del contratto sociale stanno fuori del contrat-to, sono indisponibili: così la vita, la libertà, la proprietà privata (8) .

Dalla massima nessuno riduca un essere umano in schiavitù o possieda ilcorpo di un altro all’enunciazione di un diritto assoluto di autodeterminazione ealla sua applicazione come regola di decisione nelle questioni connesse all’usodelle biotecnologie c’è un salto logico — « a spectacular non sequitur » (9). Lastessa soluzione di continuità separa due visioni dell’autonomia: un concetto di-fensivo e garantista, strumentale all’esercizio dei diritti civili e politici, da un lato,un’idea di autodeterminazione come valore in sé dall’altro (10). Misurare questadistanza dall’interno dei confini dell’etica liberale classica è, d’altra parte, insi-dioso. Qualunque obiezione sarà facilmente tacciata di paternalismo, vale a dire,di legittimare sulle scelte di soggetti liberi, coscienti, informati il diritto di vetod’un terzo Attore — il Governo, il Giudice, il Ricercatore — pericolosamente po-tente e persuaso di agire a fin di bene. Al divieto di self-enslavement di Mill, che

(5) M.A. Glendon, Abortion and Divorce in Western Law: American Failures, EuropeanChallenges, Cambridge (Mass.), 1987, p. 38.

(6) H.T. Engelhardt jr., The Foundations of Bioethics, New York, 1986, trad. it. Ma-nuale di Bioetica, 19911, p. 170.

(7) R. Posner, Sex and Reason, Cambridge (Mass.), 1994, p. 3. Dove la Ragione, ov-viamente, la detta il Mercato. In diversa prospettiva, E. Lecaldano (Bioetica. Le scelte mo-rali, Roma-Bari, 20012) coniuga il valore dell’autodeterminazione col pluralismo dei mo-delli di razionalità: « Concettualmente, la proprietà è una nozione artificiale [...] mentre larelazione con il proprio corpo è biologica e passa attraverso emozioni e sentimenti più cheattraverso un calcolo. Si può scegliere se considerarsi o meno in termini proprietari mentrenon si può scegliere se avere o meno un corpo » (p. 295).

(8) La ragione addotta da John Stuart Mill (On liberty, in Three Essays, New York,1975, p. 126) per escludere questi diritti dal novero delle commodities, è pragmaticamenteefficace: ammettere che taluno ceda sé stesso come schiavo, significa distruggere « the verypurpose which is the justification of allowing him to dispose of himself [...] It is not free-dom to be allowed to alienate his freedom ».

(9) J. Harris, Who owns my body, in Oxford Journal of Legal Studies, 1996, pp. 16, 55 ss., 71.(10) A. Leist, Autonomia e giustizia, in S. Rodotà (a cura di), Questioni di bioetica, Ro-

ma, 1997, p. 19 ss.

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annovera gli esseri umani tra le « things in which no proprietary rights ought toexist at all » (11), si obietterà che non è contraddittorio cedere il proprio corpo, ouna sua parte, a meno di introdurre in argomento un interesse pubblico alla liber-tà individuale, estraneo al concetto liberale di libertà negativa (12).

2. — La falsificazione dell’identità stabilita tra due modi d’intenderel’autonomia interessa il giurista come figura della mediazione tra il testo e lanorma. L’interpretazione giuridica è intensamente condizionata dalla creden-za che i diversi possibili usi di una stessa parola condividano il riferimento aun medesimo concetto e che tale unità, per così dire, sottostante esprima il ve-ro significato delle parole (13). Una fallacy del genere è nel salto logico tra gliusi del termine autonomia nel dibattito etico e giuridico contemporaneo sulleapplicazioni della biomedicina. Si rifletta sulle molteplici accezioni della pa-rola « consenso »: consenso alla sperimentazione scientifica pura o terapeuti-ca, alla gravidanza per conto terzi, all’espianto di organi da cadavere, allacessione di organi da vivo, al trapianto/impianto di gameti, o di tessuti, allosfruttamento a fini commerciali e scientifici del materiale biologico di scarto,ivi compresi gli embrioni crioconservati. L’elenco, incompleto, è sufficiente afissare un punto: l’eterogeneità e il diverso rilievo costituzionale degli interessicoinvolti non depongono a favore d’una disciplina unitaria, sulla premessache tutti questi atti dispositivi hanno in comune un generico riferimento alcorpo e all’uso di nuove tecniche di manipolazione, cura, riproduzione, sfrut-tamento economico della vita. Qui soccorre il super-principio dell’autonomiaindividuale come significato profondo, comune a ogni possibile uso giuridicodel consenso: una sorta di autodeterminazione bio-tech, coordinata ad altre

(11) J.S. Mill, Principles of Political Economy, in Coll. Works, Toronto, 1965, II, p.232.

(12) Sul concetto di libertà negativa: I. Berlin, Two concepts of Liberty, in Four Essays onLiberty, New York, 1969, 118-172. Per la critica del paternalismo: Id., op. cit., spec. p. 122ss.; R. Dworkin, Paternalism, in Wasserstrom (ed.) Morality and the Law, 1971, p. 107 ss.Sottolinea la complessità delle scelte di valore e delle motivazioni — distributive fairness,self-respect, value of judgements, moral imagination — occultate dalla strategia retorica del-l’antipaternalismo, A. Kronman, Paternalism and the Law of Contracts, 92 Yale L. J.,(1983), p. 763 ss. Nella letteratura italiana, per opposte letture: Cosentino, Il paternalismodel legislatore nelle norme di limitazione dell’autonomia dei privati, in Quadrimestre, 1993,p. 120 ss.; Id., Autonomia privata e paternalismo del legislatore nella prospettiva dell’analisieconomica del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 473 ss. e F.D. Busnelli, Rifiuto di tera-pie, ora in Bioetica e diritto privato. Frammenti di un dizionario, Torino, 2001, p. 225 ss.,che invita a « guardarsi dalla tentazione di una meccanica trasposizione [...] di istituti o stru-menti desunti da altri sistemi, senza una previa verifica della omogeneità (o disomogeneità)dei principi che reggono i sistemi posti a confronto » (p. 226 s.).

(13) Cfr. L. Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen, Oxford, 1953, trad. it. Ricer-che filosofiche, Torino, 1995 [19671], §§ 120 p. 68 e s. « [...] Si dice: Ciò che importa non èla parola, ma il suo significato; e nel dirlo si pensa al significato come a una cosa dello stessotipo della parola, anche se distinta da essa. Qui la parola, là il significato. Il denaro e la vaccache si può comperare con esso (Ma per un altro verso: il denaro e la sua utilità) ».

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figure dell’autonomia (informativa, sessuale, riproduttiva, negoziale ecc.), infunzione di dispositivo d’interpretazione sistematica e analogica. Quest’ultimo— diritto di autodeterminazione in senso forte — è un principio etico-politicodi matrice neo-liberale secondo cui le relazioni tra individui capaci d’intende-re e di volere sono in linea di massima governate dal principio della liberascelta, con la sola riserva di certi limiti procedurali a tutela della volontarietàdell’atto e di rari — eccezionali — limiti di ordine pubblico. Nella misura incui un tale principio astrae dalle ragioni della scelta per allocare il valore sul-la libertà di scegliere in quanto tale, la sua trasposizione in termini giuridicipostula uno schema regolativo del pari a-morale, idoneo ad astrarre da giudi-zi di valore non condivisi dall’interessato. Poiché tale finalità è soddisfatta almeglio dal potere del proprietario di « respingere invasioni che i più conside-rano gradevoli, di selezionare coloro che sono ammessi in modo idiosincrati-co » (14), la traduzione giuridica del principio di autodeterminazione in bioe-tica si ottiene affermando un incondizionato ius excludendi alios sul propriocorpo. « Privacy was thus, quite literally, pulled from the hat of property »(15).

Nel passaggio from property to privacy, peraltro, i contenuti affermativi edispositivi del primo si assottigliano finché il concetto proprietario di autode-terminazione diventa l’immagine sbiadita dell’idea filosofica di libero arbitrioe un inutile doppione dell’habeas corpus (16). Dalla salomonica decisione del-

(14) Nell’elegante formula di A. Gambaro, La proprietà. Beni, proprietà, comunione,Milano, 1990, p. 97.

(15) M.A. Glendon, Rights Talk, New York, 1991, p. 51. Sulla commodification comevisione del mondo risultante dall’estensione del paradigma del mercato all’intero spettrodelle relazioni umane: Margaret J. Radin, Contested commodities, Cambridge (Mass.),2001, (19961), spec. capp. 1, 6, 10. V. anche, nel senso di un recupero della ratio della di-stinzione tra privacy e property: R. Rao, Property, Privacy and the Human Body, 80 B. U.L. Rev. (2000), p. 460. Da noi, A. Gambaro (La Proprietà, cit., p. 44 s.) prospetta un asso-luto ius secludendi alios sul corpo rafforzato da una regola generale di indisponibilità a tu-tela della vita e della salute. Quest’ultima non si applica, pertanto, alle parti staccate privedi valore vitale, soggette a una « situazione di appartenenza disponibile, e perciò regolabilemediante contratto ». Regole proprietarie si applicano se al prelievo non segue un contratto:specificazione (art. 948 c.c.) e spoglio (1148, 1150, comma 2o, c.c.).

(16) L’osservazione di Guido Calabresi, « of the many rights that philosophers woulddeem fundamental only few are accorded direct constitutional protection » (Ideals, Beliefs,Attitudes and the Law. Private Law Perspectives on a Public Law Problem, Syracuse-NewYork, 1985, p. 101) trova conferma nella vicenda dell’eutanasia nel sistema statunitense,dove la fondazione etico-filosofica del right to die è ostacolata dalla tendenza del CommonLaw a filtrare con particolare rigore gli apporti di altri sottosistemi: così nella decisioneVacco v. Quill (521 U.S., 793, 1997) la Corte Suprema osserva che il diritto costituzionaledel malato a rifiutare il trattamento che lo tiene in vita, già affermato in Cruzan v. Di-rector, Missouri Dpt. of Health, non riposa su di un « general and abstract “right to hastendeath” [...] but on well established, traditional rights to bodily integrity and freedom fromunwanted touching » (ivi, 807). Sul caso Cruzan: G. Ponzanelli, Nancy Cruzan, la CorfteSuprema degli Stati Uniti, e il “right to die”, in Foro it., 1991 (IV), p. 72 ss.

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la Corte Suprema di California che ha chiuso la vicenda Moore (17), del resto,quel paradigma ha perso terreno nella stessa cultura giuridica statunitense infavore di istituti più colorati, se così si può dire, di socialità: « informed con-sent claims arise at the private law intersection of torts and contracts, thelaws which govern most workaday activities and choices » (18). Nel trascorre-re dalla dimensione solipsista dei Property Rights a quella relazionale delContract e dei Torts, il diritto di autodeterminazione si apre a regole e princi-pi preordinati a valutarne genesi, contenuti, modalità di esercizio, sotto ilprofilo della liceità, della valutazione comparativa, dell’intensità del coinvol-gimento degli interessi. A loro volta, questi indici di valutazione variamenteincidono sull’azionabilità di pretese correlate alla lesione di diritti fondamen-tali. Come ipotesi di lavoro, si può dunque affermare che la forma giuridicadell’autodeterminazione nelle vicende relative alla bioetica è una versione de-bole di quel principio, dove la libera scelta è valore strumentale alla realizza-zione di un interesse.

Questa chiave di lettura è confermata dal Capitolo VII della Convenzionedi Oviedo, dove due disposizioni condensano il principio affermato in Moore:l’art. 21 (Prohibition of financial gain) vieta di trarre profitto dal corpo uma-no e dalle sue parti in quanto tali (disposizione letteralmente ripresa dall’art.3, comma 2o, della Carta dei Diritti dell’Unione Europea); l’art. 22 (Disposalof a removed part of the human body) subordina al consenso informato delpaziente il diritto del personale medico di conservare e utilizzare il materialebiologico prelevato da un soggetto nel corso di un intervento per scopi estra-nei all’intervento stesso. Il sistema poggia sull’individuazione di due circuitidi distribuzione distinti in relazione alla natura del bene: la materia prima,sottoposta a un vincolo di market inalienability, da un lato, i prodotti finiti,aperti a forme (più o meno intensamente regolate) di mercato, dall’altro.

I due circuiti potrebbero in teoria funzionare in modo indipendente l’unodall’altro, combinando la regola della specificazione col dispositivo della pro-prietà intellettuale: Tizio si sottopone gratuitamente a prelievo di sangue

(17) La storia dell’homme aux cellules d’or (così B. Edelman, Rec. Dalloz, 1989, chr., 225 eora Id., La personne en danger, Paris, 1999, p. 289 ss.), alias John Moore: malato di leucemia,inconsapevole detentore d’un « tesoro » sub specie d’una rarissima proteina del sangue, è sotto-posto col pretesto della terapia a una lunga sperimentazione, al termine della quale i ricercato-ri della prestigiosa clinica universitaria che l’ha in cura brevettano una linea cellulare (Mo cellline) che vendono a un’impresa farmaceutica, la quale a sua volta ne trae nove brevetti, per unvalore complessivo stimato in vari miliardi di dollari. Nei successivi tre gradi di giudizio, il suodiritto a partecipare ai profitti è prima respinto, poi affermato sulla base dell’esistenza di unproperty right (Moore v. The Regent of the University of California, 202 Cal App., 1248), infinenegato dalla Corte Suprema di California la quale riconosce il diritto di Moore al risarcimentodel danno per lesione della relazione fiduciaria tra medico e paziente (Moore v. The Regent ofthe University of California et al., Supreme Court of the State of California, f.n. S006987). Sul-la vicenda: S. Rodotà, Ipotesi sul corpo giuridificato, in Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, 181ss. e R. Rao, Property, cit., pp. 373-375.

(18) P.H. Schuck, Rethinking informed consent, 103 Yale L. J. (1994), p. 903.

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mosso da intenti di solidarietà; Caio, riscontrate certe caratteristiche del pla-sma, sviluppa un prodotto che, brevettato, è immesso nel circuito commercia-le, ricavandone lauti profitti. Nella logica della Convenzione, per contro, ilconsenso è una sorta di scambio tra binario mercantile e binario non mercan-tile, che subito dopo tornano a separarsi e a correre paralleli: prima del con-senso le parti staccate del corpo sono res extra commercium (e qualunque attodispositivo a titolo oneroso sarebbe colpito da nullità per illiceità dell’ogget-to); dopo che un valido consenso è stato prestato le stesse sono una materiaprima come un’altra (ma la manipolazione non consentita è illecita, « car iln’est pas forcément satisfaisant pour l’individu de s’achever en cosmétiques »[19]). La dissociazione del potere di disporre a titolo oneroso dal diritto diconsentire al trattamento è il riflesso nella percezione giuridica del passaggiodel soma umano da organismo (relativamente infungibile e non manipolabile)ad artefatto (tecnicamente riproducibile, indefinitamente manipolabile, e so-prattutto) oggetto, in via di principio, di sfruttamento economico.

Nulla è più distante dall’approccio di Oviedo del tentativo di conciliarel’ossequio di rito alla natura non patrimoniale degli interessi coinvolti con unapparato concettuale forgiato per regolare e valorizzare interessi patrimoniali(20). Più che da una presunta logica del dono, la gratuità risponde all’« esi-genza di evitare che l’ineguale distribuzione della ricchezza incida su scelteparticolarmente significative per la sfera individuale » (21). Onde dal princi-pio del consenso non discende l’apertura di uno schema quasi-proprietario dicontrollo, che vale invece per il diritto del ricercatore sul brevetto eventual-mente ottenuto, ma la posizione di un limite contro lo sfruttamento scientificoe tecnologico del soma-persona. Sulla falsariga della protezione accordata altrattamento dei dati personali (22), si prospetta uno sviluppo sinusoidale della

(19) M.A. Hermitte, Le corps hors du commerce, hors du marché, in Arch. phil. dr.,1988, p. 339.

(20) Un lessico, una tecnica, un metodo non sono schemi neutrali nelle mani dell’inter-prete, ma forme di precomprensione rette da una sintassi logica interna. L’affermazione se-condo la quale nel consenso al trattamento di dati personali « la manifestazione di volontàè espressione di un regolamento di interessi di natura personale ed è volta ad attribuire al-l’altra parte una specifica utilità immediatamente riferita alla riservatezza e identità del di-sponente » (Venuti, Gli atti di disposizione del corpo, Milano, 2002, p. 31) non si armoniz-za con la relazione inversa istituita tra qualità dell’informazione e carattere dispositivo delconsenso dalla disciplina del trattamento dei dati personali.

(21) G. Resta, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità (note amargine della Carta dei diritti), in questa Rivista, 2003, p. 816.

(22) Questa ricostruzione del principio di autodeterminazione si riflette nel consenso altrattamento dei dati personali, avvalorando la lettura della l. n. 675/1996 come « primalegge generale sui diritti fondamentali » (F.D. Busnelli, Spunti per un inquadramento si-stematico, in C.M. Bianca-F.D. Busnelli, a cura di, Tutela della Privacy. Commentario allal. 31 dicembre 1996, n. 675, in Nuove Leggi civ. comm., Padova 1999, p. 229). I dati te-stuali sono noti: l’art. 11 (Consenso) l. n. 675 (= art. 23, d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196)detta una regola dal tenore solo apparentemente generale (così G. Comandé, La tutela dei

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tutela (23), dove il peso specifico accordato al consenso dell’interessato è inproporzione inversa alla qualità e al grado di vulnerabilità degli interessi tu-telati.

3. — Se il consenso in generale è una nozione utile al più a fini descrit-tivi, lo stesso non vale delle singole figure di atti consensuali, ritagliate dauna fenomenologia pressoché inesauribile, innescata dallo sviluppo tecnolo-gico e governata da opposti valori, onde la disciplina giuridica del consensoriflette concetti (la cura, la sperimentazione, la salute, i diritti fondamentali,e così via) costruiti manipolando coordinate culturali sommamente pregiudi-cate e controverse. Quest’ultimo aspetto imprime al discorso sul consenso unandamento curioso: quanto più è solennemente e universalmente declamato,tanto più, all’occorrenza, è sconfessato, mercè un qualche surrogato (tecni-camente: finzione) sub specie di consenso presunto, anticipato, proxy, ecce-tera.

Le ragioni s’intuiscono facilmente: società individualiste, democratiche,devote al culto laico dei diritti dell’uomo si compiacciono di declamare i prin-cipi di autonomia (l’individuo è signore assoluto delle scelte che incidono sul-la sua sfera vitale); beneficialità (la vita, la salute dei cittadini non devono es-sere manipolati a loro insaputa e contro i loro interessi); non discriminazione(a nessun costo la malattia e il disagio di coloro che non sono in grado di ba-dare a se stessi saranno strumentalizzati per il benessere della maggioranza).In queste stesse società, d’altra parte, la « dinamica sistemica sviluppata dascienza, tecnica ed economia » (24) spinge nell’opposta direzione, con tantapiù forza quanto più l’estensione dell’area di competenza e di attività dellamedicina determina l’estensione dei fattori di rischio o l’emersione di rischinuovi, distribuiti su più generazioni e coinvolgenti lo stesso progetto di societàe di umanità a venire, come nel caso della genetica. A dispetto della retoricasparsa a piene mani sull’autonomia del paziente, la relazione terapeutica nondati personali. Commentario alla l. n. 675 del 1996, a cura di G. Losano e V. Zeno-Zenco-vich, Padova, 1997; scettico sulla portata generale della regola in parola è anche S. Patti,Art. 11, in C.M. Bianca-F.D. Busnelli, Tutela della Privacy, cit., p. 359 ss.) subordinandoil trattamento dei dati personali al consenso espresso liberamente, in forma specifica e do-cumentata, edotto in relazione a una serie di elementi. L’art. 22, con disposizione (altret-tanto apparentemente) derogatoria all’art. 11, pone una inalienability rule (così F. Cafag-gi, Qualche appunto su circolazione, appartenenza e riappropriazione nella disciplina deidati personali, in Danno e resp., 1998, p. 613 ss.; v. anche S. Rodotà, Tra diritto e società.Informazioni genetiche e tecniche di tutela, in Riv. crit. dir. priv., 2000, p. 595) con riguar-do all’intero complesso dei dati sensibili (v. ora artt. 26, 76, 90 d. lgs. 30 giugno 2003, n.196, rispettivamente, per i dati sensibili in generale, idonei a rivelare lo stato di salute, ge-netici) il cui trattamento resta subordinato all’autorizzazione dell’Autorità Garante.

(23) Nella chiave di lettura suggerita da Emanuela Navarretta, Art. 9, in C.M. Bianca-F.D. Busnelli, La tutela dei dati personali, cit., p. 325.

(24) J. Habermas, I rischi di una genetica liberale. La discussione sull’autocomprensioneetica del genere, in Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale, Milano,2002, p. 20 s.

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è mai apparsa più sbilanciata, da quando la possibilità di intervenire sul ge-noma ha dissolto il confine tra natura e tecnica (25).

Sotto il profilo metodologico, la pretesa di individuare la massima di deci-sione del caso non regolato dalle fonti formali in via di applicazione direttad’un principio sovraordinato (26) si espone a una censura di Inversionsver-fahren, legittimando il movimento inverso — dalla ponderazione degli interessialla specificazione, per via delle regole vigenti, di nuove ipotesi applicative deiprincipi. In questa prospettiva, il super-principio di autonomia è una strategiaretorica diretta a contrastare un’autonoma valutazione degli interessi sottesi al-le varie policies, unificandoli sotto il duplice comun denominatore della criticaal paternalismo (in negativo) e del valore assoluto dell’autonomia individuale(in positivo). Per essere qualcosa di più d’una declamazione l’appello all’auto-nomia deve recuperare un’accezione tecnica di consenso, quale atto impegnati-vo, fonte di obbligazioni e di responsabilità. In quest’ordine d’idee, si annove-rano (i) atti (pacificamente e tradizionalmente) aperti al mercato (tipicamente:i contratti di prestazione sportiva); (ii) atti sottratti allo scambio mercantile,ma non alla circolazione tout court (così il prelievo di sangue, midollo, tessuti edi certi organi come il rene, la cornea, il fegato), eletti da autorevole dottrina aparadigma delle prestazioni c.d. superetiche, a sottolinearne l’alterità rispettoal contratto (27); (iii) atti sottoposti a un regime di indisponibilità assoluta (ma-ternità di sostituzione, volontaria sottoposizione a una sperimentazione fuoridei presupposti che regolano questa materia); infine (iv) atti estranei ab originealla circolazione, i quali esauriscono i loro effetti nella sfera del disponente(mutamento di sesso, sterilizzazione c.d. di comodo, interventi terapeutici insenso stretto non sperimentali, salvo il problema del regime di circolazione del-l’eventuale materiale biologico residuo). Se nel caso (i) il consenso è prima fa-cie elemento necessario e (ex parte subjecti) sufficiente ai fini della circolazio-ne; nei casi sub (ii) e (iv) è atto autorizzatorio, necessario ma non sufficiente,interno a un procedimento più o meno complesso; mentre nel caso sub (iii) havalore residuale e meramente attenuante rispetto a un’eventuale responsabilitàpenale (art. 579 c.p. omicidio del consenziente).

Difficilmente un approccio riduzionista al consenso darà ragione di questidiversi regimi. Al tentativo di giustificare certi fenomeni di market-inalienabilityunicamente in ragione dell’analisi costi/benefici, sulla premessa d’una regola ge-nerale di disponibilità sul mercato, è sempre possibile replicare che « col sottrar-re alcune utilità fornite dal corpo umano al libero mercato può precisamente vo-lersi subordinare il criterio dell’efficienza economica ad altri valori ed esigenze »

(25) H. Jonas, Cloniamo un uomo: dall’eugenetica all’ingegneria genetica in Tecnica,medicina ed etica. Prassi del principio di responsabilità, Torino, 1997, p. 122 ss.

(26) Per una critica di questo approccio v. E. Navarretta, Diritti inviolabili e risarci-mento del danno, Torino, 1996, spec. p. 41 ss. e p. 412 ss.

(27) G.B. Ferri, Dall’intento liberale al cosiddetto impegno etico e superetico: ovverol’economia della bontà, in Dir. priv., V-VI, 1999-2000, p. 330 ss.

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(28). Valori ed esigenze che non necessariamente soggiacciono alla stigma del pa-ternalismo. La legislazione italiana in materia di gestione e tutela del patrimonioculturale insegna che è possibile efficacemente interloquire anche con un dirittotetragono come la proprietà, così da respingere l’alternativa tra spossessamentoautoritario e individualismo possessivo nel nome di un interesse che non è pater-nalista (perché non è ispirato al best interest del proprietario), non è statalista(perché non è imposto in nome di un’entità sovraordinata ai singoli), non è eco-nomico (perché non mira a realizzare un profitto e anzi può bene essere attuato inperdita), ma è civile: espressivo dei valori costitutivi della civitas (29). Analoga-mente, se l’atto detto dispositivo del diritto che insiste sul corpo umano simulta-neamente dispone del patrimonio comune di rappresentazioni simboliche che in-sistono sul corpo, non è realistico attendersi dal principio di autodeterminazioneuna regola di soluzione dei conflitti intrinsecamente più soddisfacente del suo ri-vale autoritario, il principio di eterodeterminazione: « entre la personne et la cho-se, il faudrait alors instituer la chose d’origine humaine et a finalité humaine »(30). L’opposizione paternalismo-liberalismo è in verità mistificante. La suaespressione giuridica, il regime unitario del consenso nella bioetica, è una sovra-struttura proiettata su una pluralità di nozioni funzionalmente e strutturalmentedistinte: disaggregarla è il tema della riflessione che segue — sulla disciplina delconsenso quale storicamente si è costituita nella dialettica di concezioni normati-ve degli scopi della medicina, sviluppo tecnologico e ideologie dell’autonomia pri-vata — premessa allo studio delle fonti.

4. — Le origini del problema del consenso all’atto medico intersecanola costituzione dei moderni stati nazionali di diritto e il passaggio dellamedicina da tecnica empirica a scienza sperimentale. Dal Corpus Hyppo-craticum la relazione terapeutica praticata in Occidente ha ereditato unmodello ordinato sul principio dello status: tra medico e malato corre unarelazione impari, garantita in via pressoché esclusiva dal giuramento delprimo — un vincolo che il medico non contrae col paziente, ma con la di-vinità, davanti al consesso ideale dei sapienti; ma è anche una relazionetra esseri umani, che non ammette altro scopo dalla cura: guarire dal mor-

(28) D. Carusi, voce « Atti di disposizione del corpo », in Enc. giur., I, 1998, p. 9.(29) « In ogni oggetto o monumento che appartenga al patrimonio culturale convivono

dunque due distinte componenti “patrimoniali”: una si riferisce alla proprietà giuridica (eal valore monetario) del singolo bene, che può essere privata o pubblica; l’altra ai valoristorici, artistici e culturali che sono sempre e comunque di pertinenza pubblica (e cioè, ditutti i cittadini) »: così S. Settis, Italia Spa. L’assalto al patrimonio culturale, Torino,2003, spec. p. 21 ss. Negli USA, v. la riflessione di Cass R. Sunstein e R.H. Thaler per unpaternalismo sostenibile: Libertarian Paternalism Is Not an Oxymoron, in U. Chi. L. Rev.,p. 1159 ss. (2003). Tra gli esempi di legislazione ispirata a un ragionevole compromessotra autonomy e welfare gli Autori annoverano il sistema di default rules adottato dalle legi-slazioni europee sulla « donazione » di organi (p. 33).

(30) Così M.A. Hermitte, Le corps, cit., p. 325.

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bo, lenire il dolore (31). Tra il XVIII e il XIX secolo quella relazione perso-nalista e autoritaria fu assorbita e integrata in una nuova percezione del« letto del malato » come « campo d’investigazione e di discorso scientifi-co » (32), lungamente preparata dalla conquista al metodo galileiano dellescienze della vita e dalla presa dello Stato-apparato sulla società (33).

Le statistiche raccolte e pubblicate regolarmente dal principio dell’Otto-cento schiudono allo sguardo medico una macro-realtà impensata: certi carat-teri fisici, l’andamento delle nascite e delle morti, il numero e la distribuzionedi suicidi, malattie, epidemie, le stesse abitudini di vita della popolazione asse-condano precise regolarità spazio-temporali, come una complessa sintomatolo-gia distribuita sul corpo della Nazione, che la scienza medica s’incarica di ren-dere significante (34). L’inquietudine per gli effetti sulla relazione terapeuticadel mutamento in atto affiora nelle parole d’un maestro dell’Esegesi: « Lemédecin doit toujours être guidé par la pensée de soulager ou de sauver sonmalade. Mais entreprendre sur lui une experiénce nouvelle par simple amour del’art, par pure curiosité scientifique, afin de se rendre compte de l’effet pourson instruction personnelle, oh! Certes non ». In un caso esemplare, una Corted’Appello dichiarava illecito il contratto intercorso tra un chirurgo e una donna(« anziana e bisognosa ») che aveva accettato di fare da cavia per una dimo-strazione pubblica di chirurgia estetica sperimentale, osservando come fosseincompatibile con la dignità umana fare commercio del corpo (Ap. Lyon, 27giugno 1913, D. 1914. II. 73, note H. Lalou).

Tra il XIX e il XX secolo l’inclusione del corpo tra le res extra commerciumex art. 1128 c.c. fr. (cfr. art. 1116 c.c. it. del 1865) non riflette la posizione uf-ficiale del diritto in tema di atti dispositivi del corpo. A tacere dei numerosi attigià noti e comunemente accettati (il baliatico, certe attività sportive pericolose,lo spettacolo circense), la generalizzazione d’una regola del genere avrebbe re-vocato in dubbio la liceità della cessione di forza-lavoro, base materiale dellaproduzione industriale di massa. Il compromesso raggiunto — gli atti di dispo-sizione del corpo sono in via di principio leciti, salvo il controllo sulle finalitàdel loro esercizio — non a caso discende dalla stessa premessa alla base dellacostruzione del contratto di lavoro subordinato come locatio operarum: la scis-

(31) Sulla medicina ippocratica: U. Di Benedetto, Il medico e la malattia. La scienza diIppocrate, Torino, 1986.

(32) M. Foucault, Naissance de la clinique, Paris, 1963, trad. it. Nascita della clinica,Torino 19691, p. 10.

(33) Sul frontespizio degli Annales d’Hygiène publique et de médicine légale (1827) silegge che la medicina « non si pone come oggetto solo lo studio e la guarigione delle malat-tie, ma ha intensi rapporti con l’organizzazione sociale; talvolta aiuta il legislatore nella for-mulazione delle leggi, spesso chiarisce al magistrato la loro applicazione e sempre, conl’amministrazione, veglia sul mantenimento della salute pubblica »: cit. da R. De Franco(In nome di Ippocrate. Dall’«olocausto medico» nazista all’etica della sperimentazione con-temporanea, Milano, 2001, p. 76).

(34) I. Hawking, The Taming of Chance, Cambridge, 1990, spec. il cap. I.

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sione del corpo (considerato là sotto l’aspetto organico, qui dell’energia fisica)dalla persona e l’attribuzione al primo d’un valore di scambio, relegando « lacura della persona in quanto organismo corporeo [...] nella sfera giuridicamen-te irrilevante in cui spazia il godimento discrezionale del proprietario » (35).

La creazione giurisprudenziale d’un diritto soggettivo dell’ordine dei dirit-ti reali (c.d. ius in se ipsum) si riflette in due modi sul regime ottocentesco degliatti di disposizione del corpo. Dal lato del soggetto, l’innesto del consenso sullacapacità di agire, che ne consegue, rende ipso iure irrilevante la partecipazionedi quanti stanno all’esterno (che è poi un interno fisico: le mura domestiche,l’ospedale psichiatrico, la prigione) dello spazio comune dove i cittadini-pro-prietari curano i propri e i pubblici affari: in mancanza d’una regolazione pub-blica della ricerca medica e scientifica, la titolarità d’uno status giuridico in-compatibile con l’esercizio dei diritti civili diventa la premessa d’una nuova ca-tegoria sociologica (uno status di fatto) di soggetti marginali, più o meno libe-ramente reclutabili per la sperimentazione. Sul versante dell’oggetto, lo schemadella realità sottopone gli atti di disposizione del corpo agli stessi criteri chepresiedono in generale alla valutazione degli atti di autonomia privata: ordinepubblico e buon costume (36).

A contatto con una materia assiologicamente pre-giudicata, d’altra parte,le clausole generali (e in special modo l’ordre public, cifra in cui si compendia-no valori e interessi sottratti alla disponibilità dei singoli) reagiscono in modoinconsueto, forzando, invece di ribadire, la cornice astensionista dell’ordinepubblico liberale, mentre tecniche d’intervento inedite dissolvono il concetto diintegrità corporea come sostrato ontologico della persona fisica e nuovi usi delcorpo si prospettano che acutizzano la percezione del carattere anche pubblicodelle scelte e degli interessi coinvolti. Nel decennio a ridosso del secondo con-flitto mondiale, l’esistenza di un’area dispositiva speciale rispetto al diritto co-mune dei contratti è un dato ormai acquisito: di qui la inidoneità del consensoa costituire una fonte esclusiva di obbligazioni e l’affermazione d’un penetrantecontrollo sulla socialità e moralità dell’atto, al fine di conciliare l’esigenza digarantire al singolo un certo potere di disporre del corpo con una tutela dell’in-tegrità fisica adeguata alla categoria emergente dei diritti della personalità (37).

Di quella stessa sensibilità è per certi aspetti espressione il binomio norma-tivo introdotto nella legislazione italiana tra gli anni Trenta e Quaranta. La di-sciplina ricalca nell’impianto formale la regola liberale della disponibilità limi-tata, sulla falsariga del classico insegnamento per cui « il consenso del soggetto

(35) L. Mengoni, La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, inRiv. trim., 1982, II, p. 1119.

(36) Cfr. M.A. Hermitte, Le corps hors du commerce, cit., spec. p. 327.(37) P. Calamandrei, Note sul contratto tra il chirurgo e il paziente, in Foro it., 1936,

IV, p. 284 ss., p. 285; A. Candian, Riflessioni sul consenso dell’avente diritto, in Riv. dir.com., 1938, p. 459; Romano Salv., Revoca degli atti giuridici privati, Padova, 1935, p. 6;Andrée Jack, Les conventions relatives à la personne physique, in Rev. crit. lég. et jur.,1933, p. 362.

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tutelato toglie di regola all’azione il carattere dell’illiceità » (38). Simmetrica-mente, una norma in bianco del nuovo codice penale esclude la punibilità di« chi lede o pone in pericolo col consenso della persona che può validamentedisporne » (art. 50 c.p.), con implicito rinvio a una disciplina generale, civili-stica, della materia. Quella disciplina, com’è noto, è espressa dall’art. 5 c.c. tut-t’ora in vigore, cui è affidata la determinazione delle condizioni generali chepresiedono al valido esercizio dell’atto di disposizione.

Contro la lettura invalsa dell’art. 5 c.c. come sottoprodotto della retoricarazziale e bellicista del fascismo, la matrice originaria di quella norma si trovapiuttosto in un’etica liberale. In tal senso depongono sia la formulazione, in ter-mini di limite a un potere generale di disposizione, tipica della tecnica liberaledi legislazione in materia di ordine pubblico (ciò che non è espressamente proi-bito, s’intende permesso), sia la scelta della categoria dogmatica dell’atto di-spositivo, manifestamente ispirata alla ratio di collegare in modo esclusivo auna manifestazione di volontà dell’interessato l’effetto giuridico di sospendere,o attenuare, la tutela dell’inviolabilità fisica in vista del compimento di un’atti-vità compiuta sul, o per mezzo del, corpo, al fine di ottenere un’utilità o unvantaggio per il disponente o un terzo. Letto e contrario, quale norma che posi-tivamente autorizza il compimento degli atti di disposizione che non violano isuddetti limiti, il disposto dell’art. 5 c.c. non si scosta dallo schema statico dellasequenza fattispecie-effetto tipica degli atti dispositivi di diritti patrimoniali. Inquest’ordine di pensieri, gli atti di disposizione del corpo sottostanno agli stessilimiti e requisiti (in punto di capacità e di controllo di liceità) di un qualunqueatto negoziale. Lo stesso limite generale dell’integrità fisica, ritenuto comune-mente espressione dell’ideologia fascista, è un elemento di continuità con ladottrina liberale che nella lesione seria dell’integrità riconosceva un indice dellaviolazione dell’ordine pubblico, persuasa di poter governare i rischi dell’inno-vazione tecnologica dall’interno della teoria del ius in se ipsum. Per queste ra-gioni, l’imprinting ideologico del fascismo sulla disciplina degli atti di disposi-zione del corpo umano non va cercata in questo o quell’elemento della fattispe-cie in sé considerato, ma nel raccordo dei singoli elementi alla luce — come« un’applicazione particolare » si legge nella Relazione del Guardasigilli —della dottrina dell’abuso del diritto « in quanto si considera che l’integrità fisi-ca è condizione essenziale perché l’uomo possa adempiere i suoi doveri verso lasocietà e verso la famiglia » (n. 26, 1936). Attratto nell’orbita dei diritti reali, ildiritto all’integrità fisica subiva lo stesso destino di funzionalizzazione riservatoagli altri diritti della tradizione liberale, proprietà e libertà contrattuale (39).

Complice la diffusione delle teorie eugenetiche su base razziale, nel corsodella prima metà del Novecento il processo di politicizzazione della medicinadegenera rapidamente nella medicalizzazione della politica. I ricercatori attin-

(38) R. Thon, Rechtsnorm und subjektives Recht, Weimar, 1878, trad. it. Norma giuri-dica e diritto soggettivo, Padova, 1939, p. 23.

(39) Rinvio qui alle pagine di G.B. Ferri, Il negozio giuridico, Padova, 2001, pp. 94-140.

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gono ora a una riserva sperimentale di individui oggettivamente vulnerabili esoggettivamente disponibili: sottoproletariato urbano, minoranze etniche, in-ternati nei manicomi e nelle prigioni, prostitute, condannati a morte, malaticronici e terminali, Lebensunwerten Leben chiamate a saldare un debito con lasocietà (40).

La prima regolazione in via amministrativa della sperimentazione sull’uo-mo è attuata in Germania, in seguito allo scandalo suscitato dalla somministra-zione d’un vaccino ottenuto da pazienti ammalati di sifilide a bambini e giova-ni prostitute ignari di essere sottoposti a sperimentazione (41). Alla vigilia dellapresa nazista del potere, un nuovo clamoroso infortunio — la morte di settan-tacinque bambini in seguito alla sperimentazione d’un vaccino della TBC — èl’occasione di un secondo, tardivo intervento pubblico (42). Il valore di questidocumenti non è legale, ma storico: base d’accusa nel processo ai medici autoridelle sperimentazioni omicide di massa perpetrate nei Lager nazisti, furono re-

(40) La soppressione della vita indegna di essere vissuta è il titolo di un pamphlet scrit-to a quattro mani da un professore di psichiatria e da un costituzionalista e penalista illu-stre: A. Hohe-K. Binding, Die Freigabe der Vernichtung Lebensunwerten Lebens, Leipzig,1924, dove per la prima volta sono poste le premesse di un consenso «rispettabile» della co-munità scientifica alla pratica di sopprimere gli individui affetti da tare ereditarie o da ma-lattie mentali degenerative. Di là dall’intento dichiarato di giustificare la morte assistita subase consensuale, l’opera propaganda l’estensione della Sterbehilfe agli idioti incurabili ealle persone in stato permanente di incoscienza (pp. 31, 33).

(41) Le Istruzioni diramate in quell’occasione a medici e ricercatori dal Ministero prus-siano degli Affari religiosi, educativi e medici il 29 dicembre 1900 sarebbero un testo avan-zato anche alla luce dei criteri attuali: gli interventi « per scopi diversi da diagnosi, terapiae immunizzazione sono assolutamente proibiti » se il soggetto è « minore o non pienamentecapace di intendere e di volere » o se, adulto e capace d’intendere, non ha « dichiarato ine-quivocabilmente il suo consenso all’intervento » sulla base « di una adeguata spiegazionedelle conseguenze negative » eventuali. La direttiva non tralascia di considerare il processodella sperimentazione, disponendo che ogni intervento sia condotto in prima persona daldirettore dell’istituzione sanitaria o sotto la sua supervisione, e che la procedura relativa alconsenso sia certificata e documentata « specificando i dettagli del caso ». Il documento fuignorato dalla comunità scientifica, sensibile all’ideologia dell’eugenetica sociale e razziale:cfr. R. De Franco, In nome di Ippocrate, cit., p. 149 ss.

(42) Le Regole sulla nuova terapia e sperimentazione umana, promulgate dal Ministerodegli Interni della Repubblica di Weimar e mai formalmente abrogate negli anni della dit-tatura, tracciano per la prima volta sul piano normativo la distinzione tra terapia sperimen-tale e ricerca medica pura, con una regolamentazione più stringente della seconda; dettanoper l’una e l’altra limiti a salvaguardia della dignità umana (subordinando la divulgazionedei risultati al « pieno rispetto della dignità del paziente e dei dettami immortali dell’uma-nità »); introducono dispositivi basati su un criterio di precauzione (previa sperimentazionesu animali, valutazione del rapporto tra benefici attesi e probabili rischi, divieto di esperi-menti « immotivati e non programmati »); subordinano il progresso medico al rispetto dellaintegrità fisica e psicologica del soggetto; individuano soggetti sottratti alla sperimentazio-ne, in modo assoluto (soggetti in pericolo di morte), o condizionato (minori, se « in ognimodo » costituisce un pericolo); individuano — infine — nel medico « il maggior responsa-bile della vita e della salute di tutte le persone sulle quali intraprende una terapia innovati-va o esegue un esperimento ».

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cepiti pressoché integralmente nel c.d. Codice di Norimberga del 1947: diecibrevi capitoli, il primo dei quali è dedicato alla solenne affermazione del prin-cipio del consenso («Il consenso volontario del soggetto è assolutamente essen-ziale») e a una determinazione particolarmente rigorosa dei suoi requisiti,mentre i restanti nove circondano di limiti oggettivi la metodologia sperimen-tale su esseri umani.

Nel nome della libertà di ricerca e del benessere delle generazioni future,le risoluzioni e i documenti nazionali e internazionali del Dopoguerra hannovariamente inciso sui rigorosi standards di protezione individuati dalla Cartadel 1947. Secondo un’opinione diffusa, la fuga dai principi di Norimberga èstata la risposta della scienza medica all’assolutismo morale di un documentoche rifiutava di scendere a patti con la ricerca (43). Queste considerazioni tra-scurano un aspetto decisivo. La matrice etico-politica del Codice è la stessadel U.N. International Covenant on Civil and Political Rights (1966), dove lasottoposizione non volontaria (without free consent) alla sperimentazione me-dica o scientifica, assimilata alla tortura, è bandita come un’ipotesi particola-re di trattamento crudele, disumano o degradante (art. 7). Queste e altre di-sposizioni considerano ipotesi affatto particolari di violenza e abuso a sfondopolitico attuati col pretesto dello stato di necessità, della salute e del benesserecollettivo: le politiche discriminatorie e razziste, l’eugenetica pubblica e ogniatto compiuto in violazione dei diritti umani, per mezzo della biomedicina o afini sperimentali. La stessa ratio garantista ispira nel nostro ordinamento l’in-violabilità della libertà personale (art. 13 Cost.) e la tutela della vita e incolu-mità individuale (27 Cost.) in combinazione col principio della volontarietàdella cura (32, comma 2o, Cost.) e con la riserva di legge sui trattamenti sani-tari obbligatori, opportunamente rafforzata dal limite assoluto del « rispettodella persona umana » (art. 32, comma 3o, Cost.). Sarebbe fuorviante ricon-durre al principio d’inviolabilità della libertà personale come libertà di di-sporre del proprio corpo queste (e analoghe) disposizioni. Questa chiave dilettura è paradossale se diretta a sganciare l’integrità fisica dalla tutela costi-tuzionale della libertà personale (gli esperimenti giudicati a Norimberga nonsarebbero meno esecrabili se le vittime per assurdo fossero state dei volontari,o se fossero state lautamente retribuite) (44); è ridondante, se per essa s’inten-de apprestare una base costituzionale all’aspetto dinamico dell’autodetermi-nazione, come liberty for (45), posto che è già adeguatamente garantito dagliartt. 2 e 3 Cost.; è, infine, dissonante con la matrice storico-filosofica della li-

(43) R.W. Garnett, Why informed consent? Human experimentation and the Ethics ofAutonomy, in 36, The Catholic Lawyer, (1996), p. 455 ss., p. 471.

(44) La caratterizzazione dell’inviolabilità fisica come nocciolo duro della libertà perso-nale è peraltro costante della nostra giurisprudenza costituzionale, anche a fronte di lesionidi minima entità: cfr. Corte cost. 238/1996, Fam e dir., 1996, p. 419 (nota Figone).

(45) Cfr. A. Pace, voce « Libertà personale », in Enc. del dir., XXIV, s.d., ma Milano,1974, pp. 287 ss. e Corte cost. 471/1990, Foro it., 1991, 1, 14 ss.

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bertà personale come habeas corpus — « libertà dagli arresti e, nella suamassima espansione, dalla sottoposizione a singole e specifiche coercizioni fi-siche » (46) — primo tra i klassischen Grundrechte per la dottrina costituzio-nale tedesca che sottolinea così il nesso non estrinseco tra i diritti fondamen-tali di prima generazione e il Rechtsstaat.

Di là dalle finalità che l’ispirano, dai soggetti che lo praticano e dalle mo-dalità nelle quali si attua, l’impossessamento del corpo umano mette in scenail conflitto tra il benessere di entità astratte — la Nazione, la Maggioranza, leGenerazioni future — e la difesa, qui ed ora, della dignità, della salute, dellavita di individui concreti. È emblematica, per questo aspetto, la formula scel-ta dall’art. 32, comma 3o, della Costituzione, quando alla salute come interes-se della collettività oppone il limite della libertà e della dignità umana. Unalegislazione autenticamente garantista tende non ad assicurare — indugian-do, per così dire, sulla soglia del laboratorio — le condizioni di spontaneità epurezza del consenso, ma ad escludere a priori ogni considerazione dello sta-tus delle persone dal calcolo dei costi e dei benefici che presiede alla selezionedei soggetti sperimentali, evitando che un interesse della società si trasformiin un atto politico di discriminazione e stigmatizzazione (47). La circostanzache tale valore possa realizzarsi anche contro la volontà del soggetto tutelato èun primo indice d’una relazione complessa tra principio del consenso e valoredella dignità umana che percorre tutta la materia e vede prevalere, in caso dicontrasto, la seconda (48).

In conclusione, il garantismo politico delle Carte del dopoguerra illuminail lato negativo e difensivo proprio della dimensione originaria delle libertà fon-damentali come Abwehrrechte, pretese alla non ingerenza dei poteri pubblici(49). Per quest’ultimo aspetto, esse rappresentano strumenti in certa misura ob-soleti d’incontro a fenomeni di tipo nuovo. Nella seconda metà del Novecento,il principio del consenso progressivamente si complica: da barriera difensivacontro un technological assault inferto dall’esterno (50) ad atto di esercizio di

(46) G. Amato, Articolo 13, in Comm. Branca, Bologna-Roma, 1977, p. 51 ss.(47) Sul punto: H. Jonas, Philosophical Reflections on Experiments with Human Su-

bjects, in Daedalus, 98 (1969), trad. it. Al servizio del progresso medico: gli esperimenti susoggetti umani, in Tecnica, medicina ed etica, Torino, 1997, 81 ss.; G. Calabresi, Reflec-tions on medical experiments in humans, 98 Daedalus, (1969), p. 387 ss.

(48) È emblematico il caso, dibattuto soprattutto negli U.S.A., degli esperimenti su de-tenuti volontari sani: Robert A. Burt, Why we should keep Prisoners from the Doctors, in 5,Hastings Ctr. Report, (1975), p. 25 ss.; sugli esperimenti effettuati sui soldati americanidurante la prima Guerra del Golfo: George J. Annas, Protecting Soldiers from Friendly Fire:The Consent Requirement for Using Investigational Drugs and Vaccines in Combat, 24 Am.J. L. and Med. (1998), pp. 245-260.

(49) Sul concetto di libertà individuale come obbligo di astensione rivolto ai pubblicipoteri, v., nella dottrina italiana, già Santi Romano, Principi di diritto costituzionale, Mila-no, 1946, p. 119 ss.

(50) Così Mason - Mc Call - Smith, Law and Medical Ethics, Edimburgh, 2001, p. 277.

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un potere (pro)positivo di scelta della cura (51). Il passo successivo è la costru-zione del consenso come strumento rivendicativo di progettazione e ridefinizio-ne delle identità personali (caso esemplare: la possibilità di intervenire sullascissione tra sex — sesso morfologico — e gender — sesso psichico, nel caso deltransessualismo) e della discendenza (con lo strumento dei tests genetici pre-ventivi sul nascituro); dispositivo di determinazione (nell’an e nel quomodo,generalmente in concorso con altri criteri) del regime di circolazione giuridicadi parti, prodotti, funzioni del corpo (dai trapianti di organi e di tessuti allafunzione biologica della maternità); meccanismo, infine, estremo di afferma-zione del dominio della persona sul corpo, oltre la soglia della capacità d’inten-dere e di volere (living wills).

L’enfasi sul consenso acquista un diverso respiro in un contesto tecnologi-co e culturale inciso dalla perdita del riferimento unitario al corpo, assimilato a« materia prima e mezzo di produzione » (52), e dalla correlativa sostituzionedella nozione classica di terapia con qualunque trattamento « configurante attomedico la cui giustificazione « terapeutica » viene ricercata nei « desideri » enei « disagi » psichici che possono conseguire alla loro mancata soddisfazione(chirurgia estetica, fecondazione assistita), ovvero nel rifiuto della sofferenzaestrema (eutanasia, aiuto al suicidio) » (53).

5. — Le questioni da ultimo accennate sono il tema d’una terza genera-zione di documenti, che si vedranno nelle pagine che seguono. Con un avviso:la disciplina del consenso informato eccede il sistema delle fonti in senso tec-nico-formale: la scala planetaria delle questioni e l’interdipendenza dei sotto-sistemi decisionali si ripercuotono su agende politiche e strategie produttive, edi qui sulla distribuzione delle risorse (54). In questa cornice s’inserisce l’atti-vismo normativo delle organizzazione inter- e transnazionali, con ritmo acce-lerato dalla seconda metà degli anni Novanta. Nella prospettiva delle fonti,questi documenti segnano la fine dell’autarchia normativa dei sistemi nazio-nali in campo biomedico e l’avvento d’un modello « a scatole cinesi » (55).

(51) Secondo il principio espresso nella prima sentenza americana sull’informed con-sent: Salgo v. Leland Stanford Univ. Board of Trustees, 317 Prd. 170, Cal. 1957.

(52) Cfr. M.A. Hermitte, Le corps, cit., p. 323 e S. Rodotà, Ipotesi, cit., p. 178 ss.(53) CNB, Scopi, limiti e rischi della biomedicina, 14 dicembre 2001, sul sito: http://

www.palazzochigi.it/bioetica/.(54) In generale, sul processo di internazionalizzazione della Bioetica e i suoi riflessi

sull’ordinamento: P. Zatti, Verso un diritto per la bioetica, in C.M. Mazzoni, a cura di, Unanorma giuridica per la bioetica, Bologna, 1998, p. 68 ss.

(55) Così P. Zatti, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso S. Raffae-le), in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, p. 8: « La fonte è sempre composita: legge delega,decreto legislativo, decreto ministeriale; all’uno o all’altro livello vi è un recepimento di fon-ti internazionali, sia giuridiche che deontologiche, e di un importante documento del Comi-tato Nazionale di Bioetica; definizioni e requisiti del consenso vengono precisati nella fonteministeriale, che ricava forza di legge dalle fonti superiori ».

336 RIVISTA DI DIRITTO CIVILE

Del 1996 è l’importante documento dell’Agenzia Europea per la Valutazionedei Medicinali, le Good Clinical Practices: Consolidated Guidelines (CPMP del17 luglio 1996, E6; CMPC/ICH/135/1995: Linee Guida dell’U.E. di Buona Pra-tica Clinica), recepite con d.m. 15 luglio 1997, definiscono il quadro tecnico enormativo di riferimento « per l’effettuazione delle sperimentazioni cliniche e deimedicinali » (art. 1). Con la Dir. 2001/20/CE i canoni di buona pratica clinicahanno avuto un riconoscimento legislativo a livello europeo e si apprestano a di-ventare legge dello Stato. Nel 1997 sono stati approvati due importanti documen-ti internazionali: la Dichiarazione universale sul Genoma umano e i diritti umanidell’Unesco e soprattutto la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina(c.d. Convenzione di Oviedo) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.Quest’ultima ha avuto immediata risonanza nell’ambiente medico e scientificoitaliano con l’adozione di un nuovo Codice di Deontologia Medica (1998) che nerecepisce le indicazioni. Più lenta, la ratifica legislativa è giunta con l. 145 del 28marzo 2001 (ma la cui delega ex art. 3 per l’attuazione è ad oggi inattuata). Que-sti documenti prefigurano una recezione en masse dell’approccio procedurale al-la sperimentazione medico-clinica definito nella Dichiarazione di Helsinki del1964 della World Medical Association (56).

L’attivismo della comunità internazionale si ripercuote sulla divisione dellavoro tra Legislatori e Ricercatori (e sulla prerogativa dei ceto dei Giuristi al-l’ombra dei primi). La Convenzione di Oviedo è opera del Comitato di Bioeticadel Consiglio d’Europa; le Direttive dell’U.E. in materia di sperimentazionefarmacologica configurano un fenomeno di recezione di codici di deontologia eprotocolli metodologici sviluppati dalle organizzazioni mediche internazionali.Questo Professorenrecht di tipo nuovo, dove la voce del medico in qualche casosovrasta quella del giurista, non deve per forza attendere la ratifica (e a fortioril’attuazione) con legge dello Stato per essere integrato nel tessuto giuridico na-zionale. Specie se l’esigenza di regole è pressante — è il caso del consenso —l’autoregolamentazione attuata dai soggetti e dalle professionalità direttamentecoinvolte, può con efficacia e tempestività assicurare la recezione della nuovadisciplina, ferma restando l’esigenza di valutare la conformità di questo corpusnormativo ai principi dell’ordinamento costituzionale. Nelle more dell’inter-vento legislativo, la funzione di raccordo tra fonti sovranazionali e ordinamen-to interno è affidata al gioco combinatorio del c.d. soft Law, i Codici deontolo-gici espressione dell’autonomia delle organizzazioni professionali, con le clau-sole generali, nella storica funzione di concetti-valvola tra ordinamento giuridi-co e ambiente sociale. Una dialettica tra clausole generali (in primo luogo il ri-spetto degli standards di correttezza professionale) e codici deontologici si pro-spetta, dove l’esigenza di continuità tra Laien- e Juristenrecht è affidata alleprime, in funzione invalidante, ermeneutica e integrativa dei secondi, e questiultimi per converso attuano la « Konkretisierung delle clausole generali, capace

(56) Giunta frattanto sesta revisione (Edinburgh, 2000). Per un’analisi critica: R.J. Le-vine, International Code of Research Ethics, 35 Indiana L. Rev. (2002), p. 557 ss.

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di attribuire loro piena operatività ed efficacia » (57) anche fuori dei confinidella responsabilità contrattuale (58).

In sintesi, il principio del consenso ha piena cittadinanza nell’ordinamentogià in forza dei principi costituzionali (artt. 3, 13, e in particolare 32, comma2o, Cost.); quindi delle discipline di settore introdotte in campo sanitario, tera-peutico e sperimentale, in via di « deroga » all’art. 5 c.c. (59); infine d’una giu-risprudenza consolidata e della migliore dottrina. Per questo aspetto, la Con-venzione non fa che rendere esplicito un patrimonio comune alla Corte Euro-pea dei Diritti dell’Uomo e alle tradizioni giuridiche degli Stati Membri (60).

6. — Nell’ordinamento repubblicano, il tema delle fonti di disciplina delconsenso nella biomedicina sconta la presenza, al centro del micro-sistemadei diritti della personalità che apre il Libro I del codice civile, d’una discipli-na degli Atti dispositivi del corpo umano (art. 5 c.c.): dove quest’ultima cate-goria evoca il meccanismo del trasferimento d’un diritto su un bene e in ulti-ma analisi la proiezione esterna d’un diritto soggettivo « configurante poteridi esercizio », modulato sui diritti reali, col quale « si esprime la sottoposizio-ne della res a questo potere del soggetto » (61).

(57) Così E. Navarretta, sub Art. 9, cit., p. 341 s. In riferimento al Codice DeontologicoMedico, v. A. Bellelli, Il Codice deontologico medico e il suo valore giuridico, in M. Barni(a cura di), Bioetica, deontologia e diritto per un nuovo codice professionale del medico,Milano, 1999, p. 17 ss.; per una rassegna delle fonti internazionali, v., nello stesso volume:A. Bompiani, Il Codice di deontologia medica e la normativa europea, p. 65 ss.

(58) Ma accade che il legalismo della Giurisprudenza sospinga i codici di autoregola-mentazione, come « precetti extragiuridici », nel limbo dell’accertamento del fatto, la cuiinterpretazione si sottrae al sindacato di legittimità. Con risvolti in qualche caso aberranti:una recente sentenza della Cassazione penale (n. 26446 del 11 luglio 2002) ha ritenuto chein mancanza di attuazione della delega di cui all’art. 3, l. 28 marzo 2001, n. 145 (ratificadella Convenzione di Oviedo) il medico sia « sempre legittimato ad effettuare il trattamentoterapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente affidato allesue cure » anche in mancanza di esplicito consenso e dei presupposti dello stato di necessi-tà, essendo insuperabile il solo « espresso, libero e consapevole rifiuto ». Non si potrebbeporre in termini più brutali il problema della consistenza del principio del consenso nel no-stro ordinamento nelle more dell’attuazione della legge di ratifica della Convenzione diOviedo. Sull’interpretazione dei codici di autoregolamentazione v. A. Bellelli, Il Codicedeontologico medico e il suo valore giuridico, cit., p. 20.

(59) Cfr. art. 2, l. n. 458/1967 sul trapianto del rene; l. 14 luglio 1967, n. 592, art. 9,in materia di emotrasfusioni; art. 33 l. n. 833/1978, istitutiva del servizio sanitario nazio-nale; l. 22 maggio 1978, n. 194 sull’IVG; art. 5, l. 5 giugno 1990, n. 135, sulla prevenzionee la lotta contro l’AIDS; artt. 32 ss. Codice di deontologica medica del 1998; art. 4.8.1 Di-rettive di Buona Pratica Clinica.

(60) Cfr. S. Monnier, La reconnaissance constitutionelle du droit au consentement enmatière biomédicale. Etude de droit comparé, in Rev. int. dr. comp., 2001, p. 383 ss.

(61) Per l’analisi della proprietà in un lato interno, corrispondente all’esercizio del dirit-to, e uno esterno, l’atto di disposizione in senso proprio: Salv. Romano, Aspetti soggettivi deidiritti sulle cose, ora in Scritti minori, Milano, 1980, I, p. 444. In generale, sul concetto diatto dispositivo: Mengoni-Realmonte, voce « Disposizione (atto di) », in Enc. del dir., XIII,

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L’evoluzione della disciplina del consenso informato va considerata allaluce della duplice ispirazione dell’art. 5 c.c. (supra, § 2). La trasposizione del-l’emergente categoria dei diritti della personalità « dalle norme del Codice civi-le ... sul terreno dei principi costituzionali » (62) non poteva esaurirsi nella ri-mozione della sovrastruttura ideologica proiettata dal Legislatore del 1942 sul-la dottrina liberale del ius in seipsum. Dal momento in cui è incorporato nel piùvasto principio d’inviolabilità della libertà personale (art. 13 Cost.) e nella tu-tela del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.), il diritto all’integrità fi-sica trascende sia la ratio del compromesso liberale, sia il suo vestimentum tec-nico-giuridico, l’atto dispositivo (63). Sotto l’aspetto della qualificazione giuri-dica, l’attrazione dell’integrità fisica tra i diritti inviolabili, nocciolo duro deidiritti della personalità, determina lo slittamento semantico del « consenso »:da meccanismo dispositivo o abdicativo di diritti soggettivi ad atto di parteci-pazione dell’individuo ai processi che intersecano interessi personalissimi e vi-tali (art. 2 Cost.), con valore in primo luogo (ma non meramente) autorizzato-rio (cfr. art. 32, secondo comma, Cost.), necessario ma non alternativo ad altremisure oggettive di garanzia.

In quest’ordine di pensieri, vige tra sistema privatistico e ordine costituzio-nale una relazionalità asimmetrica. I principi costituzionali pre-giudicano ilsenso della norma espressa dalla disposizione codicistica da norma permissiva(o dispositivo di rinunzia, a certe condizioni stabilite dall’ordinamento, a dirittisulla propria persona) a norma sanzionatoria (o, come pure è stato detto, nor-ma sui meccanismi di tutela) (64). Per converso, l’interpretazione verfassun-

s.d., ma Milano, 1961, pp. 189-194, e sulla sua inapplicabilità al sé: F. Santoro Passarel-li, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 19669, p. 51; D. Romboli, Art. 5, in A. Pizzo-russo - D. Romboli - U. Breccia - A. De Vita, Persone fisiche, in Commentario al Codice ci-vile, Bologna-Roma, 1988, p. 229; M. Dogliotti, Atti di disposizione del proprio corpo eteoria contrattuale, in Rass. dir. civ., 1990, p. 241 ss. Sul significato storico della assimila-zione dell’integrità fisica ai diritti reali: F. Rigaux, La protection de la vie privée et des au-tres biens de la personalité, Bruxelles-Paris, 1990, n. 668, p. 742, vero antidoto al fetici-smo dei privacy rights; e in rapporto al problema della in/disponibilità dei diritti fonda-mentali: E. Navarretta, Diritti inviolabili, cit., p. 74 ss.

(62) F.D. Busnelli, Per una rilettura del « diritto delle persone » di cinquant’anni fa, inAa.Vv., I cinquant’anni del Codice civile. Atti del Convegno di Milano, 4-6 giugno 1992, I,Milano, 1993, p. 128 s.

(63) « L’esigenza di riconoscere al singolo individuo una certa libertà di disporre delproprio corpo non ha più per contenuto precipuo l’obiettivo di un ambito di libera contrat-tazione, ma si giustifica in relazione al principio fondamentale, e costituzionalmente garan-tito (artt. 13 e 32 Cost.) della incoercibile della libertà personale del soggetto. Parallela-mente, l’esigenza di tutela della integrità fisica [...] è venuta trasformandosi nella più com-plessa esigenza di tutela della salute (art. 32 Cost.), ossia di un valore psichico oltre che fi-sico suscettibile non solo di conservazione, ma altresì di promozione e di incremento in unaprospettiva di pieno sviluppo della persona umana (art. 3 Cost.) »: così F.D. Busnelli, Ri-fiuto di terapie, cit., p. 227.

(64) Secondo l’insegnamento di A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, 1993, p.125; D. Messinetti, voce « Personalità », in Enc. del dir., § 20.

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gskonforme delle disposizioni che regolano il dispositivo del consenso del-l’avente diritto si riflette sulla tutela costituzionale dei diritti fondamentali, exse preordinati, con rare eccezioni, ad agire nella relazione tra cittadini e pubbli-ci poteri, assicurando la mediazione di norme di diritto oggettivo necessaria al-le libertà costituzionali per operare anche nei rapporti tra privati come fonti didiritto e di obbligo. La formula secondo la quale dalle libertà costituzionali di-scendono direttamente « nuovi » diritti della personalità nelle relazioni tra pri-vati è in verità un’eccessiva semplificazione. Nell’ordine di idee di un circolo er-meneutico tra diritti fondamentali e regole del diritto privato, i valori costitu-zionali per un verso sostengono la legittimazione e l’adozione di nuovo dirittooggettivo, e per altro verso orientano l’applicazione del diritto vigente: « loin des’identifier avec un droit subjectif [...] la liberté ne donne naissance à un teldroit où intérêt que par la médiation d’une norme de droit objectif qui ne sau-rait saisir le sujet que sorti de sa solitude » (65). Non ha senso pertanto (se noncome manifesto politico, auspicio, iperbole) parlare di clonazione riproduttiva,diagnostica preimplantatoria, eutanasia attiva, direttive anticipate quali mani-festazioni, rispettivamente, di un diritto alla libertà procreativa, a una discen-denza sana, a morire con dignità, astrazion fatta da (eventuali) norme di dirit-to oggettivo che qualificano tali attività, tracciando il confine tra ought e is, in-teresse giuridicamente protetto e possibilità tecnica.

Quanto più, infine, la mediazione tra sistema dei diritti soggettivi e libertàcostituzionali si estende e si specifica in relazione a interessi determinati per effet-to del concorso di nuove fonti di disciplina, tanto meno la relazione tra tutela del-l’integrità fisica e tutela della salute si prospetta nei termini di una dialettica trainteressi e valori virtualmente in conflitto. Una dialettica del genere presupponeuna situazione di concorso di norme che nella specie non sussiste: in seguito al-l’ingresso nell’ordinamento di fonti che attuano il principio del consenso alla tera-pia e alla sperimentazione l’art. 5 ha perso difatti la connotazione originaria di di-sciplina generale dell’atto di esercizio del consenso. Allo stato attuale non è, a ri-gore, neppure esatto ricostruire le norme di diritto oggettivo in materia di attomedico come deroghe a un principio generale, posto che l’art. 5 c.c. (se mai lo èstato) non è più tale (66). In particolare, al disposto dell’art. 5 si sottraggono:

(i) ab imis gli atti (quand’anche lesivi in modo permanente dell’integri-tà fisica o moralmente riprovevoli alla luce dei valori dominanti) che esaurisco-no i loro effetti nella sfera individuale, ivi incluso il rifiuto di cure e di cibo. Non

(65) Rigaux, La protection de la vie privée, cit., p. 739.(66) Non per questo dette disposizioni sono sic et simpliciter applicabili analogicamente:

nella misura in cui l’integrità fisica è un aspetto fondamentale dell’habeas corpus, ribadito intutte le Costituzioni moderne e nei documenti internazionali (v. da ultimo l’art. 3 della Carta diNizza, art. 3) qualunque intervento che la riguarda postula una Interessenabwägung tra liber-tà di rango costituzionale riservato al legislatore. Sul piano filosofico, molto si potrebbe dire suifondamenti ideologici di una tendenza, che pure si vorrebbe liberatoria, alla mortificazione delcorpo nel nome di superiori valori spirituali: ma v. M. Foucault, La volonté de savoir, Paris,1976, spec. Cap. V; e nella letteratura giuridica: F. Rigaux, La protection, cit., passim.

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Valentina Calderai

dispone d’un diritto, semmai esercita (in modo eticamente giustificabile o no, èaltra questione) una libertà chi compie atti autolesivi: non c’è disposizione sen-za relazionalità, proiezione verso l’esterno — costituzione, modificazione,estinzione (art. 1321 c.c.) — di un diritto (67).

(ii) Gli atti terapeutici cui segue, o potrebbe seguire, una lesione perma-nente dell’integrità fisica, giacché in tal caso la tutela dell’habeas corpus è inte-grata (non superata, onde è illecito, quand’anche consentito, l’intervento de-molitorio attuato a preferenza di alternative praticabili) in una valutazione piùcomplessa centrata sulla tutela della vita e della salute ex artt. 2, 3, 32, comma1o, Cost., come attuati nelle fonti di disciplina della materia (le quali tutte su-bordinano al principio del consenso l’intervento in assenza dei presupposti dinecessità e urgenza) (68).

(iii) Gli atti medici non terapeutici, tra i quali occorre distinguere tra:a) atti da cui segue la menomazione permanente per chi li subisce,

giustificati tuttavia da un’esigenza terapeutica vitale per un terzo, in ragione diuna particolare attuazione legislativa del principio costituzionale di tutela dellasalute alla luce del principio di solidarietà (artt. 3, 32 Cost.) (69);

b) atti potenzialmente lesivi in modo permanente dell’integrità fisicae non finalizzati al diretto beneficio di un terzo: è l’area della sperimentazione,la più controversa dal momento che l’interesse del singolo individuo alla vita,alla salute, alla libertà individuale è conculcato in nome di interessi di rangoinferiore (quand’anche di rilevanza costituzionale, come la ricerca scientifica),ovvero privi di un centro d’imputazione (tale non è per certo l’interesse dellegenerazioni future, autentico arnese retorico prêt à porter). Quest’area è oggipresidiata dai principi costituzionali, dalla Convenzione di Oviedo, dalle normedi Buona Pratica Clinica, dal Codice di Deontologia Medica (artt. 42 ss.).

In conclusione, l’art. 5 c.c. è oggi uno strumento di tutela dell’integrità fisi-

(67) Così E. Navarretta, Diritti inviolabili, cit., 74 ss. Per una equilibrata versione dellatesi qui criticata con riferimento all’integrità fisica, v. G. Gemma, voce « Integrità fisica », inDig. disc. pubbl., VIII, s.d.; ma Torino, 1993, p. 450 ss., p. 463. La contraria opinione na-sce, osserva acutamente F. Rigaux (La protection de la vie privée, cit., p. 738), dalla confu-sione « entre le concept éthique ou psychologique de la liberté et de la personalité, et le pas-sage de celles-ci au plan de relations juridiques, lesquelles requièrent nécessairement unélément d’altérité. La jouissance solitaire des attributs du corps ou de l’ésprit est totalementétrangère au domaine du droit. C’est bien pourquoi le suicide ne saurait trouver une légiti-mation juridique dans un prétendu droit de la personnalité ».

(68) La prima apparizione del principio del consenso all’atto medico in generale in una fon-te legale data alla l. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, art.33. In relazione alla sottoclasse degli interventi terapeutici, lo stesso principio, dopo una prima(insufficiente) recezione nel Codice di Deontologia Medica del 1995, è affermato dall’art. 5,Convenzione europea sui diritti dell’Uomo e la Biomedicina (c.d. Convenzione di Oviedo), rati-ficata con l. n. 145/01, e di qui ripreso dal Codice di Deontologia Medica del 1998.

(69) A differenza di legislatori europei, il legislatore italiano non ha ritenuto di introdurreuna disciplina generale del prelievo di organi da vivente contestualmente alla disciplina del-l’espianto di organi da cadavere. Quest’area resta pertanto governata dalle leggi speciali cheammettono il trapianto di singoli organi.

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ca nei rapporti tra privati in relazione a un genus di atti che possono, se si vuo-le, dirsi dispositivi, con l’avviso che in questi casi per « il grado minimo di coin-volgimento dell’interesse [...] non è ab imis evocato il concetto di diritto invio-labile » (70). Per questi motivi, fuori del significato sistematico testé tracciato, ilraggio applicativo della disciplina codificata degli atti di disposizione è del tut-to trascurabile per il nostro tema.

7. — Riflettendo sulle fonti del consenso all’atto medico è importanteconsiderare un aspetto: il diritto contemporaneo della biomedicina è nato inlaboratorio, prima che nelle aule di un Parlamento, di un Tribunale o d’unaFacoltà di Giurisprudenza. Fuor di metafora: è un diritto che rielabora prati-che ed esperienze della ricerca medica, sulle cui esigenze è calibrato. Da quidiscende, tra l’altro, l’uso un linguaggio in parte nuovo, poiché introduce neltempo evenemenziale dell’atto, modellato sull’immagine standard della con-clusione del contratto, la dimensione della durata propria della relazione fi-duciaria di cura (o della sua immagine idealizzata). Sotto un diverso aspetto,è difficile negare che la Dichiarazione di Helsinki (e, a cascata, dei documentiche la recepiscono: dalla Convenzione di Oviedo alle Direttive europee alleLegislazioni nazionali) riflette at its best una filosofia del consenso — comestrumento dell’alleanza terapeutica o dell’impresa scientifica — propria diuna particolare comunità di ricercatori. Con le Linee Guida di Buona PraticaClinica, il legislatore europeo (e italiano) ha insomma fatto propria una Wel-tanschauung — quanto consapevolmente, è difficile dire; come pure è impos-sibile, allo stato attuale, prevedere gli sviluppi della dialettica tra il consensomedico, cooperativo e fiduciario ma sperequato, il consenso delle Costituzio-ni, barriera (noli me tangere) contro l’appropriazione autoritaria del corpo, eil consenso ispirato alla logica paritaria e dialettica, quando non dualistica,dell’autonomia privata.

Quella visione, ad ogni modo, dà forma a una delle coordinate fondamenta-li della costruzione giuridica del consenso, vale a dire, la dicotomia fondata sullanatura, terapeutica o non terapeutica, dell’intervento: introdotta dalla Convezio-ne di Helsinki (a fundamental distinction) per attenuare l’impatto restrittivo delCodice di Norimberga sulla ricerca e ora recepita dalla direttiva europea in mate-ria di buona pratica clinica (91-507, attuata nella legislazione nazionale condd.mm. 27 aprile 1997 e 15 luglio 1997 e ripresa dall’art. 45 del C.d.m.).

Nella Convenzione di Oviedo la distinzione terapeutico/non-terapeutico simanifesta in forma di dialettica tra principi generali (Chapter II: Consent) e rego-le predisposte per interventi non preordinati alla cura (Chapters V: Scientific Re-search; VI: Organ and Tissue removal from living donors for transplantation pur-poses). Su questa prima dicotomia s’innesta una seconda distinzione tra soggettilegalmente capaci e incapaci di agire. Di riflesso, all’interno della categoria gene-rale dell’atto medico, regole diverse valgono se l’attività è attività terapeutica o

(70) E. Navarretta, Diritti inviolabili, cit., 1996, p. 76.

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sperimentale, nonché, per ciascuna categoria, a seconda che il soggetto sia legal-mente capace o incapace di prestare il consenso (cfr. artt. 6, 16, 17, 19, rispetti-vamente: interventi terapeutici, sperimentali, trapianti di organo da vivo).

Una disposizione d’ampio respiro, l’art. 5, enumera in via generale i requisi-ti minimi del consenso richiesto per legittimamente sottoporre a un interventomedico (an intervention in the health field: formula generalissima che compren-de qualsiasi trattamento) un soggetto legalmente capace di agire, fatte salve le re-gole più stringenti previste per interventi particolari (cfr. artt. 6, 16, 17, 19). Conformula di conio angloamericano, il consenso dev’essere « free and informed »(art. 5, comma 1o, formula entrata nell’uso linguistico autoctono nel goffo calco« informato » — meglio sarebbe stato tradurre informed con « consapevole », cfr.il francese libre et eclairé) nonché liberamente revocabile (comma 3o).

Si tratta, come attesta il Rapporto esplicativo (n. 1, sub art. 5), d’una regolagià saldamente stabilita all’interno degli ordinamenti nazionali degli stati aderen-ti, onde il comma secondo della disposizione in commento va letto precisamentecome una sorta di common core degli usi del concetto free and informed consent:« This person shall beforehand be given appropriate information as to the purpo-se and nature of the intervention as well as on its consequences and risks ». Il rife-rimento alla qualità dell’informazione (appropriate) pone una regola di misura edi relazione. È questo un riflesso del carattere personale del rapporto medico-pa-ziente, prima ancora della prestazione (cfr. art. 2232 c.c.) (71). L’enfasi sulla qua-lità dell’informazione sottende il rifiuto del c.d. patient standard (tutti i dati rile-vanti in ordine alle scelte del medico ricadono nell’ambito dell’obbligo di disclo-sure) e l’adesione al professional standard (nella selezione delle informazioni dacomunicare al paziente valgono gli stessi criteri di correttezza e diligenza profes-sionale vigenti per la diagnosi e la terapia). Stante il rischio di esporre l’interlocu-tore a un’overdose di dati che non è in grado di controllare, l’accento non cadetanto sulla completezza, quanto sulla misura dell’informazione alle capacità dicomprensione di coloro il cui consenso è richiesto (cfr. Linee Guida di BPC, art.4.8.6; art. 30 Codice di Deont. Med.).

Una doppia endiadi — purpose and nature, consequences and risks —scandisce il contenuto dell’informazione. Si tratta, di nuovo, di un’indicazionenon esaustiva: un limite mobile rispetto al fine di garantire una decisione con-sapevole. Scopo e natura formano un binomio, dove il primo termine pone l’ac-cento sulla funzione, per così dire, tipica dell’intervento (ad es. prevenzione,diagnosi, terapia, ricerca eccetera) e il secondo enfatizza le caratteristiche deltrattamento non tanto sotto il profilo tecnico, quanto dal punto di vista del sog-getto (si pensi, ad es., all’informazione circa la natura invasiva di un determi-nato esame clinico). La seconda coppia di termini considera il rapporto rischi-benefici del tipo specifico di trattamento prospettato: anche in questo caso, lanatura personale della comunicazione revoca in dubbio l’idoneità sia della pu-

(71) F. Cafaggi, voce « Responsabilità del professionista », in Dig. disc. priv., Sez. civ., spec.p. 161 ss.

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ra somministrazione di dati statistici, sia dell’avocazione al medico della valu-tazione in presenza d’un rischio di esito negativo, anche ridotto: « Assume rile-vanza, in proposito — si legge in una pronunzia della Cassazione — l’impor-tanza dei beni e interessi in gioco, non potendosi consentire, tuttavia, in forzadi un mero calcolo statistico, che il paziente non venga edotto di rischi, ancheridotti, che incidano gravemente sulle sue condizioni fisiche, o addirittura sulbene supremo della vita » (72).

In sintesi, gli indici contenuti nel secondo comma dell’art. 5 Conv. di Ovie-do configurano altrettanti aspetti d’un obbligo di disclosure qualificato dal ca-rattere personale della comunicazione, ciò che nega a priori la legittimità d’unaprassi burocratica, uguale per tutti i soggetti che si sottopongono a un certo ti-po di trattamento e formalizzata in un modulo scritto (73). A fortiori, non do-vrebbero essere assimilati al consenso il silenzio o l’inerzia. La Convenzioneammette però in via generale il consenso tacito, riservando a casi particolari(artt. 16 e 17, v. infra) l’onere di ricevere il consenso in forma espressa e docu-mentata per iscritto. Tale soluzione non persuade: il consenso tacito si prestadifatti ad abusi, gravando chi è in una delicata situazione di dipendenza psico-logica e materiale dell’onere di manifestare il proprio dissenso. In sede di attua-zione è pertanto auspicabile un irrigidimento della regola (74), fermo restandoche la firma del modulo del consenso ha in sé valore puramente documentale enon surroga il dialogo diretto tra medico e paziente. Opportunamente il Codicedi Deontologia Medica dispone in proposito che il consenso deve essere docu-mentato per iscritto « nel caso in cui per la particolarità delle prestazioni dia-gnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla inte-grità fisica » (art. 32, comma 2o), precisando che tale onere non è sostitutivodel processo informativo diretto a ottenere il consenso. Ciò premesso, nel casod’interventi di routine, o reiterati, o a fronte di una relazione protratta nel tem-po, la rigidità degli oneri formali perde in larga misura la sua giustificazione.Qui, come altrove, si apre uno Spielraum per una valutazione delle circostanzeispirata al canone della correttezza professionale.

Ai sensi dell’art. 5, comma 3o, il consenso è sempre revocabile. L’inviolabi-lità costituzionale dei diritti (integrità fisica, libertà personale, salute) coinvoltiimpedisce di coonestare un disincentivo (sub specie di regola di responsabilitàcontrattuale) al potere di revoca, stante la mancanza d’un affidamento tutela-bile nella controparte. La distinzione tra consenso al contratto e consenso altrattamento, d’altra parte, può interferire con la revoca in tutti i casi in cui l’at-

(72) Cass. 15.01.97, n. 364, in Danno e resp., 1997, p. 178, nota Carbone.(73) E. Calò, Il ritorno della volontà. Bioetica, nuovi diritti e autonomia privata, Mila-

no, 1999, sottilmente osserva come, a fronte della diffidenza espressa l’ordinamento neiconfronti della standardizzazione in ambito contrattuale « non si vede per quale ragione lasi dovrebbe vedere con favore laddove la posta in gioco non è più la consistenza del patri-monio, ma la stessa vita » (p. 152).

(74) Un orientamento della Giurisprudenza di merito già esige la prova scritta: Trib.Roma, 12.2.93, Riv. giur. circol. trasp., 1993, p. 953, nota Sposato.

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tività consentita sia al tempo stesso oggetto di una prestazione dedotta in con-tratto. Di là dagli esempi tràditi (e un po’ stantii: contratto di baliatico, venditadi unghie e capelli eccetera), è il caso di chi, dietro compenso, accetta di sotto-porsi a una sperimentazione scientifica; dispone di parti staccate o funzioni delproprio corpo; della stessa relazione terapeutica, nella misura in cui quest’ulti-ma presuppone la conclusione di un contratto con una struttura sanitaria o unprofessionista. La risposta di volta in volta appropriata discende dall’interse-zione del piano di valutazione relativo alla liceità del contratto con la scelta diuna reazione rispettosa dell’incoercibilità del consenso (75).

In generale, il problema della responsabilità collegata alla revoca del con-senso non si pone neppure qualora la nullità del contratto discenda da contra-rietà alla legge o ai principi dell’ordinamento, indipendentemente dalla circo-stanza che tale valutazione consegua a un’espressa previsione legislativa di illi-ceità (così, ad es., per il « contratto » di cessione di organi, sangue, tessuti; perl’interruzione della gravidanza praticata oltre i termini, o in strutture non auto-rizzate, o da personale diverso da quello previsto dalla l. n. 194/1978; per lasperimentazione condotta fuori dei presupposti e dei controlli disposti dalla di-sciplina di Buona Pratica Clinica), o a un’inferenza interpretativa comunqueargomentata (si pensi al c.d. contratto di maternità surrogata). In tutti questicasi, com’è ovvio, nessuna responsabilità consegue al mancato « adempimen-to » della stipulazione illecita. All’eventuale esecuzione della controprestazionedeve anzi ritenersi applicabile la disciplina della soluti retentio (art. 2035 c.c.)connessa a un « abuso della pretesa restitutoria » (76).

A fronte di un contratto valido, preordinato a una successiva manifestazio-ne di consenso a un intervento sulla persona, per contro, la tutela dell’autono-mia passa per la relativizzazione della scissione tra profilo « contrattuale » eprofilo « autorizzatorio », sul presupposto della comune inerenza a una vicen-da procedimentale (77). In quest’ordine d’idee, nessun effetto dispositivo di-scende dal contratto stipulato dal malato con la struttura ospedaliera o con ilmedico professionista. Dalla conclusione del contratto seguono bensì, sul ver-sante professionale, obblighi d’informazione diretti a mettere il paziente incondizione di partecipare a una procedura decisionale e di qui ad ottenere ilsuo consenso all’esecuzione di una prestazione configurante atto medico ai sen-si dell’art. 5 Conv. Oviedo, ma in nessun caso un’aspettativa tutelata del debi-tore della prestazione a che il paziente-creditore consenta a un’invasione dellapropria integrità corporea e a una limitazione della propria libertà personale

(75) In via di principio « la sussistenza del potere autodeterminativo del soggetto nonesclude una tutela del destinatario della manifestazione del consenso, ma la rende struttu-ralmente debole »: così G. Resta, Revoca del consenso ed interesse al trattamento nella leg-ge sulla protezione dei dati personali, in Riv. crit. dir. priv., 2000, p. 321.

(76) D. Carusi, Contratto illecito e “soluti retentio”, Napoli, 1995, p. 17 ss.(77) Sul nesso tra dispositivi autorizzatori e negoziali nella circolazione dei dati perso-

nali: D. Messinetti, Circolazione dei dati personali e dispositivi di regolazione dei poteri in-dividuali, in Riv. crit. dir. priv., 1998, p. 365.

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(78). Atto per eccellenza autoreferenziale, espressivo di un potere di agire a tu-tela dei propri interessi e come tale riferibile ad atti unilaterali (cfr. artt. 587,1282, comma 2o, 1328, 1335, 1391 c.c.) (79), la revoca incide immediatamen-te, ex nunc sulla funzione legittimante del consenso al trattamento (ultimo seg-mento della procedura) e solo di riflesso sul contratto. La stessa considerazionedovuta alla natura fiduciaria del rapporto, se esalta la proiezione della revocasulla dinamica contrattuale (cfr. 1722 c.c.) (80), non autorizza deduzioni mec-caniche in punto di responsabilità, come suggerisce la stessa disciplina della re-voca del mandato per giusta causa. È questione d’interpretazione, in altri ter-mini, valutare le ripercussioni della revoca del consenso all’intervento terapeu-tico sul contratto concluso col professionista o con la struttura sanitaria. Inconcreto, l’esercizio di tale potere potrà essere determinato dal dissenso del pa-ziente in ordine alla tipologia o alle modalità d’intervento, dal rifiuto da partedel professionista di eseguire la prestazione secondo le modalità richieste dalpaziente, da un’indisponibilità contingente. L’eventuale applicazione, nel pri-mo caso, della disciplina del recesso del cliente dal contratto d’opera professio-nale, nel secondo e terzo caso, del recesso per giusta causa del professionista(rispettivamente, art. 2237, comma 1o e 2o, c.c., applicabili in via analogica alcontratto concluso con la struttura sanitaria pubblica), discende dalla valuta-zione dell’effettivo svolgimento della relazione, in special modo dell’adempi-mento da parte del medico degli obblighi che presiedono alla partecipazionedel paziente alla procedura decisionale: onde il giudizio di responsabilità(quand’anche nei limiti previsti dall’art. 2237 c.c.) sarebbe inammissibile se larevoca fosse giustificata dalla lesione del principio del consenso.

Secondo un’interpretazione « autentica » dell’art. 5, comma 3o (Rapporto,§ 38, sub art. 5), alla regola della libera revocabilità del consenso si può dero-gare per evitare un grave pericolo alla salute: in tal caso il medico sarebbe anzitenuto ad agire per non venire meno ai propri obblighi morali e professionali(cfr. art. 53 c.p., cui adde art. 4, Conv. Oviedo, artt. 4, 29 C.d.m.: questi ultimipresiedono all’ipotesi speculare della giusta causa di recesso invocata dal pro-fessionista per giustificare il rifiuto di eseguire la prestazione contraria alle le-ges artis richiesta dal paziente). Una formulazione così ampia è tuttavia poten-

(78) Ivi, loc. cit., p. 359: « Il soggetto, che muta lo scopo della sua decisione autodeter-minativa [...] non compie nessuna violazione di una regola vincolante del proprio agire, dalmomento che nessuna regola vincola l’autodeterminazione soggettiva circa i dati riconosci-bili della propria identità ».

(79) « Potere di ritrattazione facoltativa di un atto giuridico (privato) [...] con l’effettod’impedire il sorgere di una nuova situazione giuridica o di ripristinare quella preesisten-te »: così Salv. Romano, voce « Revoca (dir. priv.) », in Noviss. Digesto it., XV, Torino,1976, p. 809. In tema di revoca in generale v. anche L. Ferri, voce « Revoca (dir. priv.) »,in Enc. del dir., XL, s.d., ma Milano, 1989, p. 197 ss.; M. Costanza, voce « Revoca », Dig.disc. priv., Sez. civ., s.d., ma Torino, 1996, p. 443 ss.

(80) In tema: Gabrielli, Vincoli contrattuali e recesso unilaterale, in Quaderni giur.comm., 1983, p. 73.

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zialmente in grado di annullare la libertà di revoca: poiché quest’ultima è infatto l’unico strumento offerto al paziente per sottrarsi a un abuso della discre-zionalità medica, sembra incongruo fare appello alle leges artis che regolanol’esercizio di tale discrezionalità per giustificare un intervento non più consen-tito. È pertanto preferibile circoscrivere i margini di azione a fronte della revo-ca del consenso ai presupposti applicativi dello stato di necessità (art. 8 Conv.Oviedo), vale a dire, l’assoluta inderogabilità del trattamento da praticare nel-l’interesse esclusivo della persona.

In via di principio, il requisito del consenso libero, consapevole, libera-mente revocabile dei soggetti legalmente capaci di agire può essere superato incasi tassativamente stabiliti, vale a dire: (i) a fronte di un’urgenza terapeutica« for the benefit of the health of the individual concerned » (art. 8); (ii) per iltrattamento di disordini mentali gravi, purché diretto a prevenire un dannograve alla salute del paziente e sul presupposto di un controllo di tipo giurisdi-zionale (« including supervisory, control and appeal procedures », art. 7); (iii)in presenza delle gravi ragioni individuate dalla clausola generale dettata dal-l’art. 26 (« public safety, ... prevention of the crime, ...protection of publichealth, ... protection of rights and freedom of others ») (81).

L’intervento sui minori e gli adulti incapaci di consentire (art. 6 Conv. Ovie-do) è, in generale, subordinato al requisito del diretto beneficio (comma primo).In luogo del consenso dell’interessato, la Convenzione per un verso esige il con-senso (del pari libero, informato, revocabile: cfr. art. 5) del suo legittimo rappre-sentante (c.d. proxy consent: comma secondo, cpv. 1, su cui infra) e per altro ver-so dispone il coinvolgimento del minore (ivi, cpv. 2, cfr. art. 24 della Carta dei di-ritti fondamentali dell’UE) o dell’incapace (art. 6, comma terzo, cpv. 2).

Nel caso dei minori, il diritto di ascolto diretto è proporzionato « to his orher age and degree of maturity » (art. 6, comma 2o, cpv. 2), in sintonia colprincipio generale stabilito dall’art. 12, par. 2, della Convenzione delle NazioniUnite sui diritti del fanciullo. La regola offre all’interprete italiano una base te-stuale per l’abbandono d’una dicotomia — tra capacità giuridica e capacità diagire — obsoleta e priva di senso fuori dei rapporti patrimoniali (82), ancor di

(81) Segue dalle osservazioni che precedono che il limite temporale alla revoca del con-senso introdotto dall’art. 6, comma 3o, l. n. 40/2004 in materia di fecondazione assistita(fino al momento della fecondazione dell’ovulo) è incompatibile con la Convenzione (artt.5-8, 26) e, prima, con la Costituzione, sotto l’aspetto sia dell’incoercibilità della libertà per-sonale (prospettando un’ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio sulla donna che nonintende procedere all’impianto dell’ovulo fecondato), sia della ragionevolezza (ammessa perabsurdum l’ipotesi ripugnante dell’inseminazione artificiale coatta, resterebbe aperta lastrada dell’interruzione della gravidanza, onde una così grave eccezione al principio dell’in-violabilità personale si giustifica in considerazione non di un interesse contrapposto, ma diuna pura e semplice mozione ideologica). Il carattere di norma imperfetta della disposizio-ne, d’altra parte, depone a favore della natura puramente declamatoria e ideologica delladisposta irrevocabilità.

(82) F.D. Busnelli, Capacità e incapacità del minore, in Dir. fam. pers., 1982, p. 60 ss.e sul tema specifico della sperimentazione su minori, Id. Ricerca medica, cit., p. 212 s.

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recente ribadita dal legislatore in tema di consenso al prelievo di organi da ca-davere (83) . Nei confronti degli adulti incapaci, la Convenzione si limita percontro a un anodino riferimento al coinvolgimento « as far as possible » nelprocedimento di autorizzazione (art. 6, comma 3o, cpv. 2). Questa differenza ditrattamento non può essere condivisa. La gerarchia stabilita nell’ambito dellacategoria più generale dei soggetti incompetent in base alla ratio transitoria(nel caso dei minori) o strutturale dell’incapacità (ad es. nel caso dell’interdi-zione per malattia mentale) non si giustifica in considerazione dell’estesa feno-menologia e differente intensità delle cause d’incapacità, non tutte e non neces-sariamente incompatibili con un coinvolgimento dell’incapace calibrato sullanatura e gravità della patologia. In sede di revisione è pertanto auspicabilel’adozione d’uno schema analogo a quello adottato per i minori. Quanto all’or-dinamento interno, si deve osservare, per un verso, che la disciplina previstadalla Convenzione di Oviedo segna in ogni caso un progresso rispetto al regime,codificato e speciale, di irrilevanza della volontà dell’interessato, e per altroverso che l’introduzione di una disciplina più garantista è fin d’ora legittima,stante la clausola di salvaguardia disposta dall’art. 27 (« the possibility for aParty to grant a wider measure of protection »).

Nel passaggio da questo primo gruppo di disposizioni alla categoria degliinterventi non terapeutici l’atmosfera liberale si fa più rarefatta. In tutte le legi-slazioni, la classe degli interventi i quali in ipotesi escludono un vantaggio perchi li subisce si suddivide in due sottoclassi, a seconda che dall’intervento trag-gano beneficio terzi determinati o indeterminati. In via di principio, gli ordina-menti moderni non riconoscono al soggetto dell’intervento la facoltà, inerentealle liberalità patrimoniali (art. 778 c.c.), di determinare autonomamente ilbeneficiario, per la buona ragione che al volontario è perfettamente « indiffe-rente chi sia il destinatario: per lui conta unicamente che quest’ultimo versi difatto in quella determinata situazione di bisogno, sulla quale egli reputa neces-sario il suo personale intervento » (84). La fenomenologia dei vincoli all’auto-nomia individuale varia, d’altra parte, oscillando dalla pura e semplice carenzadi legittimazione in ordine alla determinazione del beneficiario del prelievod’organo da cadavere e del plasma, alla diversa costruzione del consenso comeatto in certam personam nel caso dei trapianti da vivente (cfr. art. 2/1, l. n.458/1967, sul trapianto del rene). Di qui si è tratto argomento per ricostruire ilruolo della volontà negli atti di disposizione del corpo in relazione diretta al-l’intensità del sacrificio del disponente, per un verso, e per altro verso del vin-colo di consanguineità che lo astringe al beneficiario. A un’attenta lettura delladisciplina dei trapianti da vivo, l’apertura all’autonomia dal lato soggettivo ri-sulta più apparente che reale, limitata com’è, in tutte le legislazioni, dalla pre-determinazione medico-legale sia dei soggetti legittimati, sia dell’ordine in cui

(83) Cfr. E. Palmerini, La nuova legge sui trapianti d’organo: prime notazioni, in Stud.jur., 1999, p. 1319.

(84) C. Venditti, L’attività di volontariato, Napoli, 1997, 179 s.

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sono chiamati a disporre. L’approccio voluntaristico, basato su rationes di af-fettività e solidarietà familiare va dunque necessariamente relativizzato e inte-grato per rendere conto della complessità e della molteplicità dei fattori checoncorrono nel regime delle « donazioni » di organo. L’idea di un potere (dis-)positivo di scelta del beneficiario da parte del soggetto che accetta di sottopor-si all’espianto, sulla falsariga del rapporto tra donante e donatario, è un’illusio-ne ottica veicolata da un apparato concettuale modellato sulle categorie delloscambio patrimoniale. Il paradigma va rovesciato: proprio la « donazione » diorgani è l’esempio antonomastico di « quelle forme di pura abnegazione » cheautorevole dottrina ha ribattezzato « prestazioni superetiche » per sottrarle al-l’abbraccio del diritto statuale (85). Chi dal punto di vista giuridico spontanea-mente consente alla perdita d’un organo per salvare la vita della persona amataagisce in verità sotto la spinta d’una necessità una morale resa inesorabile daun destino biologico. Nella misura in cui seleziona contestualmente « donato-re » e « donatario » la malattia, molto più della volontà, determina il consenso.Poiché nessun contratto potrebbe essere validamente concluso in simili condi-zioni (salvo un recupero improbabile del regime romanistico della vis moralisespresso dall’adagio pauliano coactus tamen voluit) non s’intende in cosa maiconsista l’invocata autonomia. Il massimo di autonomia in questa materia si haquando l’individuazione del destinatario del trapianto prescinde dei vincoli diconsanguineità e parentela: ma la circostanza che si tratta di un’ultima ratio eche in ogni caso l’attività dispositiva si svolge nell’ambito di un procedimentomedico-giurisdizionale-amministrativo che valuta i presupposti (soggettivi esoprattutto oggettivi) dell’intervento, esclude le declamazioni ispirate alla co-siddetta logica del dono (86) (87).

La regola generale della Convenzione (art. 19) ricalca l’impianto delle legi-slazioni europee. Il principio del beneficio esclusivo e diretto del ricevente confer-

(85) G.B. Ferri, Dall’intento liberale al cosiddetto impegno etico e superetico, cit., p. 453 s.(86) « Nessuno spazio è lasciato all’autonomia dei privati e dunque [...] si può afferma-

re che la disciplina è totalmente estranea alla logica del diritto privato. Il consenso al prelie-vo e al trapianto piuttosto che atti unilaterali con una propria autonomia appaiono il pre-supposto di una procedura amministrativa che ha il suo momento chiave nell’autorizzazio-ne del giudice »: così M. Dogliotti, Atti di disposizione sul corpo e teoria contrattuale, cit.,p. 260. Un’analisi sofisticata del dispositivo del dono come manifestazione di « altruismodispotico »: C.M. Mazzoni, Il dono e il dramma. Il dono anonimo e il dono dispotico, in Riv.crit. dir. priv., 2002, p. 515 ss.

(87) È significativo, per quest’ultimo aspetto, il confronto con una cultura giuridica sen-sibile al valore dell’autodeterminazione come quella anglosassone. Lo Human Organ Tran-splants Act del 1989 sanziona penalmente (Chapter 31, sect. 1, a-b) il prelievo a fini di tra-pianto o il trapianto di un organo da vivente, salvo che « the person into whom the organ isto be or, as the case may be, is transplanted is genetically related to the person from whomthe organ is removed » (ivi, sect. 2: segue l’indicazione dei soggetti legittimati all’espianto,secondo un criterio di affinità genetica). Fuori di questi casi, l’autorizzazione all’interventoè subordinata all’emanazione di un regolamento del Ministro dell’interno, e preventivamen-te approvato dai due rami del Parlamento, nel quale si prevede che « no payment has beenor has to be made » (ivi, sect. 3).

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ma che l’estensione del consenso — rafforzato rispetto all’art. 5: espresso, specifi-co e documentato per iscritto (art. 19, comma 2o) — all’individuazione del desti-natario del trapianto è sorretta essenzialmente dall’esigenza terapeutica di di-sporre di soggetti geneticamente affini per minimizzare il rischio di reazioni im-munitarie. La connotazione superetica del trapianto da vivo è bilanciata dalla su-bordinazione del trapianto all’impossibilità di ricorrere all’espianto da cadaveree all’assenza di alternative terapeutiche praticabili. I requisiti di legittimità delconsenso sono inoltre aggravati. Ex art. 20, comma 1o, gli incapaci non possonoessere sottoposti al prelievo di organi e tessuti, con l’eccezione (comma 2o) delmateriale biologico ricostituibile (sangue, midollo) previo consenso del rappre-sentante. L’assenza di beneficio diretto per l’incapace è bilanciata, in quest’ulti-mo caso, trasformando il diritto di ascolto previsto dall’art. 6 in diritto di opposi-zione, preclusivo di qualunque intervento (art. 20, comma 2o, sub v).

La seconda sottoclasse d’interventi non-terapeutici a beneficio di terzi inde-terminati include la sperimentazione sull’uomo. La giustificazione etica e giuridi-ca del consenso a una pratica che per definizione espone a rischio la vita e l’inco-lumità individuale è talora declinata in forma di una sorta di diritto all’eserciziodell’altruismo, legittimato e rafforzato dal riferimento al principio di solidarietà(art. 2 Cost.). Si tratta di una chiave di lettura per più d’un aspetto insoddisfacen-te. La sperimentazione pone gli stessi problemi di qualunque attività pericolosama tollerata perché socialmente desiderabile: non si tratta di determinare a qua-li condizioni è permesso a un soggetto di consentire al rischio della vita, ma di sta-bilire le condizioni, ulteriori rispetto al consenso dell’avente diritto, affinché altripossa esercitare un’attività che mette a rischio la vita e l’incolumità personale delconsenziente (88). Sotto un diverso aspetto, il richiamo al solidarismo non dà con-to del lato eticamente e giuridicamente più scabroso della sperimentazione: il re-clutamento di soggetti incapaci. A queste domande cerca di rispondere la Con-venzione di Oviedo, nel solco della World Medical Association.

Chiudendo definitivamente l’esperienza del Codice di Norimberga, la Con-venzione ha recepito l’atteggiamento di apertura alla sperimentazione della Di-chiarazione di Helsinki. Il Codice vietava in modo assoluto la sperimentazionesu esseri umani in presenza di una situazione comunque riconducibile a unostato di costrizione o soggezione, anche solo psicologica, tra il paziente e lo spe-rimentatore; la Dichiarazione prende atto dell’asimmetria e vi connette l’ag-gravio degli standards di diligenza e prudenza posti a carico del ricercatorenell’ottenere il consenso e la necessità che la manifestazione sia raccolta da unmedico estraneo all’esperimento (89). Lo schema si ripete a proposito del con-senso dei soggetti c.d. incompetent: se la Carta del 1947 escludeva nel modo

(88) Sulla funzione del consenso nella sperimentazione v. le considerazioni di G. Cala-bresi, Reflexions on Experiments in Humans, cit., p. 389 ss.: « there is a deep conflictbetween our fundamental need constantly to reaffirm our belief in the sanctity of life andour practical placing of some values (including future lives) above an individual life »: quiinterviene il consenso, ad attenuare « the blatantness of the choice to risk a life ».

(89) World Medical Association Declaration of Helsinki, art. 23.

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Valentina Calderai

più assoluto minori e disabili dal novero dei soggetti sperimentali, la Dichiara-zione ammette il consenso del rappresentante legale (c.d. proxy consent). Insintesi estrema: nel disegno della Carta di Norimberga il consenso è solo unadelle condizioni, necessaria e non sufficiente, di liceità della sperimentazione,di conseguenza gli individui privi della capacità, giuridica o naturale, di con-sentire sono ipso iure esclusi dal novero dei soggetti reclutabili. Nella Dichiara-zione di Helsinki il consenso è invece lo strumento dell’alleanza terapeutica edell’impresa scientifica: non sufficiente ma, date certe circostanze, neppure ne-cessario. Di conseguenza, soggetti incapaci di consentire possono, a certe con-dizioni, essere cooptati nella sperimentazione.

Questi principi si ritrovano nella Convenzione. Il consenso — rafforzato,e cioè given expressely, specifically and documented (art. 16, iv, v), e bilan-ciato da requisiti oggettivi (principi di necessità, proporzionalità del rapportorischi-benefici e esame indipendente della qualità e dei presupposti della ri-cerca: ivi, i-iii) — può essere surrogato dal consenso (parimenti qualificato)del rappresentante dell’incapace autorizzato dalla legge, sul presupposto, al-ternativamente, della beneficialità diretta (art. 17, 1, ii) o indiretta (17, 2, i)della ricerca. Questa disciplina esibisce in modo quasi brutale la miseria delprincipio fondamentale del consenso, laddove ammette che i soggetti in asso-luto più vulnerabili siano sottoposti a sperimentazione senza neppure la con-tropartita d’un interesse terapeutico, in una dimensione dunque puramente esemplicemente sacrificale. Quanto all’invocata necessità almeno di un qual-che surrogato del principio di beneficiency (to the ultimate attainment of re-sults capable of conferring benefit to the person concerned or to other personsin the same age category) o di non-maleficiency (minimal risk and minimalburden for the individual), si tratta di affermazioni da un lato generiche edall’altro inverificabili. Giacché è con ogni evidenza impossibile stabilire il li-vello di rischio o l’utilità di una terapia prima di averla estensivamente speri-mentata, queste declamazioni hanno il solo scopo di esorcizzare il paradossodella sperimentazione, riaffermando la sacralità della vita e della dignitàumana nell’atto stesso in cui ne ammettono il sacrificio.

In sede di valutazione della conformità di questo modello all’ordinamentointerno, tre considerazioni s’impongono con evidenza immediata.

(i) Nella misura in cui la distinzione tra terapia e sperimentazione (e al-l’interno di quest’ultima categoria tra sperimentazione pura e terapeutica) ri-flette una concezione dei rapporti tra empiria e scienza propria di una partico-lare comunità scientifica, essa non è giuridicamente cogente. Se, in altre parole,« molta parte del progresso medico passa inevitabilmente attraverso fasi speri-mentali sull’uomo che non sono esplicitamente riconosciute come tali » (90), al-lora l’ascrizione di un intervento alla terapia o alla ricerca è un criterio di mas-sima, salva in ogni caso l’opportunità di valutare secondo indici sostanziali lanatura del trattamento;

(90) Così il Parere del CNB, Scopi, rischi e limiti della Medicina, cit., §7.

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(ii) In relazione all’area della sperimentazione « pura », la metodologiadei tests clinici detti randomizzati (Randomised Clinical Trials) preordinatialla valutazione degli effetti dei medicinali solleva gravi perplessità. I RCT so-no protocolli sperimentali di controllo nel corso dei quali una classe di sogget-ti con le medesime caratteristiche è distribuita secondo criteri casuali su due opiù gruppi, uno dei quali riceve il trattamento sperimentale, mentre agli altri— detti gruppi di controllo — sono somministrate terapie già note o preparatiinerti (c.d. placebo); per riportare la pratica della sperimentazione pura in as-se col principio del consenso è necessario quanto meno che i soggetti del trat-tamento siano edotti del gruppo di assegnazione e della natura del trattamen-to, sia sotto il profilo della metodologia applicata, sia di tutte le implicazioniderivanti dall’assegnazione a un determinato gruppo, e che abbiano piena-mente accettato il rischio.

(iii) Di là dalla considerazione dovuta alle condizioni di razionalità limitatain cui agiscono coloro che sono chiamati a decidere nell’interesse di un altro sog-getto, specie se minore, la natura dei diritti coinvolti impedisce senz’altro di ascri-vere alla rappresentanza le varie ipotesi di sostituzione soggettiva all’esercizio delconsenso da parte del diretto interessato; la forma giuridica del consenso c.d. pro-xy è l’ufficio di diritto privato come esercizio di un dovere di cura: con quel che se-gue, in primo luogo in ordine all’opportunità di un controllo giurisdizionale sul-l’esercizio del consenso (o del dissenso) nell’interesse dell’incapace (cfr. artt. 330,333 c.c.); quindi in relazione alla illegittimità, per carenza di potere, del consensoal trattamento sperimentale puro, dal quale per definizione il soggetto non puòtrarre beneficio; infine della valorizzazione del diritto di rifiuto in ogni caso rico-nosciuto all’incapace dalla Convenzione di Oviedo in ogni caso di carenza di inte-resse terapeutico diretto (cfr. art. 17, 1, v; 20) (91).

8. — Delle ragioni che rendono ideologicamente sospetta la figura di unsuper-diritto di autodeterminazione a fondamento della tutela della persona-lità si è detto (supra, § 2). Da un punto di vista di teoria generale, va aggiun-to che questa figura estratta per ipostasi da una fenomenologia disparata disituazioni manca precisamente del tratto qualificante del diritto (soggettivo)che pure vorrebbe emulare, vale a dire, la capacità di estrinsecarsi in una se-rie di prerogative determinate ed esclusive, dirette o indirette, in rapporto aun bene. Il consenso-atto dispositivo nasce in relazione a un (diritto su un)oggetto come porzione dello spazio fisico (res extensa) che fa capo a un sog-getto spirituale (res cogitans) e ha per contenuto l’esclusivo godimento del be-ne e correlativamente l’astensione di soggetti terzi. Questo è il fondamentometafisico dell’analogia istituita dalla dottrina del ius in seipsum (e le sue va-rianti moderne) tra il corpo e le altre res. Nella trasposizione di questo para-

(91) G. Furgiuele, Diritto del minore al trattamento medico-sanitario, libertà religiosadel genitore, intervento e tutela statuale, in Giur. it., 1983, p. 349 ss.; F.D. Busnelli, Ricer-ca medica, cit., 213

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Valentina Calderai

digma dall’oggetto al corpo, d’altra parte, la relazione soggetto-oggetto perun verso s’interiorizza (ad esempio, nel conflitto tra sopravvivenza e qualitàdella vita) e per altro verso si frantuma in una pluralità di relazioni che han-no come contenuto pretese non più solo di astensione ma anche d’intervento,destinate a collidere con analoghe o contrapposte aspettative di terzi o dellacollettività: « il modello del « bene-salute », uniforme ed oggettivo si frange inuna serie complessa di situazioni di conflitto, tra obbiettivi di sopravvivenza etollerabilità della vita, benessere soggettivo e valutazione medica, efficienzadel trattamento ed esigenza di controllo sulla propria sorte e sul proprio corpoda parte del paziente. Si moltiplicano le valutazioni che il legislatore deve da-re, e si moltiplicano perché la struttura semplice del modello (che copre esoddisfa uno schema limitato di interessi) è sostituita da una gamma differen-ziata di interessi cui occorre dare una faticosa composizione » (92). Ora, laforma giuridica per eccellenza della coesistenza d’interessi è il procedimento,e un dato che con immediatezza emerge dalle fonti è l’aspetto due volte pro-cedimentale del consenso. Inserito un procedimento (cfr. Cdub, art. 5, comma2o) e procedimento esso stesso (in quanto tale inidoneo a consumarsi in un at-to dispositivo: ivi, comma 3o, sulla revocabilità), l’atto di consentire a un in-tervento medico accade sempre in una narrazione, precisamente al fine di re-stituire voce e presenza alla persona (93). Di riflesso, la distinzione tra unaspetto contrattuale e uno strumentale e autorizzatorio del consenso, l’uno di-retto all’instaurazione, l’altro allo svolgimento del rapporto, è un dato ormaiacquisito nella letteratura sul tema (e con tanta maggiore nettezza quantopiù, si è osservato, la prestazione incide su interessi di rango costituzionale)(94). Così, nel caso dell’attività medica terapeutica, il consenso a un determi-nato trattamento presuppone evidentemente un rapporto contrattuale aventead oggetto una certa prestazione sanitaria (sub specie di contratto d’operaprofessionale stipulato col professionista o di contratto atipico concluso con lastruttura sanitaria pubblica), rispetto alla quale è il dispositivo che presiedeall’instaurazione delle successive fasi della relazione terapeutica. Operandocon contrarius actus (come revoca, o rifiuto), peraltro, il consenso può chiu-dere la fase della terapia dominata dal fine della guarigione e aprirne unanuova, dominata dalla decisione di rifiutare le cure e dalla terapia del dolore(cfr. art. 51 C.d.m.) (95). Considerazioni ancora diverse valgono per i tratta-menti che non vanno a vantaggio di chi li subisce. In generale, quanto più ri-

(92) P. Zatti, Il diritto a scegliere la propria salute, cit., 7.(93) Sulla falsariga della distinzione tracciata da P. Ricoeur (Approches de la personne, ora

in Lectures 2. La contrée des Philosophes, Paris, 1999, 203 ss., 218 ss.) tra mêmeté (identitàspazio-temporale) e ipséité (identità narrativa) come momenti costitutivi dell’identità persona-le, il consenso è espressione della seconda, più che dispositivo di controllo sulla prima.

(94) F. Cafaggi, voce « Responsabilità del professionista », cit., 173.(95) Riconduce il rifiuto di terapie « alla logica personalista del consenso informato » e

« agli schemi dinamici di un procedimento, del quale può costituire l’atto conclusivo; nonagli schemi statici della fattispecie » F.D. Busnelli, Rifiuto di terapie, cit., p. 228.

COMMENTI 353

gidi protocolli sperimentali e minuziose discipline legali riducono lo spazio didiscrezionalità degli operatori, tanto più si restringono i margini disponibilialla cooperazione attiva del consenziente e si accentua la valenza garantista eautorizzatoria del consenso a fronte del suo significato impegnativo — finché,nelle prestazioni c.d. superetiche, « l’affidamento o l’aspettativa [...] non ha iconnotati di un vero e proprio affidamento e di una vera e propria aspettativagiuridicamente rilevanti; esso si deve porre (vorrei dire, ancor più che nel casodi promesse di prestazioni amichevoli) sul piano di una mera speranza, giuri-dicamente non sanzionabile » (96).

Come un’immagine in negativo, gli atti di pura abnegazione rendono visi-bile, per sottrazione, le variabili che incidono sulla funzione del consenso: unpiù o meno vasto spazio di discrezionalità riservato al destinatario, un maggio-re o minor margine di utilità del trattamento per il consenziente. Sul piano del-la valutazione astratta, beneficialità e discrezionalità del trattamento esaltanonel consenso l’aspetto della partecipazione a una procedura decisionale. Nel-l’intervento terapeutico attuato in assenza di alternative note e/o praticabili, enella donazione di organi, per converso, il significato del consenso volge nuova-mente alla pura autorizzazione: necessità materiale e impegno etico, in mododiverso, neutralizzano l’aspetto vincolativo dell’atto.

Il contenuto del rapporto, e in primo luogo il significato degli obblighid’informazione in relazione al trattamento medico, vanno riconsiderati alla lu-ce di questa polisemanticità, per cui il consenso nel contesto di una relazioneunitaria è ora dispositivo di conclusione del contratto, ora strumento di coope-razione nell’esecuzione di una prestazione professionale, ora puro elemento diesclusione della antigiuridicità di una condotta. Segue da quest’ultimo rilievoche il denominatore comune degli atti di consenso va cercato fuori del consensostesso, nel procedimento, onde a un’estesa fenomenologia di atti funzionalmen-te e strutturalmente differenziati corrispondono, nella disciplina giuridica, al-trettante condizioni personali giuridicamente preordinate, o status, cifra in cuiriassumere quel che un Autore ha definito il viluppo di doveri, diritti, preroga-tive coordinati all’esercizio del consenso (97). Quest’ultima considerazione sug-gerisce di riconsiderare criticamente la storica opposizione di status e contrattoe guardare al consenso nell’area c.d. del bio-diritto nella più vasta prospettivadel recupero, attraverso il consenso, degli status in funzione garantista e di rie-quilibrio di un’asimmetria informativa, psicologica, materiale.

Il movimento a ritroso dal contratto allo status risponde all’esigenza d’inte-grare nella valutazione giuridica delle biotecnologie le dimensioni della durata edell’intersoggettività, ex se estranee al consenso come atto di autodeterminazio-ne, ma inerenti allo status quale « strumento tecnico capace di tradurre in condi-zione rilevante per il diritto, e rilevante in maniera non precaria né discontinua,una situazione che nell’ambiente sociale e secondo l’apprezzamento comune di-

(96) G.B. Ferri, Dall’intento liberale al cosiddetto impegno etico e superetico, cit., p. 457.(97) P. Zatti, Il diritto a scegliere della propria salute, cit., p. 6

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stingue un soggetto dagli altri soggetti » (98). Per il primo aspetto, la stabilità e lacontinuità nel tempo delle situazioni che si riassumono nel concetto di status con-sentono un apprezzamento unitario degli atti di esercizio del consenso successiviall’instaurazione del rapporto contrattuale con il medico, la struttura sanitaria,l’ente di ricerca sperimentale, da valutare alla luce delle conseguenze finali perl’interessato più che in ragione dell’astratta (in-)disponibilità del diritto (99). Sot-to il secondo aspetto, il collegamento tra status ed appartenenza ad un gruppo dàragione dei limiti al consenso in relazione alle ripercussioni sociali e ai third partyeffects di determinate applicazioni delle biotecnologie.

9. — Dopo avere individuato nell’assunzione e nell’abbandono di unostatus il tratto unificante delle vicende che fanno capo all’atto di esercizio delconsenso nelle vicende relative alla bioetica, si deve indagare il contenuto del-le situazioni che confluiscono nella condizione giuridica del consenziente. Lafigura del consenso all’atto medico è faticosamente emersa dagli anni del do-poguerra in collegamento con la tutela dei diritti umani, come limite all’abusodi potere perpetrato nella medicina e nella ricerca scientifica (100). In ossequioa tali origini, tutte le situazioni giuridiche in qualche modo riconducibili alprincipio del consenso nella biomedicina sono ipso iure ascritte alla categoriadi diritti detti « nuovi » perché non rientrano nel catalogo classico dei dirittipatrimoniali e dei diritti della personalità.

Le difficoltà nascono dal fatto che non disponiamo di alcun concetto defini-to dei nuovi beni cui i nuovi diritti si riferirebbero. È la parola « salute » sinonimodi « assenza di malattia », secondo la definizione tradizionale, o non piuttosto« perfetto stato di benessere fisico, psichico e spirituale » come vorrebbe l’OMS?Quali ripercussioni si avrebbero sulla salute come diritto sociale ove la nobile uto-pia contenuta in quest’ultima definizione diventasse il punto stabile di riferimen-to delle decisioni della Corte costituzionale e della Giurisprudenza di legittimità(v. già in questo senso Cass. n. 411/1991)? Fino a che punto la lotta contro ilmorbo può spingersi senza entrare in collisione con la dignità, la libertà, l’identi-tà del malato? Occorre guardarsi dalla trappola dell’ipostasi semantica, che ten-de a trasformare giudizi di valore in realtà (beni) oggetto di diritti in conflitto.Cade in trappola la Giurisprudenza, quando interpreta la vicenda del malato in

(98) Così P. Rescigno, Manuale del Diritto privato italiano, ed a cura di G. Paolo Ciril-lo, Milano, 2000, p. 118.

(99) Così il consenso a un prelievo ematico sarà apprezzato in modo diverso, secondoche avvenga in un contesto terapeutico e di ricerca o di un trattamento al quale sia condi-zionato l’accesso a determinate prestazioni o la fruizione di determinati servizi. Sull’obbligodi sottoporsi a tests genetici v. ora S. Landini, Assicurazioni sanitarie e Privacy genetica, inDir. pubbl., 2003, p. 219 ss., p. 239 s.

(100) Cfr. A. Barbera, Articolo 2, in Branca (dir.) Commentario alla Costituzione, Bolo-gna-Roma, 1977, 50 ss.; A. Pizzorusso, in Pizzorusso-Romboli-Breccia-De Vita, Personefisiche, in Commentario al Codice civile, Bologna-Roma 1988, 91 ss.; M. Dogliotti, Dellepersone fisiche, in Trattato Rescigno, II, Torino 1982, p. 5 ss.

COMMENTI 355

stato terminale sottoposto senza il suo consenso all’intervento che ne proroga lavita per qualche mese in stato di semi-demenza, come un conflitto tra la « salutefisica » e il « diritto all’identità personale », da risolvere in ogni caso a favore delsecondo (101). È evidente che qui non si tratta di un conflitto tra il diritto a non es-sere curato (come espressione del diritto all’autodeterminazione) e il bene-salute(che non può essere confuso l’inutile prolungamento d’una sofferenza) ma diun’ipotesi di esercizio non consentito della professione medica, atto illecito quali-ficabile, in relazione alle conseguenze che ne derivano, come reato di violenza pri-vata, lesioni, omicidio preterintenzionale o intenzionale.

I conflitti di valore generati dall’ipostasi semantica si attenuano in parteadottando una definizione stipulativa che riflette il minimo comun denomina-tore delle possibili accezioni di « diritto soggettivo », come qualificazione nor-mativa di un interesse in relazione a uno stato di fatto e di diritto. In que-st’ordine di pensieri, la individuazione delle situazioni giuridiche che fannocapo al consenso più che una questione di pedigree costituzionale tra beni-di-ritti in conflitto diventa il termine di una definizione analitica, da conquistaredistricando il « viluppo di diritti fondamentali libertà-identità-salute » con ri-ferimento all’oggetto delle pretese ed alle forme di reazione a fronte di una le-sione. In questa prospettiva, il tema comune alle variazioni sul consenso al-l’atto medico è la più o meno intensa idoneità a limitare, in concorso con altrifattori, l’azione discrezionale di un soggetto o di un’équipe di soggetti. Lafunzione di limite non è mai del resto affidata al solo consenso, ma a un giococombinatorio di valutazioni, nella logica dei checks and balances: nel caso diuna ricerca sperimentale pura con alti coefficienti di rischio, ad esempio, ilconsenso (pur rafforzato ex art. 16, comma 5o, Cdub) non rende superfluo ilrequisito dell’approvazione di un’autorità indipendente e interdisciplinare, nél’esigenza che i benefici attesi siano proporzionali ai rischi. Per converso, nes-sun risultato atteso, sia pur strabiliante, e nessun expertise positivo giustifica-no un intervento sperimentale puro e altamente invasivo o rischioso su un pa-ziente incapace di consentire (art. 17 Cdbu). Sull’opposto versante, si è giàvisto come la protezione offerta dal dissenso del paziente — in via di princi-pio insuperabile già ex art. 32/2 Cost. — ceda, senza essere annientata, a ra-gioni di interesse collettivo o all’esigenza di proteggere gli interessi e la libertàdi terze persone (art. 32 Cost., art. 24 Cdub, art. 8 Cedu). Di là dai casi limi-te del consenso sacrificale e del trattamento coattivo, peraltro, la misura delsignificato del consenso nell’economia dei vincoli alla discrezionalità medico-scientifica emerge nitidamente già nell’ipotesi del consenso a un atto medico odi ricerca di routine: l’esteso obbligo di informare posto a carico del medicova adempiuto in modo tale da risultare comprensibile (art. 5, comma 2o, Cd-bu: « this person shall be given appropriate information ») e da escludereogni elemento di coercizione (art. 4.8.3 Linee Guida BPC). Altre disposizionivalorizzano l’elemento dialogico e dialettico del consenso: così la firma del

(101) Trib. Milano 14 maggio 1998, commento di P. Zatti, Il diritto a scegliere, cit., p. 92 ss.

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modulo del consenso alla sperimentazione è l’atto finale di un processo scandi-to dalle domande poste dall’interessato e non predeterminato nei tempi e nellemodalità di svolgimento (cfr. Linee Guida BPC, artt. 4.8.7, in fine, e 4.8.10);né queste esigenze si attenuano se il trattamento riguarda soggetti incapaci,piuttosto si traducono nell’obbligo di coinvolgere e assicurare la partecipazionedel paziente, se il trattamento è terapeutico, e nel dovere in ogni caso di rispet-tarne il rifiuto, in qualunque modo manifestato, se non lo è. Per converso, la re-gola del consenso flette sia a fronte di una situazione d’urgenza (art. 8 Cdub) abeneficio diretto della salute del paziente, sia in caso di revoca tardiva, se (e so-lo se) l’interruzione del trattamento già in corso potrebbe pregiudicare la salutedel soggetto (arg. ex artt. 4, 5, comma 3o, 8 Conv. Oviedo: cfr. in tal senso laRelazione), sia, infine, a tutela di terzi o di un serio interesse pubblico.

Queste indicazioni fanno dell’autodeterminazione il dispositivo cui il di-ritto affida la penetrazione della soggettività del paziente nella cura e nella ri-cerca medica, più che un super-principio autoreferenziale, chiuso alla storiaindividuale e al contesto in cui agisce. Una conferma si legge nella regola percui i desideri (wishes, souhaits) in ordine alla cura, o al rifiuto di cure, predi-sposte dal paziente per l’eventuale sopravvento d’uno stato d’incapacità (c.d.advanced directives), devono essere tenuti in considerazione, senza essere de-terminanti (art. 9 Cdub, cfr. art. 34 C.d.m.) (102). Qui interverranno altri fat-tori: personalità, opinioni, storia clinica del paziente, occasione e circostanzedi formazione della direttiva, il tempo trascorso e i progressi della ricerca. Inuna parola: quel che misura la distanza tra il consenso come espressione del-l’identità individuale (103) e un anacronistico volontarismo (e tra un medico eun esecutore para-testamentario), fermo restando che il vincolo espresso dalladirettiva impone in ogni caso al professionista destinatario delle direttivequanto meno l’obbligo di « motivare e giustificare in modo esauriente » la de-cisione di scostarsi dall’esecuzione delle stesse « anche al fine di consentirel’intervento del fiduciario o curatore degli interessi del paziente » (104).

(102) Cfr. Parere del 18 dicembre 2003 del CNB sulle Dichiarazioni anticipate di trat-tamento (http://www.palazzochigi.it/bioetica): « il passaggio da « determinanti » a « tenutiin considerazione » non dovrebbe essere interpretato come passaggio da un carattere (asso-lutamente) vincolante a uno (meramente) orientativo. Se è corretto escludere la prima ca-ratterizzazione, anche la seconda va esclusa quando venga intesa in senso talmente deboleda coincidere con la restituzione al medico di una piena libertà decisionale ed operativa,che equivarrebbe a conferirgli un indebito potere paternalistico, che implicherebbe il com-pleto svuotamento di senso delle dichiarazioni anticipate stesse ».

(103) A quanto osservato supra, p. 33, n. 93, si può aggiungere che non a caso il para-digma dell’identità narrativa che è la persona nella filosofia ermeneutica contemporanea siritrova nella fenomenologia della promessa: cfr. P. Ricoeur, Approches de la personne, cit.,p. 218: « Celui-ci, en effet, ne présuppose aucune immuabilité. Bien au contraire, le problè-me de la promesse, c’est précisement celui du maintien du soi en dépit de ce que Proust ap-pelait les vicissitudes du coeur ».

(104) Ivi, loc. cit. Sulla opportunità di fare intervenire nella decisione finale un organoimparziale accanto al « decisore sostitutivo »: E. Calò, Il ritorno della volontà, cit., p. 152.

COMMENTI 357

10. — L’atto del consenso nella biomedicina è oggi al crocevia di due funzio-ni intrecciate ma concettualmente distinte: sullo strato più antico della tutela del-l’habeas corpus s’innesta la mediazione dell’interesse di un soggetto a partecipa-re a un determinato trattamento con l’interesse d’una controparte professionalead eseguire quel trattamento « in accordance with relevant professional obliga-tions and standards » (art. 4, Cdub). Sul piano delle situazioni giuridiche che de-rivano dall’esercizio del consenso, tale nesso di reciprocità si specifica: (i) dal latodel destinatario del consenso, in una situazione di dovere professionale (di cura,ricerca) nell’an, con elementi di discrezionalità rispetto al quomodo, variabili infunzione dello stato delle conoscenze e della tecnica, delle informazioni e risorsedisponibili, del grado di elasticità del protocollo seguito, del fattore tempo; (ii) dallato dell’avente diritto, in un interesse al trattamento idoneo a interloquire, in re-lazione a un fine preordinato da una norma (in senso ampio), con la sfera di di-screzionalità in senso tecnico del medico o del ricercatore, limitandola, se del ca-so, senza arrivare a determinare unilateralmente l’attuazione del rapporto.

Per ricomporre questi frammenti in un’immagine unitaria, si deve oppor-re all’idea del consenso come atto definito — con una funzione e una struttu-ra determinati, cui corrispondono i medesimi effetti sul piano della disciplinae della responsabilità — uno schema concettuale plastico, suscettibile di con-sumarsi uno actu come di svolgersi nel tempo, di indirizzarsi a un soggettounico ovvero distribuirsi su figure diverse, e soprattutto di innestare sulla fun-zione primaria di autorizzare medici e ricercatori a compiere certe attivitàsull’individuo altre funzioni che in prima approssimazione si riassumono nelcoinvolgimento della persona nelle decisioni che costellano il rapporto. Nellamisura in cui la partecipazione del consenziente concorre con altri elementinella determinazione delle scelte lasciate alla discrezionalità del medico o delricercatore, può tuttavia accadere, e di fatto accade, che il livello di partecipa-zione del consenziente al trattamento vari in relazione ad altre esigenze: auto-nomia di medici e ricercatori, tutela di terze persone, protezione di un interes-se generale o dello stesso interesse del paziente, quando l’asimmetria informa-tiva sia tale da non poter essere superata.

Segue da queste osservazioni che il significato dell’emersione del princi-pio del consenso nell’orizzonte della ricerca e della terapia medica non va cer-cato nelle declamazioni sulla relazione paritaria che per esso s’instaurerebbe.Altro è denunciare l’autoritarismo e gli abusi del potere medico, altro negaregli effetti dell’asimmetria informativa (a tacere degli aspetti psicologici e ma-teriali) tra medico e paziente, onde, si è osservato, « accrescendosi il divariodi conoscenze tra professionista e cliente, aumenta lo spazio per un modellodecisionale « nell’interesse altrui » quale strumento degli ostacoli derivantidall’asimmetria informativa » (105). Per questi motivi, ciò di cui si avverte

(105) F. Cafaggi, voce « Responsabilità del professionista », cit., p. 165. Adde le consi-derazioni di G. Ferrando, Consenso informato del paziente e responsabilità del medico,principi, problemi e linee di tendenza, in Riv. crit. dir. priv., 1998, p. 37 ss., pp. 39-40.

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l’esigenza non è l’ennesima déclaration des droits, ma una figura tecnica taleda « consentire una penetrante indagine nel merito [...] dell’atto di eserciziodi situazioni altrimenti [...] capaci di porsi quali strumenti tendenti, in unavisione deformata della realtà, a provocare lo svolgimento della vita di rela-zione in una direzione non sempre rispettosa della posizione dei soggetti coin-volti nella singola vicenda » (106). Quella figura, com’è noto, è l’interesse legit-timo, il cui riconoscimento nel diritto privato si deve all’intuizione e al talentodella Giurista che scrisse queste parole. Dell’interesse legittimo, parte delle si-tuazioni giuridiche che fanno capo al consenso ha in verità la sostanza, se nonla forma. Quest’ultima osservazione s’impone con immediatezza a fronte didisposizioni, come gli artt. 6 e 9 della Convenzione di Oviedo (in tema, rispet-tivamente, di interventi terapeutici su soggetti incapaci di prestare un validoconsenso e di advanced directives) dove l’obbligo di tenere in considerazione idesideri espressi dal paziente rinvia già sotto il profilo testuale all’« idoneità aconfliggere con esigenze contrapposte » (107), da valutarsi con la tecnica delbilanciamento a posteriori degli interessi in conflitto tipica della figura civili-stica dell’interesse legittimo. Più in generale, le stesse considerazioni valgonoper quelle situazioni declinate in forma di diritti fondamentali in ossequio aun’esigenza etico-politica di « reflecting and communicating particular waysof valuing goods » (108), ma refrattarie allo schematismo del diritto soggettivoin ragione della peculiare conformazione degli interessi tutelati, i quali pre-suppongono, nella controparte, una sfera di discrezionalità che al tempo stes-so concorrono a formare dall’interno: non al modo in cui situazioni autonomesi delimitano reciprocamente, dunque, ma come segnavia d’un percorso al-l’interno d’un territorio vasto e in parte ignoto.

Gli elementi strutturali dell’interesse legittimo nel diritto privato — inerenzaa uno spazio di discrezionalità e complementarietà delle situazioni in rapporto,onde « la realizzazione dell’uno dipende da ed implica quella dell’altro » (109) —potrebbero del resto facilmente essere estesi al concetto di alleanza terapeuticatout court, ratio del consenso informato nel tempo della Convenzione di Oviedo,se la scelta di un approccio analitico non suggerisse piuttosto di circoscrivere l’usodi questa figura a tutte, e sole, le situazioni in cui l’obbligo di informare (o il per-messo di non informare) sono strumentali all’esercizio iure di un potere discrezio-nale. A fronte di un obbligo d’informazione indipendente da una sfera di discre-zionalità, pertanto, il consenso recupera la dimensione originaria di proiezionedell’habeas corpus nella biomedicina a « garanzia della integrità della persona,

(106) Così L. Bigliazzi Geri, in Bigliazzi Geri - Breccia - Busnelli - Natoli, Diritto civi-le, I (1), Torino 1986, p. 331.

(107) E. Navarretta, Forma e sostanza dell’interesse legittimo, in Danno e resp., 1999, p. 959.(108) Sulla expressive function of Law: Cass R. Sunstein, Incommensurability and Va-

luation in Law, 92 Mich. L. Rev. (1994), p. 779 ss.(109) L. Bigliazzi Geri, voce « Interesse legittimo: diritto privato », in Dig. disc. priv.,

Sez. civ., cit., p. 548.

COMMENTI 359

come limite ad ogni intervento esterno, ed autoritario, che tenda ad adeguare cor-po e comportamenti a modelli di normalità » (110).

11. — Sul presupposto della molteplicità delle situazioni che confluisco-no negli status collegati alla biomedicina si deve da ultimo accennare alleconseguenze della lesione del principio del consenso.

« The person who has suffered undue damage resulting from an inter-vention is entitled to fair compensation according to the condition and proce-dures prescribed by Law ». Così l’art. 24 della Convenzione di Oviedo, fissan-do i pilastri del carattere ingiustificato (non iure) del danno in relazione aiparametri normativi desumibili dal sistema e del nesso di causalità, con rinvioquanto al resto ai diritti nazionali, in special modo per la questione della na-tura, oggettiva o soggettiva, della responsabilità. Il carattere qualificato deldanno (undue), non diversamente dalla clausola d’ingiustizia dell’art. 2043del nostro codice civile, porge all’interprete un punto di equilibrio elastico, amezza via tra un sistema di relativa tipizzazione degli interessi protetti (cfr. §823 BGB: la vita, la salute, l’onore e gli altri diritti soggettivi) e assenza diparametri tout court (le dommage, senza aggettivi, dell’art. 1382 c.c. fr.). Laquestione si pone se la lesione del diritto di autodeterminazione integri ex seun danno risarcibile, anche in assenza di un pregiudizio attuale alla salute oad altro diritto fondamentale. Alla domanda risponde per lo più negativa-mente la Giurisprudenza in materia di medical malpractice, limitando il ri-sarcimento (fuori dell’ipotesi della condotta rilevante anche dal punto di vistapenale) alle sole ipotesi in cui a un consenso invalido (o assente tout court)segua un danno alla salute. Tale orientamento è apparso censurabile, sotto ilprofilo della lesione del diritto di autodeterminazione del paziente. La com-plessità del problema richiede un approccio articolato, aperto alla dimensionenon patrimonialistica degli interventi coinvolti ma attento alla complessità (eai rischi di manipolazione) del concetto di autodeterminazione.

Un principio di risposta segue dal concetto di autodeterminazione e dalla suatrasposizione sul piano dogmatico della struttura del fatto illecito. In ragione del-la nozione di autodeterminazione prescelta, la lesione del consenso cade all’ester-no o all’interno dell’area del danno in senso tecnico, indipendentemente dalla de-finizione del danno adottata, se perdita del bene (danno-evento) o valutazionenormativa della lesione di un interesse (danno-conseguenza). Più esattamente,nella visione strumentale dell’autodeterminazione qui accolta, tra gli elementiche confluiscono nella fattispecie complessa del fatto illecito il consenso va ascrit-to ai presupposti di liceità della condotta (o scriminanti) e di qui all’antigiuridici-tà del fatto, onde la lesione del principio del consenso non ha rilevanza se non incollegamento con la lesione dell’interesse alla cui tutela è preordinato.

Su questa premessa s’innesta un diverso ordine di valutazioni, suggerite dauna lettura del consenso (in generale e nella biomedicina) come fonte di un di-

(110) S. Rodotà, Tecnologie e diritti, cit., p. 171.

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ritto (più che come causa di giustificazione a sé stante: volenti non fit iniuria)(111). L’enfasi sul carattere medico-professionale della relazione da un lato dàragione dell’ampliamento di prospettiva, fino ad includere stabilmente la valu-tazione di profili procedimentali e fiduciari, dall’altro permette di disaggregarel’analisi in relazione alla funzione del consenso e alla natura dell’interesse pro-tetto. Il giudizio deve insomma tener conto delle caratteristiche del rapportomedico e medico-sperimentale quali si manifestano in fieri, in dipendenza delloscopo e della natura del trattamento, delle alternative praticamente accessibili,delle asimmetrie informative, della misura in cui i soggetti del trattamento so-no in grado di sostenere psicologicamente la comunicazione, della struttura incui l’intervento si svolge, e così via. Queste variabili, a loro volta, vanno consi-derate alla luce della polisemanticità del consenso. Si consideri ad esempio lanatura dell’intervento. Non è intuitivamente lo stesso consentire a un tratta-mento terapeutico standard, a una terapia sperimentale, a una sperimentazio-ne pura: la differenza può esprimersi nei termini d’una relazione inversa tra in-tensità (quantità e soprattutto qualità delle informazioni) dell’obbligo di di-sclosure e beneficiency del trattamento. Se dunque quest’ultimo persegue, inconcorso o in alternativa alla terapia, scopi estranei alla cura o potenzialmentelesivi per il consenziente, l’informazione deve comprendere le finalità, i fattoridi rischio, anche remoto, e, nel caso della sperimentazione terapeutica, le pro-babilità di (in)successo, l’esistenza di alternative disponibili, quand’anche nonpraticate nella struttura o dall’équipe di riferimento, e in generale ogni datoutile a un esercizio consapevole e razionale del diritto costituzionale di opporsial trattamento indesiderato. Analogamente, quando l’obbligo d’informazioneviene in considerazione quale premessa della decisione se intraprendere o rifiu-tare un certo trattamento, il consenso è un dispositivo di tutela dell’integrità fi-sica e morale della persona ancor prima che un limite alla discrezionalità delmedico o del ricercatore. Quest’ultima, a rigore, non esiste neppure fintantoche quel primo atto di autorizzazione non intervenga a costituire lo spazio entroil quale la discrezionalità medica legittimamente è esercitata.

In generale, quando per le caratteristiche dell’intervento la funzione di ga-ranzia di diritti fondamentali (artt. 13 e 32 Cost.) sovrasta l’aspetto latu sensuprogrammatico o di compartecipazione a una decisione del consenso, l’illiceitàdel trattamento consentito sulla scorta un’informazione incompleta o decettiva èin re ipsa e l’agente risponderà del danno eventualmente causato alla salute o al-l’integrità fisica anche oltre il limite del mancato rispetto delle leges artis e del be-nevolo standard di valutazione della condotta di cui all’art. 2236 c.c. Quanto al-l’onere della prova, l’eventuale natura (anche, o esclusivamente) sperimentaledell’intervento giustifica l’applicazione della regola in materia di attività perico-

(111) Secondo l’indicazione della migliore dottrina penalistica: cfr. F. Mantovani, I tra-pianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, Padova, 1974, p. 203 ss.Nella letteratura civilistica, per la lettura del consenso come « causa di esclusione dell’anti-giuridicità »: cfr. S. Patti, Art. 11, cit., p. 365.

COMMENTI 361

lose (art. 2050 c.c.) sulla falsariga del rinvio operato dalla disciplina del tratta-mento dei dati personali (art. 18, l. n. 675/1996). Quid iuris, però, se dal tratta-mento non sia derivata una lesione naturalisticamente apprezzabile (dunque nontraducibile in termini compensativi): se, ad esempio, l’intervento terapeutico-sperimentale è tecnicamente riuscito, ma al prezzo di esporre il paziente — si sup-ponga una persona non in età lavorativa — a rischi cui si sarebbe sottratta qualo-ra fosse stata in condizione di scegliere, a un ricovero inutilmente prolungato, aesami inutili dal punto di vista strettamente terapeutico? Il rango costituzionaledella dignità e della libertà personale nei trattamenti sanitari parrebbe irragione-volmente mortificato da una riparazione del danno non patrimoniale circoscrittaal verificarsi di un’ipotesi di reato, secondo l’interpretazione tradizionale (masommamente controversa) dell’art. 2059 c.c. come rinvio all’art. 185 c.p.: quinuovamente soccorre la disciplina del trattamento dei dati personali, affermandola rilevanza squisitamente civilistica del danno non patrimoniale derivante dalladiscrasia tra le finalità autorizzate e quelle effettive del trattamento (art. 15, com-ma 2o, d. legisl. n. 196/2003). Né d’altra parte persuade lo spostamento dell’assedella tutela sull’art. 2043 c.c., non da ultimo per i riflessi sulla partecipazione col-lettiva al bene-salute del suo ipotetico accoglimento. La micro-etica del consensodeve incontrare la macro-etica dell’allocazione delle risorse. Una politica del di-ritto centrata sul principio dell’incondizionata risarcibilità dei riflessi esistenzia-li della lesione del diritto di autodeterminazione ha evidentemente rinunciato amisurarsi con la sostenibilità del consenso per il sistema sanitario e con i rischi disovraesposizione di una categoria professionale a richieste di risarcimento prete-stuose. De jure condito, la risposta più persuasiva sta in una regola di riparazionedel pregiudizio non patrimoniale sganciata dall’art. 185 c.p., sul presupposto del-la « gravità dell’offesa [...] in relazione al tipo di interesse coinvolto e alle circo-stanze concrete, con particolare riferimento all’alternativa fra la tutela di un inte-resse isolato o, comunque, a priori prevalente e il riscontro, viceversa, di un con-flitto fra interessi inviolabili » (112). De jure condendo è auspicabile il potenzia-mento delle sanzioni disciplinari contro le lesioni che non integrano gli estremi deldanno risarcibile.

Sotto un diverso aspetto si deve guardare al consenso operante nella di-mensione procedimentale di una relazione (di terapia, di ricerca) già (corretta-mente) instaurata. La situazione giuridica cui gli atti di esercizio del consensosono strumentalmente coordinati è parsa, in questa ipotesi, riconducibile allamatrice concettuale dell’interesse legittimo di diritto civile. La differenza staessenzialmente sul piano della struttura della valutazione giuridica. La viola-zione degli obblighi d’informazione che induce una persona a sottostare a untipo d’intervento in astratto non necessario, inutile, inappropriato, rischioso,eccetera, è già ex hypothesi antigiuridica, perché attuata in violazione d’unostandard di correttezza professionale (in via generale: artt. 1176, comma 2o,1375 c.c.) e perché lesiva di un diritto fondamentale (artt. 13, 32, comma 2o,

(112) E. Navarretta, Diritti inviolabili, cit., 1996, p. 401.

362 RIVISTA DI DIRITTO CIVILE

Cost.), fermo restando che l’ipotesi va misurata sulla qualità e intensità dicoinvolgimento dell’interesse per valutare la risarcibilità del danno non patri-moniale. Non così se il consenso s’inserisce nello spazio di astratta liceità preco-stituito da un dialogo e da una decisione, articolando nelle forme d’un procedi-mento l’esercizio di una facoltà discrezionale al fine di prevenire e contenerel’arbitrio, in altre parole: se la considerazione dell’interesse in questione non ètale da imporsi all’altro all-or-nothing, ma come un aspetto di cui questi devetener conto, conservando tuttavia un margine di apprezzamento e di controllosia sulla selezione dei contenuti e delle modalità dell’informazione, sia sulla ri-sposta più adeguata alle esigenze espresse dal soggetto del trattamento. La pla-sticità e reciprocità delle situazioni in rapporto si riflette in uno schema concet-tuale modellato su di una relazione asimmetrica, protratta nel tempo, costella-ta d’imprevisti, strutturata in parte come un processo di trial and error qual è iltrattamento biomedico. La stessa pratica impossibilità di tipizzare tutti i profilirilevanti nel flusso informativo suggerisce in questo caso una valutazione a po-steriori della condotta. Nuovamente è decisivo il parametro della correttezza,della diligenza, del rispetto degli standard professionali, cui non si sottrae cer-tamente l’obbligo di disclosure, ora però immediatamente sintonizzati al conte-sto delle circostanze, così da apprezzare ogni « esigenza (nuova, cioè sopravve-nuta rispetto alle posizioni originarie, anche se sempre) soggettiva [...] ma chedebba essere ritenuta prevalente in confronto all’interesse alieno complementa-re, sulla base di una valutazione comparativa ancorata a un metro di valutazio-ne eminentemente oggettivo » (113). La valutazione di risarcibilità sarà subor-dinata alla prova che a fronte d’un esercizio corretto della discrezionalità medi-ca e scientifica il soggetto non avrebbe consentito, o avrebbe consentito a con-dizioni diverse, in funzione di un interesse apprezzato dall’ordinamento e irra-gionevolmente — rectius: ingiustificatamente — sacrificato: si pensi a chi ac-cetti un ricovero prolungato per svolgere esami clinici pre-operatori i qualipotrebbero facilmente essere eseguiti in day hospital; o al medico che praticasul paziente un intervento invasivo, avendo taciuto che in altra struttura lostesso trattamento è praticato diversa tecnica (114). Nuovamente un circolo er-meneutico si disegna: dove l’ancoraggio della valutazione a un interesse quali-ficato impedisce di trasformare in una delega in bianco all’interprete la pecu-liare sensibilità del consenso al contesto e questa, di rimando, è il riferimentonecessario per sincronizzare il diritto al mutamento tecnologico e scientifico.

Valentina CalderaiPerfezionanda della Scuola Superiore

« Sant’Anna » di Pisa

(113) L. Bigliazzi Geri, Contributo a una teoria dell’interesse legittimo nel diritto priva-to, Milano, 1967, p. 182.

(114) In termini Cass. 16 maggio 2000, n. 6318, in Danno e resp., 2001, p. 154 ss., no-ta Cassano.

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