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Biomateriali (Valdrè)
2009
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BIOMATERIALI
INDICE
0. METODI – OTTICA:
× microscopio ottico
× TEM
× legge di Bragg’s (→ molto importante) ∆
× ESEM
× SEM
× EDS (spettrometro)
× Diffrazione raggi X
× WDS – spettrometri
× Geiger
× Legge di Moseley
× Nanotecnologia
× Diffrazione R-X – XRD
× Fluorescenza raggi X – XRF
× Spettroscopia infrarossa I-R
× analisi termica
× Spettroscopia di assorbimento atomico – AAS
× Atomic Force Microscopy – AFM
× Contatori
1. ASPETTI GENERALI (importanti le definizioni ∆):
× Progettazione dispositiva medica
× Compatibilità
2. REAZIONI dell’ORGANISMO all’IMPIANTO di MATERIALI ESTRANEI:
× Definizioni
× Guarigione di una lesione tissutale
× Risposta del sangue
× Reazione agli impianti che attraversano la cute o le mucose
3. PROPRIETA’ dei MATERIALI e MATERIALI METALICI :
× Cristallografia
× Reticoli di Bravais (→ molto importante) ∆
× Metalli metallici cristallini (→ cristallini)
× Processi tecnologici
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× Diagrammi di equilibrio ∆
× Leghe
× Corrosione
× Materiali da impianti
4. MATERIALI CERAMICI :
× Strutture (fosfati, silicati, carbonati) ∆
× Biomateriali ceramici, materiali bioattivi
× Carbonio turbostrato ∆
5. POLIMERI :
× Cenni di chimica organica, biochimica, tessuti mineralizzati, tessuti molli, collagene
× Definizione e classificazione ∆
× Polimerizzazione
× Polimeri sintetici
× Processi tecnologici dei polimeri
6. DENTE:
× Anatomia
PRINCIPALI ARGOMENTI CHIESTI all’ESAME (17 luglio)
× Reticoli di Bravais
× Risposta di sangue e dei tessuti
× Tessuti biologici (→ struttura)
× Polimeri (→ strutture, tabelle pag. 135-136 importante) TUTTO!!!! ∆
× Reazione pag.136 (→ figura 5.2, molto importante) ∆
× Grafico pag. 142 (→ molto importante) ∆
× Polimeri per uso biomedico (slide)
× Tagli pag. 172, circuito di Burgers
× Bordi di grano (→ pag. 176)
× Processi tecnologici metalli (→ pag. 182)
× Corrosione
× Materiali da impianto metallico (→ pag. 204, in nomi dei diversi acciai e leghe)
× Diagrammi di fase (→ ferro-carbonio molto importante) ∆
× Nucleazione
× Strutture (→ fillosilicati, tectosilicati, ...)
× Carbonio pirolitico
× Metodi (→ in generale) → importante la Legge di Bragg’s ∆
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METODI
0. METODI-OTTICA
Nello studio dei materiali sono utilizzati numerosi strumenti, gli acronimi più usati:
AEM: analytical electrone microscopy
TEM: transmission electrone microscopy
SEM: scanning electrone microscopy
EDS: energy dispersive spectr.
WEDS
WDS
EELS
pEELS
SPM Poi abbiamo tecniche, non microscopiche che rendono informazioni solo sulla chimica del
materiale:
XRF
AAS
XRD
FTIR
TA
Microscopia elettronica a trasmissione e scansione
La microscopia a trasmissione si basa su:
. Gli elettroni
interagiscono pesantemente con la materia. Nel microscopico elettronico a trasmissione gli elettroni
attraversano l’oggetto in studio, mentre nel microscopico elettronico a scansione, si captano i
segnali generati in superficie.
Microscopio ottico Nel microscopio ottico presenta un condensatore che concentra la luce, una lente obiettivo, questo
deve rilevare l’interazione tra l’oggetto e la luce. Il microscopio ottico è limitato in risoluzione
spaziale. Qualsiasi sistema che agisce con lenti è limitato dalla diffrazione. Un parametro
fondamentale è la lunghezza d’onda di luce utilizzata.
Meccanismo di formazione dell’immagine secondo Abbe:
.
Limite di diffrazione, aberrazione di diffrazione (limite al di sotto del quale non si riesce a vedere) :
. Le lenti sono sistemi reali, con una cerca curvatura da ridurre al minimo i difetti.
In ottica è possibile correggere la diffrazione, nel caso di elettroni si possono usare campi magnetici
o elettrostatici.
Due raggi paralleli su una lente sottile, vanno a convergere sul piano retrofocale della lente.
Supponendo che uno scattering dei raggi dei raggi di una lente di angolo, tali raggi convergono in
un punto del piano retro focale.
Analizzando il piano retrofocale si può risalire a come sono stati deviati i raggi dall’oggetto.
Anteponendo diagrammi si può selettivamente far passare solo certi raggi. Per mettere a fuoco
l’immagine occorre far corrispondere il piano immagine della prima lente con il piano oggetto della
seconda.
Commento [L1]: Lunghezza focale (FISSA) della lente
Commento [L2]: Massima risoluzione.
Con:
n = indice di rifrazione
θ = metà angolo del massimo cono di
luce che può entrare o uscire nella luce
Commento [L3]: Ampia classe di fenomeni dove una o più particelle vengono
deflesse (ovvero cambiano traiettoria) per
via della collisione con altre particelle.
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Microscopia a trasmissione (TEM) Il TEM a livello strutturale presenta un condensatore, una sorgente di elettroni e una lente
“magnetica”. Con le particelle cariche si ha un vantaggio rispetto alle lenti ottiche, è possibile
variare il campo magnetico e quindi modificare la distanza focale.
Facendo variare la distanza focale dalla lente magnetica è possibile risalire al diagramma di
rifrazione.
Le sorgenti per la generazione di elettroni sono:
Effetto termoionico: meccanismo anodo/catodo
Emissione di campo: si strappano elettroni da un metallo grazie ad un campo elettrico Quando gli elettroni passano l’oggetto, si ha una trasmissione elastica, e una trasmissione
anelastica, vi è una variazione di energia cinetica, e con quest’analisi viene resa un’informazione di
tipo chimico. Analizzando la perdita di energia si risale alla tipologia di atomo studiato. Avremo in
questo modo informazioni di tipo microstrutturali, morfologiche e cristallografiche.
La presenza o l’emissione di elettroni dipende dalla temperatura, con l’aumentare dell’energia
termica aumenta l’energia cinetica degli elettroni.
Sorgenti a emissione di campo (STM) Nel caso delle sorgenti a emissione di campo non si ha l’energia, ma l’effetto tunnel. Più il campo
elettrico è forte, più si abbassa la curva del potenziale degli elettroni:
,
regola di Fowler-Nordheim.
Gli elettroni che escono dal metallo con estrazione sono monocinetici. È però un processo molto
costoso.
Sezione d’urto La sezione d’urto è il rapporto tra il numero di particelle, che sono deviate nell’angolo solido, e il
numero di particelle (N) che incidono sull’unità di superficie in un secondo. Permette di
determinare la probabilità che una frazione di particelle sia deviata secondo un dato angolo solido.
. Il ∆E ci permette di risalire al tipo di atomo analizzato.
Nella ionizzazione elettrone-atomo si ha:
Elettrone incidente che perde energia
Atomo che emette raggi X in funzione del salto quantico La sezione d’urto di ionizzazione è la possibilità che si ha di ionizzare un atomo attraverso gli
elettroni:
legge di Mosley. Gli elementi con numero atomico basso hanno più
probabilità di essere ionizzati.
Legge di Bragg’s Il materiale cristallino agisce con meccanismi di diffrazione. Quando un’onda agisce su un sistema
di atomi a due atomi si ha: incidenza di onde (macrocromatiche
→unica λ e stessa fase) secondo un angolo θ.
Si avrà: , solo se AB+BC è pari a un
numero intero di lunghezza d’onda del segnale, i raggi sono in
fase.
La legge di Bragg’s, generalizzata, . La legge non si riferisce all’intensità del segnale. Tramite questa legge si
risale alla cristallografia del materiale.
Commento [L4]: L'effetto tunnel è un
effetto quanto-meccanico che permette una
transizione a uno stato impedita dalla
meccanica classica.
Nella meccanica classica la legge di
conservazione dell'energia impone che una
particella non possa superare un ostacolo
(barriera) se non ha l'energia necessaria per
farlo. Questo corrisponde al fatto intuitivo
che, per far risalire un dislivello a un corpo,
è necessario imprimergli una certa velocità
ovvero cedergli dell'energia.
La meccanica quantistica invece prevede
che una particella abbia una probabilità,
piccola ma finita, di attraversare
spontaneamente una barriera
arbitrariamente alta.
Commento [L5]: Angolo di diffrazione
Commento [L6]: Caratteristica
dell’elemento studiato
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Microscopio a scansione (SEM) Nel SEM gli elettroni sono generati per effetto termoionico da un catodo in tungsteno. La
tecnologia SEM richiede che il campione sia osservato in sotto vuoto e che questo sia pulito,
essiccato e soprattutto che possa condurre l’elettricità. L’immagine viene costruita per pixel, perché
questi siano distinguibili e l’immagine abbia significato, è necessario definire il contrasto:
.
Il criterio empirico di Rose definisce se l’immagine ha contrasto:
. Per delineare il
contrasto si usa un amplificatore. Il fascio elettronico è focalizzato in un punto preciso. Gli elettroni
sono accelerati a bassa pressione . Peculiari sono le bobine a scansione che
deviano il fascio, quindi deviano le traiettorie.
Segnali in uscita:
SE-elettroni secondari: provengono dalla superficie del preparato.
BSE-elettroni retrodiffusi: elettroni primari che per effetto rinculo a 180° tornano indietro
raggi X: causano delle limitazioni. I raggi X, provenendo dagli stati profondi causano limitazioni nel segnale, e quindi una variazione nella risoluzione spaziale
Profondità di fuoco ( )
Con il SEM, l’immagine risulta a fuoco anche in 3D, mentre per il microscopio ottico più
s’ingrandisce l’immagine più devo migliorare la risoluzione, e quindi si perde la definizione.
Libero cammino medio Il libero cammino medio (λ) è la distanza media percorsa da una particella tra due urti successivi.
ESEM (microscopio elettronico a scansione ambientale) Il ESEM presenta:
Rivelatore elettroni secondari
Rivelatore elettroni retrodiffusi
Rivelatore simultaneo elettroni secondari e retrodiffusi
Tavolino per raffreddare il campione [ -25/+55 °C ]
Con l'analisi dei raggi X si ottengono informazioni composizionali qualitative e quantitative su
elementi. Possibilità di acquisire ed elaborare immagini relative alla distribuzione di elementi
all'interno di un'area (mappe).
Un ESEM riesce ad analizzare nel loro stato naturale anche campioni umidi e soprattutto non
conduttivi. Qui la camera di prova è separata dalla colonna del cannone a elettroni così il
campione può essere osservato nel suo stato naturale in condizioni di basso vuoto, senza quindi
nessun bisogno di ricopertura per renderlo conduttivo e resistente all’alto vuoto. Con l’ESEM i
campioni possono essere osservati con 3 modalità principali:
Modalità ALTO VUOTO: permette di osservare campioni conduttivi e/o metallizzati.
Modalità BASSO VUOTO: consente l’analisi di materiale non disidratato e soprattutto non conduttivo, quindi campioni allo stato naturale senza bisogno di metallizzazione che li renda
conduttivi.
Modalità ESEM: ideale per l’osservazione di campioni con alto contenuto di acqua, umidi o
addirittura conservati in acqua. Infatti impostando all’interno della camera una determinata
temperatura e pressione, possiamo controllare l’umidità relativa che si viene a creare nella
camera, mantenendo il nostro campione umido.
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Amplificatore a gas L’amplificatore a gas utilizza la ionizzazione del gas come amplificatore. Quando un elettrone
primario attraversa l’elettrodo e si scontra con il campione, genera elettroni. Di natura sarebbe a
bassa energia, ma grazie al campo elettrico forte, si scontra con le molecole di gas. Per ogni urto si
producono più elettroni, si genera un “effetto valanga” di elettroni che giungono all’elettrodo e
abbassano il potenziale in funzione della quantità di elettroni.
EDS (Spettroscopia nei sistemi microscopici) Le basi fisiche del EDS, consistono nell’individuare univocamente un elemento chimico
(metodologia legata al numero atomico).
Un elettrone veloce colpisce un atomo neutro, c’è una probabilità che questo colpisca un elettrone
di un orbitale K che poi viene espulso ed esce dal materiale.
Lo spettro viene acquisito digitalmente:
× Righe analitiche
× Bremstrahlung (fondo)
× Rumore
Energia di ionizzazione L'energia di ionizzazione di un atomo o di una molecola è l'energia minima richiesta per allontanare
da esso un elettrone e portarlo a distanza
infinita. Il salto energetico è in funzione del
numero atomico:
λ . I raggi X sono in funzione di ∆E
(differenza energetica tra i livelli atomici), e
della struttura atomica dell’atomo che li ha
emessi.
Alcuni elettroni vengono comunque deviati e
non ionizzano e non producono transizioni
quantiche. Anche in questo caso si ha una
produzione di raggi X, chiamati del continuo.
Lo spettro finale avrà dei picchi (vedi figura),
quindi dovrà essere filtrato, per questo esiste
una tabulazione delle transazioni consentite. La
curva dello spettro di emissione è la caratteristica dello stato finale.
Legge di Moseley: le frequenze dei raggi emessi da ciascun elemento variano proporzionalmente al
numero d'ordine (atomico) dell'elemento stesso.
. Si può discriminare Z rilevando il ∆E emesso.
,
questa determina il segnale di disturbo.
Ci si aspettano segnali deboli per elementi che ionizzano poco.
. Dato che , la sezione d’urto è più grande per elementi di basso
numero atomico:
Diseccitazione: ritorno dell’atomo eccitato allo stato iniziale. Si torna alla forma iniziale rilasciando
energia sottoforma di raggi X o di elettroni AUGER.
Il fattore di fluorescenza (ω) discrimina quali emissioni di diseccittazione prevalgono:
.
La ionizzazione è più forte per elementi con Z basso, ma vi è una produzione di raggi X, per atomi
con Z alto c’è produzione di elettroni di AUGER.
Commento [L7]: Costante di Krames
Commento [L8]: Sessione d’urto per l’eccitazione
Commento [L9]: Con:
ρ = densità
N = numero di Avogadro
A = peso atomico
Commento [L10]: C: costante caratteristica per particolari livelli
energetici
Commento [L11]: Spettro AUGER: strumento caratteristico e sensibile, per
materiali a basso numero atomico.
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Spettrometri Gli spettrometri si dividono in:
Studio di raggi X:
× EDS: energy dispersive spectroscopy
× WDS: wavelength dispersive spectroscopy. I raggi X provenienti da un microscopio
elettronico (dopo l’interazione radioazione-materia), servono per risalire a quali
elementi chimici hanno prodotto quei raggi X. Misurano λ mediante cristallo
diffrangente. Usa la legge di Bragg’s.
Contatore Geiger: è uno strumento utile per misurare radiazioni di tipo ionizzante. In particolare può essere usato per misurare le radiazioni provenienti da decadimenti di tipo
Alfa, Beta e Gamma (nuclei di Elio, elettroni e fotoni ad alta energia). Il cuore del contatore
Geiger è costituito da un tubo contenente un gas a bassa pressione. Lungo l'asse del tubo è
teso un filo metallico, isolato dal tubo stesso. Tra il filo e il tubo si stabilisce una differenza
di potenziale. Quando una radiazione attraversa il tubo e colpisce una delle molecole del
gas, la ionizza, creando una coppia ione-elettrone. Ma in questi dispositivi la carica raccolta
è indipendente dalla ionizzazione primaria. Infatti oltre alla ionizzazione si hanno fenomeni
quali l'eccitazione seguita da emissione di luce visibile e ultravioletta. Una piccola parte di
tali fotoni dà luogo a emissione di fotoelettroni che generano nuova ionizzazione, tramite il
processo della moltiplicazione a valanga
Diffrazione raggi X I raggi X sono onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda dell’ordine di 0.1 nm. Se vogliamo
distinguere tra raggi X con lunghezze diverse non
possiamo usare un reticolo di diffrazione.
Per poter utilizzare un reticolo con i raggi X si
dovrebbe avere un passo d dello stesso ordine di
grandezza della lunghezza d’onda dei raggi X, ovvero
delle dimensioni degli atomi. Il fenomeno viene
descritto come se i raggi X venissero riflessi da dei
piani di atomi del cristallo detti piani di riflessione
paralleli o piani cristallini. Le riflessioni e i piani di
riflessione sono definiti in modo che siano coerenti con
i massimi della figura di diffrazione dei raggi X dal
cristallo.
Non c’è rifrazione. Per i massimi si ottiene 2d sinθ = ml con m = 1,2,3,... (Legge di Bragg’s) θ è
detto angolo di Bragg’s. I piani cristallini che soddisfano alla legge di Bragg’s sono sempre
individuabili in un cristallo, indipendentemente dall’angolo con cui i raggi X colpiscono il cristallo.
Lo studio degli spettri dei raggi X, aiuta a determinare la disposizione degli atomi nei cristalli, e
determinare quindi della cella elementare.
Generatore di raggi X (può avvenire mediante un processo anodo/catodo) La produzione di raggi X è la conseguenza dell’interazione tra una particella e un materiale. In
natura vi è una produzione naturale, c’è una generazione d’isotopi. I raggi derivano dal frenamento
di elettroni ad alta velocità quando entrano in una sostanza. Questo processo avviene in modo
controllato in un tubo per raggi X. In un tubo per raggi X, gli elettroni sono accelerati in modo da
raggiungere un'alta velocità e poi fatti urtare contro un “ bersaglio”. L'interazione fra gli elettroni
incidenti e gli atomi del bersaglio determina la formazione dei raggi X. L'energia totale
dell'elettrone incidente sarà convertita in fotoni X e in calore. L'efficienza di produzione dei raggi X
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è molto bassa, infatti solo 1% dell'energia cinetica prodotta incidente diventa raggi X, il resto si
trasforma in calore. E' per questo necessario raffreddare costantemente il tubo tramite aria o liquidi.
L’ipotesi di Bethe indica il numero di atomi di particolare elemento che hanno subito ionizzazione:
.
Assorbimento: può dipendere da cause geometriche dell’angolo di detector rispetto al campione.
Fluorescenza: conseguenza dell’assorbimento.
Analisi quantitatica Il campione biologico ha circa numero atomico costante. L’intensità del picco caratteristico è data:
;
→
Per determinare:
si utilizzano i campioni preparati.
Modello dello standard sottile
Nel TEM si può trascurare l’effetto della fluorescenza, e quindi:
. Se non occorre grande
precisione, Ks può essere simulato secondo Russ: .
Nel caso del SEM si usa il metodo degli standard massivi:
.
Criteri operativi:
Nei SEM convenzionali c’è il problema di carica convenzionale, risolto dagli ESEM
Danneggiamento dei campioni: × Perdita di elementi
× Rottura dei legami chimici
Contaminazione
Diffusione elettroni: raggi X spuri
Orientazione campioni cristallini
Nanotecnologia La nanotecnologia è una tecnologia, ossia l’applicazione pratica di conoscenze di base. Non basta
operare con atomi o molecole o comunque con oggetti di dimensione nanometrica; occorre poterli
manipolare e collocare dove si vuole. Quindi qualsiasi branca delle tecnologie esistenti, per potersi
definire nanotecnologia, deve avere a che fare con materiali o sistemi con alcuni requisiti:
almeno una delle dimensioni deve essere tra 1 e 100 nanometri (1nm=10-9 m, ossia un miliardesimo di metro). 1nm, è grosso modo quattro volte il diametro di un singolo atomo e
10nm equivalgono, più o meno, al diametro di un capello umano;
devono essere prodotti tramite processi non casuali, tali per cui esista un controllo completo
sulle strutture su scala molecolare che vengono ottenute.
Le nanotecnologie consentono quindi di agire sulla struttura della materia, sia organica che non, a
una scala dimensionale che coinvolge da qualche decina a qualche migliaio di atomi. Le strutture di
queste dimensioni si chiamano abitualmente nanostrutture e il loro campo di applicazione più
avanzato è quello dei dispositivi elettronici molecolari: attualmente hanno già trovato impiego
commerciale alcuni polimeri conduttori, fotoconduttori, transistor e LED organici. Dispositivi di
questo tipo hanno reso possibile, ad esempio, la produzione di display luminosi che si presentano
sottoforma di fogli di materiale plastico.
La nanotecnologia si basa su tre ipotesi in fase di sperimentazione:
Commento [L12]: Concentrazione
Commento [L13]: Determinato utilizzando metodi standard di calibrazione
chimica
Commento [L14]: Sessione d’urto di ionizzazione
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Qualsiasi struttura chimicamente stabile e modellabile può essere creata, ossia: ciascuna molecola può essere scomposta e i suoi componenti possono essere riuniti in un’altra
molecola.
E’ possibile assemblare delle molecole per fabbricare dei motori in grado di funzionare per un dato periodo di tempo con una quantità d’energia infinitesimale.
E’ possibile aggregare delle molecole in un dispositivo in grado di captare delle
informazioni e trasmetterle in modo pressoché invisibile.
La scienza del piccolo è un settore interdisciplinare nel quale scienziati della materia, ingegneri
meccanici ed elettronici, biologi, chimici e fisici mettono insieme le proprie competenze per
superare i confini della nanoscala.
Possiamo distinguere tre aree principali dove i ricercatori operano a livello molecolare:
Nano-materiali: controllare precisamente la morfologia a dimensioni nanometriche di sostanze o particelle per produrre materiali dotati di nanostrutture;
Nano-elettronica: continuazione dello sviluppo della microelettronica, specialmente per i computer, ma a livelli dimensionali notevolmente più piccoli;
Nano-biotecnologie: associazione tra l’ingegneria su scala nanometrica e la biologia, per manipolare sistemi viventi o per costruire a livello
molecolare materiali di ispirazione biologica.
Due sono le strade seguite per operare a livello
nanometrico: l’approccio “top down” e quello “bottom
up”. Il primo consiste nel ridurre con metodi fisici le
dimensioni delle strutture più piccole verso livelli nano.
Un esempio significativo è la cosiddetta dip pen
nanolithography, con la quale si sfrutta la punta di un
microscopio a forza atomica (AFM, Atomic Force
Microscope), che viene ricoperta da molecole come i tioli,
in grado di reagire chimicamente con una superficie di oro
formando forti legami covalenti con essa. Controllando il
movimento della punta sulla superficie si può sfruttare una
goccia d’acqua come canale per far migrare le molecole dalla punta al campione, ottenendo un
processo analogo alla scrittura con una penna a inchiostro. I campi principali di applicazione sono la
nano-elettronica e la nanoingegneria.
La seconda strada, sta a indicare l’approccio nel quale, partendo da piccoli componenti,
normalmente molecole, si cerca di controllarne/indirizzarne l’assemblaggio utilizzandoli come
“building blocks” per realizzare nanostrutture, sia di tipo inorganico che organico/biologico. Tale
approccio rappresenta il tentativo di costruire entità complesse sfruttando la capacità di auto-
assemblamento o di auto-organizzazione dei sistemi molecolari. E’ pertanto un approccio di tipo
chimico o biologico, potenzialmente in grado di creare strutture tridimensionali complesse a basso
costo e in grande quantità. A seconda dei casi parleremo di auto-assemblamento chimico, auto-
assemblamento fisico e di auto-assemblamento colloidale.
Le due metodologie descritte non sono in contrapposizione, anzi attualmente lo sforzo maggiore è
ricercare tra esse la sinergia più adeguata per l’applicazione desiderata.
SFM (Scanning Force Microscopy) I sistemi SFM sono impiegati per misurare proprietà di superficie quali adesione, cariche
elettrostatiche superficiali e proprietà magnetiche alle scale nanometriche. Date le piccole distanze
di scansione fra punta del SFM e substrato, operando in aria si può avere la condensazione di
liquido con la generazione di forze capillari che possono alterare l’interazione punta/substrato e
quindi la misura effettuata.
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Il SFM deriva da STM. STM misura la corrente di tunneling tra la punta e il campione (la corrente
di tunneling è tanto maggiore quanto si è in prossimità di atomi e cala quando si è in prossimità di
due atomi). SFM misurano forze di interazione molecolari tra l’atomo della punta esplorante, e
l’atomo esplorato nel campione. Il cantilever è lo strumento, molto sensibile, che viene usato per
captare le forze, si presenta a geometria triangolare o rettangolare. Il cantilever devo deflettersi di
una quantità misurabile:
.
La deflessione del cantilever è misurabile, e attraverso questa risaliamo alla forza. Un laser riflette
sul retro del cantilever e deviato in un fotodiodo. Quando il cantilever deflette, l’immagine del laser
si sposta. Il laser non ha influenza sul cantilever. Il segnale risultante del fotodiodo è un segnale di
feedback (x, y: pixel superficiali; z: risoluzione spaziale). La scansione bidimensionale, x e y, si
mantiene costante il segnale di tensione, proveniente dal fotodiodo. La sensibilità in z risulta
, in x e y la sensibilità è nell’ordine degli Å.
Le due interazioni principali utilizzate sono:
Forze di Van der Walls:
. Tecnologia molto poco utilizzata poco per fare
imaging (tecnica molto complessa)
Forze di repulsione ionica:
Attraverso 4 detector è possibile misurare anche la torsione in funzione dell’attrito. Torsione: , in questo modo è possibile costruire le mappe delle forze d’attrito.
Le punte commerciali del cantilever possono funzionalizzate in base al tipo di interazione che si
vuole studiare.
Sopra la punta s’installa un filo di carbonio, per indagare meglio le morfologie complesse del
campione. Si possono individuare due modi della rivelazione dell’interazione:
Modo statico: il cantilever è fermo e quello che si misura è la deflessione statica
Modo dinamico: il cantilever è lontano dalla superficie, fatto oscillare alla frequenza di risonanza (la deflessione è massima, il cantilever andrà a sondare il campione mentre
oscilla). Il cantilever oscilla grazie ad un piezoelemento, questo polarizzabile e cambierà
dimensione in base al voltaggio, la conseguenza è la deflessione del cantilever. Si ha un
segnale sinusoidale in input al piezoelemento: , il segnale in uscita si
preleva dal fotodiodo: . Quando il cantilever risente della presenza
del campione, varieranno ampiezza, frequenza e fase.
Ogni cantilever ha una propria frequenza meccanica di oscillazione. Misurando, grazie al
fotodiodo, l’ampiezza ω, si possono costruire grafici con i massimi. Quando si lavora in
modo dinamico, occorre lavorare per valori di ω prossimi alla frequenza di risonanza.
Lavorando in modulazione di frequenza, in conseguenza del gradiente di forza si va a
quantificare quanto la curva ampiezza/frequenza si sposta.
Il Kelvin Probe (usato per la mappa dei potenziali) è dinamico, ma la messa in oscillazione
del cantilever, ma imponendo un potenziale alla punta esploratrice. La forza capacitiva è
dipende da: . Si possono ottenere segnali in modulazione di ampiezza e modulazione di fase: quest’ultimo si ottiene operando la differenza di fase tra il segnale di
input e output.
Ci sono diversi modi per acquisire le informazioni:
Acquisizione con forza costante: viene studiato tutto il campione
Acquisizione con deflessione variabile: il cantilever è libero di muoversi, è costante la
distanza tra campione e la base del cantilever.
Infine si dividono i modi d’interazione:
Modo a contatto
Modo a non contatto
Commento [L15]: Constante elettrica
del cantilever
Commento [L16]: Costante legata
all’interazione
Commento [L17]: Con:
Vdc = potenziale di componente
continua
Vs = potenziale di superficie
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Mineral nano- biotechnology: bio/organic interaction with mineral surfaces. Attraverso il biomateriale si cerca di ottenere una nanotecnologia. Vi sono 2 metodi di analisi per le
biotecnologie:
Bulk
Lab on a chip I silicati presentano al loro interno degli strati, negativi, che sono legati tra loro tramite cationi.
Modificando gli strati, inserendo atomi diversi nello strato, cambia il potenziale superficiale statico.
Osservando a livello nanometrico una superficie sfaldata, si riescono ad ottenere con AFM dettagli
non rilevabili al SEM. con la microscopia non si misura quindi solo la morfologia, ma anche le
forze elettriche: . Altrimenti si può sfruttare il Kelvin Probe: .
Si va a operare una mappa di distribuzione in mV del potenziale superficiale. Si rilevano zone
positive, quelle negative da confrontare con la topografia.
La forza capacitiva è proporzionale a ; per il quale . Per ottenere
la mappa dei potenziali, prima si rileva una mappa topografica/morfologica, dopodiché s’impone al
cantilever di viaggiare a una distanza H prefissata dalla morfologia acquisita.
Il cantilever rileva una forza capacitiva:
Il materiale silicato tenderà, con una forza elettrostatica, a reagire con le zone positive della
molecola. Si ha un dispositivo selettivo di DNA solo su alcune zone del silicato. Si possono trovare
filamenti di DNA in tensione tra le piste di brucite. Sperimentalmente la forza di tensione e
quantificata in circa 60 pN. La clorite interagisce con i nucleotidi. Sperimentalmente il RNA è
molto meno stabile del DNA, è difficile trovarlo linearizzato. Molto più diffuse le forme condensate
di RNA.
La componente di fase del segnale di input al cantilever si rivela nella modalità dinamica è data
dall’operatore; ciò rivela in input per acquisire l’immagine è un segnale di ampiezza, frequenza e
fase.
XRD (Diffrazione R-X) Nel XRD si sfrutta la diffrazione dei raggi X per riconoscere le
fasi cristalline che si sono formate. Un fascio di raggi X inciderà
sull’oggetto per rivelare la distanza interplanare. L’informazione
ottenuta è media.
Si utilizza la legge di Bragg’s , la posizione angolare, con λ costante, è legata a una particolare distanza
interplanare, ai “d”, corrispondono picchi diffrattogramma.
Quando l’onda uscente e l’onda entrante sono in fase, si ottiene
un segnale rilevabile.
Solo la differenza di cammino tra le due radiazioni è pari a un
numero intero di lunghezze d’onda, la legge è verificata.
Rispetto alla direzione del fascio incidente l’angolo di misura del
rilevatore è 2θ. Il goniometro acquisisce intensità in funzione di
2θ, il provino gira di θ, il detector gira di 2θ.
Tubo raggi X: un filamento genera elettroni che sono accelerati e
sbattendo contro un anodo di materiale puro. “Tutte le volte che
per un certo piano soddisfa la legge di Bragg’s, compare un
picco”. Si può ricavare anche l’intensità relativa rispetto al picco più intenso.
Per lo studio dinamico vengono prese in considerazione:
Commento [L18]: Deflessione del
cantilever
Commento [L19]: Condizione di
diffrazione. Quando un raggio X
monocromatico investe un reticolo
cristallino si produrrà un raggio diffratto
solo in certe condizioni.
1.Le onde emesse da tutti gli atomi che
giacciono in un singolo piano devono
essere in fase tra loro.
2.La diffrazione delle onde da parte di
piani successivi deve avvenire in fase.
Avverrà un rinforzamento quando la
differenza di cammino tra i due raggi è pari
a un numero intero di lunghezze d’onda.
Biomateriali (Valdrè)
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Risoluzione ∼1 %
Durata di acquisizione
Qualitativa: identificare di composti e fasi presenti nel campione
Quantitativa: dati gli elementi rilevati dall’analisi qualitativa, si rileva la quantità dei singoli campioni
Intensità diffratta: ogni picco rappresenta lo scattering da un piano. Questa dipende dal numero di
atomi presenti nel piano in esame. , si arriva a:
XRF (Fluorescenza a raggi X) XRF è un metodo analitico per lo studio della composizione
chimica. Si basa sull’emissione secondaria di raggi X. Tali
raggi X secondari sono legati alla transizione quantica dagli
elettrodi degli atomi in uno stato ionizzato.
I raggi X in uscita non hanno legame con quelli in input.
Essendo i raggi X output legati ai livelli energetici, a sua
volta legato z, si può risalire agli elementi. Il campione è un
fascio di tante energie diverse dipendenti dai salti quantici di
differenti elementi.
Per un monocromatore realizziamo un cristallo analizzatore che incontrano i raggi X collimati in
uscita dal campione. Un detector effettuerà la scansione angolare. Ai picchi corrispondono le λ.
Attraverso θ, con d noto si risale a λ.
Spettro in fluorescenza: presenta in ordinata l’intensità di radiazione misurata, mentre in ascissa la
lunghezza d’onda.
Tramite quest’analisi quantitativa, cioè si identificano gli elementi presenti nel campione, si
costruisce un database, attraverso cui si risalgono alle concentrazioni note dei vari elementi.
Tramite il database è possibile confrontare con dei valori noti lo spettro che si ricava dall’analisi.
I raggi X viaggiano sottovuoto per evitare anche la ionizzazione dei gas eventualmente presenti.
I-R (Spettroscopia infrarosso) Nel caso della spettroscopia infrarosso il campione è irradiato con
infrarossi, ma non si riesce a ionizzare il composto. L’informazione
riguarda le oscillazioni dei gruppi molecolari.
Si studiano sostanze cristalline o organiche con un λ ∼ . Lo spettro trasmesso, in output mancherà dalla frequenza corrisponde a quella di risonanza del materiale.
Le frequenze mancanti, quindi assorbite dal materiale, possono far
risalire al tipo di materiale.
In questo studio vengono prese in considerazione:
Quantità di materiale studiato limitato ( )
Campione disidratato
Analisi quantitativa
Materiali organici e inorganici Un esempio è lo spettro derivato dallo studio delle apatiti (vedi figura).
Analisi termica L’analisi termica si basa sulle variazioni di proprietà fisiche indotte dal cambiamento della
temperatura.
Commento [L20]: Fattore di struttura dei piani reticolari
Commento [L21]: Tipo del reticolo in esame
Biomateriali (Valdrè)
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Sono effettuati due tipi di analisi:
Analisi termogravimetrica (TG): studio della perdita di peso del campione. Analisi TG si presenta:
× Statica: T prefissato, isoterma
× Dinamica: innalzamento della temperatura
Le caratteristiche di quest’analisi sono:
× Campione in polvere, senza preparazione specifica
× Campioni organici e inorganici
× Risoluzione
× Analisi qualitativa e quantitativa
× Analisi chimica
Analisi termodifferenziale (DTA): differenza di temperatura rilevabile dalla termocoppia.
Il principio su cui si basa la DTA consiste nel
riscaldare il campione e un riferimento inerte
e nel misurare istante per istante,tramite
l’apporto di termocoppie, la differenza di
temperatura tra i due campioni.
La differenza di temperatura rimane costante
e uguale a zero finché non si verifica nel campione in esame un cambiamento che comporti
assorbimento o emissione di calore. Si può originare un ∆T negativo (segnale in tensione
che indica assorbimento di calore) o positivo.
ASS (Spettroscopia ad assorbimento) La spettrofotometria di assorbimento atomico è una tecnica analitica impiegata per la
determinazione sia quantitativa che qualitativa di ioni metallici in soluzione.
Il principio chimico-fisico su cui si basa questa tecnica è il fatto che i livelli energetici atomici sono
discreti, pertanto le transizioni elettroniche permesse per eccitazione radiativa (hv) sono
caratteristiche per ogni atomo. A differenza delle molecole però, gli atomi non contengono
sottostrutture rotazionali o vibrazionali e pertanto l'assorbimento di una radiazione elettromagnetica
per eccitazione a un livello energetico superiore non avviene in una banda di frequenze ma a una e
una sola frequenza e lunghezza d'onda. Tutto ciò implica che ogni atomo avrà il suo spettro di
assorbimento caratteristico e per ogni lunghezza d'onda a cui corrisponde una transizione
sufficientemente probabile è possibile effettuare misure quantitative applicando la legge di
Lambert-Beer.
Uno spettrometro di assorbimento atomico si compone di 5 componenti fondamentali:
La sorgente di radiazione elettromagnetica è data da una lampada a catodo cavo (Hollow Cathode Lamp, HCL) la quale emette con uno spettro molto ristretto e caratteristico
dell'elemento di cui è fatto il catodo stesso.
Queste lampade possono essere selettive per una sola specie quando il catodo è rivestito di
un solo metallo (sodio, cromo, litio, ...) oppure possono essere lampade composite adatte
all'analisi di più specie analitiche quando il catodo è rivestito di più metalli. Naturalmente le
lampade specifiche offrono una maggiore affidabilità, stabilità e durata rispetto alle lampade
composite.
Il sistema di atomizzazione è il sistema mediante il quale il campione in analisi e quindi, i metalli da ricercare, viene ridotto allo stato di gas monoatomico, condizione necessaria per
la misura in quanto questa avviene misurando la differenza di intensità della radiazione
elettromagnetica prima e dopo il passaggio attraverso il campione atomizzato il quale
assorbe energia mediante gli elettroni del guscio più esterno.
Biomateriali (Valdrè)
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Il sistema ottico e il monocromatore, è un sistema di lenti e specchi che serve per collimare, indirizzare e gestire la radiazione proveniente dalla lampada e in uscita dal campione. In
particolare, il monocromatore è di fondamentale importanza ai fini analitici; questo serve
per rendere la radiazione elettromagnetica il più possibile monocromatica (ovvero con un
campo spettrale molto ridotto) prima di inviarla al rivelatore. Svolge la sua funzione
sfruttando i principi di diffrazione della luce.
Il rivelatore, è l'organo sensoriale dell'apparecchio; si tratta, solitamente, di un fotoelettrodo che sfrutta la proprietà particellare della luce (vedi dualismo della luce) per evidenziare una
radiazione incidente su un elettrodo mediante una differenza di potenziale; talvolta però, le
differenze possono essere minime perciò si ricorre a un fotomoltiplicatore che moltiplica di
molte volte il segnale originale permettendo una migliore interpretazione (a discapito di
parte dell'accuratezza analitica)
Il sistema di elaborazione, che serve per l'interpretazione, il calcolo e il salvataggio dei dati.
Oggigiorno il PC è usato praticamente in ogni campo analitico.
Esistono vari tipi di sistemi di atomizzazione:
Atomizzazione mediante fiamma, che sfrutta la temperatura di una fiamma aria-acetilene oppure protossido di azoto-acetilene, molto più calda oppure aria-idrogeno, in cui viene
nebulizzato il campione.
Atomizzazione mediante fornetto di grafite, che sfrutta le alte temperature raggiunte da un tubicino di grafite alle cui estremità viene applicata una forte differenza di potenziale.
Atomizzazione mediante vapori freddi, ovvero mediante la reazione del campione con determinati reagenti che formano idruri volatili che vengono poi posti sul cammino della
radiazione elettromagnetica.
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MATERIALI
1. ASPETTI GENERALI
XX secolo, con la scoperta di nuovi materiali, quali polimeri, leghe leggere, materiali con base il
silicio, ecc. l’uomo è stato in grado di creare nuovi beni, prima inesistenti.
Definizioni (∆):
× biomateriale (1982): ogni sostanza o combinazione di sostanze, diversa da un farmaco, di
origine sintetica o naturale, che può essere impiegata per un periodo qualsiasi di tempo, da
sola o come parte di un sistema che tratta, aumenta o sostituisce un qualsiasi tessuto, organo
o funzione del corpo. (Troppo generica perchè comprende tessuti e organi trapiantati,
materiali utilizzati per la realizzazione di macchinari, cioè parti meccaniche che non entrano
direttamente in contatto con paziente, e anche materiali non medici, quali gli indumenti,
ecc.) ;
× biomateriale (1986): sostanza non vivente usata nella fabbricazione di un dispositivo medico
che ha, in qualche punto, un’interfaccia con un tessuto vivente. (Esclusi quindi i materiali
viventi, ma inclusi i materiali di origine biologica trattati e non più viventi.) ;
× biocompatibilità: capacità di materiale di determinare una favorevole reazione alla sua
presenza in una superficie di applicazione ;
× trombogenicità: proprietà di una materiale che favorisce/induce la formazione di un trombo
(coagulo di sangue). Proprietà generalmente non desiderata, infatti, è più richiesto che il
materiale non abbia tale proprietà ;
× biodegradazione: progressiva disgregazione di un materiale indotta da attività biologiche
× bioassorbimento: processo di dissoluzione o rimozione, dovuto ad attività cellulare, di un
materiale inserito in un ambiente biologico ;
× dispositivo medico: strumento, apparato, macchina o arnese, compreso ogni componente,
che viene utilizzato in ambito medico ;
× organo artificiale: dispositivo medico che sostituisce in parte o completamente le funzioni di
un organo ;
× protesi: dispositivo che sostituisce un arto, un organo o un tessuto ;
× bioprotesi: protesi impiantabile costituita totalmente o parzialmente da tessuto biologico
trattato e non vivente ;
× dispositivo percutaneo: dispositivo medico che passa attraverso la cute rimanendo in tale
posizione per un significativo lasso di tempo ;
× graft: pezzo di tessuto vivente trasferito da una zona di un donatore ad una zona di un
ricevente con lo scopo di ricostruire quest'ultima ;
× scaffold: struttura di interazione tra cellule e tessuto, NON ha funzione biologica.
Aree di applicazione dei biomateriali × occhio: lenti a contatto (ripristino di capacità funzionali), protesi oculari (sostituzione di
parti mancanti o malate) ;
× orecchio: protesi ossee dell'orecchio (sostituzione di parti mancanti o malate), protesi
cosmetiche (correzioni di anormalità estetiche) ;
× denti: protesi dentali (sostituzione di parti mancanti o malate). Materiali dentari:
sali inorganici: gessi odontoiatrici e cementi dentari ;
prodotti ceramici: corona in porcellana ;
metalli e leghe: componenti di protesi, fili metallici e restauri con metallo fuso ;
polimeri: basi di protesi e materiali da otturazione diretta ;
polimeri composti: materiali da otturazione ;
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elastomeri (polimeri di origine naturale, che si deformano senza permanenza di deformazione → comportamento elastico): materiali da impronta.
× polmone: ossigenatori ;
× cuore: pacemaker (ripristino di capacità funzionali), protesi valvolari e ventricoli artificiali
(sostituzione di parti mancanti o malate) ;
× rene: dializzatori (correzione di anormalità funzionali) ;
× intestino: suture (assistenza per la guarigione) ;
× pelle: suture (assistenza per la guarigione), pelle artificiale (sostituzione di parti mancanti o
malate) ;
× vescica: cateteri (ausilio per diagnosi e terapia) ;
× osso: placche ossee (assistenza per la guarigione), protesi articolari (sostituzione di parti
mancanti o malate) ;
× arterie: suture (assistenza per la guarigione), protesi vascolari (sostituzione di parti mancanti
o malate).
Categorie di materiali impiegate nel settore biomedico
MATERIALE VANTAGGI SVANTAGGI ESEMPI
Metalli
× acciai
× titanio e leghe
× leghe di cobalto
Elevate
caratteristiche
meccaniche.
Elevata resistenza
all'usura.
Scarsa
biocompatibilità.
Rigidità e alta
densità.
Facilità di
corrosione in
ambiente
fisiologico.
Mezzi di osteosintesi.
Protesi per ortopedia e
odontoiatria.
Polimeri:
× siliconi
× poliuretani
× polietilene
× acrilati
× fluorurati
× poliesteri
Tenaci.
Bassa densità.
Facili da lavorare.
Bassa resistenza
meccanica.
Degradazione nel
tempo.
Suture, cateteri, drenaggi,
protesi cardiovascolari,
cementi per ossa,
dispositivi per il
trattamento del sangue.
Ceramici:
× ossidi di alluminio
× ossidi di titanio
× carbonio
× idrossiapatite
Buona
biocompatibilità.
Inerzia chimica.
Elevata resistenza
alla compressione.
Resistenza alla
corrosione.
Bassa affidabilità
meccanica.
Bassa resistenza
alla trazione.
Alta densità.
Fragilità.
Difficile
lavorabilità.
Protesi d'anca, protesi
dentali, dispositivi
percutanei.
Composti:
× metalli rivestiti con
ceramici
× matrici rinforzate con
fibre
Buona
biocompatibilità.
Inerzia chimica.
Buone
caratteristiche
meccaniche.
Resistenza alla
Scarsa coesione tra
i componenti.
Difficile
lavorabilità.
Protesi valvolari cardiache
(carbonio pirolitico su
grafite).
Protesi al ginocchio
(polietilene con fibre di
carbonio).
Commento [L22]: Costituente
principale della matrice ossea umana
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corrosione.
Materiali biologici:
× vene
× pericardio
× valvole cardiache
Ottima
biocompatibilità
Scarsa affidabilità.
Difficoltà di
trattamento e di
conservazione.
Protesi vascolari,
valvolari, e rivestimenti.
Problemi legati alla progettazione di dispositivi medici Il problema principale consiste nel dover avere a che fare con la gerarchia dell'organismo.
L’organismo umano quindi si può dividere principalmente in 6 classi, partendo da strutture
superiori, fino ad arrivare a strutture molto piccole, quali gli atomi.
× Organismo: è l’essere vivente dotato di strutture ben distinte.
× Apparato: è l’insieme di più organi che si sommano e danno luogo a una funzione più
generale.
× Organo: struttura differenziata, adibita a una, o più, funzione specifica
× Tessuto: insieme di cellule correlate dal punto di vita morfologico e funzionale. La tipologia
di tessuto dipende dagli elementi che lo costituiscono
× Cellula: unità fisiologica e morfologica fondamentale.
Progettazione di
dispositivi medici - cenni × Obiettivi:
realizzazione di un
dispositivo che replichi le
funzioni di un organo o di un
tessuto
× l'oggetto deve
sostituire anche fisicamente
l'organo/tessuto naturale.
Alcune specifiche sono
abbastanza rigidamente
fissate. I vincoli per il
progettista sono molteplici e molti non del tutto conosciuti:
conoscenza QUALITATIVA e non QUANTITATIVA
l'organismo da sostituire non è un prodotto industriale di serie. La progettazione
dovrebbe essere idealmente su misura.
La progettazione si divide in FASI e LIVELLI
FASE
× Identificazione organo naturale
× Progettazione organo artificiale
× Verifica
× Realizzazione
× Utilizzazione
LIVELLO
1. Cellule/Materiali
2. Tessuti/Componenti
3. Organo naturale/artificiale
Compatibilità La compatibilità è una proprietà legata all'interazione tra dispositivo e organismo. Ne possiamo
identifica 3 aspetti principali:
compatibilità morfologica: riguarda interfaccia dimensionali, di forma e quelle relative alle masse ;
ATOMI
MACROMOLECOLE
STRUTTURE CELLULARI e ORGANULI
CELLULE
TESSUTI
ORGANI
APPARATI
ORGANISMO
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compatibilità funzionali: riguarda il ruolo svolto del dispositivo rispetto al ruolo atteso (non sempre un dispositivo artificiale si comporta come ci si aspetta.) ;
compatibilità biologica: aspetti di natura chimico/biologico che possono indurre gravi danni sia ai tessuti biologici che a quelli artificiali.
Si parla di statistica clinica/medica quando si studiano le probabilità di compatibilità. Quello che è
fondamentale è l'AFFIDABILITA', ma anche la manutenzione e la possibilità di una sostituzione.
Esigenze per l'affidabilità:
tempo: protesi permanenti, temporanee (placche per osteosintesi), periodiche ;
posizione rispetto al corpo: protesi intracorporee, extracorporee, parzialmente corporee
funzione: vitale e non vitale Cause di insuccesso:
infezione
mobilizzazione
usura dell'accoppiamento articolare
rottura per fatica
errore chirurgico
2. REAZIONE dell’ORGANISMO all’IMPIANTO di un MATERIALE
ESTRANEO
L'organismo ha la capacità intrinseca di rimarginarsi grazie alle sue capacità di difesa. Queste
possono essere trattate farmacologicamente.
L'organismo non è però in grado di apprezzare localmente i benefici che avrebbe globalmente,
quindi attiva le difese immunitarie (il sangue coagula a contatto con superfici diverse da quelle che
su cui scorre normalmente).
Processo di guarigione di una lesione del tessuto L'intervento chirurgico può danneggiare un tessuto:
interruzione della continuità dei tessuti
asportazione di parti più o meno estese di tessuto che possono essere sostituite da materiali artificiali
Eliminazione del materiale estraneo:
eliminazione/espulsione
isolamento chimico: isolamento con materiale inerte Nel caso dei metalli l'evento più probabile è la corrosione e quindi il rilascio di ioni metallici nei
tessuti.
I materiali polimerici sono sostanzialmente inerti, il difetto insorge se residui, reagenti antiossidanti
o plastificanti causano intossicazioni tissutali.
I materiali ceramici sono chimicamente inerti, sono incapsulati dal tessuto connettivo.
Risposta del sangue (Emocompatibilità) Il sangue è un tessuto liquido non connesso, come altri tessuti solidi, ai processi di riparazione. Se
questo tessuto subisce un danno, può accadere:
coagulazione: il coagulo è formato da un reticolo di una proteina insolubile, la fibrina. E' controllabile mediante dei farmaci.
danneggiamento parte corpuscolata (emolisi) Per evitare il formarsi di trombi è necessario controllare alcune caratteristiche delle superfici, con le
quali il sangue avrà dei contatti:
Commento [L23]: Manca l’esempio
della protesi d’anca
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controllo della rugosità della superficie di contatto
bagnabilità (studio del grado di idrofobicità della superficie): il sangue coagula su superfici più idrofobe che idrofile
carica elettrica superficiale: il sangue coagula sopratutto su superfici elettropositive,
piuttosto che elettronegative
La rottura dello stroma (membrana dei globuli rossi) può avvenire per:
cause fisiche: es. aumento della temperatura
pressione osmotica (può causare anche la rottura della membrana cellulare)
alti valori o cicliche applicazioni di sforzi di taglio
urti meccanici con sostanze chimiche
Reazioni a dispositivi percutanei (drenaggi, fili metallici, cateteri, impianti dentali
endoossei) L'organismo reagisce ai dispositivi esterni mediante diversi eventi:
marsupializzazione: le cellule basali migrano e prolificano verso l'impianto
permigrazione: evento che si verifica in presenza di un materiale poroso, le cellule migrano anche all'interno della struttura. La porosità sarà riempita di cheratina, che risulta insolubile
infezione: si crea un bordo dinamico discontinuo che non permette il verificarsi di nessuno dei due eventi precedenti
3. PROPRIETA’ dei MATERIALI e MATERIALI METALLICI
Proprietà dei materiali Determiniamo due tipologie di proprietà, quelle funzionali (studio del bioeffetto del materiale) e
quelle tecnologiche. Si possono suddividere anche nel seguente modo:
a. chimico-strutturale: legami inter-atomici, reticoli cristallini, ecc
b. fisico-meccaniche: dipendono dalla forma del cristallino e dai legami interatomici. I
cristallini non possono muoversi per questo motivo le deformazioni sono causate dallo
scorrimento dei piani atomici del cristallino
c. termiche
d. elettriche: che sono conducibilità, resistività, conduzione elettrica, piezoelettricità
e. elettrochimiche
f. varie: ottiche, acustiche, assorbimento di raggi X, densità, porosità, diffusionali
Cristallografia La cristallografia studia le relazioni geometriche che governano l'ordinamento atomico all'interno
delle sostanze cristalline, cioè lo studio della periodicità delle strutture atomiche (maglia:
ripetizione dimensionale di periodicità.). Cella (o cristallite): unità più piccola ideale, con periodi a,
b e c, formanti tra loro angoli α tra b e c, β tra a e c e γ tra a e b.
Si identificano ordini di assi di simmetria, che si identificano mediante gli
angoli
asse ordine 4: ogni 90· si riscontra la stessa struttura
asse ordine 3: ogni 120· si riscontra la stessa struttura Tutti i sistemi che cristallizzano come cubici hanno la proprietà di essere
completamente anisotropi (è la proprietà per la quale un determinato oggetto ha
caratteristiche che dipendono dalla direzione lungo la quale esse sono
considerate.).
Biomateriali (Valdrè)
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Reticoli elementari di Bravais (∆) I reticoli di Bravais sono 7 possibili configurazioni periodiche. Tutti i solidi soddisfano queste
leggi, ogni celle deve avere 6 facce e 8 vertici. I 7
reticoli che si evidenziano sono:
triclino: impalamento meno simmetrico tra
tutti a≠b≠c
monoclino: β ≠ 90∙, α = γ = 90∙
ortorombico: α = β = γ = 90∙, a ≠ b ≠ c
tetragonale: α = β = γ = 90∙, a = b ≠ c
esagonale: β = 90∙
cubico: α = β = γ = 90∙, a = b = c I reali reticoli di Bravais sono 14, perché è necessario
considerare anche le degenerazioni.
Elementi di simmetria:
asse di simmetria: sono di ordine 2, 3, 4 o 6 ma non del 5 (es. Non si è in grado di costruire
un pavimento con piastrelle pentagonali senza
interposizioni o spazi vuoti)
piano di simmetria
centro di simmetria Il cristallo è un insieme di punti dello spazio e identifica tanti spazi differenti. La
differenziazione è dettata dalla regola di Miller: l'indicizzazione dei piani
reticolari avviene tramite la descrizione delle facce sugli assi della croce assiale.
Indice di Miller: l’’orientazione di una superficie o di un piano cristallografico
può essere definito valutando l’intercetta con i principali assi cristallografici. Si
ottengono una serie di valori (Miller) che quantificano le intercette e forniscono
una identità unica alla superficie.
Fattori che identificano la costruzione di un reticolo cristallino:
neutralizzazione reciproca
coordinazione del maggior numero di ioni a carica opposta
occupazione del minor spazio possibile
tipo di legame
dimensione delle particelle
Geometria di impacchettamento Le imperfezioni nei solidi cristallini (difetti) sono:
di punto (o dimensione zero): × vacanze: assenza di un atomo da una posizione reticolare
× atomi autointerstiziali: atomi del metallo che occupano una posizione non reticolare
× atomi sostituzionali: atomi di elementi diversi che occupano normali posizioni
reticolari
× atomi interstiziali: atomi di elementi diversi che occupano posizioni non reticolari
facendo interagire vacanze con interstiziali, si può avere la precipitazione a una nuova fase.
dislocazione (dimensione 1): è un difetto lungo una linea. Può essere: × di taglio
× a vite
Biomateriali (Valdrè)
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Questo tipo di difetto è misurabile mediante il circuito di Burgers. Questo si ottiene
costruendo un circuito reticolare chiuso in un reticolo
perfetto e riportandolo in un reticolo contenente una
dislocazione. A questo punto il circuito non è più chiuso
e per chiuderlo occorre un vettore che unisce il punto
finale del circuito con il punto iniziale. Il vettore di
Burgers ha come modulo un numero intero di distanze
reticolari. Quando reticolo e vettore giacciono sullo
stesso piano, la dislocazione è a spigolo, quando invece
giacciono su piani perpendicolari, la dislocazione è a
vite ed è parallela al vettore.
Gradienti di temperatura o sforzi di taglio possono spostare unità di reticolo fino a formare,
in superficie, un gradino (deformazione plastica).
Per determinare lo sforzo che causa lo scorrimento totale di un piano si studia lo sforzo di
taglio:
× di superficie (dimensione 2): per materiali policristallini. Nel
bordo di contatto tra un cristallino e un altro si ha discontinuità
bidimensionale. I bordi di contatto prendono il nome di bordi
di grano
× di volume: all'interno di una matrice si possono trovare diversi
cristallini, ognuno con la loro estensione, cioè nel volume è
presente una discontinuità, perchè si identificano oggetti
differenti.
Se la struttura si comporta come struttura ospitante, si avrà una struttura coerente. Se invece
l'ospite ha la struttura totalmente sfalsata si parla di struttura incoerente.
Ordine nei solidi molecolari polimerici Nell'ordine a lungo raggio nei materiali polimerici non è possibile riconoscere i reticoli di Bravais.
Normalmente si possono identificare solo piccole regioni, disposte in modo totalmente casuale, che
rispettano le leggi della cristallografia, questa tipologia di solido prende il nome di parzialmente
cristallini.
Una sostanza che presenta strutture cristalline differenti non è una sostanza pure, in questo caso si
parla di polimorfismo.
Biomateriali metallici I biomateriali metallici sono molto comuni perchè sono materiali in grado di sopportare grandi
carichi. Le caratteristiche principali di questi materiali sono:
duttilità
elevato modulo elastico (100-200 Gpa), elevato carico di snervamento
elevata resistenza a fatica meccanica
facile lavorabilità
ottima biocompatibilità
Struttura delle leghe Le leghe sono composti metallici dati dalla combinazione di più elementi. Le strutture delle leghe
possono presentarsi come:
monofasica: in tutto il provino ogni cristallo è della fase identica a quelli adiacenti
(a) Nucleation of crystals at random sites in the molten metal; note that the crystallographic orientation of each site is different. (b) and (c) Growth of crystals as solidification continues. (d) Solidified metal, showing individual grains and grain boundaries; note the different angles at which neighboring grains meet each other.
Grain or Crystalline
Structure
Grain Boundary
Crystals
(a) Nucleation of crystals at random sites in the molten metal; note that the crystallographic orientation of each site is different. (b) and (c) Growth of crystals as solidification continues. (d) Solidified metal, showing individual grains and grain boundaries; note the different angles at which neighboring grains meet each other.
Grain or Crystalline
Structure
Grain Boundary
Crystals
Grain or Crystalline
Structure
Grain Boundary
Crystals
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polifasica: cristallizzazione anche partendo dalla fase liquida. Si forma una sostanza con cristalli di struttura differente
Soluzione solida: mentre nel liquido il soluto occupa nel solvente posizioni disordinate, in questo
caso il solvente è solido cioè si pone un elemento metallico nel reticolo di un altro materiale.
soluzione solida sostituzionale: l'elemento inserito occupa la posizione di un atomo del solvente
soluzione solida interstiziale
Composti intermetallici: per particolari metalli si può formare un composto ordinato con legge
stechiometrica. Non si ha una soluzione dentro l'altra.
Solidificazione: si parte da un liquido che viene fatto raffreddare, si formeranno così dei cristalli ai
quali è possibile attribuire una forma.
Per lo studio di una lega è importante conoscere le fasi di equilibrio, per questo motivo si usano i
diagrammi di fase delle leghe.
Regola delle fasi (Gibbs): quantifica quanto una sostanza può cambiare in una soluzione, in
funzione delle componenti interne.
Si ha:
= 0: sistema invariante (p e T hanno un valore fissato). Questo è un equilibrio statico, le variabili non possono cambiare. Le fasi sono in equilibrio a un’unica temperatura e
pressione
= 1: sistema monovariante. la temperatura determina la pressione, e
viceversa.
= 2: sistema bivariante. Temperatura e pressione indipendenti Prendiamo in considerazione due casi:
1. metallo puro allo stato liquido, la temperatura varia senza che si modifichino le fasi.
2. metallo puro in stato solido, durante fusione o solidificazione, la temperatura rimane
costante.
Diagrammi di equilibrio (o di fase) (∆) I diagrammi di fase vengono generalmente usati nello studio delle leghe. I diagrammi sono formati
da due ordinate (temperatura) e un'ascissa
(composizione). Il punto che delimita le
caratteristiche dei materiali sulle due ordinate
rappresenta il comportamento del metallo puro.
I diagrammi si ottengono mediante la
“sovrapposizione” dei valori espressi da
diversi grafici . Si utilizzano le curve di
raffreddamento per soluzioni di diverse
composizioni dell’analisi termica, registrando la temperatura in funzione del tempo, quando
viene sottratto calore al sistema con velocità
costante.
Si possono identificare 4 casi fondamentali:
1. sistemi completamente solubili sia allo stato solito che
allo stato liquido: passato il limite 50/50 cambiano i ruoli
soluto/solvente.
Al di sopra della curva liquido si ha un sistema
monovariante. Se si supera, per T-c la curva del solido e
si volesse capire, in quel punto, la composizione chimica
Commento [L24]: Con:
= varianza
n = numero dei componenti
2 = legato alla temperatura e alla
pressione
f = numero di fasi
Commento [L25]: per i sistemi isobari o
isotermi, cioè con un parametro costante
Biomateriali (Valdrè)
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dello stato liquido e solido, occorre operare le intercelle rispettivamente sulla curva liquido e
solido e si crea l’ascissa corrispondente a quella intercella.
Per controllare la quantità di liquido o di solido si controlla la frazione tra il segmento della
fase complementare a quella di interesse e il segmento complessivo ricavato dalle intercelle
su “liquido” e “solido”.
Quantità di liquido =
Quantità di solido =
2. sistemi completamente solubili allo stato liquido ma completamente insolubili allo stato
solido: non ci sarà mai un atomo di B in A e viceversa, le due
specie saranno sempre separate.
A comincia a cristallizzarsi al diminuire della temperatura.
E: punto di Eutettico. Corrisponde a una precisa composizione, i
cristalli di A convivono con un solido eutettico composto da
tantissime lamelle di A e B (alternati).
Alla temperatura di E non vi è solubilità: le zone di A e B sono
nettamente separate, ciò che cambia è la morfologia.
In corrispondenza del punto E, si passa istantaneamente da solido
a liquido (per Gibbs, in E, =0). Il punto E ha notevole
importanza tecnologica, si può passare da liquido a solido a
temperature più basse.
3. metalli, completamente solubili allo stato liquido e solo parzialmente solubili allo stato
solito: in questo caso non vi sono zone in cui è
permessa una parziale solubilità.
α ≠ a, campo di stabilità della piccola soluzione
solida e β ≠ b.
Fase solida α, molto ricca del componente A,
ma non da costituita completamente da questa, è
presente in fase solida B nella struttura
cristallina di A.
Fase solida β, molto ricca del componente B, ma
all’interno della struttura cristallina di
quest’ultima è presente in fase anche A.
α + β: lamelle di solido costituite da soluzioni
solide parziali.
(L + α) o (L + β): il liquido convive con le
soluzioni solide α o β.
4. stato intermedio: composti strutturalmente ordinati
Nucleazione e crescita Il fenomeno della nucleazione, assieme all'accrescimento, è uno dei meccanismi attraverso cui
avviene la cristallizzazione, ovvero il passaggio dallo stato liquido a quello solido.
I solidi cristallini sono in genere costituiti da più cristalli, che si formano durante il processo di
cristallizzazione. Il fenomeno della nucleazione aumenta il numero dei cristalli presenti in un
solido, mentre il fenomeno dell'accrescimento aumenta le dimensioni di questi cristalli.
Energia libera totale della trasformazione liquido→solido v , gli atomi devono vincere l’energia di superficie per creare elementi di volume.
A temperatura di fusione non si va all’equilibrio per formare un solido. ∆G ha un r critico che
distingue tra ∆Gpositive e ∆Gnegative.
Commento [L26]: Dove:
v = riferito al volume
s = riferito alla soluzione
Commento [LV27]: Indipendente da T, valore quasi costante
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Solo quando
, si avrà la tendenza a ∆G < 0, e quindi si creano i presupposti per la
cristallizzazione.
Velocità di nucleazione
Per le trasformazioni solido→solido quando le strutture si cominciano a
formare, ∆Ge dipende dal tentativo di convivenza tra due diversi tipi di reticoli di Bravais.
Diagramma di fase ferro-carbonio (∆) In questo tipo di diagramma si trovano diversi tipi di fase.
Si distinguono gli austenitici, i ferritici e i martensitici.
Curva liquidus ∂ 1500∙C.
Austenite (omogenea): per stabilizzarla meccanicamente a temperatura ambiente si usano
interazioni col nichel,.
A T ambiente si ha l’acciaio perlitico, che non va bene
come biomateriale.
Range di lavoro a:
T corporea
Inossidabilità: sfruttando il cromo si crea un film protettivo di passivazione superficiale, di
struttura e spessore di μm, che stabilizzato
funge da barriera tra protesi e organismo,
contro le ossidazioni.
questi sono i requisiti fondamentali per un materiale
biomedico.
Leghe metalliche usate in ortopedia (importante: il nichel può causare delle allergie e quindi la
sua percentuale nelle leghe deve essere minima):
ELEMENTO
BASE
PRINCIPALI ELEMENTI
nella LEGA NOME GENERICO
TIPICHE
APPLICAZIONI
Fe C, Cr, Ni, Mn, Mo, V Acciaio inossidabile
(inox)
Mezzi di osteosintesi
Ferri chirurgici
Co Cr, Mn, W, Mo, Ni, Nb, Ta Super leghe (leghe di
cobalto) Protesi articolari
Ti Al, V, Fe, Nb, Zr Leghe di titanio Mezzi di osteosintesi
Protesi articolari
Altre leghe (uso odontoiatrico):
Leghe auree (Au): ricostruzioni dentali
Amalgame (Hg): la lega si forma a T ambiente
Impianti: leghe in titanio
Fili metallici (Ni-Ti): materiali a memoria di forma
Processi tecnologici
Commento [LV28]: Parametro di Strain
Commento [L29]: Materiale molto leggero, ottimo per la produzione di protesi
ossee
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I processi tecnologi sono quell’insieme di percorsi che permettono di passare dal materiale di
partenza all’oggetto finale.
a. Solidificazione ↔ rifusione: in questo modo conferiamo all’oggetto forma e struttura. A
seguito si può fare:
Stampaggio: che può essere o a caldo o a freddo
Asportazione dei trucioli: si definisce la forma finale del pezzo b. Sinterizzazione: si crea un pezzo finale con compressione a T stabilita, quindi le singole
particelle si fondono tra loro
c. Colata in stampi – colata in getti: questa è poco usata perchè non consente di ottenere buone
caratteristiche fisiche
d. Pressofusione: processo migliore del precedente, ma presenta uno stampo molto costoso
perchè deve essere in grado di resistere a T e pressioni molto elevate, risulta vantaggioso per
produzione in grande scala
e. Fusione a cera persa: viene costruito uno stampo in cera, che viene rivestito con un materiale
termoindurente (ceramica o resina polimerica), viene poi il riscaldamento nel forno per
solidificare il rivestimento ed eliminare la cera, infine si fa la colata della lega metallica e
poi si rompe il rivestimento e si estrae il pezzo solidificato
f. Tecnologia HIP (Hot Isostatic Pressure): trattamento con gas inerte ad altissima pressione e
T
g. Taglio per elettroerosione: sfrutta la corrosione
h. Metallurgia delle polveri
Per la formatura metallica, processi intermedi molto costosi, si ricorda:
Laminazione: si forza uno scorrimento lungo una direzione particolare
Trafilatura: produzione di fili
Imbutitura: zone sottoposte ad altissime temperature, queste però sono anche le più critiche per la rottura
Stampaggio: si passa attraverso diversi passaggi Trattamenti di finitura superficiale:
Carburazione: produzione di carburi superficiali, questi impediscono i moti dei piani
Nitrurazione: processo simile al precedente, ma si sfruttano i nitruri
Passivazione: si crea un film barriera per impedire la corrosione. Non viene impedita chimicamente, ma il film ossido/idrossido, impedisce il moto degli atomi
Lucidatura: utilizzo di polvere molto dure per la pulitura delle superfici
Sabbiatura: bombardamento della superficie con particelle estranee, in questo modo si ha la pulitura della superficie e la rimozione di una pellicola superficiale
Leghe superficiali: produzione di superfici con caratteristiche meccaniche differenti da quelle del cuore del metallo
Trattamenti finali al pezzo, che dipendono da temperatura, tempo di permanenza a temperatura,
velocità di raffreddamento e trasformazioni di fase:
Ricottura:
Tempra: parziale ricottura del pezzo, seguita da un rapido raffreddamento. Si ottengono leghe metastabili, si forza la solubilità, ma c’è solubilità incompleta a T ambiente
Invecchiamento: si mantiene il pezzo a T molto elevate (è però inferiore alla T della ricottura). Si formano composti intrametallici.
Materiali metallici da impianto I metalli sono generalmente usati in ortopedia e odontoiatria. I principali sono:
1. Acciai inossidabili (usate leghe con C, Cr, Mo, Ni): leghe a base di ferro con basso contenuto di
carbonio e alto contenuto di cromo. I tre principali acciai inossidabili sono:
Commento [LV30]: Temperatura di
Melting (fusione)
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Austenitico: hanno una resistenza superiore alla corrosione.
Ferritico
Martensitico: lega dura e tenace, usata per la fabbricazione di ferri chirurgici
2. Leghe di cobalto: si presentano di due tipi:
Leghe Co-Cr-Mo, pezzi per fusione
Leghe Co-Ni-Cr-Mo, forgiature a caldo. Ha ottime proprietà anticorrosive, indurisce molto se lavorata a freddo.
Queste leghe hanno un alto tenore di cromo, il molibdeno è aggiunto per ridurre le dimensioni
dei grani e aumentare le proprietà meccaniche
3. Titanio e leghe di titanio (le più recenti): per il titanio, anche solo variando le percentuali di
ossigeno, variano molto le proprietà del metallo. Le lavorazioni sono fatte ad alta temperatura,
in atmosfere inerti e processi di fusione vanno fatti sottovuoto, perchè il titanio reagisce con
l’ossigeno. Sono indicati i metodi di lavorazione elettrochimici, come l’elettroerosione. Le leghe
Ti-Ni sono a memoria di forma.
4. Amalgama dentario: polvere di lega e mercurio, questo si diffonde tra le particelle. Questa è
però una reazione non omogenea
Questo materiale ha basso costo, grande maneggiabilità e può assumere forme complesse. Ha un
cattivo impatto soprattutto con l’operatore (Hg tossico), e inoltre a contatto con un metallo
nobile, es. oro, questo metallo, definito vile, si perfora.
Corrosione Durante il processo di corrosione si possono produrre degli ioni metallici, che risultano liberi di
muoversi in circolo nel corpo. La corrosione può causare la perdita di resistenza del materiale.
Reazioni di modifica del materiale:
Reazione chimica: avviene alla superficie di un metallo, quando in contato con un elemento diverso, forma un diverso composto
In generale:
Ossidazione: un composto X reagendo con forma un altro composto, si ha il passaggio
di elettroni da un atomo all’altro, ma questi sono vincolati nei legami tra gli atomi, non
sono liberi di muoversi.
Riduzione: processo inverso dell’ossidazione, cioè addizione di elettrodi all’atomo
A seconda del tipo di metallo varia tipologia ed entità della corrosione, inoltre la presenza di
vacanze e difetti nel cristallino possono causare un aumento della diffusione atomica e di corrosione
galvanica.
Velocità di corrosione:
I sistemi a bassa valenza hanno la velocità di corrosione data dalla velocità di diffusione del
metallo. Invece per i sistemi ad alta valenza la velocità di corrosione è data dalla diffusione
dell’ossigeno.
Ionizzazione in ambiente acquoso: a T costante il sistema reagisce alle
variazioni mantenendo costante . Inoltre
Corrosione elettrochimica: si considera un meccanismo (del tipo elettrico→corrente) che degrada il
materiale. In questo caso gli elettroni sono presi da un luogo, entrano in circolo e poi vengono
riutilizzati, quindi vi è un potenziale biochimico (si origina un circuito). Quindi si avranno un anodo
(reazione anodica ) e un catodo (reazione catodica ). Quindi sono
Commento [LV31]: Componente
stabile rispetto ai reagenti
Commento [L32]: Orving Force:
variazione di energia negativa
elettrochimica
Commento [L33]: Energia libera di
Gibbs
Commento [L34]: Con i e j che
rispettivamente indicano ossigeno e metallo
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gli ioni che entrano in circolo, i quali vengono catturati dal catodo (dove
avviene la reazione catodica.). → Faraday.
È possibile creare una lista di metalli in funzione del potenziale
elettrochimico (differenza di potenziale tra i due metalli.). Es.
, quindi se metti in contatto Zinco e Rame è lo zinco che si corrode.
Per la costruzione della lista è necessario considerare un materiale con
potenziale nulla, si considera l’idrogeno.
L’energia libera di Gibbs (G) aiuta a determinare potenziale elettrico:
Il potenziale elettrico reale è legato alla temperatura e alla concentrazione:
Velocità di corrosione:
Reazioni anodiche (cessione/rilascio di elettroni):
Formazione di ioni metallici:
Formazione di ossido:
Formazione di idrossido:
Formazione di sale insolubile:
Reazioni catodiche (acquisizione di elettrodi):
Deposizione di metallo:
Evoluzione di idrogeno:
Riduzione di anioni:
Riduzione di cationi
Riduzione di molecole:
Le sostanze create sono positive alla corrosione se hanno
la caratteristica di passivazione.
Diagrammi di Pourbaix (basati sul potenziale di elettrodo):
diagrammi utilizzati per determinare se un materiale è
soggetto a corrosione, o se si ottengono strati passivanti. Si
possono distinguere 3 zone del diagramma:
Immunità: sistema non soggetto a corrosione
Corrosione: valori di E e pH per cui il materiale si
corrode
Passività: range in cui si forma il composto ossido, ma non è davvero garantita la formazione di un
film passivante.
Per prevenire la corrosione si può:
Controllo del pH
Fornire tensione al materiale (si modifica il potenziale) Questi grafici non forniscono la velocità di corrosione, per questo è necessario controllare la
corrente ionica del metallo.
Identificando il potenziale è possibile fare una scala dove è possibile identificare i metalli più
“nobili”, cioè quelli che permettono la formazione di uno strato di ossido superficie che impedisce
ulteriori corrosioni. Nella seguente lista è indicata la nobiltà di alcuni metalli, in ordine decrescente,
usando come ambiente di corrosione l’acqua marina.
SERIE IDEALE (basata sui potenziali) SERIE REALE (basata sulla corrosione)
Oro Platino
Commento [L35]: Con:
n = numero di elettroni
E = potenziale
F costante di Faraday
Commento [L36]: Potenziale di
riferimento (idrogeno)
Commento [LV37]: Peso (gr)
Commento [LV38]: Massa atomica del
metallo
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Platino Oro
Argento Acciaio inox (passivato)
Rame Titanio
Piombo Argento
Nichel Nichel
Ferro Acciaio inox
Cromo Rame
Alluminio Piombo
Titanio Ferro in getto
Magnesio Alluminio
Esistono diversi tipi di forme di corrosione:
Corrosione generalizzata: si genera tra due zone, una più anodica dell’altra
Corrosione galvanica o bimetallica: avviene tra due metalli con diverso potenziale posti in contatto elettrico in una soluzione .
Corrosione in fessura o interstiziale: dipende da diversi fattori, ma è fondamentale che nel
metallo vi sia una fessura (es. blocco tenuto da una vite). All’interno delle fessure si crea
una differenza di potenziale, causando la migrazione degli elettroni verso zone positive.
Corrosione per vaiolatura: una particolarità della corrosione a fessura, in questo caso al posto della fessura vi sono dei piccoli fori.
Corrosione intragranulare/intergranulare: corrosione dovuta ai grani del materiale che intaccano, o causano differenze di potenziale, il materiale.
Corrosione per erosione o per sfregamento: corrosione di tipo dinamico.
Corrosione sottosforzo: corrosione localizzata e con un’elevata velocità dio penetrazione.
Biomateriali metallici Apprezzati per le notevoli proprietà meccaniche e per la proprietà di sopportare notevoli carichi
tensili. È importante che questi materiali abbiano buona biocompatibilità, e poca predisposizione
alla corrosione.
Proprietà unica: è la proprietà che viene scelta perchè la più conveniente per un determinato
processo. Ad esempio per particolari applicazioni vengono poste in secondo piano le proprietà di
compatibilità.
Nel caso di interazioni metallo/ossido senza interfaccia ceramico, l’adesione e la resistenza hanno
carattere di tipo meccanico e non chimico. Nel caso di interfaccia ceramico/metallo a causa dei
differenti coefficienti di espansione termica, si possono avere risposte diverse e quindi un rischio di
rottura.
Stress shielding (protezione da sforzo): è un problema riferito all’ostopedia (riduzione della massa
ossea). Il metallo si prende tutto il carico alleggerendo così l’osso.
Alcuni tipi di impianti:
Pacemakers cardiaci: fatti per sinterizzazione di polveri, ricoperte con iridio (PVD,
phisical vapour deposition, deposizione chimica/fisica di polveri), N, TiBr. Processo di
deposizione:
× Sublimazione di un solido/evaporazione di un liquido: formazione di un gas
× Trasporto: dalla sorgente al luogo di deposito
× Deposizione particelle: sul substrato, formazione di un film protettivo
Ion implantation: pezzo metallico bombardato con ioni metallici
Cromo puro: altamente tossico, limite [μg/ml]. Problemi principali:
× Il processo di corrosione causa lo spostamento degli elettroni nel metallo
× Dissoluzione di ioni metallici in fluidi biologici
× Infiammazione
× Produzione di nelle cellule infiammate e produzione di radicali liberi
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Ossido: presenta proprietà non conduttive o semiconduttive. È importante la forza dielettrica, secondo la quale si possono identificare 3 gruppi di ossidi:
× Con :
× Con
× Con piccolissima:
Gli ossidi hanno come caratteristica un pH molto basso, e quindi un’alta solubilità.
Radicale idrossido : questo è molto dannoso per l’organismo, per questo motivo si
utilizza combinato ad altri materiali. Ad esempio il titanio e in grado di complessarlo e di
impedirne da diffusione nell’organismo
Impianti porosi: impiegati nelle protesi per filtrare i liquidi, e per consentire l’ancoraggio del materiale ai tessuti circostanti. È dannosa in alcuni casi perchè può determinare
concentrazioni di sforzo, e conseguente rottura.
Protesi d’anca: composta da
× Metal back: ospita la parte polimerica della coppa acetabolare
× Coppa acetabolare: coppa in polietilene
× Testa femorale: in lega o in ceramici
× PMMA: cemento chirurgico
Placche metalliche: usate per la riduzione di fratture ossee
Leghe d’oro da colata: metallo nobile, usato puro o in lega, per le parti metalliche protesiche. Le proprietà dell’oro cambiano a seconda delle condizioni di alligazione con
altri metalli:
× 4 leghe:
Tipo I: tenere
Tipo II: medie
Tipo III: dure
Tipo IV: extradure
× Durezza:
Macroscopica
Microscopica
Per determinare la durezza, si applica in un punto un carico e poi si studia la
deformazione originata dal carico sul materiale.
4. MATERIALI CERAMICI
Definizione: materiali inorganici non metallici, costituiti da composti di elementi metallici e
semimetallici (es. ). Carbonio: si presenta sottoforma di graffite (ha una anisontropia svantaggiosa → sfaldamento dei
piani) o diamante, è un ceramico per le sue proprietà meccaniche. Ricordiamo il carbonio
turbostrato (carbonio pirolitico),presenta un sistema policristallino monofasico, in cui non si
identificano direzioni preferenziali di orientamento dei cristalli. Ha buone proprietà meccaniche e di
biocompatibilità, questi composti non presentalo lo sfalsamento dei piani.
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Elementi caratteristici dei ceramici:
Metalli caratteristici: Al, Mg, Be, Ti, Na, K, Ca, Fe
Semimetalli caratteristici: Si, B
Non metalli caratteristici: O, C, N
Definizione meccanica: materiali inorganici non metalli caratterizzati da frattura fragile.
Normalmente a T ambiente non vi sono scorrimenti planari.
Classificazione funzionale dei ceramici:
Tradizionali (uso comune): gres, terracotte. Prodotti mediante cottura di materie mescolate in precedenza.
Avanzati (ossidi e prodotti estremamente puri, stechiometria rigida): fondamentale la purezza. Ottenuti mediante sintetizzazione (p e T definite), si ottengono polveri molto pure.
Questi però possono presentare porosità, quindi difetti. A T ambiente i ceramici rischiano la
rottura perchè le dislocazioni non possono muoversi all’interno del reticolo.
Materiali bioceramici: usati per coating, protesi, sostituzioni ossee, in ambito ortopedico e
odontoiatrico.
Classificazione strutturale (più atomi possono essere presenti nella struttura):
Struttura cristallina
Struttura mista (amorfa più cristallina)
Struttura vetrosa (o amorfa) Proprietà chimiche: i ceramici sono strutture chimiche molto stabili, resistono all’azione di diverse
sostanze.
Proprietà meccaniche: elevata durezza e rigidità. A T elevate si presentano scorrimenti di tipo
viscoso. Non vi sono scorrimenti plastici, le dislocazioni non si muovono facilmente.
Diagrammi di fase dei materiali ceramici Per i diagrammi di fase dei ceramici valgono le stesse regole di quelli per i materiali metallici. Le
due ordinate indicano gli ossidi del metallo corrispondente, questo perchè all’interno di questi
materiali il legame con l’ossigeno è molto forte.
Capita a volte che vi siano rapporti stechiometrici particolari, e quindi si può formare una fase
“inaspettata”, che risulta essere un composto a sé stante con la propria formula.
Silicati (∆) I silicati sono i materiali con struttura generale . La silice presenta tanti polimorfi, tante strutture cristalline diverse. La
classificazione avviene mediante lo studio delle strutture
tetraedriche, che presentano forti legami difficilmente scindibili. È
l’ordine di disposizione degli atomi nella struttura che determina i
silicati.
La struttura più comune è quella del . Tra Si e O vi è un
legame di tipo ionico/covalente molto forte.
Polimerizzazione (non vale per il carbonio, in quel caso si hanno strutture e legami completamente
differenti): unione di più tetraedri mediante il collegamento a ponte, due tetraedri adiacenti non
condividono più di un ossigeno. In base al tipo di condivisione si può ottenere la seguente
classificazione:
Nesosilicati: gruppi tetraedrici indipendenti e isolati (unità di base )
Sorosilicati: solo due unità tetraedriche condivise (unità di base , anione unico a
carica 6- che interagisce con cationi)
Ciclosilicati: chiusi e isolati in un ciclo (unità di base )
Inosilicati: tetraedri in catena singola (unità di base ), o in catena doppia (unità di
base )
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Tectosilicati: polimerizzazione in 3D, tutti i tetraedri sono legati tra loro. (unità di
base ). Classi di tectosilicati :
× Feldspati: alluminio silicato di K ( ), di Na (NaAl ), di Ca
( ).Questi fungono da fondenti: durante la cottura formano una fase liquida che in fase di raffreddamento si pietrifica.
× Feldspatoide (Leucite): meno silice. Permette di adattare il comportamento della
ceramica a quello del metallo. Presentano un coefficiente di dilatazione termica alto.
I problemi di interfaccia metallo/ceramico si possono risolvere ossidando il metallo e
creando legami covalenti “a ponte” tra ossigeno e ceramico. A causa dei diversi
coefficienti di dilatazione si può rompere la struttura, per evitare questo si
interfacciano i metalli e i ceramici con i feldspati.
Fillosilicati: polimerizzazione in 2D, tetraedri adiacenti a strati, tutti i tetraedri sono legati
tra loro, e la base dei fogli è data dagli ossigeni (unità di base ). Presentano 2
strutture fondamentali:
× T-O: tetraedri alterni a piani di ottaedro:
Al: kaolinite
Mg: serpentino
L’ottaaedro ha vertici alternati di O (negativi) e OH (positivi)
× T-O-T: unità di base del sistema tetraedro/ottaedro/tetraedro:
Al: pirofilite, presenta stechiometria non completa, la variazione locale di
potenziale può essere molto evidente, benché il valor medio non abbia grosse
variazioni.
Mg: talco, i piani sono mantenuti connessi tramite legami di Van der Walls.
Ha un potenziale omogeneo ed è più portato alla sfaldatura.
Viso che il sistema è trivalente ogni tre posizioni vi è una lacuna.
Importanti le superfici sono sempre ossigeni e quindi leggermente negative.
Il potenziale superficiale di due piani T-O-T è abbastanza omogeneo.
Altri fillosilicati importanti:
× Miche: la carica media superficiale è negativa e molto elevata. Si lega solitamente un
catione per ogni cella unitaria. Ricordiamo:
Muscovite: mica diottaedrica
Biotite: mica triottaedrica (su sistemi triottaedrici condensa il DNA)
× Smectiti: possono alloggiare tra gli strati una grande varietà di elementi e composti.
Presentano una carica superficiale bassa, e la capacità di crescere fisicamente
(rigonfiamento). Sono importanti come materiali assorbitori e purificatori.
× Cloriti: negli spazi interstrato presentano uno strato solido e stabile di brucite
( , 4Å di spessore). Sistemi T-O-T-O’, sulla superficie presentano zone positive o negative a seconda di come il materiale è nano strutturalmente fratturato.
Proprietà dei fillosilicati:
× Plasticità
× Lavorabilità
× Assorbimento elevato
× Bassissima permeabilità
Carbonati (∆) I carbonati presentano una struttura elementare planare e presentano una struttura di base del tipo:
Folsfati (∆)
Biomateriali (Valdrè)
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L’unita di base e sempre un tetraedro, e ha una struttura di base del tipo: . Comprendono le
apatiti. Alcune strutture:
Idrossiapatiti:
Fluoroapatiti:
Cloroapatiti: L’apatite è la principale componente della matrice ossea biologica:
Definizione chimica:
Definizione cristallografica:
Presentano un reticolo esagonale e normalmente -OH coordina 6 atomi di calcio. Da ricordare:
Dahllite: , struttura esagonale → monoclino
Brushite:
Monetite:
Withlockite (β-TCP):
Bioceramici I bioceramici vengono divisi in base alla loro funzione, la seguente è la classificazione più recente:
Bioinerti (HA, , carbonio vetroso):
× Carbonio pirolitico
× Ossidi di alluminio (densi e non porosi), ossidi di alluminio porosi: ricordiamo
l’alluminia , che presenta due forme: in forma anidra e nota come Coridrone e in forma idrata è nota come Bauxite. Le sue varietà preziose presentano impurità
molto regolari. Normalmente è in forma polverizzata e bianca.
× Ossidi di zirconio (zirconia)
× HA denso (niente pori e niente superfici trattate)
× Alluminio di calcio
× Idrossiapatite: ha forma che rappresenta la cella unitaria, e presenta HA in forma sintetica (l’apatite sintetica è diversa da quella naturale). La
stechiomatria non è perfetta. Importante, gli elementi nella struttura, Ca, o H,
possono essere sostituiti con altri elementi.
Biodegradabili o riassorbibili (HA): presenta: × Fosfati di Ca-alluminio
× Fibre di vetro
× Coralli
× Solfati di calcio: comprendente “Plaster of Paris”, cioè lo stucco. Lo stucco è un
materiale che cementa e si ricristallizza in una nuova fase stabile.
× Ossidi fosforosi calcio ferrici
× HA/idrossiapatite
× β-TCP
× Fosfati zinco-calcici
× Fosfati zinco-solfato-calcici
Bioattivi o attivi in superficie (HA, biovetro): × Bioglass
× Vetri densi e non porosi
× HA porosa
Glass Ceramics I Glass Cermics si presentano con struttura del tipo: , quindi formati o da silice o da anidride fosforica. Sono amorfi o contengono piccoli cristalli ceramici.
Per lo studio delle reazioni di adesione superficiale, sono stati studiati a livello di reazione:
.
Commento [L39]: Presenta una
particolare risposta chimica a seconda della
sua natura fisica
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Si distinguono le regioni di Bonding, cioè positive per l’interazione e di Non Bonding, cioè nessun
legame con l’osso (studio tramite SEM a retrodiffusione, con contrasto dell’immagine in funzione
del numero atomico Z).
Vetro attivo: interfaccia con l’osso con una sorta di gel attraverso il quale è possibile la diffusione
ionica.
Il vetro può venir rivestito con uno strato d’oro (materiale inerte), se lo strato è sottile vi è scambio
di fluidi e ioni senza però che avvengano reazioni. Grazie all’oro e alla diffusione, cresce un player
di fosfato sullo strato del vetro, in seguito alla degradazione di quest’ultimo. Accanto all’oro, quindi
si trovano isole di fosfati, che crescono verso l’interno, nelle zone di degradazione del vetro, molto
ricche di .
Apatite biologica L’apatite biologica, non essendo perfettamente stechiometrica si indica come:
Se:
Z è un ossigeno si parlerà di ossiapatite
ACP fosfato di calcio, amorfo
DCPD debole attivazione dei macrofagi
CPPD grande attivazione dei macrofagi
Carbonio turbostrato (∆) Il carbonio si cristallizza in diverse forme, le più note sono il diamante, struttura tetraedrica
ibridazione sp3, e la grafite (scarsissime proprietà meccaniche,
ottime proprietà di biocompatibilità), struttura a piani non
regolari (il primo piano è allineato con il terzo e il secondo con
il quarto, vedi figura) ibridazione sp2. Oltre a queste il carbonio
può presentare strutture intermedie quasi cristalline. Nelle
forme quasi cristalline, il grado di perfezione della struttura e
della morfologia dell’arrangiamento dei monocristalli e dei pori
sono fondamentali nella determinazione delle proprietà.
Nel carbonio turbostrato le strutture presentano piani
completamente disordinati, piccoli e imperfetti. Quindi i carboni
turbostrati presentano piani nell’ordine dei 100Å (la grafite è
nell’ordine dei 1000Å). Le proprietà di questo materiale sono
conseguenza della struttura cristallina, e dal punto di vista
meccanico risulta migliore rispetto alla grafite. (Figura: ogni
blocchetto è formato da circa 100 cristalli. Quindi si avranno dei
cristalli disorganizzati di grafite e singoli atomi.).
Tra i carboni turbostrato ricordiamo il carbonio pirolitico, cioè un
materiale ottenuto mediante il processo di pirolisi (in figura lo
schema per la pirolisi).
La pirolisi (o piroscissione) è un processo di decomposizione
termochimica di materiali organici, ottenuto mediante
l’applicazione di calore e in completa assenza di un agente
ossidante (normalmente ossigeno). In pratica riscaldando il
materiale in presenza di ossigeno avviene una combustione che
genera calore e produce composti gassosi ossidati, effettuando invece lo stesso riscaldamento in
condizioni però di assenza totale di ossigeno il materiale subisce la scissione dei legami chimici
originari con formazione di molecole più semplici. Il calore fornito nel processo di pirolisi viene
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quindi utilizzato per scindere i legami chimici, attuando quella che viene definita omolisi
termicamente indotta.
Alcuni limiti di questo processo:
Temperatura raggiunta dai materiali, circa 1500°C
La forma e le dimensioni del bersaglio e quindi del pezzo finale
La differenza dei coefficienti di dilatazione termica,
tra il bersaglio e il carbonio pirolitico (solo nel caso
della graffite questi sono uguali)
Importante, dopo questo processo il materiale non ha
interamente le proprietà del carbonio pirolitico, ma solo la
superficie del bersaglio avrà le proprietà del carbonio
pirolitico (cioè aumento della durezza e di proprietà di
antiusura e una buona compatibilità con il sangue).
Oltre al carbonio pirolitico ricordiamo il ULTI carbon, che presenta ottime proprietà di
emocompatibilità, ottenute mediante la deposizione di un sottile, nell’ordine del micron, strato di
carbonio turbostrato. Tale processo avviene a bassa temperatura e a bassa pressione, un esempio è il
processo di sputtering catodico.
5. POLIMERI
Cenni di chimica organica Idrocarburi
Tipo Nome & Formula Struttura Esempio
Saturi Alcani
CnH2n 2
Etano
Insaturi
Alcheni
CnH2n
Alchini
CnH2n 2
H C C H
Etilene
Acetilene
Aromatici
Benzene
Gruppi funzionali contenenti legami semplici
Formula generale Nome & Formula Esempio
-OH Alcol
Alcol etilico
-O- Etere
Etere metilico
NH2 Ammina
H3 NH2 Metilammina
-Cl Alogenuro
H3CH2 Cl Cloretano
-F H3 F Fluorometano
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Cenni di biochimica Considerando tutte le specie viventi è possibile identificare gli elementi, o i bioelementi che le
compongono. Bioelementi più significativi:
Elementi materia organica: O, C, N, H, P, S
Ioni monoatomici:
Elementi presenti in tracce: Mn, Fe, Co, Cu, Zn, B, Al, V
Un’importantissima classe di biomolecole è quella degli amminoacidi. Gli
amminoacidi (in figura la struttura generale di un amminoacido) sono 20 di cui
8, non essendo sintetizzabili dagli organismi animali, devono essere assimilati
con il cibo.
Gli amminoacidi sono in grado di legarsi tra loro tramite il legame peptidico e il successivo rilascio
di una molecola di acqua.
Tessuti duri mineralizzati Le ossa e i denti sono tessuti mineralizzati che hanno come funzione
principale quella di trasmettere e sopportare le forze. Le ossa si
distinguono in ossa lunghe (la lunghezza prevale sulle altre
dimensioni), ossa brevi (le dimensioni sono tutte pressoché uguali) e
ossa piatte (lunghezza e larghezza prevalgono sullo spessore). Nelle
ossa lunghe è possibile distinguere due parti (vedi figura):
Diafisi: zona centrale lunga e cilindrica, percorsa da un canale e formata di tessuto osseo compatto
Epifisi: le due estremità più larghe costituite da osso
spugnoso
Tessuti molli (Collagene) Il collagene (o collageno) è la principale proteina del tessuto connettivo negli animali. È la proteina
più abbondante nei mammiferi, rappresentando nell'uomo circa il 6%
del peso corporeo. Il collagene è una struttura rigida, rigidità conferita
dalla presenza di prolina o idrossiprolina. La più stabile disposizione e
riarrangiamento del collageno è quello della tripla elica proprio per la
presenza della prolina. L'unità strutturale del collagene è rappresentata
dal tropocollagene (o tropocollageno), proteina con una massa
molecolare di circa 285 KDa formata da tre catene polipeptidiche con
andamento sinistrorso che si associano a formare una tripla elica
destrorsa (trans di tipo - 2). Solitamente, per il collagene di tipo I, sono
presenti due catene alfa 1 e una catena alfa 2. Tutte le unità di
tropocollagene hanno la stessa lunghezza, la stessa ripetitività di
amminoacidi. I filamenti di tropocollagene sono tenuti insieme da
legami idrogeno, questi legami sono possibili grazie alla presenza di
glicine e dalle modifiche post-traduzionali di lisina e prolina. Entrambi
questi due amminoacidi subiscono un’ossidazione per aggiunta di un
gruppo ossidrile. Le tre unità strutturali assumeranno una forma simile a
una treccia.
Le varie fibre sono legate da legami crociati tra due allisine o tra una
lisina e un’allisina.
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Il collagene può essere utilizzato come biomateriale, per
preservare la vitalità cellulare e per favorire la cicatrizzazione. Il
collagene viene estratto, e poi lavorato, da equini o bovini.
La struttura base del collagene è formata da tre amminoacidi
principali, glicina [GLY], prolina [PRO], idrossiprolina [HYP],
più un quarto aminoacido. La sequenza tipica si presenta come:
. Il collagene trova implicazioni nella cura di ferite e ulcere
superficiali, escoriazione e abrasioni, eritemi e ustioni minori. È
un materiale anallergico, e quindi non sono stati registrati gravi
casi di sensibilizzazione al prodotto o di rigetti.
Meccanismi di azione del collagene:
Azione emostatica: attivazione di piastrine e fattori di coagulazione
Azione di supporto: sopporto nella formazione di fibroblasti
Azione di stimolo biologico
Azione angiogenitica: stimolazione della neoformazione di capillari
Definizione e classificazione dei polimeri I polimeri presentano formule chimiche più complicate e questo implica:
La formazione della catena avviene con più difficoltà
Maggiore resistenza alla rottura
Superiore rigidità
Superiore temperatura di riammollimento I polimeri possono essere suddivisi in due grandi gruppi:
Polimeri naturali: polimeri già esistenti in natura, cioè proteine, gomme naturali, polisaccaridi, acidi polinucleici (DNA, RNA), ecc.
Polimeri sintetici: composti organici derivati dall’unione di due o più molecole semplici,
dette unità monometriche, mediante una reazione di polimerizzazione controllata.
Il grado di polarizzazione di una molecola corrisponde al numero di molecole di monomero unite
assieme per formare una molecola di polimero. Poiché la polimerizzazione non è mai completa la
percentuale di monomero residuo ha un effetto marcato sul peso molecolare (Il peso molecolare di
un polimero è uguale al peso molecolare di una molecola di monomero moltiplicato per il numero
di monomeri presenti nel polimero). È, infatti, possibile avere due polimeri con la stessa
composizione chimica, ma con grandi differenze nelle proprietà fisiche, perchè una molecola ha più
alta percentuale di molecole ad alto peso molecolare, rispetto all’altra, questo fenomeno dipende
dalle reazioni di polimerizzazione.
I polimeri presentano 3 strutture principali (vedi figura):
Struttura lineare: le molecole di monomero sono disposte in lunghe catene lineari, tra loro aggrovigliate
Struttura ramificata: in corrispondenza di alcuni monomeri vi sono delle ramificazioni
Strutture reticolate: il polimero può risultare formato da
un’unica molecola gigante generata delle macromolecole
grazie ai legami trasversali
La polimerizzazione è il processo con cui i monomeri si uniscono
formando i polimeri. Si può quindi dire che le macromolecole
sono formte dal ripetersi di semplici unità strutturali unite tra loro
da legami chimici primari (covalenti), e nel suo insieme il
polimero è formato da macromolecole, unite tra loro da legami
chimici secondari.
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Due tipi di polimerizzazione:
Policondensazione: l’unione dei monomeri è accompagnata dall’eliminazione di piccole molecole (acqua, ammoniaca, alcool). Nylon e policarbonati si originano con questo
processo. Il problema che insorge è che i polimeri finali presentano monomeri con formula
chimica diversa dall’originale, a causa dell’eliminazione di alcune piccole molecole.
Reazione di policondensazione del polietilentereftalato:
Polimeri che si ottengono per policondensazione:
Nome Gruppi caratteristici
Poliesteri
Poliammidi
Poliuretani
Polisilossani
Poliaddizione: generazione di polimeri avviene per unione diretta delle molecole di
monomero, senza liberazione di sostanze secondarie.
Polimeri che si ottengono per Poliaddizione:
Nome Formula Sigla Caratteristiche
Polietilene
PE Simmetrico, poca resistenza allo
scorrimento delle catene
Polimetilmetacrilato
PMMA Più difficoltà negli scorrimenti, aumento
della viscosità (cemento per le ossa)
Polivinilcloruro
PVC Reagisce con gruppi polari
Politetrafluoretilene
PTFE Simmetria simile al PE. F ha basso
coefficiente di attrito, dovuto al legame
CF
Il secondo metodo è ancora quello più utilizzato per le materie plastiche. I principali sono derivati
dall’etilene. Se al posto di un atomo d’idrogeno poniamo un radicale opportuno, si otterrà un
derivato dell’etilene.
Affinché avvenga la polimerizzazione è necessario che uno dei legami che uniscono gli atomi di
carbonio si apra, così che ogni atomo di carbonio abbia un elettrone libero. Questo può essere
ottenuto con il calore, mediante raggi UV o grazie alla presenza di un altro composto. A questo
proposito si avrà:
Polimerizzazione radicalica: si ha un radicale libero ottenuto dalla decomposizione dell’iniziatore. Altrimenti si può generare dalla reazione del perossido con acceleratori
chimici, quali ammine, a temperatura ambiente.
Commento [L40]: Formula variata con
il radicale
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Polimerizzazione ionica: generata da sostanze capaci di dar luogo, per reazione con il monomero, a composti aventi carattere ionico.
Il processo di polimerizzazione può essere suddiviso in 4 periodi:
Periodo iniziale o d’induzione: è il periodo durante il quale le molecole dell’iniziatore iniziano a essere attive o iniziano ad attivare altre molecole
Periodo di propagazione: periodo relativo alla crescita delle molecole del polimero
Periodo di chiusura: fase in cui termina la crescita del polimero. Schematicamente si
possono rappresentare:
× Diretto accoppiamento di due molecole in crescita:
× Chiusura con un radicale:
× Scambio di un atomo d’idrogeno
Trasferimento di catena: una molecola in crescita può disattivare o arrestare il suo accrescimento.
Proprietà termomeccaniche I polimeri sono classificabili in base alle loro proprietà termomeccaniche, in termoplastici e
termoindurenti. I primi, a catena lineare o ramificata, sono modellabili plasticamente un numero
praticamente infinito di volte, purché avvenga in un determinato campo di temperature. I secondi,
invece, a catena reticolata, oltre un certo stadio del processo di ottenimento, non sono più
modellabili, anzi è proprio il calore che determina inevitabilmente l’indurimento del polimero.
In figura abbiamo l’andamento del modulo di elasticità in funzione della temperatura. La
temperatura di transizione vetrosa è un dato di grande interesse tecnologico e applicativo. Infatti
sarà il valore Tg rispetto alla temperatura ambiente a decretare il comportamento meccanico. In
particolare polimeri con Tg molto bassa si comporteranno a temperatura ambiente come gomme,
avranno cioè bassa rigidità, ma saranno molto tenaci e capaci di sopportare grandissime
deformazioni. Polimeri con Tg superiore alla temperatura ambiente saranno vetrosi, cioè molto
rigidi e scarsamente deformabili, quindi fragili. In generale a seconda delle proprietà meccaniche
richieste, occorrerà conoscere lo stato del materiale alla temperatura di esercizio (polietilene
, polimetilmetacrilato ).
Degradazione dei materiali polimerici La degradazione di un materiale polimerico consiste nella rottura dei legami chimici, causando una
diminuzione del peso molecolare con conseguente diminuzione delle proprietà meccaniche del
materiale.
Principali meccanismi di degradazione:
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Effetti chimici: possono prodursi rotture casuali delle catene così come depolimerizzazione tramite un processo inverso rispetto a quello della fase di accrescimento della poliaddizione.
Effetti della sterilizzazione: se si sterilizza a calore secco, temperatura tra i 160 e i 190 °C, si usano temperature superiori al livello di rammollimento di molti polimeri. In questo caso si
può avere l’ossidazione del polimero (solo il politetrafluretilene e le gomme siliconiche
resistono a questo processo di sterilizzazione). Se la sterilizzazione avviene a vapore,
temperature comprese tra i 120 e i 135 °C, i materiali che possono superi l’attacco
dell’acqua non possono essere sottoposti a questo processo (polivincloruro, polietilene a
bassa densità e poliammidi non possono essere sterilizzati in questo modo). La
sterilizzazione mediante radiazioni, γ ed , può deteriorare i polimeri in quanto agisce sulle
catene e può causarne la rottura e loro successiva ricombinazione casuale o la generazione di
cross-linking non desiderati.
Effetti meccanochimici: degradazione dei polimeri sottoposti a carichi costanti o ciclici.
Effetti dell’ambiente biologico: la più probabile causa è l’attacco biologico e dell’ossigeno disciolto. Si deteriorano più facilmente i polimeri idrofili, come le poliammidi. A volte
vengono sottoposti anche a processi di degradazione enzimatica.
Processi tecnologici dei polimeri Il primo passo per la produzione di un oggetto polimerico, è la produzione del polimero (sottoforma
di grani, soluzioni, polveri, fogli o barre). I principali processi di produzione sono:
Per le resine termoplastiche: × Estrusione, poltrusione, a seguire vi è la lavorazione meccanica e poi la finitura
× Stampaggio per compressione, a seguire vi è la lavorazione meccanica e poi la
finitura
× Stampaggio a iniezione, poi si passa subito alla finitura
× Stampaggio per soffiatura, poi si passa subito alla finitura
× Fusione diretta, poi si passa subito alla finitura
Per le resine termoindurenti:
× Fusione diretta, poi si passa subito alla finitura
× Stampaggio per compressione, a seguire vi è la lavorazione meccanica e poi la
finitura
Concentrandoci sullo stampaggio abbiamo:
Stampaggio ad iniezione: consiste nell’iniettare un polimero termoplastico forzandolo
all’interno di uno stampo raffreddato ad acqua. Il polimero, per essere iniettato, deve essere
riscaldato a una temperatura superiore a quella di rammollimento così da ridurne la viscosità
(i polimeri ad alta viscosità non sono portati per questo tipo di stampaggio).
Stampaggio per compressione: consiste nel comprimere in uno stampo l’esatto quantitativo di polveri di un polimero termoplastico o indurente. La forma viene assunta dal pezzo una
volta chiuso lo stampo, e quindi con l’aumento di pressione e temperatura.
Stampaggio per soffiatura: usa polimeri termoplastici preformati in lastre o film. Il polimero viene adattato allo stampo grazie alla pressione di un gas soffiato all’interno dello stampo.
Formatura sottovuoto: variante dello stampaggio per soffiatura. Viene posizionata una lastra
di materiale polimerico a pochi millimetri dallo stampo e mediante il calore generato da una
resistenza riscaldante, si fa aderire la lastra allo stampo.
Estrusione di polveri: viene posizionata in una vite senza fine un polimero in polvere. La polvere riscaldata viene spinta nello stampo, che è il negativo della forma che vogliamo
ottenere, ottenendo così tubi e barre.
Filiera l’estrusione di fibre sintetiche: particolare dell’estrusione. Usata per la produzione di fibre sintetiche, lo stampo è, quindi, una maschera metallica con uno o più fori.
Commento [L41]: Esempio
degradazione chimica del polivincloruro, vi
è la liberazione di una molecola di HCl
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Polimeri per uso biomedico I polimeri hanno come caratteristiche:
Facilità di ottenere manufatti in varie forme, fibre, tessuti, pellicole, barre, forme particolare
complesse
È un elemento dei composti, matrice o riempimento
Similitudine chimico-strutturale con polimeri biologici (collagene). Legame polimeri-materia biologica positivo
Biodegradabilità, uso temporaneo
Alta purezza Studiando i singoli elementi possiamo dire:
Poliesteri e poliammidi: vengono usati come: × Strutture bioassorbibili (poliesteri), e non bioassorbibili (PET e nylon)
× Tendini e legamenti (gomme siliconiche)
× Viti, placche e chiodi intramidollari
× Protesi vascolari e anelli di sutura
× Rinforzo dei tessuti danneggiati, ernie addominali e inguinali
Polietilene: usato come pellicole biomediche, contenitori biomedici, tubazioni biomediche e
in ortopedia, come protesi d’anca e ginocchio.
Politetrafluoretilene: buona compatibilità e stabilità nel tempo in ambiente biologico. Usate per protesi vascolari e legamenti
Polisilossani: ottime proprietà chimico-fisiche di stabilità nel tempo e buona biocompatibilità. Impiegati come elastomeri, gel, lubrificanti, adesivi, anti schiumanti e
riempitivi per ricostruzione di tessuti mancanti e volumi
Polimetilmetacrilato (PMMA): ottima biocompatibilità del polimero, monomero tossico. È usato in chirurgia oculistica e come cemento per ossa.
Poliuretani: usati come elastomeri, viste le ottime proprietà di emocompatibilità (campo
cardiovascolare) e proprietà elastiche radiali simili alle arterie naturali
6. DENTE
I denti hanno una parte visibile che sporge nella cavità orale
(corona dentaria), una parte ricoperta dalla gengiva (colletto
dentario) e una parte che si impianta in apposite cavità
(alveoli dentari).
I denti sono formati da un tipo di connettivo calcificato, la
dentina, che in corrispondenza della corona dentaria, è
ricoperta dallo smalto.
In corrispondenza del colletto e della radice la dentina è
rivestita da un sottile strato di cemento. Entro ciascun dente
esiste una cavità, la cavità della polpa: la polpa, detta nervo
del dente, è formata da tessuto connettivo ricco di fibre
nervose e di vasi sanguigni.