TOBIN TAX: DALL’IDEA ALLA PRATICA
Introduzione
Negli ultimi anni si è sentito molto parlare di Tobin Tax, sia a livello europeo che
italiano, molto discussa tra chi è a favore e chi invece si oppone ad una sua
introduzione.
Ma cos’è esattamente la Tobin Tax?
Questa imposta è stata teorizzata dal Premio Nobel per l’economia, James
Tobin, nel 1972 nel suo trattato “ The New Economics One Decade Older ”.
La sua proposta è stata inizialmente ripresa dal giornale francese “ Le Monde
Diplomatique ” su cui apparve un articolo intitolato “Disarmer les Marche”.
In seguito nacque l’Organizzazione internazionale Attac che portò, e porta
avanti, tale proposta. Quest’organizzazione fu la prima a promuovere la Tobin
tax a livello europeo mentre ,in Italia, l’organizzazione è presente con la sigla
della campagna “ zerozerocinque ”.
Quest'elaborato ha lo scopo di confrontare la proposta di James Tobin di un
imposta sulle transazioni internazionali di capitali, che secondo l’autore può
servire ad assicurare maggior stabilità al sistema dei cambi, riducendo le
fluttuazioni nel mercato valutario.
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Innanzitutto viene presentato il contesto storico in cui tale tassa fu proposta,
ossia in seguito all'insoddisfazione del sistema adottato con gli accordi di
Bretton Woods (1944).
Si fa poi rifermento alle successive proposte, o meglio, riproposte di tale tassa
con uno sguardo sul contesto attuale. Oggi infatti, il dibattito sulla cosiddetta
Tobin Tax è più vivo che mai. Ciò è dovuto alla recente crisi economica che
ancora oggi perdura e che pesa soprattutto sui cittadini, invece che sul
principale colpevole: il sistema finanziario.
Si prenderanno soprattutto in considerazione sia la proposta di “tassa sulle
transazioni finanziarie” avanzata dalla Commissione Europea sia, a livello
italiano, il Decreto con il quale quest’imposta è stata introdotta dal 1 marzo
2013.
Inoltre, ciò che si vuol far notare, forse anche un po' leggendo fra le righe, è la
distanza tra ciò per cui la tassa è stata proposta dall’autore e, invece, ciò per
cui oggi se ne fa tanto parlare.
Basti pensare al fatto che essa fu pensata per colpire le transazioni in valuta
diversa e di come invece la proposta attuale di Tobin Tax, presentata dalla
Commissione Europea, escluda di colpire proprio queste transazioni.
Oppure di come viene posto l’accento più sul gettito, e il suo possibile impiego,
piuttosto che sugli effetti macroeconomici che la Tobin Tax, così come proposta
dal suo autore, intende raggiungere.
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Lo stesso Tobin in un'intervista del 2001, rilasciata a Radio popolare dice che:
«Ci sono agenzie, gruppi, che in Europa hanno usato la Tobin Tax come un
tema di più ampie campagne, per ragioni che vanno ben oltre la mia proposta.
È stata fatta diventare una sorta di pietra miliare di un programma
antiglobalizzazione... Questi hanno preso in ostaggio il mio nome.
La tassa sulle transazioni in valuta estera venne concepita per ammortizzare le
fluttuazioni dei tassi di cambio.»
Tuttavia, nonostante le campagne a sostegno della tassa vadano oltre ciò per
cui Tobin la propose, non significa che le richieste non debbano essere prese in
considerazione.
Forse, oggi più che mai, questo strumento può servire sopratutto per ricondurre
la finanza al servizio dell’economia reale, spostando l’attenzione dalla ricerca
ostinata del massimo profitto verso fini ben più nobili, etici e responsabili. Così
come richiesto da numerose organizzazioni e campagne, rappresentanti della
società civile internazionale.
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1. James Tobin
James Tobin, premo Nobel per l’economia nel 1981, ha proposto la tassa sulle
transazioni internazionali dei capitali finanziari privati.
La sua proposta avvenne successivamente al crollo del sistema di Bretton
Woods, che ebbe fine nel 1971 con un atto del presidente Nixon.
Il sistema di cambi venne così convertito tramite un accordo da parte del G10 (il
gruppo dei dieci paesi formato da Germania, Belgio, Canada, Stati Uniti,
Francia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia), il quale ,tramite lo
Smithsonian Agreement ,diede il via alla fluttuazione dei cambi.
Si ebbe così il passaggio dal sistema di cambi fissi a cambi flessibili.
2. Contesto storico: “ Bretton Woods ”
Occorre ricordare che il Sistema di Bretton Woods ha avuto avvio nel 1944 e
deciso dalla conferenza monetaria e finanziaria delle nazioni unite a cui
presero parte ben 44 stati. Tali accordi si posero l’obbiettivo di definire la politica
monetaria internazionale.
Essa si fondava su un sistema di cambi fissi gold standard al centro del quale
stava il Dollaro Statunitense, l'unica valuta convertibile in oro in base a una
parità fissa (35 dollari per un ancia doro). Riguardo le altre valute, i loro tassi di
cambi potevano oscillare solo limitatamente al valore fissato dalla parità
centrale.
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I limiti di questo sistema furono tanto evidenti che molti economisti tra cui Milton
Friedman e lo stesso Tobin furono tra i sostenitori per la fine di tale sistema e la
sua conversione a un sistema di cambi flessibili.
Il sistema di Bretton Woods risultò inadeguato a fronteggiare l'inflazione che
rendeva conveniente la conversione di dollari in oro, la scarsità di dollari come
valuta di riserva e la crescente inadeguatezza, rispetto alle necessità, delle
riserve americane di oro.
3. Analisi dei problemi monetari internazionali
Il passaggio ai cambi flessibili, non fu la soluzione ai problemi, infatti i problemi
monetari internazionali non cessarono.
Tobin, nella sua pubblicazione “A Proposal for International Monetry Reform”,
sostenne che “...il problema fondamentale non è il regime di tassi di cambio, ma
il problema essenziale sta nell’eccessiva mobilità internazionale dei capitali
finanziari privati”.i
Come spiegò poi Tobin, la facilità e la velocità con cui i capitali finanziari si
spostano non permettono differenze significative fra i tassi di cambio, in questo
modo si riduce la possibilità per le Banche Centrali e per i singoli stati di
proseguire politiche monetarie e fiscali.
Questa situazione ebbe, ed ha ancora, ripercussioni sull’economia reale,
sull’occupazione, sulla produzione e sull’inflazione.
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i A Proposal For International Monetary Reform, in “Estern Economie Journal”, IV, n. 3-4, luglio-ottobre 1978
Il tutto fu inoltre aggravato dalla speculazione sui tassi di cambio la quale
provocò enormi fluttuazioni di denaro, che spettò poi ai governi combattere
sacrificando risorse ed energie che potrebbero servire altrove.
4. Soluzione ai problemi monetari internazionali
Come descritto nel paragrafo precedente, il problema di base è quindi
l’allocazione efficiente del capitale a livello internazionale.
Il sistema dei tassi di cambio viene messo così in secondo piano, come un
problema non significativo, perché come sostenne Tobin, i problemi di politica
economica non possono essere evitati solamente cambiando regime.
Per risolvere questi problemi, Tobin espose due soluzione:
1. La prima fu la proposta verso una moneta comune e verso una comune
politica monetaria e fiscale, ma sottolineò la difficoltà che ciò potesse
effettivamente avvenire a livello mondiale.
2. La seconda proposta “second best”, prese in considerazione l’idea di un
maggior grado di segmentazione finanziaria tra le nazioni e i rispettivi mercati
finanziari intervalutari.
Tobin espresse tale concetto con l'ormai famosa frase: “ ...di gettare qualche
granello di sabbia nelle ruote di un sistema monetario internazionale
eccessivamente efficiente”.
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5. L’idea della tassa sulle transazioni valutarie
Secondo Tobin, la seconda proposta avrebbe potuto essere realizzata mediante
l’introduzione di una tassa internazionale uniforme su tutte le conversioni di
breve termine, da una valuta a un’altra. Questa è la cosiddetta “Tobin Tax”
Quest'idea ha le sue radici da John Maynard Keynes, il quale nel 1936
sottolineò una tassa sulle transazioni contro la speculazione a breve termine e
per favorire transazioni a medio lungo termine.ii
Tale principio Tobin lo riprese e l’applicò al mercato dei cambi.
La Tobin Tax servirebbe così a scoraggiare e rallentare gli enormi flussi
finanziari internazionali di capitali e le conseguenti conversioni di valuta, in
quanto il solo regime di cambi flessibili non è di per se idoneo a far si che i
governi nazionali siano protetti dai danni causati da queste continue
movimentazioni di moneta.
Le ragioni a sostegno della tassa, sono che:
1. La flessibilità non permette ai singoli stati d'intraprendere autonome politiche
macroeconomiche facendo leva sulla politica monetaria.
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ii STIGLITZ J. E., Economics, New York, Norton, 1993, pp. 136-137. J. M. Keynes, “Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta”, UTET, 2006.
2. Con cambi flessibili la politica monetaria si trasforma in politica di cambio, in
quanto si guarda principalmente all’effetto che si avrebbe sul prezzo della
valuta.
3. I governi non sono indifferenti ai cambiamenti delle loro valute, in quanto
impattano sull’economia interna e l’effetto sulle importazione ed esportazioni.
4. Nei mercati valutari la base per la determinazione della parità di equilibrio
non è certa, essa dipende dagli sviluppi delle economie e dalle preferenze di
chi detiene ricchezza.
Queste sono le ragioni che Tobin sostenne per affermare la necessità della
tassa da lui proposta.
6. Tassa sulle transazioni valutarie: “ Come e Perché ”
La tassa dovrebbe colpire tutte le transazioni di acquisto e vendita di strumenti
finanziari in una valuta diversa da quella domestica.
Scopo primario sarebbe quello di ridurre le fluttuazioni nei tassi di cambi e
restituire così “una piccola parte di quell’autonomia a breve termine di cui hanno
goduto i governi prima che la convertibilità valutaria divenisse così facile”.
Essa dovrebbe scaturire da un accordo internazionale tra i governi e i suoi
proventi dovrebbero essere gestiti dall’IMF (International Monetary Fund) o
dalla Banca Mondiale.
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L’aliquota di questo tassa dovrebbe aggirarsi tra lo 0,05% e l’1%, non troppo
elevata perché così si andrebbe ad intaccare anche le transazioni di lungo
periodo, mentre l’obbiettivo era solo quello di disincentivare la speculazione nel
breve periodo gettando così “qualche granello di sabbia ”.
Nel 1978, nel suo scritto “ A Proposal for International Monetary Reform ”
sostenne l‘idea di indirizzare i proventi di questa tassa verso scopi
internazionali. Come già detto, individuò due istituti che avrebbero potuto farlo,
la Banca Mondiale o L’IMF. Gli scopi sarebbero stati quelli di aiutare, mediante
la concessioni di prestiti a basso costo, i paesi emergenti e in via di sviluppo.
Proprio quest’idea è divenuta oggi, il cavallo di battaglia dell'associazione Attac
e di altri organizzazione antiglobalizzazione.
Da queste organizzazioni, Tobin, come ha rilasciato nel 1999 ad un intervista
dal titolo “ Reigning in the Markets ”, ne prese le distanze.
La sua idea, infatti, non va confusa con quello che non è. Lui stesso spiegò che
l’attenzione non doveva essere posta sul gettito ma sull’assicurare un maggior
potere di politica economica ai governi.
Questi due obbiettivi, spiegò, sono per un certo senso incompatibili, perché
quanto maggiore fosse stato il successo della tassa nel raggiungere obbiettivi
economici, minore sarebbe stato l’introito che da essa ne sarebbe derivato.
Esiste sempre uno spazio per conseguire entrambi gli obbiettivi, un trade off,
ma non si dovrebbe perdere di vista la ratio della tassazione.
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Questo è quanto suggerì l’economista James Tobin.
7. Tobin tax: “ Oggi ”
Come lo stesso Tobin disse: “...ogni volta che risulta evidente che i cambi
internazionali sono responsabili dello scompiglio monetario ed economico, la
mia proposta vieni scoperta o riscoperta”.
7.1. “Attac”
Il maggior sostenitore di questa proposta è l’associazione internazionale
Costituita da Ignacio Ramonet, “Attac” (Association pour la Taxation des
Transactions Financière et l'Aide aux Citoyens), fondata in seguito ad un suo
articolo intitolato “Désarmer les Marche”, sulla rivista “Monde Diplomatique” nel
1999.
Attac, da come si legge sul sito, è “ un'organizzazione internazionale coinvolta
nel movimento alter-global. Ci opponiamo alla globalizzazione neoliberista e
allo sviluppo sociale, ecologico, e democratico alternativo in modo da garantire i
diritti fondamentali per tutti. In particolare, noi combattiamo per la
regolamentazione dei mercati finanziari, la chiusura dei paradisi fiscali,
l'introduzione di tasse globali per finanziare i beni pubblici globali, la
cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo, per il commercio equo, e
l'attuazione di limiti al libero commercio e ai flussi di capitale.
Dal 1999, l’organizzazione si è espansa, ed oggi è presente in oltre 40 paesi,
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con oltre un migliaio di gruppi locali e centinaia di organizzazioni che la
sostengono”.iii
7.2. “Campagna zerozerocinque”
Come già accennato, l’organizzazione Attac è presente in Italia sotto la sigla
della campagna “zerozerocinque”, che insieme alle campagne promosse in altri
stat,i si batte per l’introduzione di un imposta sulle transazioni finanziarie a
livello mondiale, passando dall’europa e dai singoli stati membri.
Recentemente, in occasione del vertice del Consiglio Europeo del 27 e 28
Giugno, più di 350 sigli di organizzazioni ambientaliste, sindacali, no profit ed
altre associazioni, presenti in tutto il mondo, che aderiscono in favore
dell'introduzione della Tobin Tax, hanno sottoscritto ed inviato una lettera ai
Capi di Governo delle nazioni partecipanti alla Cooperazione forzata per
l'introduzione dell’imposta sulle transazioni finanziarie, ( anche al Presidente del
Consiglio italiano Letta) ringraziando per l’adesione a tale proposta, e
ribadendo la necessità d’estendere l’applicazione di quest’imposta a tutto il
continente europeo senza cedere alle pressioni delle lobby finanziarie.
Si trova infine, un richiamo sull’utilizzo dei proventi che deriveranno
dall’introduzione dell’imposta, in favore di politiche sociali, ambientali e
climatiche in europa, ma anche verso i paesi poveri con cui l'Europa coopera.
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iii sito di riferimento: www.attac.org
Verranno adesso esposte le ragioni che la campagna zerozerocinque riporta a
sostegno della sua battaglia, così come risulta dal documento che la stessa
campagna mette a disposizione sul proprio sito internet.iv
7.3. “Appello per una tassa sulle transazioni finanziarie”
Punto di partenza è il contesto attuale di crisi economica, il cui colpevole è
individuato nel settore finanziario o più precisamente “in una finanza ipertrofica
sempre più scollegata dall’economia reale che sposta una montagna di soldi
virtuali 24 ore su 24 all’ossessiva ricerca del massimo profitto nel più breve
tempo possibile”.
Questo settore è visto come un “casinò finanziario”, che non contribuisce a
promuovere un reale benessere per la società.
Inoltre, nonostante è stato proprio il sistema finanziario a causare la crisi, sono
stati fatti massicci interventi proprio in suo favore.
In questo modo è stato lasciato ai cittadini l’onere di accollarsi i danni ed il peso
della crisi. Essi infatti, ne fanno i conti ancora oggi, soprattutto con le continue e
incessanti misure di austerità di cui si parla tanto.
L’imposta, in questo contesto, rappresenterebbe un mezzo al servizio
dell’economia e della società, in quanto la tasse vorrebbe colpire le operazioni
speculative e non i normali investimenti sui mercati.
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iv il documento di riferimento è presente sul sito: www.zerozerocinque.it, dal titolo: “Documento di approfondimento relativo all’appello per una tassa sulle transazioni finanziare”.
Il punto principale su cui si concentra Attac e le altre reti della società civile
internazionale, ricade però, sull’utilizzo del gettito che potrebbe derivare
dall’applicazione di quest’imposta.
L’introito è stimato in circa 200 miliardi di euro all’anno, con l’applicazione di un
aliquota delle 0,05%.
Il gettito, dovrebbe venir impiegato in questo modo: per una metà nei paesi che
hanno adottato la tassa, e per l’altra metà a scopi internazionali.
La parte di cui ne è beneficiario lo stato che riscuote l’imposta dovrebbe
utilizzarla per le spese sociali, il welfare e per ridurre il debito pubblico, senza
così appesantire il carico fiscale che grava sui cittadini.
L’altra parte del gettito, dovrebbe essere destinata ai paesi più poveri, i quali
sopportano il peso di una crisi di cui non sono responsabili. Inoltre, non avendo
mercati finanziari molto sviluppati, non trarrebbero beneficio da quest'imposta.
Altresì, una quota del gettito, potrebbe essere destinato ad obbiettivi
internazionali quali la cooperazione, lo sviluppo e alla lotto contro i cambiamenti
climatici.
Ulteriori vantaggi che l’imposta porterebbe, sono:
1. “Maggior giustizia fiscale”, ossi ridurre la distanza che c’è tra tassazione che
grava sul lavoro e quella sulle attività finanziarie.
2. “Strumento di redistribuzione delle ricchezze”, in quanto a pagarla sarebbero
i maggiori attori della finanza e gli enti finanziari;
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3. “Tutelare la stabilità finanziaria”, permettendo così un maggior controllo sui
danni che la speculazione causa;
4. “Liberare risorse dalle attività finanziarie”, le quali potrebbero, e dovrebbero,
essere cos’ investite in attività produttive;
5. “Strumenti di controllo sui flussi di capitale che entrano ed escono dai paesi”;
6. “Il gettito prevedibile”, permetterebbe di sostenere progetti anche a lungo
temine.
7. Spostare l’ottica delle grandi imprese più su uno sviluppo nel lungo periodo
che sulla massimizzazione del profitto nel più breve tempo possibile.
Per quando riguardo invece, i soggetti (o il soggetto) che dovrebbe riscuotere e
gestire il gettito, ci sono due ipotesi:
- Possono essere i singoli stati, autonomamente , a riscuotere ed utilizzare il
gettito;
- Oppure un’altra ipotesi è quella affidare quest’incarico e a un istituzione
internazionale sotto l’ONU.
Questa seconda ipotesi, simile a quella che era stata prevista anche dallo
stesso Tobin, sarebbe quella più favorevole. Tuttavia ci sono dubbi sul fatto che
i governi dei singoli stati, “siano disposti a rinunciare ad una parte della loro
sovranità fiscale”.
Vediamo ora come l’Europa ha deciso di introdurre un’imposta sulle transazioni
finanziarie.
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8. Proposta e progetto europeo di Tobin Tax
Il progetto di Tobin tax, a livello europeo è stato ripreso più volte e più volte
lasciato cadere nel vuoto.
Oggi, invece possiamo dire che l'introduzione di questa tassa è ormai alle porte.
Ripercorriamo i principali passaggi :
• Il 28 settembre 2011 la Commissione Europea ed il Commissario alla
Fiscalità, Algirdas Semeta, hanno presentato una proposta per l’introduzione
di un imposta sulle transazioni finanziarie. Essa prevedeva che tale imposta
fosse applicata a tutti e 27 gli stati membri dell’Unione Europea.
• Poi, in seguito a numerosi e intensi dibattiti, i Ministri delle Finanze d’Europa,
riuniti nel meeting “Ecofin”, tenutosi a Lussemburgo nell’estate del 2012,
hanno deciso per l'applicazione della cosiddetta "Tobin Tax” solo in 11 stati
dell’Unione, grazie al meccanismo di "cooperazione rafforzata”.
• Successivamente, il 14 febbraio 2013, la Commissione Europea ha presento
ancora la proposta di un “Imposta sulle transazioni finanziarie”, sulla base
della precedente proposta già avanzata il 28 settembre 2011, con
applicazione limitata agli 11 stati dell’UE aderenti alla cooperazione rafforzata.
Questi stati sono: Belgio, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia,
Austria, Portogallo, Slovenia e Slovacchia.
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• Infine, il 3 luglio 2013 il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria a
Strasburgo, ha approvato definitivamente la “Financial Transaction Tax”
con 522 voti a favore e141 contrari.
La sua entrata in vigore è prevista a partire da gennaio 2014 negli 11 stati
membri che partecipano alla cooperazione rafforzata.
Di seguito, verrà in parte esamina, la Proposta avanzata dalla Commissione
Europea (emesso in data 14 Febbraio 2013) per l’attuazione della cooperazione
forzata nel settore dell’imposta sulle transazioni finanziarie.
Dal testo emerge quanto segue:
8.1 Contesto
Innanzitutto, si legge che la recente crisi economica è dovuta in larga parte al
settore finanziario, il quale viene quindi individuato come uno dei principali
responsabili.
Di conseguenza, spetta proprio al questo settore contribuire in modo più che
giusto all’uscita da questa situazione di crisi.
Gli obbiettivi che la proposta individua, sono:
1) “Armonizzare la legislazione in materia di imposizione indiretta delle
transazioni finanziarie nella misura necessaria per assicurare il corretto
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funzionamento del mercato interno delle transazioni in strumenti finanziari e
per evitare distorsioni della concorrenza”.
2) “Garantire contributo giusto e congruo degli enti finanziari alla copertura dei
costi della recente crisi”.
3) “Creare disincentivi per le transazioni che non contribuiscono all’efficienza
dei mercati finanziari”.
La Commissione, sottolinea inoltre, l’importanza di evitare distorsioni che
potrebbero essere causate da diverse normative fiscali prese unilateralmente
dai singoli stati, data la facilità e l’alto grado di mobilità dei capitali nel territorio
dell’Unione.
Questo rischio può però essere ridotto grazie ad un’armonizzazione delle
imposte applicate dagli stati, grazie ad un sistema comune che fissi le
caratteristiche essenziali della “Financial Transaction Tax”.
L’armonizzazione potrebbe così garantire la neutralità fiscale, diminuire la
doppia tassazione ed evitare la doppia non-imposizione.
Andando avanti nella lettura del documento, la Commissione, individua nella
situazione attuale i seguenti effetti non desiderabili:
1) “Una frammentazione del trattamento fiscale nel mercato interno dei servizi
finanziari con conseguenti possibilità di distorsione della concorrenza”.
2) Assenza di un contributo giusto, dal punto di vista fiscale, in condizione di
parità con gli altri settori da parte degli enti finanziari alla copertura dei costi
della crisi.
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3) Una politica fiscale che non contribuisce a disincentivare un eccesso di
investimenti in attività finanziarie, ri-orientandoli invece verso attività
produttive che potrebbero così contribuire al miglioramento dell’economia
reale.
L’introduzione di un imposta sulle transazioni finanziarie coordinata a livello
degli 11 stati che aderiscono alla cooperazione, porterebbe vantaggi sui punti
precedentemente elencati.
8.2 Elementi giuridici della proposta
La base giuridica dell’imposta è l’articolo 113 del TFUE:
“ Il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa
consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le
disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra
d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta
armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato
interno ed evitare le distorsioni di concorrenza”.
La proposta di introduzione della FTT avviene nel rispetto dei principi dell’art. 5
del TUE, ossia rispettando il principio di sussidiarietà e di proporzionalità:
“ L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.
[...]
In virtù del principio di sussidiarietà, l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi
dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a
livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti
dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.[...]
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In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano
a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. ”
8.3 L’imposta in dettaglio
L’imposta ha l’obbiettivo di colpire tutte le transazioni che riguardano gli
strumenti finanziari negoziati sul mercato dei capitali, gli strumenti del mercato
monetario, le quote ed azioni di fondi d’investimento collettivo e anche i contratti
derivati.
Colpite dalla tassa, saranno anche altre transazione che avvengono fuori borsa
(over-the-counter) e i contratti vendita con patto di riacquisto e di acquisto con
patto di rivendita.
Per quanto riguarda le transazioni che avvengono sul mercato primario dei
valori mobiliari, così come previsto dalla direttiva 2008/7/CE, esse non saranno
soggette all’imposta.
L’imposta, inoltre, non dovrebbe colpire neanche le transazioni su valute sui
mercati a pronti, a tutela della libera circolazione dei capitali.
L’imposta verrà applicata in particolare sulle transazioni finanziarie effettuate
dagli enti finanziari che agiscono per conto proprio e per conto di terzi.
Escluse dovranno essere le transazioni con la Banca Centrale Europea e le
Banche Centrali degli stati membri.
8.4 Principio di applicazione dell’imposta
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L’imposta sarà applicata mediante il principio territoriale (o residenza), integrato
con elementi del principio di emissione (o della fonte).
Una transazione finanziaria, infatti, affinché sia colpita dall’imposta,
richiederebbe che una delle parti coinvolte sia residente su uno degli stati che
aderiscono alla cooperazione forzata. La tassazione avrà luogo nello stato in
cui è stabilito l’ente finanziario.
Si potrebbero però, verificare i seguenti casi:
• Se i diversi enti coinvolti sono entrambi residenti su stati che, seppur diversi,
aderiscono entrambi alla cooperazione, ciascuno stato è competente a
tassare la transazione.
• Se gli enti coinvolti non risiedono in stati aderenti alla cooperazioni, la
transazione è tassabile se riguarda strumenti emessi in uno stato membro.
( applicazione del principio di emissione)
• Se invece, solo uno degli enti interessati alla transazione è soggetto a
tassazione, avviene che anche l’altro soggetto, che nonostante non risieda in
uno stato partecipante, sarà considerato come stato membro partecipante e
quindi soggetto ad imposizione.
Tutti questi casi, saranno comunque soggetti ad una regola generale, ossia che
“ Il debitore non dimostri che non c’è alcun legame tra la sostanza economica
della transazione e il territorio di qualsiasi stato membro.”
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8.5 Esigibilità, base imponibile e aliquote
L’imposta si considererà esigibile nel momento in cui la transazione sarà
effettuata e l’eventuale annullamento di quest’ultima, non farà venire meno il
debito.
Per quanto riguarda i derivati e strumenti finanziari diversi, la base imponibile è
differente. Esso è dovuto alla diversa natura e caratteristiche di questi
strumenti.
- Per strumenti diversi dai derivati, la base imponibile è generalmente il prezzo
od il corrispettivo che è stato determinato. (Regole speciali riguardano gli
scambi effettuati all’interno dei gruppi e quando il corrispettivo stabilito è
inferiore al prezzo di mercato. In questi casi il valore di riferimento è il prezzo
di mercato determinato nel momento in cui l’operazione è esigibile).
- Per quanto riguarda i derivati, la base imponibile dell’imposta è l’ “ammontare
nozionale” del contratto derivato nel momento in cui avverà l’acquisto/vendita,
il trasferimento, lo scambio, la stipula del contratto o quando l’operazione sarà
modificata in modo sostanziale.
Le aliquote applicate, come dice l’articolo 9 della direttiva, non potranno essere
inferiori a:
a) 0,1% per le transazioni che non riguardano strumenti derivati;
b) 0,01% per quanto riguarda le transazioni relative a contratti derivati.
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É necessario fare le seguenti osservazioni:
- Le aliquote applicate differiscono in quanto l’applicazione dell’imposta sui
contratti derivati, così come definita, “rende più difficile ridurre artificialmente
l’onere finanziario tramite un’elaborazione creativa dei contratti derivati”.
Questo è la ratio di aliquota più contenuta su tali strumenti
- Le aliquote d’imposta minime stabilite, sono fissate in maniera da consentire
un trade-off, tra l’obbiettivo di armonizzazione e l’obbiettivo di ridurre al minimo
i rischi di delocalizzazione.
8.6 Versamento dell’imposta e obblighi correlati
Dato che sono gli enti finanziari che eseguiranno la maggior parte delle
transazioni sul mercato finanziario, tali enti dovrebbero essere i maggiori
debitori dell’imposta.
Nel caso in cui un ente, agisce in nome o per conto di un altro ente, solo
quest’ultimo è tenuto a pagare l’imposta. Nel caso in cui, però, il pagamento
non è effettuato entro i termini stabiliti, anche l’ente che ha agito in nome o per
conto dell’altro, sarà responsabile in solido del pagamento.
Dato che le transazioni avvengono ormai elettronicamente, l’imposta dovrà
essere pagata nel momento in cui sorge l’esigibilità. In alcuni casi, sarà possibili
procedere al pagamento entro il terzo giorno lavorativo successivo.
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Ciascun debitore, dovrà trasmettere all’autorità competente una dichiarazione
che contenga tutte le informazioni per il calcolo dell’imposta relativa al periodo
di un mese.
La dichiarazione andrà trasmessa entro il decimo giorno del mese successivo al
mese in cui è stata pagata l’imposta o è diventata esigibile.
Agli stati, compete l’obbligo di dotarsi di adeguati strumenti e misure per la
contabilizzazione, registrazione, rendicontazione e altri obblighi per
l’applicazione dell’imposta.
Spetterà alla Commissione procedere nello stabilire regole più dettagliate
riguardo all’applicazione e riscossione dell’imposta.
8.7 Incidenza sul bilancio
Da come si legge dal documento, la stima di gettito derivane dall’applicazione
dell’imposta si aggira intorno a 31 miliari di euro all’anno.
Una quota di questo gettito sarà probabilmente destinata al bilancio dell’Ue.
Resta comunque alla Commissione definire in maggior dettaglio come sarà
utilizzata tale somma.
8.8. Entrata in vigore dell’imposta
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Come già detto l’entrata in vigore dell’imposta negli 11 stati membri, è stata
originariamente prevista per il 1 gennaio 2014, tuttavia, la sua entrata in vigore
è stata spostata nella metà del 2014.v
Restano però ancora da definire alcuni dettagli della precedente proposta.
Innanzitutto la commissione deve ancora esprimersi sugli emendamenti fatti dal
Parlamento Europeo, e dovrà quindi predisporre un nuovo documento tenendo
conto o meno di questi.
Poi si dovrà definire la gestione del gettito, la sua ripartizione tra gli Stati
nazionali ed Europa e le finalità a cui sarà destinato.
È necessario sottolineare che attualmente alcuni stati hanno già introdotto
un’imposta sulle transazioni finanziarie (ad esempio l’Italia e la Francia).
Quindi sarà necessario un loro adeguamento a quanto stabilito dalla proposta
di direttiva della commissione.
L’Italia, sulla scia della Francia, ha attualmente già introdotto un’imposta sulle
transazioni finanziarie.vi L’imposta italiana, dovrà naturalmente conformarsi
secondo le indicazione dell’Europa appena verrà raggiunto l’accordo tra i
partecipanti alla cooperazione rafforzata, e il testo definitivo che stabilirà le
caratteristiche e la struttura del tributo.
9. Italia: Imposta sulle transazioni finanziarie
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v Così come si legge sul sito della Commission Europea: ec.europa.eu
vi In francia la “Tax sur les transactions financiares”, è entrata in vigore a partire dal 1 agosto 2012.
Con la “legge di stabilità” del 2013, presentata dal Governo Monti ed approvata
con la legge del 24 dicembre 2012 n. 228, sono state introdotte delle norme per
l’introduzione della cosiddetta “Tobin Tax italiana”.
La tassa, così come prevista dai comma che vanno dal 491 al 499 della Legge
n. 228/2012, è stata successivamente regolamentata mediante decreto del
Ministro dell’Economia e delle Finanze in data 21 febbraio 2013.
Di seguito si fa riferimento agli articoli della legge di stabilità integrati dal
decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Art 2 e 7 - Ambito oggettivo di applicazione
Il comma 491 dell’articolo 1 della “Legge di Stabilità 2013”, introduce un’imposta
sulle transazioni finanziarie che si applica su:
- Trasferimento di azioni ed altri strumenti finanziari partecipativi (secondo
quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 2246 c.c.) emessi da società
residenti;
- Trasferimento della proprietà di titoli rappresentativi ammessi ad un sistema di
gestione accentrata, indipendentemente dal luogo di residenza dell’emittente;
- Trasferimento di azioni per effetti di conversione, scambio o rimborso di
obbligazioni.
Il comma 492, prevede che soggette alla medesima imposta sono anche:
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- Le operazioni su strumenti finanziari derivati che abbiano come sottostante
prevalentemente uno o più strumenti finanziari di cui al comma 491, o il cui
valore dipenda da essi;
- Le operazioni sui valori mobiliari e relativi contratti che permettano di acquisire
o vendere prevalentemente uno o più strumenti finanziari (di cui al comma
491), o che comportino un regolamento in contanti, warrants, covered
warrants e certificates.
Art 3 - Trasferimento della proprietà
Nell’articolo 3, si precisa che riguardo alle operazione individuati dal comma
491, il trasferimento della proprietà si considera avvenuto alla data del
regolamento delle stesse, ossia quando avviene la registrazione dei
trasferimenti.
In alternativa, il soggetto responsabile del versamento, può indicare come data
dell’operazione il momento della liquidazione contrattualmente prevista, dietro
consenso del contribuente.
Si considera, inoltre, che i trasferimenti, nel caso avvengano tramite
intermediari che agiscono in nome proprio ma per conto altrui, sono considerati
come avvenuti in favore del soggetto per conto del quale è stato effettuato
l’acquisto.
Art 4 - Valore della transazione
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Nell’articolo 4, sono stabiliti i criteri per determinare il valore delle transazioni.
Questo valore è determinato sulla base del saldo netto delle transazioni
giornaliere, ossia il responsabile del versamento deve calcolare,
separatamente, gli acquisti al netto delle vendite effettuati sui mercati
regolamentati o sui sistemi multilaterali di negoziazione, e di quelli effettuati
over the counter.
Successivamente, per determinare la base imponibile, deve sommare
algebricamente i precedenti risultati ottenuti e moltiplicare il numero de titoli per
il prezzo medio ponderato degli acquisti.
Art 5 - Soggetto passivo
Nell’articolo 5, è stabilito che l’imposta è dovuta dai soggetti in favore dei quali è
effettuato il trasferimento, indipendentemente dalla residenza e dal luogo di
conclusione del contratto.
Art 6 - Aliquota d’imposta
Nell’articolo 6 è stabilita la misura dell’aliquota d’imposta d’applicare. Essa è
dello 0,20% del valore delle transazioni di cui al comma 491. Per i trasferimenti
che avvengono in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione
l’aliquota è ridotta alla metà; stessa cosa per le transazioni che avvengono
tramite un intermediario finanziario.
Art 8 - Conclusione dell’operazione
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Nell’articolo 8, è chiarito che l’imposta di cui al comma 492 sui derivati diviene
imponibile nel momento in cui verifica la sottoscrizione, negoziazione o modifica
dei contratti relativi. Per quanto riguarda i valori mobiliari (derivati cartolarizzati)
fattispecie imponibile è il momento del trasferimento della titolarità di questi
valori. (si fa riferimento all’Art 3 per la determinazione del momento del
trasferimento della titolarità)
Art 11 - Misura dell’Imposta
Nell’articolo 11 è indicato che l’imposta sulle operazioni di cui al comma 492, è
determinata dalla tabella allegata alla legge 24 dicembre 2012, n.228, ed è
ridotta ad 1/5 per le operazioni che hanno luogo in mercati regolamentati o
sistemi multilaterali di regolamentazione. Stessa riduzione anche nel caso in cui
l’operazione è effettuata tramite un intermediario finanziario.
( Gli articoli dal 12 al 14, riferiti al comma 495, riguardano l’introduzione di un
imposta sulle “Transazioni ad altra frequenza” ).
Art 15 - Esclusione dall’imposta
Escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta sono le seguenti operazioni:
- Trasferimento di proprietà degli strumenti al comma 491, o mutamento di
titolarità degli strumenti di cui al comma 492, in seguito a successioni o
donazioni;
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- Operazioni su obbligazioni e titoli di debito;
- Operazioni di emissioni, annullamento e riacquisto da parte dell’emittente di
strumenti di cui al comma 491 e 492;
- L’acquisto di azioni sul mercato primario anche se a seguito di conversione di
obbligazioni od esercizio dell’opzione;
- Operazioni di finanziamento con trasferimento di proprietà degli strumenti di
cui al comma 491.Risultano inoltre esclusi i trasferimenti di proprietà
nell’ambito di operazioni di garanzia finanziaria o altri trasferimenti temporanei
di titoli in garanzia.
- Trasferimenti di strumenti in seguito ad operazioni di ristrutturazione. Escluse
inoltre, le operazioni di fusione e scissione di organismi d’investimento
collettivi del risparmio.
L'imposta non si applica altresì, su:
- acquisti ed altre operazioni poste in essere da un intermediario finanziario che
si interpone alle parti, essendo controparte di entrambe, qualora vi sia
coincidenza tra le due transazioni e i relativi prezzi.
Art 16 - Esenzioni
Sono esenti dall’imposta le operazioni che hanno come controparte:
- L’unione europea, ossia le istituzioni europee;
- La banca centrale europea e quella per gli investimenti;
- Le banche centrali degli stati membri dell’UE e anche le banche centrali od
altri organi che gestiscono le riserve ufficiali di altri stati;
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- Organismi ed enti internazionali
- Trasferimenti di proprietà di azioni o quote di organismi d’investimento
collettivo del risparmio qualificati come etici e socialmente responsabili.
- Fondi pensione ed altri enti di previdenza obbligatoria istituiti negli stati
membri dell’UE.
Art 17 -
Società emittenti con capitalizzazione media inferiore a 500 mila euro
É importante sottolineare che da come stabilito dal comma 491, sono esclusi
dall'imposta i trasferimenti di proprietà di azioni negoziate in mercati
regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emesse da società la cui
capitalizzazione media nel mese di novembre dell'anno precedente a quello in
cui avviene il trasferimento di proprietà sia inferiore a 500 milioni di euro.
Art 18 - Indeducibilità
L’imposta di cui ai commi 491, 492 e 495, non è deducibile ai fini delle imposte
sui redditi e ai fini irpef.
Art 19 - Versamento dell’imposta
L’imposta dev’essere versata entro il 16 del mese successivo rispetto al giorno
del trasferimento della proprietà di cui al comma 491 e rispetto a quello della
conclusione del contratto per le operazioni di cui al comma 492.
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Art 21 - Applicazione dell’imposta nell’anno 2013
L’imposta di cui al comma 491, si applica a decorrere dal 1 marzo 2013, e solo
per il 2013, l'aliquota è fissata nella misura dello 0,22%. È ridotta allo 0,12% per
le operazioni che avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di
negoziazione.
L’imposta di cui al comma 492, si applicherà a decorrere dal 1 luglio 2013.vii
10. Critiche alla Tobin tax italiana
Le prime critiche all’imposta, così come definita dal governo Monti, hanno
lasciato insoddisfatti quanto vedevano questa tassa come l’arma giusta per
combattere la speculazione finanziaria e per riportare la finanza al servizio
dell’economia reale e delle persone.
Inoltre secondo Andrea Baranes, portavoce della campagna zerozerocinque,
“non è stata prevista alcuna destinazione specifica del gettito ad obiettivi di
utilità pubblica, la TTF è stata chiaramente voluta come risorsa aggiuntiva a
copertura di bilancio...deve essere ancora fatto sia per migliorare la TTF, sia in
termini di altre misure necessarie per chiudere il gigantesco casinò finanziario
che ci ha trascinato nell'attuale crisi.”
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vii Con la recente approvazione e conversione del decreto-legge n.69, del 21 giugno 2013, cosiddetto “Decreto del Fare”, l'applicazione dell’imposta sui derivati è stata spostata al 1 settembre 2013.
Le prime critiche al decreto riguardano:
1. “L’applicazione dell’imposte al soldo nette delle transazioni giornaliere”.
Questa norma, cos’ì definita, non aiuta a combattere la speculazione, per cui,
invece che sul saldo netto di fine giornata, avrebbe dovuta essere applicata
alla singola operazione.
2. “L’esenzione dei fondi pensioni”. Essa si ritiene inopportuna, in quando se
l’imposta fosse applicata anche a tali fondi, tale imposta li avrebbe tutelati da
chi specula su di essi nel breve periodo, permettono così una stabilizzazione
nel lungo periodo.
3. “Applicazione dell’imposta ai soli derivati su azioni”. In questo modo vengono
esclusi tutti gli altri strumenti derivati. Quelli colpiti dall’imposta
rappresentano, in Italia, solo il 2,7% di tutti i derivati OTC. (dati Banca d’Italia
- giugno 2012), riducendo così la base imponibile dell’ITF.
4. Dal decreto non è previsto nessun riferimento al gettito ed al suo impiego.
5. “L’imposta si applica sul trasferimento di azioni ed altri strumenti finanziari
partecipativi emessi da società residenti”. Il solo principio della residenza, si
ritiene che dovrebbe essere integrato da includere anche gli emittenti che pur
non avendo la sede legale in Italia, hanno ne paese il centro della propria
attività economica. Ciò per evitare elusioni mediante il semplice trasferimento
della sede legale.
6. Infine, viene chiesto al ministero di provvedere a regolamentare forme di
trasferimento di titoli ed attività finanziarie assoggettabili all’imposta che
potrebbero essere utilizzate con finalità elusive (ad esempio il prestito di titoli
non finalizzato a costituire garanzia).
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Queste sono le principali critiche per l’insoddisfazione del provvedimento che
introduce l’imposta sulle transazioni finanziarie in Italia.
Verranno ora analizzate critiche alla Tobin Tax in generale, ma che,
naturalmente, sono le stesse argomentazioni che gli oppositori all’imposta
introdotta nel nostro paese, portano a sostegno della loro posizione.
11. Principali critiche alla Tobin Tax
Contro le numerosi tesi a sostegno della Tobin Tax, (così come descritto nel
paragrafo 6.3) le principali preoccupazioni e critiche intorno all’imposta sulle
transazioni finanziarie riguardano:
1) La necessità di applicarla in tutto il mondo:
Una critica ricorrente è appunto il fatto che l’imposta non potrebbe funzionare
a meno che non venga applicata a livello globale. Infatti, qualora non venga
applicata a livello globale, l’effetto sarebbe quello di assistere ad uno
spostamento di capitali verso i paesi dove l’imposta non è presente.
Tuttavia, è dimostrato come sia possibile applicare l’imposta anche solo ad
un limitato numero di paesi. L’esempio più rilevante è la Stump Duty,
applicata in Gran Bretagna su ogni acquisto di azioni di imprese britanniche
da parte di acquirenti esteri. L’imposta ammonta al 0,5% del valore nominale
dell’azione.
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Un altro esempio è quello newyorchese: a Wall Street è infatti presente un
imposta dello 0,003% su tutte le imprese quotate nei due mercati principali
NY Stock Exchange e NASDAQ.
Inoltre, altre imposte sulle transazioni finanziarie sono presenti in molti altri
paesi.
I detrattori della Tobin Tax, però, prendono ad esempio la Svezia, dove è
stata introdotta un imposta su alcune operazioni finanziarie che ebbe effetti
disastrosi, il più rilevante fu appunto la fuga di capitali all’estero.
Il governo svedese, fu poi obbligato ad abolirla, ma le ragioni del suo
fallimento sono da attribuire alla progettazione errata della tassa.
Il segreto sta quindi nel disegnare in maniera corretta il modello della tassa.
Infatti, come sostiene l’IMF, l’imposta sulle transazioni finanziarie non
comporta un automatica delocalizzazione dei capitali da un paese, ad un
altro dove la tassa non è applicata. Infatti gli investitori non sarebbero
incentivati a spostare i propri capitali finché il costo dell’imposta non supera
quello della sua rilocalizzazione.
2) L’imposta potrebbe essere elusa o evasa tramite particolari operazioni:
Come già accennato nel punto precedente, il successo della tassa sta nella
sua corretta progettazione. Da questo dipende anche la possibilità di eludere
od evadere l’imposta.
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L’imposta potrebbe essere applicata secondo il principio della fonte o della
residenza. Nel primo caso l’imposta dipenderebbe dal luogo geografico in cui
avviene l’operazione, per cui sarebbe facilmente eludibile mediante
triangolazioni con i paesi che non la applicano. Se invece, l’imposta fosse
applicata secondo il principio della residenza, essa verrebbe applicata anche
alle operazioni estero su estero, effettuate da soggetti residenti in Italia.
Da questo punto di vista, la commissione europea ha ben previsto come
principio base della Tobin Tax, quello della residenza integrato con elementi
del principio della fonte.
3) L’imposta avrebbe effetti negativi sull’efficenza e la liquidità dei mercati:
Senza dubbio l’imposta diminuirebbe la liquidità nei mercati, ma questo è
anche uno degli scopi che la tassa si prefigge di raggiungere.
Le considerazioni da fare, sono che innanzitutto la tassa frenerebbe le
operazioni più speculative, quindi le operazioni effettuate nel breve e
brevissimo termine. In questo modo, verrebbe ridotta l'instabilità dei mercati
senza intaccare gli investimenti a medio e lungo termine e l’economia reale.
L’efficenza del mercato, invece, non verrebbe compromessa, ma al contrario,
la tassa riuscirebbe a liberare quei capitali investiti nel mercato finanziario
che non portano utilità all’economia reale, permettendo così di re-indirizzarli
verso investimenti produttivi.
4) Le attività speculative hanno anche effetti positivi:
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Come sostengono alcuni analisti, la speculazione contribuisce alla
formazione del giusto prezzo degli strumenti finanziari, portando così il
mercato verso l’equilibrio. Questo può essere vero se la speculazione
rappresentasse solo una piccola parte delle transazioni che avvengono nel
mercato. Invece, l’attività speculativa rappresenta oggi il grosso delle
transazioni.
Sostenere che è necessario una massiccia attività speculativa, consisterebbe
nell’affermare che il mercato finanziario è un sistema enormemente
inefficiente.
La realtà è che la possibilità di massimizzare il guadagno nel minor tempo
possibile, rappresenta un alimento troppo appetitoso a cui si fa fatica
rinunciare anche a costo di pagare le conseguenze negative derivanti degli
effetti destabilizzanti sugli strumenti finanziari e nell’economia reale.
5) “Trade off” tra gettito e freno alla speculazione:
Una bassa aliquota d’imposta non frenerebbe i fenomeni speculativi, mentre
un’imposta troppo alta scoraggerebbe ogni tipo di operazione riducendo così,
anche il gettito.
Questi due obbiettivi, che all’apparenza sembrano incompatibili, in realtà non
lo sono. Infatti, come dimostrano gli studi condotti e come si può vedere
dall’esperienza pratica dove già esiste un imposta simile, entrambi gli
obbiettivi possono essere perseguiti.
Innanzitutto l’ampiezza della base imponibile permetterebbe, anche con
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un’aliquota d’imposta molto bassa, un gettito molto alto.
In secondo luogo, un aliquota ridotta, permetterebbe di colpire quegli
speculatori che ogni giorno effettuano numerose operazione, non gli altri
operatori.
Infine, quest’imposta potrebbe rilevarsi un utile strumento di politica fiscale,
che potrebbe essere utilizzato, variando la sua aliquota, per perseguire il
primo obbiettivo piuttosto che l’altro e viceversa.
6) L’imposta sulle transazione finanziarie non risolverebbe i problemi dell’attuale
crisi:
Ciò è assolutamente vero. Tuttavia, è anche vero che quest’imposta, a fianco
di altre misure che si prefiggono tale obbiettivo, potrebbe dare un massiccio
contributo.
Come afferma anche Paul Krugman, premio nobel per l’economia nel 2008,
in un editoriale del New York Times, “Gli investimenti sbagliati non sono tutta
la storia della crisi. Quello che ha trasformato cattivi investimenti in una
catastrofe è stata l’eccessiva dipendenza dl sistema finanziario dai soldi a
breve termine... Una tassa sulle transazioni finanziarie, scoraggiando la
dipendenza dai finanziamenti di brevissimo periodo, avrebbe reso molto più
improbabile il verificarsi degli stessi eventi. Così, tale tassa avrebbe aiutato a
prevenire l’attuale crisi, e ci potrebbe aiutare a prevenire un suo futuro
ripetersi”.
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Conclusioni
Nel presente lavoro sono emerse innanzitutto le differenti caratteristiche della
cosiddetta Tobin Tax, ossia tra quella che James Tobin aveva teorizzato e
quella che invece, oggi è presente in Italia e quella che presto, dovrebbe
entrare in vigore in alcuni stati dell’UE.
Le differenze sono dovute, innanzitutto, al differente momento e contesto
storico-economico in cui l’imposta viene così tanto evocata ed allo stesso
tempo temuta.
Tobin, infatti, la proponeva per ridurre l’eccessiva efficenza del mercato
valutario internazionale, il quale causava danni all’economia reale e impediva
agli stati di intraprendere efficienti misure macroeconomiche .
Dall’altro lato, oggi, si spinge per la Tobin Tax al fine di ridurre la speculazione
nei mercati finanziari e per far si che a pagare per la recente crisi economica sia
anche il settore finanziario.
Rilevante, è anche la questione del gettito, su cui ci sono diverse soluzioni: Gli
stati vorrebbero usare questo introito per loro, per ridurre il debito mediante
questa nuova entrata. Dall’altro lato ci sono le organizzazioni che agiscono in
rappresentanza della società civile, le quali vorrebbero che questo gettito fosse
utilizzato per fini internazionali relativi al walfare, cooperazione, sostegno allo
sviluppo verso i paesi più poveri ed inoltre per la salvaguardia dell’ambiente.
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Nell’elaborato, si fa poi riferimento alla “Tobin Tax in pratica”: ossia, vengono
illustrati i provvedimenti che porteranno all’introduzione dell’imposta in Europa,
e quelli che hanno già portato all’entrata in vigore dell’imposta italiana sulle
transazioni finanziarie.
Come abbiamo visto, non mancano di certo critiche alla Tobin Tax italiana e
sicuramente non mancheranno neanche per quella europea, entrambe
accusate di essere insoddisfacenti.
Le istituzioni, di certo avrebbe potuto fare di più, ma bisogna ricordare che
dall’altra parte ci sono gli interessi della cosiddetta “Lobby Finanziaria”, la quale
non manca certo di potere e della capacità di essere influente a livello politico.
Nella parte finale dell’elaborato vengono ribadite le ragioni a sostegno
dell'introduzione di questa tassa e sono state confutate le principali critiche
mosse contro di essa.
Tale studio, seppur nei suoi limiti, a voluto far emergere una visione positiva e a
sostegno della Tobin Tax, sia guardando all’effetto che avrebbe sul sistema
finanziario, sia guardando alle opportunità di sviluppo, sociali, umane ed etiche
che il gettito consentirebbe di perseguire.
Inoltre, una tassa che colpisce il settore finanziario, in questo contesto di crisi,
sembra più che mai ragionevole e giusta in quanto il peso di questa crisi ricade
oggi più sui cittadini e sulle classi medio-basse della popolazioni, invece che su
quella finanza malata (o meglio avida) dove ogni giorno, si assiste allo
spettacolo, messo in scena sui mercati finanziari, in cui enormi masse di denaro
vengono create e frantumate.
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Questa tassa, non ha lo scopo, come già detto, di risolvere la crisi ed i problemi
della finanza, ma si pone di certamente l’obbiettivo di contribuire a ricondurre
l’economia al servizio dell’uomo e non il contrario.
Dal punto di vista personale, la presente tesi, ha costituito un’occasione
preziosa per approfondire meglio i problemi e gli studi che stanno dietro alle
decisioni di politica economica, finanziaria, e fiscale, ed inoltre, di come ci sia
bisogno di un’economia che sia più etica ed umana.
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