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MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI © BOLLETTINO D’ARTE CASA EDITRICE LEO S. OLSCHKI

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MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI ©

BOLLETTINO D’ARTE

CASA EDITRICE LEO S. OLSCHKI

Estratto da

ARNOLFO DI CAMBIO:IL MONUMENTO

DEL CARDINALE GUILLAUME DE BRAYDOPO IL RESTAURO

Volume Speciale (2009 -Serie VII)

CLARIO DI FABIO

GLI SCULTORI DEL MONUMENTODEL CARDINALE LUCA FIESCHI

NELLA CATTEDRALE DI GENOVA.PRECISAZIONI E PROPOSTE

Nato a Genova verso il 1270, Luca Fieschi, cardinalediacono del titolo di Santa Maria in Via Lata, fu uno deitre alti prelati che a Roma, nella basilica lateranense,incoronarono nel 1312 Enrico VII di LussemburgoSacro Romano Imperatore (fig. 1). Della casata dei contidi Lavagna — la principale famiglia guelfa genovese,influentissima nel corso del Duecento nella curia papa-le, tanto da aver dato in quel secolo, con Innocenzo IV eAdriano V, ben due pontefici alla Chiesa —, egli eser-citò, in trentasei anni di cardinalato, un ruolo politico ediplomatico di dimensione europea. Divenuto nel 1326arciprete di Santa Maria Maggiore, morì nel 1336 allacorte di Avignone e manifestò nel testamento la volontàdi trovare riposo definitivo nella sua città d’origine, inquella Cattedrale di San Lorenzo, di cui – come tantisuoi familiari, in quel periodo — era stato canonico. Loera divenuto giovanissimo e lo rimase fino alla morte.1)

Fra 1341 e 1342, i lavori di esecuzione del monu-mento funerario,2) cominciati qualche tempo dopo lasua scomparsa — forse anche meno di due anni —,erano stati interrotti. Manuele e Antonio Fieschi, notaipapali e nipoti del defunto, e gli altri esecutori testa-mentari — tre personalità di grande spicco nella curiaavignonese di quei decenni e di gran nome anchecome committenti d’artisti, come i cardinali JacopoStefaneschi, Pietro de’ Feliciani da Bologna, detto Pie-tro Ispano, e Napoleone Orsini — avevano dovutosostituire per due volte i loro procuratori genovesi —nel 1341, Emanuele Fieschi e i chierici Antonio daBiella, Matteo da Monza e Lamberto da San Miniato;nel 1342, Tedisio abate di San Siro di Genova, mae-stro Venturino da Bergamo, canonico della Cattedrale,e Filippo Oltremarino — della cui direzione dei lavorinon erano affatto contenti.3)

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CLARIO DI FABIO

GLI SCULTORI DEL MONUMENTO DEL CARDINALE LUCA FIESCHINELLA CATTEDRALE DI GENOVA. PRECISAZIONI E PROPOSTE

1 – COBLENZA, LANDESHAUPTARCHIV, CODEX BALDUINI, MS 1C1ENRICO VII INCORONATO IMPERATORE A ROMA

DAI CARDINALI LUCA FIESCHI, NICCOLÒ ALBERTINI E ARNALDO FAUGER

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2 – GENOVA, CATTEDRALE DI SAN LORENZO – RICOMPOSIZIONE DELLE PARTI FIGURATIVE DELLA TOMBA FIESCHI INTORNO AL 1925(foto Alinari)

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Nel 1343, infine, ben 400 fiorini d’oro furono stanzia-ti per compiere la tomba, che constava — lo certifica ilrelativo atto notarile — di una «sepultura» — il monu-mento funerario vero e proprio, col suo corredo di figu-re a rilievo e a tutto tondo — e di una «capella» — lastruttura architettonica, anch’essa arricchita da bassori-lievi e statue.4) La cifra era riservata solo a quello scopo eogni altro impiego veniva esplicitamente escluso.

Ma il documento relativo all’ultimo atto della vicen-da — sul quale si tornerà in chiusura — soddisfa pur-troppo in misura assai modesta la curiosità del ricerca-tore, poiché non si tratta di un atto di commissione,ma della notifica ufficiale della destinazione di fondi,dei quali non viene affatto specificato il beneficiarioultimo, cioè il capo della bottega a cui il compito erastato affidato, fosse egli lo stesso che l’aveva intrapre-so, oppure no, come tutto fa credere.

È dunque l’analisi filologica e formale dei resti scul-torei del sepolcro a certificare che, in un momentoimprecisato fra 1336 e 1341, almeno per approntare

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3 – GENOVA, MUSEO DI SANT’AGOSTINOLE PARTI ARCHITETTONICHE DELLA TOMBA FIESCHI SISTEMATE NEL 1939

4 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO – TOMBA DEL CARDINALELUCA FIESCHI: PARTICOLARE DEL GIACENTE

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le parti di connotazione scultorea preminente (figg. 2e 3), erano stati convocati due artefici di notevolelivello, i quali avevano scolpito la statua del cardinalegiacente connotata da un potente ritratto (fig. 4), unsarcofago con la ‘Verifica delle piaghe di Cristo’,ovvero l’‘Incredulità di San Tommaso’, ad altorilievo(fig. 5) e quattro leoni stilofori (figg. 6 e 7), altrettante

colonnette tortili coi relativi capitelli, due iscrizioni,due angeli reggicortina (figg. 8 e 9), due statue di‘Santi’ (un ‘Lorenzo’ e un ‘Antonio abate’: figg. 10 e11), ma forse anche quello, non identificabile, delMuseo di Boston, riferitogli da Hanns Swarzenski (fig.12), più, forse, quattro ‘Virtù cardinali’ (figg. 13–16),esemplate — come da tempo è noto — su quelle della

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6 e 7 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO – TOMBA FIESCHI: PARTICOLARE DELLE COPPIE DI LEONI STILOFORI

5 – GENOVA, MUSEO DIOCESANOTOMBA FIESCHI: PARTICOLARE DEL GIACENTE E DELLE LASTRE DEL SARCOFAGO

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GENOVA, MUSEO DIOCESANO – SCULTURE DELLA TOMBA FIESCHI: 8 – “MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI”: ANGELO REGGICORTINA SINISTRO; 9 – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”: ANGELO REGGICORTINA DESTRO;

10 – “MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI”: SAN LORENZO; 11 – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”: SANT’ANTONIO ABATE

12 – BOSTON, MUSEUM OF FINE ARTS – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”: SANTO (FORSE DALLA TOMBA FIESCHI)

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GENOVA, CHIESA DI SANTA MARIA MADDALENA – LE QUATTRO VIRTÙ CARDINALI (DALLA TOMBA FIESCHI?):13 – TEMPERANZA; 14 – GIUSTIZIA; 15 – FORTEZZA; 16 – PRUDENZA

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Tomba di Margherita di Brabante in San Francesco diCastelletto e oggi nella chiesa genovese della Madda-lena.5) Oltre alle parti maggiori, tutto un ricco appa-rato — oltre un centinaio di frammenti che attendeancora una disamina puntuale, ma in cui spiccano uncielino con teste e busti di santi e angeli entro lacuna-ri a losanga, accanto ad altre parti di ottima fattura ea pezzi (una ‘Testa femminile’ (fig. 17) e una ‘Testa divescovo’) asportati in epoca imprecisata dal comples-so e poi finiti in collezioni private genovesi — fu lavo-rato da questa coppia d’artefici.6) Che si trattasse dipisani è chiaro dagli esiti stilistici dei rispettivi lavori edai modelli che in essi affiorano, declinati in diverseinterpretazioni personali; si tratta, insomma, di due“mani”, diverse e non sovrapponibili.

A confronto, Max Seidel ha citato l’‘ArcangeloGabriele’ della Liebighaus di Francoforte insiemeall’‘Annunciazione’ del monumento funerario Gherar-

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17 – GENOVA, COLLEZIONE PRIVATA – TESTA FEMMINILE(DALLA TOMBA FIESCHI?)

18 – PISA, CAMPOSANTO MONUMENTALE – MONUMENTO FUNEBRE DELLA GHERARDESCA

È ipotizzabile il nome di Lupo di Francesco per il giacente, la Madonna e l’angelo annunziante a sinistra.

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19 – LONDRA, VICTORIA ED ALBERT MUSEUMMADONNA CON BAMBINO TRA DUE ANGELI DETTA “MADONNA OLLANDINI”

20 – PISA, CAMPOSANTO MONUMENTALEMONUMENTO FUNEBRE DELLA GHERARDESCA

PARTICOLARE

21 – PALERMO, PALAZZO SCLAFANIBONAIUTO DI MICHELE: AQUILA

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22 e 23 – PISA, MUSEO NAZIONALE DI SAN MATTEO, PULPITO DI SAN MICHELE IN BORGO:SCENA CON PRESENTAZIONE AL TEMPIO; SCENA CON ANNUNCIO A GIUSEPPE E FUGA IN EGITTO

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desca già in San Francesco di Pisa, ora nel Camposan-to monumentale7) (figg. 18 e 20) e una serie di opereassegnate da John Pope–Hennessy all’artefice alloradetto “Maestro di San Michele in Borgo” dalla suaopera eponima — il pulpito della omonima chiesa pisa-na, le formelle del cui parapetto sono conservate nelMuseo Nazionale di San Matteo (figg. 22 e 23) — alquale riferiva anche una ‘Madonna col Bambino fradue angeli’ (la cosiddetta “Madonna Ollandini”) delVictoria and Albert Museum di Londra (fig. 19), che —notiamo — potrebbe anch’esso provenire dalla sopraci-tata San Francesco (nel cui altare campeggiava il ‘SanFrancesco stigmatizzato’ di Giotto, oggi al Louvre),come fa sospettare, scolpito accanto all’angelo sinistro,lo stemma degli Ollandini, casata pisana i cui blasoniricorrono in quell’edificio.8) Da notare, tuttavia, chequesto piccolo corpus è in sintonia solo con le partidella tomba genovese attribuibili alla mano del deute-ragonista, che si è definito “Maestro degli Angeli Fie-

schi” (tanto da farli ritenere una sola persona), e noncon quelle eseguite dalla mano più incisiva che vi rico-nosciamo operante: quello che tutto fa pensare fosse ilvero e proprio “Maestro della Tomba Fieschi”, la menteprogettuale e il braccio più addestrato dell’impresa: ilsuo scalpello foggia figure saldamente impalcate, daitratti sintetici e risentiti, spigolosi ma fini, e lo si ricono-sce senza sforzo nelle parti più imponenti e importantidel complesso genovese, la lastra centrale della frontefigurata del sarcofago e il potente ritratto del cardinalegiacente (figg. 31 e 39). Che, comunque, anche costui— questa volta in ruolo non primario — abbia collabo-rato anche al pulpito di San Michele, però, non si puòaffatto escludere: a un attento esame diretto, alcunivolti virili della formella con l’‘Annuncio a Giuseppe ela Fuga in Egitto’ (fig. 23), di più strutturata fattura,paiono da assegnare, infatti, proprio al suo scalpello.

Il nome più probabile per questo artefice di maggiorespessore è ancora quello pronunciato da Roberto PaoloNovello alcuni anni or sono: Bonaiuto di Michele daPisa, un scultore documentato dal 1318 nell’ambito dellataglia del Duomo pisano insieme a Giovanni di Balduc-cio, che fu attivo verso il 1330 in Palazzo Sclafani a Paler-mo (fig. 21) e che divenne nel 1343–1344 capo maestrodella stessa taglia pisana.9) Se — come pare — egli fosselo stesso Bonaiuto che nel 1315 aveva lavorato a Pisa conTino di Camaino, ciò potrebbe spiegare gli echi tineschidell’“Altare–tomba di San Ranieri” (già in Cattedrale, oranel Museo dell’Opera), più vividi nelle parti della TombaFieschi di sua spettanza e in altre opere che gli sono stateriferite, come un altarolo con ‘San Giovanni Battista,Sant’Antonio abate e devoti genuflessi’ del Museo diSant’Agostino a Genova, proveniente dalla chiesa di SanFrancesco di Castelletto (fig. 24).

In questo quadro si deve considerare una recenteproposta di Joseph Polzer.10) Senza far cenno alla purevidente compresenza in esso di artefici diversi, inuno studio dedicato al corredo statuario dell’oratoriodi Santa Maria della Spina, a Pisa, lo studioso haassegnato il sepolcro Fieschi, in toto, alla mano diLupo di Francesco. A questo scultore de partibus Pisa-rum — nel 1315 collaboratore di Tino di Camaino e,dopo il repentino abbandono di Pisa da parte dicostui, suo successore alla guida dei cantieri dell’O-pera insieme a due figli11) — che nel 1327 aveva ese-guito la ‘Tomba di Sant’Eulalia’ nella Cattedrale diBarcellona12) (fig. 25), egli accredita – secondo unpunto di vista condiviso con altri critici — anche ilpulpito di San Michele in Borgo e il sepolcro Ghe-rardesca, compiuto fra 1329 e 1336.13)

Questa tesi si giova di alcuni dati innegabili. Tuttequeste opere sono infatti tasselli di un medesimo pano-rama culturale, dovuti a rapporti di interscambio prati-co–operativo e di colleganza all’interno di una medesi-ma bottega. Questo è un dato da tempo acquisito.

Lampante è poi il nesso tipologico–stilistico chelega pulpito e sepolcro pisani, ma anche il monumen-to barchinonense, al sepolcro genovese (figg. 26 e 27).Ma i confronti con quest’ultimo convincono appienosoltanto se istituiti con alcune, ben specifiche parti del

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24 – GENOVA, MUSEO DI SANT’AGOSTINO:ALTAROLO CON MADONNA COL BAMBINO, SAN GIOVANNI BATTISTA,

SANT’ANTONIO ABATE E DEVOTI(DALLA CHIESA DI SAN FRANCESCO DI CASTELLETTO)

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25 – BARCELLONA, CATTEDRALE DI SANTA CREU – LUPO DI FRANCESCO: TOMBA DI SANT’EULALIA (1327)

26 – TOMBA DI SANT’EULALIA, PARTICOLARE DELLE FIGURAZIONIDEL COPERCHIO

27 – APOSTOLI, PARTICOLARE DELLA TOMBA FIESCHI

Si confronti l’apostolo di sinistra della Tomba Fieschi con la raffigurazione del personaggio femminile della Tomba di Sant’Eulalia.

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complesso figurativo, ovvero quelle assegnate da chiscrive al “Maestro degli Angeli Fieschi” (figg. 28–30),mentre appaiono forzosi e superficiali se a termine dicomparazione sono scelte quelle eseguite dal vero eproprio “Maestro della Tomba Fieschi” (fig. 31).

Come si è detto, quest’ultimo è lo scultore principaledel complesso, non l’altro, che ne riecheggia le formema non ne condivide la ricerca di una forma plasticasalda, il piglio risentito che distingue il linguaggio delsuo collega. A conferma si veda come, nelle due lastrelaterali della fronte del sarcofago, le tre figure di aposto-li che compaiono in ognuna risultino banalmente affian-cate (e deboli nell’impostazione dei corpi e nei tratti fac-ciali) se confrontati con la porzione centrale (figg.32–37), dove, in una sintassi compositiva serrata e com-plessa, gli altri sei apostoli, intorno al Cristo “crucifor-me”, s’inginocchiano, si volgono, si sporgono, si tratten-gono, baciano e scrutano le sue piaghe o ne distolgonogli sguardi: senza alcuno sforzo, senza rigidezze, sempreaccampandosi sicuri nello spazio figurativo (fig. 38). Chesono poi gli stessi caratteri ed esiti che, pur diversamen-te espressi, si ritrovano nella statua di ‘Sant’Antonio aba-te’, nella figura del cardinale, nell’‘Angelo reggicortina’destro, in due ‘Leoni stilofori’, nella già citata ‘Testa divescovo’ di collezione privata genovese e nell’anonimo‘Santo’ bostoniano (figg. 39–44).

Al catalogo di questo magister, diverso da Lupo diFrancesco non per cultura ma per intenzione artistica,si possono aggiungere ora senza esitazione, grazie aEnrica Neri Lusanna, le tre figure marmoree (una‘Madonna col Bambino’, un ‘San Giovanni Battista’ eun ‘San Giacomo’) inserite nella lunetta del portale delBattistero di Pistoia (fig. 45), nelle quali i tratti formaliappena indicati si ritrovano con straordinaria puntua-lità14) (figg. 46–51). Ascrizione importante, perché,ampliando il corpus del “Maestro della Tomba Fieschi”,offre la possibilità di procedere a ritroso nel suo percor-so artistico individuale: il ‘San Giovanni Battista’pistoiese, infatti, denuncia una diretta dipendenza neiconfronti della statua di egual soggetto che, nella chie-suola pisana di Santa Maria della Spina, occupa uno deitabernacoli che sovrastano le vimperghe del registrointermedio della facciata meridionale15) (figg. 52 e 53).Si tratta di una figura che, raffrontata alle altre statue diquel complesso maggiormente segnate dall’impronta diGiovanni Pisano (la ‘Madonna col Bambino’, il ‘Cristo’e i due ‘Apostoli’ che lo affiancano), appare più fragilenell’impianto formale, più contratta nel gestire e menointensa nell’espressività del volto, che pur conserva trat-ti giovannei: forse proprio nel ‘Battista’ della chiesadella Spina — concordemente assegnato a un seguacedi Giovanni — si potrebbero allora ravvisare le origini

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dello stile del “Maestro della Tomba Fieschi”, soprattut-to se egli fosse — come si è accennato — il Bonaiuto diMichele che nel 1318, a Pisa, aveva lavorato accanto aGiovanni di Balduccio. Visto che il gruppo di statueprobabilmente reimpiegate nella nuova chiesa dellaSpina dopo il 1333 da quella più antica consta non solodi opere o autografe di Giovanni Pisano o eseguitesotto il suo stretto controllo, replicando suoi modelli,ma anche di una ‘Madonna col Bambino’ la cui attribu-zione a Giovanni di Balduccio è indubbia, non sipotrebbe ipotizzare che proprio in questo foyer sia cre-sciuto l’artefice che, dopo il 1336, diresse l’atelier pisanoimpegnato nel monumento di Luca Fieschi? L’interro-gativo è doveroso, ma avanzare l’ipotesi è legittimo.

A eventuali nuove acquisizioni, archivistiche o epi-grafiche, si dovrà rinviare la possibilità di assegnare unnome sicuro (il più adeguato, lo si è detto, pare quello di

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GENOVA, MUSEO DIOCESANO, TOMBA FIESCHI – “MAESTRO DEGLIANGELI FIESCHI”:

28 e 29 – LASTRA SINISTRA E DESTRA DEL SARCOFAGO CON APO-STOLI

30 – LASTRA LATERALE DESTRA DEL SARCOFAGO – PARTICOLARECON APOSTOLO

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Bonaiuto di Michele) a questo originale scultore, cuiLupo fu indubbiamente legato: addestrati entrambi almestiere da Tino di Camaino, dopo un iniziale appren-distato giovanneo, percorsero strade talora parallele madistinte (le statue pistoiesi per l’uno, il complesso barchi-nonense per l’altro, dove l’impronta tinesca dei volti ènon a caso sensibile) e in almeno una commessa — quel-la ricevuta dai curatori testamentari del cardinale geno-vese — furono professionalmente legati. In quale rap-porto operassero, lo si deduce appunto dalla logica delladivisione del lavoro nella Tomba Fieschi, dove stavanofianco a fianco: se è vero che i “fuochi” visivi del com-plesso (la parte centrale del paliotto con la ‘Verifica dellepiaghe’ e il giacente) spettano al primo, infatti, è anchevero che il secondo completa la fronte del sarcofago conle lastre laterali, e che i due si dividono il resto: una sta-tua, un reggicortina e due leoni ciascuno, per citare solo

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31 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO, TOMBA FIESCHI – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:LASTRA CENTRALE DEL SARCOFAGO CON LA VERIFICA DELLE PIAGHE

GENOVA, MUSEO DIOCESANO, FRONTE DEL SARCOFAGO FIESCHI:

32 – LASTRA CENTRALE – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:APOSTOLO BARBUTO

33 – LASTRA DESTRA – “MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI”: APO-STOLO BARBUTO

34 – LASTRA CENTRALE – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:APOSTOLO GLABRO

35 – LASTRA DESTRA – “MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI”: APO-STOLO GLABRO

36 – LASTRA CENTRALE – “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:APOSTOLO BARBUTO (SAN PIETRO ?)

37 – LASTRA SINISTRA – “MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI”: APO-STOLO BARBUTO

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le parti di sicura provenienza. Non una gerarchia rigida,dunque, ma una collaborazione fra artefici, credibilmen-te coetanei, che vede tuttavia uno dei due prevalere.

A riprova di queste considerazioni, si osservi, nellatomba omonima, il volto del Gherardesca (fig. 54) e losi paragoni a quelli dei due ‘Angeli reggicortina’ Fie-schi: si vedrà come solo quello di sinistra (fig. 55) gli siappai, nella disarticolazione del corpo (la stessa checaratterizza la “Madonna Ollandini” del Victoria andAlbert Museum) e soprattutto nella mollezza dellecarni e delle tumide labbra, che si ritrova identica nel‘San Lorenzo’ genovese. E i confronti minuti potreb-bero continuare, sempre con lo stesso risultato e sem-pre mostrando l’appartenenza del corredo scultoreofliscano a due mani diverse.

Un’altra possibilità che può considerarsi una certez-za è che le sculture della Tomba Fieschi — tutte in

marmo di Carrara — siano state lavorate a Genova,non (come aveva fatto Giovanni Pisano per il corredodella Tomba della regina Margherita di Brabante) aPisa: dell’operatività genovese dei due maestri soprac-citati esistono infatti altre tracce consistenti, che fannopensare che il loro lavoro avesse avuto successo pressola committenza locale: oltre al già ricordato altarolodel Museo di Sant’Agostino, che spetta alla manoprincipale, si deve menzionare nel medesimo museo,un pezzo d’incerta natura funzionale (lo si è definitro“dossale”, “paliotto” o “fronte di sarcofago”, mapotrebbe essere anche un frontale d’altare), prove-niente dalla chiesa di San Domenico, in cui è invece ilsuo collaboratore a impaginare a mo’ di sarcofagotardo antico “a colonne” le figure (che paiono statuet-te ridotte a rilievi) di una ‘Madonna col Bambino introno fra un Santo vescovo e i Santi Lorenzo, Caterinad’Alessandria e Antonio abate’ (figg. 56 e 57).

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38 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO – TOMBA FIESCHI: “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:LASTRA CENTRALE DEL SARCOFAGO CON LA VERIFICA DELLE PIAGHE (PARTICOLARE)

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Alcune formelle romboidali marmoree, figurate conprotomi umane e fogliami, già composte alla base dellaparete occidentale del chiostro maggiore di San Fran-cesco di Castelletto (rimontate a fine Ottocento in unanuova sistemazione di quanto resta di quell’ambiente),fanno inoltre pensare che, in un cantiere dove intornoal 1325–1328 aveva lavorato anche Giovanni di Bal-duccio (fig. 58) (del quale a Genova restano nel Museodi Sant’Agostino tre ‘Angeli reggicortina’ e una cuspidemarmorea con ‘Cristo Benedicente’, tutti provenientida quella stessa chiesa francescana),16) avesse operatoappunto anche l’uno o l’altro di questi artefici (fig. 59).

Ma crediamo che le competenze del secondo scultore— il “Maestro degli Angeli Fieschi” alias “Maestro di San

Michele in Borgo”, ovvero Lupo di Francesco —, sebbe-ne forse non multiformi come quelle che Giovanni Pisa-no rivendicò nella celeberrima epigrafe del pergamo del1311 — fossero significative anche nel campo della scul-tura in legno. Come recenti censimenti senesi lucchesi episani (manifestati in mostre importanti e istruttive)17)

hanno dimostrato con larghezza di documenti, non viera infatti alcuna barriera precostituita, o alcun pregiudi-zio nei confronti di questo materiale e anche i grandissi-mi rispondevano a richieste della committenza foggian-do opere in legno e trasferendo in questo materiale leloro capacità e le loro opzioni di gusto e di stile. Il deute-ragonista del sepolcro Fieschi seguì forse questa voga.

Ci pare lo attesti un gruppo di ‘Madonna col Bam-bino’ che fino agli anni Sessanta campeggiava nella

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GENOVA, MUSEO DIOCESANO – TOMBA FIESCHI: “MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:39–42 – PARTICOLARI DEL VOLTO DEL GIACENTE, DELLA TESTA DI CRISTO E DI DUE APOSTOLI (SARCOFAGO)

43 – PARTICOLARE DELLA TESTA DELLA STATUA DI SANT’ANTONIO

44 – BOSTON, MUSEUM OF FINE ARTS – SANTO

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45 – PISTOIA, BATTISTERO, PORTALEMADONNA COL BAMBINO FRA I SANTI GIOVANNI BATTISTA E GIACOMO

47 – BOSTON, MUSEUM OF FINE ARTS“MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”: SANTO

46 – PISTOIA, BATTISTERO, PORTALESAN GIOVANNI BATTISTA

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48 – PISTOIA, BATTISTERO, PORTALESAN GIOVANNI BATTISTA

(PARTICOLARE)

49 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO, TOMBA FIESCHI,“MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:

SANT’ANTONIO ABATE (PARTICOLARE)

50 – PISTOIA, BATTISTERO, PORTALESAN GIACOMO(PARTICOLARE)

51 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO, TOMBA FIESCHI“MAESTRO DELLA TOMBA FIESCHI”:

LASTRA CENTRALE – TESTA DI CRISTO (PARTICOLARE)

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piazzetta genovese di Santa Maria degli Angeli18) (fig.60). Tinte in epoca imprecisata di un color bianco chele fece ritenere per lungo tempo marmoree, sovram-messo forse ai brandelli sopravvissuti della colorituraoriginaria, le due figure di questo gruppo in legno dipioppo alto cm 85 subirono, forse fra Sei e Settecento,l’inserzione di occhi vitrei nell’originaria superficie.

La statua, che è scavata nella parte postica, fu scolpi-ta per una collocazione che ne consentisse la percezio-ne antero–laterale, ma non una visibilità a 360 gradi.Forse stava entro una nicchia già in antico, ma manca-no i documenti per risalire alla sua provenienza.

Un’ancheggiare pronunciato distingue la posituradella Vergine, quasi a contrastare la spinta all’indietroche il bambino provoca puntando il piedino destro con-tro la mano opposta della madre. La perdita del bracciosinistro impedisce di comprendere appieno il ruolodella figura del figlio nel contesto dell’immagine, al cuidinamismo fa eco il gesto dell’afferrare un lembo delmaphòrion materno ma pongono un freno la rigidezzadella testa e la stereotipata capigliatura. Il corpo dellaMadonna è tutto riassunto nel gioco complesso e arti-colato delle pieghe delle vesti, scolpite con profondisottosquadri, lavorate con decisione e sicurezza alla

ricerca di esiti di tridimensionalità spiccati che si colgo-no compiutamente se non ci si limita ad apprezzarla difronte, ma si guadagnano punti di vista diversi. Latenuta formale non diminuisce, la coerenza di stile nonsi attenua; semmai, leggendo il gruppo da sinistra, laricerca dello scultore appare più intensa, più “estrema”nel reinterpretare stilemi e schemi di marca transalpi-na. Si tratta di un pezzo unico, nel panorama della pro-duzione scultorea lignea su territorio ligure, mai valuta-ta in chiave storico–artistica fino ad anni recenti.19)

Considerandola in chiave di “gotico internazionale” invirtù di confronti d’area tedesca20) si è giunti a esiti criti-ci che non convincono, come la datazione al primoquarto del XV secolo, troppo attardata per spiegareun’opera che il legno usato (pioppo) induce a pensarescolpita in Italia. La pista tedesca è una lectio difficiliorche spiega solo gli aspetti illustrativi, non la sostanzadello stile e la qualità della fattura. Nulla di germanico,in qualsiasi variante declinato, ha, per esempio, il voltodella Madonna, anch’esso da apprezzare da più d’unpunto di vista per captarne la pacatezza di forme e ilquieto, “domestico” naturalismo. Non vi è nulla, in que-sti panneggi, che non fosse prima passato dai modellisuntuari francesi nelle statue marmoree di Giovanni

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52 – PISTOIA, BATTISTERO, PORTALESAN GIOVANNI BATTISTA

53 – PISA, CHIESA DI SANTA MARIA DELLA SPINASAN GIOVANNI BATTISTA

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Pisano per il Battistero, o in quelle senesi, o in quelleangolari di Pistoia, e che i suoi successori immediatinon avessero già ridotto in chiave di “maniera”. E nullache non sia reperibile nel corpus degli artefici pisanidella Tomba Fieschi. Tanto che — non a caso — pro-prio alla taglia di Lupo di Francesco sono state riferitedi recente almeno cinque statue lignee.21)

Anzi, uno schema affine si ritrova impiegato proprio aGenova, da uno scultore — che abbiamo proposto esse-re un campionese — attivo verso il 1343 nel completa-mento della Tomba di Luca Fieschi (come dimostra ilconfronto con uno dei due ‘Angeli genuflessi’ che occu-pano i lati brevi del sarcofago, fig. 62) che si ispirava agliesiti della ‘Temperanza’, una delle citate quattro ‘Virtù’della chiesa della Maddalena, lavorata fra quella data eil 1336 dal “Maestro degli Angeli Fieschi” (alias Lupo diFrancesco), copiando un originale di Giovanni Pisanoper la Tomba di Margherita di Brabante in San France-sco di Castelletto.22) Uno scultore del genere aveva tuttigli strumenti tecnici e culturali per lavorare, in pioppo,a Genova, questa statua lignea, coi suoi sottosquadri, isuoi partiti e sfarfallii di pieghe, il loro cincischiato rica-dere a terra, e per foggiare un volto femminile le cuicaratteristiche si ritrovano nell’‘Angelo reggicortina’ a luiattribuibile, oggi nel Museo Diocesano di Genova.23)

Poiché i documenti riferiscono di un’interruzionedei lavori del monumento funebre di Luca Fieschi fra1341 e 1342, il ricco corredo, in cui rientravano —come si è accennato — anche parti architettonichelavorate a rilievo (tra le quali anche la già ricordatamezza voltina decorata a cassettoni, con busti d’angelie santi entro losanghe), giacque per qualche tempoinutilizzato e fu solo nel 1343, dopo la ripresa dei lavo-ri, che, a opera di un’altra bottega, composta di sculto-ri di diversa estrazione culturale, che noi crediamolombardi, si poté porlo in opera nel contesto architet-tonico definitivo e completarlo delle parti mancanti,tra cui una statua di ‘Madonna col Bambino’,24)

anch’essa pervenuta alla chiesa della Maddalena, ogginella Galleria Nazionale di Palazzo Spinola (fig. 61).

Un erudito locale ricorda il sepolcro elevarsi «dalsuolo sino alla somità della facciata» come «una granmachina tutta marmorea di colonne, d’arche e di sta-tue in gran numero» e aggiunge che ai suoi tempi, cioèprima del 1614, essa era stata «ristretta ... in ... breveforma» e collocata sopra una porta aperta nel fiancomeridionale della Cattedrale.25) Dove si trovasse in ori-gine — se sorgesse nell’area presbiteriale, oppureaddossata a un muro perimetrale — non si sa e sonopossibili in merito solo ipotesi: la necessità che la figu-ra giacente del defunto guardasse a oriente, come eraregola per le sepolture cardinalizie, fa pensare comun-que che si ergesse sul lato meridionale dell’edificio.26)

Si ignora quale cifra fosse stata destinata all’acquistoe al trasporto del marmo, e se essa fosse compresa nei400 fiorini erogati nel 1343. In termini assoluti, comun-que, lo stanziamento appare molto rilevante. È giustocinque volte maggiore di quello che un documento del

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54 – PISA, CAMPOSANTO MONUMENTALELUPO DI FRANCESCO: MONUMENTO FUNEBRE DELLA GHERARDESCA

(PARTICOLARE DEL GIACENTE)

55 – GENOVA, MUSEO DIOCESANOTOMBA FIESCHI: – “MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI”:

ANGELO REGGICORTINA DI SINISTRA

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25 agosto 1313 dice assegnato a Giovanni Pisano perun’opera, realizzata proprio a Genova, che non poténon costituire in qualche modo un parametro di riferi-mento e di confronto, quantitativo e qualitativo ancheper la tomba fliscana: il monumento a Margherita di

Brabante. Ma — come si è dimostrato in un contributospecifico27) — un confronto diretto tra queste due cifrenon è possibile: Giovanni, infatti, come il citato docu-mento dichiara puntualmente, aveva promesso di spen-dere gli 80 fiorini d’oro (corrispondenti a circa 98 liregenovesi e a quasi 228 lire pisane), consegnatigli daiprocuratori genovesi dell’imperatore Enrico VII, «inbuona fede e senza frode in quest’opera e di presentarebuono e idoneo rendiconto di essi». Espressione chediviene davvero comprensibile solo pensando che ladestinazione della somma — più che a pagare le giorna-te di lavoro suo e dei suoi aiuti, cui non si fa cenno alcu-no e che, comunque, sarebbero state pagate a consunti-vo, non in forma anticipata — fosse stata l’acquisto dibeni materiali di consumo, ad esempio del marmo e diquant’altro risultasse necessario all’opera. Si deve dun-que pensare che esistesse un precedente atto, perdutocon tutti i conti della “casa” dell’imperatore, in cui siassegnava formalmente a Giovanni l’incarico di magisterdella tomba regale che nella carta del 1313 è dato comecosa risaputa (tanto che egli vi appare già all’opera), sispecificavano le condizioni e l’entità del compenso (suoe di eventuali collaboratori), si fissavano i termini di finelavori e le penali da applicare in caso di ritardo imputa-bile all’incaricato: tutti i requisiti essenziali di un docu-mento di committenza, insomma, che mancano in quel-lo conservato. Si comprenderebbe in tal modo perchénon vi si parli di tempi di consegna, perché lo scultore visia richiesto di fornire assicurazioni formali sul fatto chenon avrebbe tentato di guadagnare oltre il lecito —come intermediario — anche sulle transazioni commer-ciali coi fornitori e perché un rendiconto su questo argo-mento era giudicato necessario. Anche in questo caso,tuttavia, un margine di dubbio resta: considerate lespese effettuate per l’approvvigionamento dei marmi

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56 – GENOVA, MUSEO DI SANT’AGOSTINO – DOSSALE CON MADONNA IN TRONO E SANTI (“MAESTRO DEGLI ANGELI FIESCHI” ?)(DALLA CHIESA DI SAN DOMENICO)

57 – GENOVA, MUSEO DI SANT’AGOSTINOPARTICOLARE DEL DOSSALE CON SAN LORENZO

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per il pulpito pisano e le sue dimensioni, comparate aquelle del monumento genovese, si ha la sensazione chegli 80 fiorini fossero, ancora una volta, una somma trop-po limitata. Ma, evidentemente, sono più le cose cheignoriamo sul capolavoro della meravigliosa senectus diGiovanni di quelle che ci sono note: una conclusioneovvia, ma sempre sconfortante.

I 400 fiorini del compimento della Tomba Fieschierano un ammontare 2,85 volte più consistente di quel-lo (corrispondente a circa 140 fiorini d’oro) necessarioper il sepolcro dell’imperatore Enrico VII di Lussem-burgo, lo sposo di Margherita, approntato da Tino diCamaino nell’abside della Cattedrale pisana. Poiché ilritmo dell’inflazione era ancora lento fra 1313 e 1343(prima, cioè, della peste del 1348, cui farà seguito unsensibile aumento dei prezzi), queste cifre possono esse-re comparate direttamente e pertanto l’entità dellasomma destinata a portare a termine le due componen-ti del monumento fliscano28) sembra davvero rilevante.

La monumentale tomba, contenuta entro un’alta cap-pella in forma di baldacchino di pianta semi–ottagonaaddossata alla parete, era commisurata al rango del per-sonaggio (inferiore peraltro a quelli della coppia regale)e al suo ruolo di primo piano nella curia papale avigno-nese, ma denunciava soprattutto le sue possibilità eco-nomiche, che erano davvero rimarchevoli, a giudicaredall’entità dei suoi beni quali risultano dal testamento,dai circa 87 fiorini spesi per riesumare il suo cadavere,prepararlo per il viaggio e trasportarlo a Genova e daun fatto che si può leggere come un indice significativodella sua esorbitante prosperità: nel 1327, il cardinaleprestò alla Repubblica di Genova ben 9500 lire genovesi(cioè 7600 fiorini), ottenendo in pegno il “Sacro Cati-no”, la reliquia più preziosa del Tesoro della Cattedraledi San Lorenzo, considerato una sorta di palladio civi-co.29) Poiché è stato calcolato che le uscite complessivedella Repubblica, tredici anni più tardi, nel 1340,ammontarono a 73.542 lire 5 soldi e 8 denari (circa58.834 fiorini),30) si può dire — con tutte le cautele delcaso — che il Fieschi, col suo prestito, ne avesse copertopiù di un decimo. Sempre nel 1340, l’appannaggioannuo complessivo del doge Simone Boccanegra era di5350 lire (4280 fiorini) e il podestà riceveva 3000 lire(2400 fiorini), con cui doveva provvedere anche allafamilia e alle guardie che da lui dipendevano.

Del resto, si pensi che solo nelle vendite delle perleestratte dai paramenti sacri che risultavano di suaproprietà nell’inventario post mortem (settem-bre–ottobre 1336) si ricavarono circa 1034 fiorini,31)

cioè, verosimilmente, assai più di quanto sarebbestato necessario impiegare per finanziare l’approvvi-gionamento dei materiali, i costi di esecuzione, tra-sporto e messa in opera del monumento funebre,nelle sue due fasi.

La volontà del prelato era probabilmente quella disuggellare post mortem, con l’erezione e la decorazionedi questo monumento a se stesso — vero e proprio“edificio nell’edificio” —, una sorta di simbolica presadi possesso dello spazio interno della Cattedrale(quella dello spazio esterno a essa circostante era in

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58 – GENOVA, COLLEZIONE PRIVATA; GIÀ CHIOSTRO ORIENTALE DISAN FRANCESCO DI CASTELLETTO – GIOVANNI DI BALDUCCIO:

FORMELLA CON ANGELO, SIMBOLO DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

59 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO, DEPOSITO DEL MUSEO DISANT’AGOSTINO: SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA

DALLA TOMBA FIESCHI

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atto già dal XIII secolo, così come l’accentuazione delruolo dei membri della famiglia all’interno del Capi-tolo),32) inaugurando in tal modo una vera e propriatendenza che la sua stirpe, quella dei Fieschi, continuòa perseguire con coerenza e determinazione almenofino al XVI secolo.33) Luca aveva forse ereditato “per lirami” questa predilezione per la Cattedrale genovese,e precisamente da suo zio Ottobuono, papa Adriano V,che si era dovuto invece accontentare di riposare inSan Francesco di Viterbo, dove il suo corpo avrebbedovuto sostare solo temporaneamente. Genova, chenon aveva dato mai il benestare a ricevere in SanLorenzo il papa genovese, fu più morbida e disponibi-le col cardinale suo nipote.

1) Sul personaggio, cfr. soprattutto: A. SISTO, Genova nelDuecento. Il capitolo di San Lorenzo, Genova 1979, passim,e Z. HLEDÍKOVÁ, Raccolta praghese di scritti di Luca Fieschi,Praha 1981.

2) Sul monumento, anche per la bibliografia precedente,cfr.: B. CILIENTO, C. DI FABIO, La tomba Fieschi. Problemi distoria e di restauro di un monumento trecentesco, Genova1991; C. DI FABIO, Bottega pisana fra 1336 e 1345 circa.Monumento funerario del cardinale Luca Fieschi, in Verso unnuovo museo. Arte sacra a Genova nel Chiostro di S. Lorenzo,catalogo della mostra, a cura di G. ROTONDI TERMINIELLO, L.MAGNANI, Genova 1994, pp. 28–33; L. GROSSI BIANCHI, Unaarchitettura tra Genova e Avignone: la tomba del cardinaleLuca Fieschi, in Mediterraneo genovese. Storia e Architettura,

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60 – GENOVA, GALLERIA NAZIONALE DI PALAZZO SPINOLALUPO DI FRANCESCO (?):

STATUA LIGNEA DELLA MADONNA COL BAMBINO

61 – GENOVA, GALLERIA NAZIONALE DI PALAZZO SPINOLAMADONNA COL BAMBINO, DALLA TOMBA FIESCHI (?)

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atti del convegno internazionale, Genova 1992 a cura di G.AIRALDI, P. STRINGA, Genova 1995, pp. 135–142; C. DI FABIO,La Cattedrale di Genova nel Medioevo (secoli VI–XIV), Cini-sello Balsamo 1998, pp. 304–309; C. DI FABIO, I sepolcri dellaregina Margherita, del cardinale Luca Fieschi e dei dogiSimone Boccanegra e Leonardo Montaldo. Prezzi e valori inGiovanni Pisano e in tre monumenti funerari del Trecentogenovese, in Bollettino dei Musei Civici Genovesi, XXI, 2000,1, pp. 7–20. Sulla committenza artistica fliscana, cfr. J. GARD-NER, The artistic patronage of the Fieschi family 1243–1336,in Le vie del Medioevo, I convegni di Parma, 1, atti 1998, acura di A. C. QUINTAVALLE, Milano 2002, pp. 309–318. Per ilcontesto: J. GARDNER, The Tomb and the Tiara, Oxford 1992.

3) Il documento è edito da SISTO, op. cit., pp. 163–168.

4) Edito in F. ALIZERI, Notizie dei professori del disegno inLiguria dalle origini al secolo XVI, IV, Genova 1877, pp.37–46, 190–192, l’atto precisa che quei 400 fiorini equivale-vano a 500 lire di Genova (120.000 denari). Il che significache ogni lira acquistava 0,8 fiorini, o, viceversa, che necessi-tavano una lira e 5 soldi (25 soldi, o 300 denari) per acqui-stare un fiorino. Rispetto alla quotazione fissata nel docu-mento del 1313 (cfr. nota 1), si rileva una correzione di 8denari a sfavore della moneta genovese. Sulle cause e ledinamiche di queste variazioni, proprio nei decenni qui con-siderati, cfr. G. FELLONI, Profilo economico della monetagenovese dal 1139 al 1814, in G. PESCE, G. FELLONI, Storia,arte ed economia nelle monete di Genova dal 1139 al 1814,Genova 1975, pp. 191–358 (alle pp. 202–206).

5) H. SWARZENSKI, Before and after Pisano, in Bulletin.Museum of Fine Arts, Boston, LXVIII, 1970, 353, pp.178–196; L. QUARTINO, Quattro statue genovesi del XIV seco-lo: una proposta di attribuzione, in Bollettino d’Arte, 1991,68–69, pp. 107–112. Swarzenski (p. 196 nota 25 e fig. 15 a p.193) assegna a questa stessa bottega di scultori anche un rilie-vo frammentario del Camposanto di Pisa con ‘Cristo benedi-cente e due profeti’, che non ho potuto ancora esaminare.

6) Ho pubblicato la prima in CILIENTO, DI FABIO, Latomba Fieschi ..., cit., p. 29; della seconda, che ho potutovedere direttamente e riconoscere, non dispongo ancora diuna fotografia.

7) M. SEIDEL, Studien zu Giovanni di Balduccio und Tino diCamaino. Die Rezeption des Spätwerks von Giovanni Pisano,in Städel Jahrbuch, V, 1975, pp. 37–84, e cfr. M. BURRESI, Ilsepolcro dei conti della Gherardesca a Pisa, in Il Sepolcro dellaGherardesca. Ricostruzione per anastilosi mediante grafica tri-dimensionale, a cura di M. BURRESI, Pisa 1996, pp. 35–48.

8) J. POPE–HENNESSY, Catalogue of the Italian Sculpture inthe Victoria and Albert Museum, London 1964, pp. 31 e 32. Inquesta breve ma ricca scheda, il grande conoscitore affiancò alrilievo del Victoria and Albert Museum il pulpito di SanMichele in Borgo e la Tomba di Sant’Eulalia, che ritenevadipendere, oltre che da Giovanni Pisano, dal Maestro delMonumento Gherardesca (assegnato dal Valentiner a Lupo diFrancesco), ricordando che, in quest’ultimo complesso figura-to, Carli assegnava le due statue dell’‘Annunciazione’ proprioal Maestro di San Michele in Borgo. Cfr. qui oltre, nota 12.

9) R. P. NOVELLO, Giovanni di Balduccio da Pisa, tesi dot-torale, Università di Pisa, 1990, passim.

10) J. POLZER, S. Maria della Spina, Giovanni Pisano andLupo di Francesco, in Artibus et Historiae, 2005, pp. 9–36.

11) Da rimarcare che la Burresi (op. cit., pp. 44 e 45), ricor-dando la collaborazione con lui di due figli, Cecco e Asinello,fra 1318 e 1319, e anche di un terzo, Gherio o Gherardo, nel1336, ritiene che il nucleo familiare di Lupo potesse «a buondiritto costituire il nucleo portante, se non la totalità, di una«taglia» di notevoli possibilità operative a livello quantitativo,anche in un ristretto arco di tempo e in sedi diverse».

12) J. BRACONS CLAPÉS, Lupo di Francesco, mestre pisá,autor del sepulcre de Santa Eulália, in D’Art. Revista delDepartament d’História de l’Art. Universitat de Barcelona,XIX, 1993, pp. 43–52 (con bibliografia precedente). Per lequestioni legate a queste opere e alla personalità di Lupo, cfr.altresì: I. B. SUPINO, Arte Pisana, Pisa 1944, p. 244; W. VALEN-TINER, Observations on Sienese and Pisan Trecento Sculpture,in Art Bulletin, IX, 1927, 3, pp. 176–221; E. CARLI, Il Monu-mento Gherardesca nel Camposanto di Pisa, in Bollettino d’Ar-te, XXVI, 1932–1933, pp. 408–417; IDEM, Per un “Maestro deiTabernacoli”, in Belle Arti, I, 2, 1946, pp. 102–113; A. CALECA,L’inizio della fabbrica del Camposanto: Giovanni di Simone,Giovanni di Nicola, Lupo di Francesco, in Il Camposanto diPisa, a cura di C. BARACCHINI, E. CASTELNUOVO, Torino 1996;BURRESI, op. cit.; M. BURRESI, A. CALECA, Armonie e variazioninella taglia di Lupo di Francesco, in Sacre Passioni. Sculturalignea a Pisa dal XII al XV secolo, catalogo della mostra Pisa,Museo Nazionale di San Matteo, 8 novembre 2000 – 8 aprile2001, a cura di M. BURRESI, Milano 2000 pp. 109–123.

13) Su questo concorda anche la Burresi (op. cit., p. 46),che aggiunge al catalogo anche il ‘Crocifisso’ ligneo dellachiesa dei Cappuccini, o di San Donnino, a Pisa (su cui cfr.

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62 – GENOVA, MUSEO DIOCESANO, TOMBA FIESCHI, LATO BREVEDEL SARCOFAGO – MAESTRO CAMPIONESE: ANGELO GENUFLESSO

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BURRESI, CALECA, op. cit.). La studiosa, peraltro, ipotizza (ibi-dem, p. 47) che i resti di pulpito provenienti al Museo Nazio-nale di San Matteo da San Michele in Borgo possano in realtàaver avuto precedente collocazione nella Cattedrale pisana,per la quale un secondo pergamo (oltre quello di GiovanniPisano) fu realizzato nel 1320 proprio da Lupo di Francesco.

14) E. NERI LUSANNA, Corpus Ioannis capite minoratum:scelte iconografiche, stile e funzione delle sculture del battiste-ro di Pistoia, in Medioevo: immagini e ideologie, I convegnidi Parma, 5 (2002), a cura di A. C. QUINTAVALLE, Milano2005, pp. 541–554.

15) POLZER (op. cit. pp. 23–29), riprendendo una proposta diG. DE FRANCOVICH (Studi recenti sulla scultura gotica toscana –Giovanni Pisano, in Le Arti, IV, 1941–1942, pp. 205–210), habuon gioco a distinguere nel corredo statuario dell’oratorioattuale alcune figure in cui l’impronta della cultura, e della qua-lità di conduzione scultorea, di Giovanni Pisano, a dispettodello stato precario di conservazione e della consunzione dellasuperficie, sono talmente nette e forti da farle credere autogra-fe, eseguite per la chiesuola più antica e reimpiegate nellanuova, verosimilmente compiuta entro il novembre 1333.

16) Su queste opere: C. DI FABIO, scheda in Niveo de mar-more. L’uso artistico del marmo di Carrara dall’XI al XVsecolo, catalogo della mostra Sarzana, 1 marzo – 3 maggio1992, a cura di E. CASTELNUOVO, Genova 1992, p. 270.

17) Scultura dipinta. Maestri di legname e pittori a Siena1250–1450, catalogo della mostra Siena, Pinacoteca Nazio-nale, 16 luglio – 31 dicembre 1987, a cura di A. BAGNOLI, R.BARTALINI, Firenze 1987; Scultura lignea. Lucca 1200 –1425, catalogo della mostra Lucca, Museo Nazionale diPalazzo Mansi, Museo Nazionale di Villa Guinigi, 16 dicem-bre 1995 – 30 giugno 1996, a cura di C. BARACCHINI, Firenze1995, 2 voll.; Sacre Passioni. Scultura lignea a Pisa dal XIIal XV secolo, cat. cit. in nota 12.

18) Dopo aver presentato la scultura nel convegno chequesti atti documentano, chi scrive è tornato sull’argomentoin una scheda pubblicata in La Sacra Selva. Scultura ligneain Liguria tra XII e XVI secolo, catalogo della mostra Geno-va, Museo di Sant’Agostino, 17 dicembre 2004 – 13 marzo2005, a cura di F. BOGGERO, P. DONATI, Milano 2004, pp. 126e 127. In quest’occasione, essa è stata presentata dopo ilrestauro, eseguito nel laboratorio genovese di Franca Carbo-ni sotto la direzione di Farida Simonetti, direttore della Gal-leria Nazionale di Palazzo Spinola.

19) A. GALLI, scheda in Galleria Nazionale di PalazzoSpinola. Galleria Nazionale della Liguria, a cura di F.SIMONETTI, G. ZANELLI, Genova 2002, pp. 96 e 97.

20) Per i rimandi proposti da Galli: K. H. CLASEN, DerMeister der Schönen Madonnen. Herkunft, Entfaltung undUmkreis, Berlin–New York 1974, figg. 80, 169 e 170; J. BOC-CADOR, Statuaire médiévale en France de 1400 à 1530, I,Zoug 1974, fig. 218.

21) BURRESI, CALECA, op. cit.22) C. DI FABIO, Scultori “lombardi” nei cantieri genovesi

del Trecento. Questioni di struttura e di sovrastruttura, inMedioevo: arte lombarda, I convegni di Parma, 4, atti(Parma, 26–29 settembre 2001), a cura di A. C. QUINTAVAL-LE, Milano 2004, pp. 226–239 (a p. 235). I nessi sono colti

anche da Polzer (op. cit., pp. 23 e 25, che non conosce ilcontributo appena citato), il quale assegna questi ‘Angeligenuflessi’ direttamente alla mano pisana di Lupo.

23) Cfr. la scheda dedicata a quest’opera in La SacraSelva ..., cit.

24) DI FABIO, in Niveo de marmore. L’uso artistico delmarmo di Carrara ..., cit., pp. 274 e 275.

25) F. FEDERICI, Della famiglia Fiesca. Trattato ..., Genova1641, pp. 16, 38 e 39. Dopo quello di B. Ciliento e C. Di Fabio(La tomba Fieschi ..., cit.), il più recente tentativo di ricostru-zione spetta a L. Grossi Bianchi (op. cit. in nota 2). Se il primo,elaborato in occasione della giornata di studi tenuta presso ilMuseo di Sant’Agostino il 25 ottobre 1991, che vide la parteci-pazione, oltre ai due curatori, di J. Gardner, di G. Kreytenberge di F. Negri Arnoldi, non aveva altra ambizione che fornirealla discussione un primo dato concreto, il secondo, che pur loriprende in quanto alla forma architettonica generale, noncomprende moltissimi dei frammenti superstiti.

26) B. CILIENTO, I lavori della tomba, in CILIENTO, DIFABIO, La tomba Fieschi ..., cit., pp. 16–25 (a p. 21); DI FABIO,La Cattedrale di Genova ..., cit., pp. 308 e 309 note 13–16.

27) DI FABIO, I sepolcri ..., cit.28) Le espressioni utilizzate nell’atto del 1343 (cfr. nota

3), non lasciano dubbi: «causa perficiendi et fieri et comple-ri faciendi capellam et sepulturam; pro expensis dictarumcapelle et sepulture perficiendarum; ipsa pecunia mediantefacere perfici opus et laborerium supradictum».

29) Cfr. C. DI FABIO, Il Tesoro della Cattedrale di Genova.Origini e formazione (XII–XIV secolo), in Tessuti, oreficerie,miniature in Liguria. XIII–XV secolo, atti del convegnointernazionale di studi Genova–Bordighera, 22–25 maggio1997, a cura di A. R. CALDERONI MASETTI, C. DI FABIO, M.MARCENARO, Istituto Internazionale di Studi Liguri – Atti deiConvegni, III, Bordighera 1999, pp. 103–134 (pp.106–108). Per rifondere questo debito “di Stato” venneaumentato il prezzo del sale di un soldo alla mina e il cardi-nale fu compensato con una rendita consolidata su taleaumento; nel 1334, l’importo da rifondere era sceso a 7429lire (circa 5943 fiorini d’oro). Cfr. E. SIEVEKING, Studio sullefinanze genovesi nel Medio Evo e in particolare sulla casa diS. Giorgio, in Atti della Società Ligure di Storia Patria,XXXV, 1905–1906, 2 voll., I, p. 119. Sulle questioni relativealla preparazione della salma per il viaggio, cfr. la documen-tazione edita in opp. citt. supra, nota 1.

30) Cfr. SIEVEKING, op. cit., passim, anche per i dati fornitidi seguito.

31) Cfr. il documento in SISTO, op. cit., pp. 221–253 (pp.244–246).

32) Per il primo aspetto: DI FABIO, La Cattedrale ..., cit.,p. 126; per il secondo: SISTO, op. cit.. Per ulteriore bibliogra-fia su vari aspetti della presenza fliscana in città e nell’areagenovese cfr. San Salvatore dei Fieschi. Un documento diarchitettura medievale in Liguria, a cura di M. CAVANA, C.DUFOUR BOZZO, C. FUSCONI, Cinisello Balsamo 1999.

33) Sulle cappelle e le sepolture Fieschi in Cattedrale: G.SALVI, La cattedrale di Genova (S. Lorenzo), Italia Sacra, IIfasc. II, Torino 1932, passim.

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S O M M A R I O

Presentazione di ROBERTO CECCHI VII

Premessa di MARIO SERIO IX

ANGIOLA MARIA ROMANINI: La sconfitta della morte. Arnolfo e l’antico in una nuova lettura XIdel monumento De Braye

Nota introduttiva XXIX

Tavole a colori XXXIII

LUCIANO MARCHETTI: Il restauro del monumento De Bray: ipotesi e verifiche LXI

Il monumento De Bray nel contesto dell’opera di Arnolfo

ARTURO CARLO QUINTAVALLE: L’antico, il mondo cristiano, le ideologie, un problema 1storico nel Medioevo occidentale

GIUSI TESTA: Stratigrafia di un monumento: innovazioni metodologiche e nuove scoperte 21

RAFFAELE DAVANZO: Chiesa di San Domenico e monumento De Bray: una progettazione coordinata? 37

JULIAN GARDNER: The Tomb of Cardinal Guillaume De Bray in its European context 52

GERT KREYTENBERG: Il concetto scenico nell’opera scultorea di Arnolfo di Cambio 67

ENRICA NERI LUSANNA: Da Orvieto a Firenze: strategie compositive nelle opere 77fiorentine di Arnolfo

FRANCESCA POMARICI: L’iconografia della Vergine nell’opera di Arnolfo di Cambio: 97il sepolcro De Bray e la facciata di Santa Maria del Fiore

ANNA MARIA D’ACHILLE: Il posto del monumento De Bray nella critica arnolfiana: 111acquisizioni certe e problemi aperti

Il restauro del monumento De Bray

PAOLO MARTELLOTTI: Il monumento al cardinale De Bray in San Domenico in Orvieto. 130Progetto di ricomposizione

GIOVANNA MARTELLOTTI: Per una metodologia di studio dei materiali 173

CARLA BERTORELLO: Cronistoria ed esiti del restauro delle superfici 187

MARISA LAURENZI TABASSO: Tomba del cardinale De Bray: lo studio delle malte 204

LORENZO LAZZARINI: Il monumento De Bray nella chiesa di San Domenico ad Orvieto. 211Identificazione dell’origine del marmo delle sculture

PIETRO MOIOLI, CLAUDIO SECCARONI: Studio mediante analisi XRF delle paste vitree 214e delle tracce di policromia sul monumento De Bray e confronti con altre decorazionicosmatesche coeve

PETER ROCKWELL: L’uso degli strumenti nel monumento di Arnolfo di Cambio 226

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Il monumento De Bray ed altri monumenti funebri tra ’200 e ’300: problematiche di restauro

†FABRIZIO MANCINELLI, PAOLO LIVERANI: Il restauro del monumento Annibaldi 239

MARIA GRAZIA CHILOSI: Il monumento del cardinale Guillaume Durand a Santa Maria sopra 249Minerva. Lo spostamento, i restauri e alcuni dati sulla tecnica esecutiva

PAOLA POGLIANI: Il mosaico del monumento del cardinale Guillaume Durand nella chiesa 255di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Indagini sulla tecnica d’esecuzione

CLARIO DI FABIO: Gli scultori del monumento del cardinale Luca Fieschi 263nella Cattedrale di Genova. Precisazioni e proposte

GIANNI BOZZO: Considerazioni sullo smontaggio e la ricomposizione nel chiostro di San Lorenzo 289a Genova del monumento funebre del cardinale Luca Fieschi. Il luogo: il chiostro di San Lorenzoe i cicli di affreschi medievali

FRANCESCO NEGRI ARNOLDI: Qualche opportuna riflessione storica ed estetica in tema di 299restauro di monumenti funerari antichi

MARIA TERESA GIGLIOZZI: Le imprese architettoniche e urbanistiche a Orvieto 307al tempo della curia pontificia e della corte angioina

AGGIORNAMENTO BIBLIOGRAFICO 319

PROGRAMMA DELLE GIORNATE DEL CONVEGNO 320

Abstract 323

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